Documenti (Paralisi cerebrali infantili)

 

IL CLUB DELLA

LETIZIA

Associazione di self-help tra famiglie
di bambini cerebrolesi e autistici

A cura di Maria Simona Bellini


LA PARALISI CEREBRALE INFANTILE

 di Adriana Bano

Tecnico per i Servizi Sociali  e Infermiere Professionale



INTRODUZIONE

PRIMA PARTE
DEFINIZIONE E FATTORI ETIOLOGICI
FATTORI PRENATALI
FATTORI PERINATALI
FATTORI POSTNATALI

LA DIAGNOSI DELLA P.C.I.
METODI DI INDAGINE
ESAME CLINICO OBIETTIVO
RACHICENTESI
ELETTROENCEFALOGRAMMA
TAC
RMN

CLASSIFICAZIONE DELLA P.C.I.
IN BASE AL DISTURBO MOTORIO
IN BASE ALLE FORME CLINICHE
SINTOMI ASSOCIATI AL DISTURBO MOTORIO

GLI INTERVENTI TERAPEUTICI
TERAPIA MEDICA E/O RIABILITATIVA
IDROTERAPIA
FINALITA' DELLA TERAPIA
L'INFLUENZA DEI GENITORI NELLA TERAPIA

SECONDA PARTE
CARATTERE E PERSONALITA'' DEL BAMBINO AFFETTO DA P.C.I.
LA COMUNICAZIONE VERBALE E NON VERBALE
LA COMUNICAZIONE NON VERBALE
LA MIMICA FACCIALE
LO SGUARDO ED IL MOVIMENTO DEGLI OCCHI
IL TOCCO E IL CONTATTO CORPOREO
LA POSTURA
LA GESTUALITA'

TERZA PARTE
LA CAPACITA' GIURIDICA DI AGIRE
L'INCAPACE ASSOLUTO. L'INTERVENTO GIUDIZIALE E LEGALE
L'INCAPACE RELATIVO. IL MINORTE EMANCIPATO E L'INABILITATO

BIBLIOGRAFIA


INTRODUZIONE

La dispensa ha lo scopo di porre in evidenza i fenomeni che più caratterizzano il bambino con paralisi cerebrale infantile. In essa viene descritta la malattia sotto vari aspetti e, considera l’handicap dal punto di vista medico sanitario, psicologico e giuridico.

Il primo capitolo comprende la definizione della patologia ed in generale i fattori etiologici determinanti le paralisi cerebrali infantili.

Il secondo capitolo fornisce un’esauriente classificazione della p.c.i. in base al disturbo motorio e in base alle forme cliniche.

Nel terzo capitolo sono descritti i vari interventi terapeutici, come la fisioterapia e l’idroterapia.

Il quarto capitolo evidenzia , nei suoi aspetti generali , i tratti di personalita' del bambino affetto da p.c.i.

Il quinto capitolo pone in evidenza , l’importanza del comportamento non verbale per un bambino con ritardato sviluppo del linguaggio.

Nel sesto capitolo infine, sono messe in risalto le condizioni di inabilità e di interdizione giuridica, di un soggetto con ritardo mentale.


PRIMA PARTE

DEFINIZIONE E FATTORI ETIOLOGICI

Che cos’è una paralisi cerebrale infantile

La paralisi cerebrale infantile costituisce un capitolo molto importante della neuropsichiatria infantile.

E’ molto difficile dare una definizione e fare una descrizione che vada ad attribuire unità a questo gruppo eterogeneo di sindromi ,anche se dal punto di vista clinico può essere considerato come un raggruppamento di quadri sintomatologici diversi, accomunati da un evidente disturbo motorio di origine encefalica.

Si può affermare che la p.c.i. è definita come un’alterazione persistente ,ma non immodificabile del movimento e della postura che si manifesta nel primo anno di vita ed è dovuta ad un’alterazione non progressiva del Sistema Nervoso Centrale.

Il disturbo più evidente di questa sindrome cerebrale infantile è il disturbo della motilità .Questa manifestazione clinica è sempre accompagnata da altri disturbi più o meno intensi di tipo sensoriale ,mentale e convulsivo.

Anche se il termine p.c.i. è entrato nella pratica ed è accettato dalla maggioranza degli studiosi, bisogna porre una scrupolosa attenzione sul significato di questi tre termini.

La parola "paralisi", definisce solo la perdita parziale o totale dell’attività motoria. Questo termine, non comprende nel suo significato la presenza di atti parassitari che vanno a disturbare quelli volontari ,né quella di un deficit qualitativo della motricità, consistente nella incoordinazione tonico-posturale. Dato che il termine paralisi è un po’ riduttivo, quello più appropriato sarebbe, discinesia intendendo un movimento anormale o involontario dei muscoli del corpo dovuto ad una alterazione del sistema nervoso centrale.

Definire "cerebrale" il disturbo motorio è limitativo in quanto, il cervelletto od il tronco encefalico , possono essere una sede del danno. Sarebbe più coretto utilizzare il termine encefalico.

Infine anche l’utilizzo di infantile è pressoché imprecisato , poiché esiste una seconda infanzia che si protrae molto più dei tre anni di vita, precoce, perciò sembrerebbe la parola più adatta.

Secondo tale analisi la formula più precisa per riferirci a tale sindrome è discinesia encefalica precoce non evolutiva .

Cause o fattori etiologici delle P.C.I.

I fattori determinanti le p.c.i. sono molteplici e a volte è difficile stabilire le cause per ogni singolo caso. Ciò si verifica perché spesso tale patologia è determinata da varie lesioni per cui è molto difficile stabilire una correlazione fra la causa e la lesione organica.

I fattori etiologici si possono distinguere in :

- fattori agenti prima della nascita

- fattori agenti durante la nascita

- fattori agenti dopo la nascita

FATTORI PRENATALI

Alcuni studiosi includono in questo gruppo di fattori anche quelli ereditari .

Fra le p.c.i. vengono incluse specifiche malattie ereditarie, come la paraplegia spastica, i tremori congeniti e l’atetosi familiare, che sono determinate da alterazioni di natura genetico dello sviluppo del sistema nervoso.

Fra le cause prenatali dobbiamo collocare al primo posto il fattore anossia cerebrale che è indotto da alterazioni placentari (distacco intempestivo, impianto anomalo ,infarto della placenta), oppure da compressione del cordone ombelicale in fase intrauterina o da vari disturbi materni, come l’ipotensione e l’anemia. L’anossia del feto provoca quadri di grave ipotensione arteriosa con conseguente danno cerebrale, perché si viene a determinare una grossa diminuzione di apporto sanguigno nel sangue placentare e di conseguenza fetale.

Vi sono poi le infezioni virali materne che hanno una fondamentale responsabilità sulla determinazione della p.c.i. e tra di esse in particolare modo la Rosolia che ha un’azione dannosa nell’embrione nei primi tre mesi di gravidanza. Anche la Toxoplasmosi materna può determinare nel feto una encefalite da toxoplasma. In genere tutte le infezioni virali della madre possono causare delle lesioni encefaliche.

La esposizione ai raggi x della donna incinta, soprattutto nel primo trimestre di gravidanza, causa cospicue alterazioni cerebrali del feto. Proprio per questo sono sconsigliati gli esami radiologici alle donne in gravidanza.

I disturbi dismetabolici sono da considerarsi come un’ulteriore causa di p.c.i., fra cui il diabete .

Vi è poi il cosiddetto ittero nucleare, anch’esso causa di p.c.i., in quanto si viene ad instaurare un processo tossico a carico del sistema nervoso. Generalmente gli itteri neonatali sono dovuti alla incompatibilità sanguigna materno-fetale,( Fattore Rh.)

Inoltre le deficienze vitaminiche o proteiche hanno una grossa influenza sulla morbosità del feto e sull’immaturità.

Infine la prematurità e l’immaturità sono condizioni molto particolari, in quanto il bambino appare particolarmente vulnerabile dal punto di vista neurologico: Infatti sia nell’immaturo che nel prematuro esiste una particolare fragilità capillare, per cui aumenta il rischio di eventi emorragici cerebrali e trombosi al momento del parto.

Tutte queste cause prenatali danno origine ad alterazioni nervose del feto di tipo malformativo.

Fattori perinatali.

Fra il gruppo di fattori connatali, l'anossia del neonato è la causa più considerevole di p.c.i. ed é spesso associata a lesioni vascolari, che determinano emorragie e necrosi dell'encefalo.

Anche se l'encefalo del bambino appena nato può resistere per un maggior tempo alla mancanza di ossigeno rispetto agli adulti, un'anossia di lunga durata che interessa una vasta zona cerebrale, provoca danni irreversibili che possono interessare anche l'area che comanda il movimento.

L'Anossia o l'asfissia nel periodo perinatale è causata da lesioni traumatiche dei vasi, da torsione del cordone ombelicale, da ostruzioni respiratorie meccaniche ( aspirazione del liquido amniotico) e da alterazioni della pressione sanguigna determinata dalla somministrazione di farmaci alla madre nel momento del travaglio.

Rientrano in questo gruppo di fattori i traumi diretti all'encefalo, in caso di parto distocico o per l'utilizzo di particolari strumenti come il forcipe e la ventosa.

Quest'ultime non hanno molta rilevanza dato che alcune statistiche recenti evidenziano una minor correlazione fra tali fattori e l'insorgenza di p.c.i.

Sia le lesione anossiche che traumatiche sono molto piu' pericolose se il feto presenta delle fragilità vascolari (tipica del bambino immaturo).

FATTORI POST NATALI.

I fattori post-natali rispetto a tutti gli altri, hanno statisticamente una minima incidenza nel determinare le p.c.i.

Non tutti gli autori sono d'accordo nello stabilire uno stesso limite al periodo cronologico in cui la noxa (causa) agisce, determinando danni al tessuto cerebrale.

Alcuni studiosi, sono convinti che la causa patogena agisca in un periodo limitato che va dalla nascita a pochi giorni o settimane dopo il parto, altri invece prolungano il periodo fino ad alcuni anni di vita.

Nonostante ciò la maggioranza degli studiosi sono concordi nello stabilire il limite cronologico d'azione nella noxa al dodicesimo mese di vita. Infatti entro il primo anno il processo mielizzante delle fibre nervose del S.N.C. dovrebbe ormai essersi completato .

Tra le cause post-natali vanno inclusi inoltre tutti i processi di tipo infiammatorio sia delle meningi che dell'encefalo, e perciò tutte le encefaliti e encefalopatie parainfettive o post-infettive che potrebbero dare luogo a p.c.i. in un bambino nel primo anno di vita.

Inoltre a tali cause infettive si devono aggiungere tutte le lesioni cerebrali verificatesi nel periodo post-natale e in genere provocate da traumi cranici, turbe vascolari e neoplasie.

Quest'ultimo gruppo di fattori una volta verificatisi creano delle alterazioni di tipo infiammatorio, che danno esito a fatti cicatriziali, i quali vanno ad ostacolare il successivo sviluppo del nevrasse.

La diagnosi della P.C.I.

Nel caso in cui un neonato abbia subito traumi prima, durante, e dopo il parto, si può formulare una diagnosi di lesione cerebrale.

La diagnosi della p.c.i. solitamente è possibile quando il bambino, affetto da questa sindrome, presenta particolari ed inconfondibili segni che si verificano pochi giorni dopo la nascita e che fanno pensare ad una sofferenza cerebrale. Infatti il bambino mostra una cute molto pallida, dovuta alle conseguenze secondarie di una anemia grave, oppure a lesioni del tessuto cerebrale con una particolare espressione del viso, sguardo fisso e occhi sbarrati, e il volto esprime una intensa sofferenza ed ansia.

Altro segno caratteristico è la presenza di una certa difficoltà nella respirazione (dispnea) e una incapacità nella alimentazione, nonostante risulti presente il riflesso della suzione.

In presenza di tali fatti è necessario attuare un controllo generale con un esame neurologico in modo da verificare in che misura il cervello ha subito dei danni. Non è così semplice, però, diagnosticare precocemente tale patologia, soprattutto perché le ripercussioni del danno cerebrale sull'apparato motorio si notano col tempo.

METODI DI INDAGINE

ESAME CLINICO OBIETTIVO

Durante l’esame neurologico di bambini affetti da p.c.i. non ancora diagnosticata, si possono evidenziare due sintomi ipotonia o ipertonia muscolare caratteristici di un'emiplegia flaccida o spastica. Il sospetto di ciò nasce dalla constatazione di ipoattività della mano appartenente alla metà corpo plegica la quale tendenzialmente è chiusa a pugno. Generalmente l'esame neurologico prevede una attenta osservazione dei riflessi neonatali: Tra questi riflessi, a volte, si nota nel neonato la mancanza del riflesso di Moro, che fa sospettare un edema cerebrale, mentre quando tale riflesso è presente ma scompare in seguito, si diagnostica una probabile emorragia cerebrale .Oltre a ciò si può osservare che non sono presenti i riflessi di incurvamento del tronco e, della prensione.

In altri casi invece, si può osservare che i riflessi non scompaiono, come normalmente accade entro il secondo o terzo mese di vita, e la loro persistenza può essere spia di un incipiente spasticità oppure ipotonia muscolare.

RACHICENTESI

Un esame che normalmente viene eseguito in questi casi è la rachicentesi che consiste nel prelievo del liquido cefalo- rachidiano.

L'esame può mostrare la presenza di globuli rossi che stanno ad indicare una emorragia cerebrale. In altri casi grazie al liquor si possono diagnosticare encefaliti da virus come la Toxoplasmosi.

Il prelievo va fatto pungendo, con materiale sterile, la colonna vertebrale nello spazio L3/ L4, L4/L5.

ELETTROENCEFALOGRAMMA

Questo esame consiste nella registrazione grafica dell’attività elettrica spontanea enormemente amplificata di milioni di cellule nervose dell’encefalo soprattutto quella della corteccia cerebrale.

L'esame viene eseguito applicando elettrodi al capo del paziente mediante l’utilizzo di una apposita cuffia.

Il paziente deve stare completamente immobile, ora ad occhi chiusi ora, ad occhi aperti. Nel caso dei bambini vi è la necessità di somministrare un farmaco sedativo in modo che l’esame risulti più attendibile possibile senza che vi sia la presenza di artefatti che potrebbero falsare l'esito dell ’esame.

Durante l’esame vengono eseguite prove di sensibilizzazione come la polipnea, studi luminosi, stimolazioni rumorose.

TOMOGRAFIA ASSIALE COMPUTERIZZATA TAC

All’inizio degli anni 70 viene introdotta la tomografia assiale computerizzata. La metodica rappresenta l’evoluzione naturale della tecnologia che sfrutta le proprietà dei raggi x. La realizzazione più importante è quella di aver sostituito la pellicola radiologica con dei detettori di raggi x.

La TAC ha consentito il passaggio storico dalle immagini analogiche della radiologia convenzionale a quelle digitali .Si è potuto cosi per la prima volta sottoporre le immagini a manipolazioni di ogni tipo per aumentare il contenuto informativo. IL risultato più importante è stato tuttavia l’incremento impressionante del contrasto radiologico che ha consentito per la prima volta la visualizzazione diretta dei parenchimi. In campo neurologico ha significato la scomparsa di indagini invasive e pericolose come l’encefalografia e la ventricolografia. La TAC può evidenziare emorragie dei ventricoli cerebrali o, idrocefali post emorragici o idrocefali congeniti del neonato .

RISONANZA MAGNETICA

All’inizio degli anni 80 ,fa la sua comparsa la RMN. La metodologia sfrutta la caratteristica che hanno alcuni atomi di reagire in modo particolare a segnali di radiofrequenza se sottoposti all’influsso di un campo magnetico statico di sufficiente intensità . In altre parole .gli atomi di idrogeno dei tessuti viventi, immersi in un campo magnetico, tendono a raggiungere una situazione di equilibrio che può essere turbata da un impulso appropriato di onde elettro-magnetiche con caratteristiche simili alle radio onde inviato dal sistema. Gli atomi di idrogeno vengono in tal modo distolti dal loro equilibrio con il campo magnetico in cui sono immersi e alla cessazione dell’impulso tendono a ritornarvi emettendo un segnale misurabile e localizzabile nel volume in esame. Il segnale dipende da numerosi parametri utilizzabili nella costruzione di immagini contrariamente a quelle ottenute con la tecnologia a raggi x che ne sfrutta uno solo. Questo processo comporta una tecnologia estremamente più complicata e sofisticata di quella della TAC a livello cerebrale è possibile una perfetta differenziazione fra la sostanza bianca e grigia grazie all' aumento della risoluzione di contrasto che è stata valutata circa in cento volte quella ottenibile con le migliori attrezzature TAC, a programma di ricostruzione elettronica.

CLASSIFICAZIONE DELLE P.C.I. IN BASE :

- disturbo motorio

- alle forme cliniche

- ai sintomi associati al disturbo motorio

Classificazione base al tipo di disturbo motorio

La classificazione proposta dalla American Academy for Cerebral Palsy, è da tenersi la più esauriente.

Seguendo questa si possono distinguere sette gruppi fondamentali di paralisi infantile considerando il disturbo motorio.

A - FORMA SPASTICA

E’ caratterizzata da alterazioni che colpiscono prevalentemente le vie piramidali, atte alla coordinazione dei movimenti volontari e tale forma si manifesta con la perdita della motricità.

Il fenomeno basilare di questa forma consiste nell'aumento patologico del tono posturale, dovuto all'inefficienza del potere inibitorio del primo motoneurone e alla super efficienza del secondo neurone di moto.

Questo tipo di paralisi si presenta con un'ipertonia che è evidentemente più accentuata a carico dei muscoli flessori degli arti superiori ed estensori di quelli inferiori, interessando in  particolare le parti corporee terminali (come avambraccio, la mano, la gamba e il piede).

Si nota, inoltre, un'accentuazione del riflesso di stiramento. La resistenza allo stiramento è massima all'inizio e cede poi bruscamente (fenomeno del coltello a serramanico).

B - FORMA ATETOSICA.

A causa delle lesioni localizzate a livello corticale, in questa forma si evidenziano disturbi di tipo extrapiramidale. Questa paralisi è caratterizzata dalla presenza di alterazioni ipercinetiche (aumento dei movimenti involontari), che si manifestano in movimenti subcontinui, irregolari nella ampiezza e nella frequenza e piuttosto lenti .Tali fenomeni si alternano al movimento volontario, rendendolo inadeguato ed inefficiente dal punto di vista funzionale. L'atetosi può essere accompagnata sia da ipotonia che da ipertonia muscolare.

Inoltre la muscolatura mimica, quella della fonazione e degli arti superiori, sono i distretti muscolari più interessati.

C -  FORMA ATASSICA. Questo tipo di p.c.i. è espressione sia di una lesione cerebrale sia di un danno a carico dei propriocettori ( recettori che raccolgono gli stimoli provenienti dall'interno di un organo).

Il disturbo più evidente, nei soggetti affetti da questa forma, è l'incapacità di coordinare i movimenti, che si manifesta con un'alterazione dell'equilibrio in stazione eretta, barcollamento nel cammino, incoordinazione e tremore della mano.

Si nota quindi un notevole ritardo nello sviluppo motorio che aumenta in particolare modo quando questi bambini iniziano a camminare. Perciò essi si muovono in stazione eretta a gambe larghe e rigide, in modo da acquisire maggior equilibrio nel movimento.

Molte volte assieme a queste alterazioni, si verificano delle altre che vanno a compromettere la vista, l'udito ed il linguaggio. Quest'ultimo spesso interessato nel senso di un rallentamento nell'emissione della parola, che viene scandita in modo particolare.

D - FORMA RIGIDA. E' caratterizzata da ipertonia muscolare plastica di tipo. extra piramidale che determina una resistenza uniforme nei movimenti passivi di flesso - estensione ed interessa nella stessa misura sia i segmenti prossimali che quelli distali.

E - FORMA CON TREMORE. I sintomi più caratteristici di tale forma sono i tremori e questa manifestazione clinica è piuttosto rara. Tali fenomeni sono rappresentati da una ipercinesia fine, rapida e ripetitiva, presente in particolare modo nei segmenti distali (sono soprattutto interessante le mani).

F - FORMA ATONICA. E’ caratterizzata da una drastica riduzione del tono muscolare ed è molto rara.

G - FORMA MISTA. E' costituita dalla combinazione delle precedenti forme di p.c.i. determinando quadri clinici poliedrici che possono essere classificati tenendo in considerazione il sintomo prevalente. Si distinguono perciò quadri con ipertonie di tipo piramidale extrapiramidale, distonia atetoide e atassia.

Classificazione della P.C.I. in base alle forme cliniche.

In base alla distribuzione topografica del disturbo motorio si possono evidenziare le seguenti forme cliniche di p.c.i.

1 MONOPLEGIA. Questa forma è caratterizzata dalla perdita della mobilità di un solo arto. Tale quadro è molto raro, perché solitamente si tratta di una emiplegia o una diplegia nella quale l'arto, che apparentemente non sembra colpito, conserva una discreta attività funzionale.

2 PARAPLEGIA. Il deficit motorio è localizzato ai soli arti inferiori ed è sempre bilaterale. Solitamente si osservano anche dei lievi difetti motori agli arti superiori. La forma di paralisi, che si verifica, però può essere sia di tipo spastico che rigido.

3. EMIPLEGIA. E’ un difetto motorio che interessa una sola metà del corpo (quella contro laterale cerebrale). Le alterazioni sono di tipo spastico prevalente dell'arto superiore.

4. TETRAPLEGIA.Questo è il quadro più frequente e più grave. Le lesioni motorie interessano tutti e quattro gli arti e sono inabilitati da un deficit prevalentemente di tipo rigido e con minor frequenza può essere di tipo spastico.

5 DOPPIA EMIPLEGIA .Questo quadro consiste in una emiplegia bilaterale di tipo spastico che interessa in particolare modo gli arti superiori.

Sintomi associati al disturbo motorio

Poiché l'encefalo è la sede di una quantità di funzioni relazionali importantissime, una lesione encefalica può portare ad una alterazione multiforme di tali attività. Si possono perciò distinguere sei gruppi principali di turbe che si accompagnano a disturbi motori:

1. TURBE SENSITIVE

Si possono notare con frequenza disturbi della sensibilità generale, sia a carico della sensibilità superficiale che di quella profonda. Tale alterazione crea uno scompiglio notevole nel modo di essere del bambino.

2. TURBE SENSORIALI.

Questo gruppo è composto da particolari alterazioni (uditive e visive), che con più frequenza si verificano nel caso di p.c.i. rispetto a tutti gli altri sintomi. Circa la metà dei bambini affetti da p.c.i. accusano disturbi della vista. Le principali alterazioni visive sono: lo strabismo, la diminuzione della vista e l'alterazione del nervo ottico e della retina. Si possono notare inoltre, alcune restrizioni de! campo visivo, le quali non permettono al bambino colpito, di avere delle esperienze sensoriali complete. Più raramente si possono avere altri difetti, come la cataratta, il nistagmo (instabilità dei globi oculari ) e I 'anoftalmia (non sviluppo dell'apparato visivo).

Ai disturbi della vista si accompagnano quelli uditivi che sono presenti in circa il 30% di tutti i casi L'alterazione uditiva si manifesta con ipoacusia, che consiste in una diminuzione dell'attività uditiva e disacusia; in tal caso è la percezione dei fenomeni più acuti ad essere compromessa. Risulta quindi alterata la percezione delle consonanti, le quali hanno molta più rilevanza delle vocali e sono necessarie ai fini della comprensione del linguaggio.

3. I DISTURBI DEL LINGUAGGIO

Sono presenti nella maggioranza dei casi. La forma più frequente di questo gruppo è la disartria che si divide in spastica, distonica e atassica. Nel primo caso il linguaggio di un bambino affetto da p.c.i. appare conglutinato, semplificato e molto spesso incomprensibile mentre il secondo caso è caratterizzato da un'espressione molto tremolante, spesso difficile da capire.

La disartria atassica, invece, si distingue per il noto quadro della parola scandita, dovuto ad un'incapacità nel coordinare i muscoli interessati alla fonazione.

Con minor frequenza si verificano altri disturbi come le disfasie (difetto di elaborazione del linguaggio distinguendo afasie motorie e afasie sensoriali), le dislalie e le disfonie. Questi ultimi due disturbi sono dovuti ad un'ipoacusia.

4. L'EPILESSIA

Interessa circa il 40% di tutti i casi di p.c.i. I disturbi convulsivi sono di tipo parziale, non intendendo perciò un'epilessia essenziale.

Tuttavia non si conosce con certezza quale sia la causa che la determina .

5. I DISTURBI PSICHICI E PSICOMOTORI

Si manifestano in modo costante nelle p.c.i. anche se si verificano in forme diverse e con un'intensità non uniforme. Fanno parte di questo gruppo di disturbi sia i difetti globali che quelli lacunare come le disprassie, le agnosie, le afasie e i disturbi dello schema corporeo, i quali sono riconosciuti come dei deficit di organizzazione psicologica dell'esperienza elementare.

In base ad alcune statistiche si è osservato che in circa il 50% di tutti i cerebroplegici il quoziente intellettivo è inferiore di molto a 70. Mentre l'altra meta dei casi è affetta da un deficit lieve, nonché da una forma così insignificante di insufficienza mentale che possono essere considerati come dei soggetti aventi un'intelligenza "normale".

6. I DISTURBI DEL CARATTERE

Sono ulteriori difetti presenti nel bambino affetto da p.c.i. Queste alterazioni sono dovute alla notevole eccitabilità che questi soggetti presentano, che si manifesta in seguito alla lesione organica e alle limitate esperienze che essi vivono.

Di conseguenza a questo stato di eccitazione insorgono alcuni sentimenti, :l'insicurezza e l’ansia, che inducono i bambini ad avere enormi conflitti fra il proprio modo di essere (l'io) e la realtà esterna. Tutto ciò è la causa di reazioni sia aggressive che depressive, che, nei casi limite, possono sfociare in un isolamento autistico.

GLI INTERVENTI TERAPEUTICI NEL BAMBINO AFFETTO DA PCI

La terapia può essere di due tipi: medica e / o riabilitativa

Terapia medica

La terapia medica prevede l’impiego di anticomiziali e sedativi in modo da controllare eventuali crisi comiziali o epilettiche .L’uso dei farmaci ha lo scopo di ridurre l’insorgere di episodi che possono anche aggravare lo stato di malattia. In alcuni casi di regressione della malattia la terapia medica, può anche essere sospesa dopo aver valutato attentamente il miglioramento clinico del bambino. Tuttavia nei casi più gravi la terapia medica sarà sempre accompagnata da terapia riabilitativa.

Terapie Rieducative Riabilitative

La fisioterapia è la modalità più importante nella cura della paralisi cerebrale poiché ha lo scopo di correggere le condizioni di fondo della sindrome motoria. Le teorie riabilitative più efficaci appartengono all'ultimo ventennio e, la più importante è stata espressa dalla scuola inglese e che fa capo ai coniugi BOBATH.

Sia questo metodo che quello di KABATH fanno parte delle tecniche di facilitazione neuromuscolare, le quali hanno come finalità la riattivazione della funzione dei muscoli plegici o paretici, attraverso la stimolazione diretta e ripetuta dei recettori periferici.

I metodi di rieducazione motoria si suddividono in due gruppi fondamentali:Kabath Bobath.

Il metodo Kobath consiste nella esercitazione ripetuta di un muscolo o di più gruppi muscolari in schemi di movimento più complessi. Mentre il metodo Bobath si fonda sulla assunzione di posizioni inibitrici in modo da eliminare i riflessi patologici sottocorticali responsabili dei disturbi della motricità. Alcuni distretti corporei (soprattutto il corpo, le spalle e il collo) se messi in una postura inibitoria lasciano liberi gli altri.

METODI ANALITICI che tendono a rieducare la capacità di movimento di singole unità motorie o di gruppi muscolari funzionalmente correlati;

METODI GLOBALI che sono orientati a far percorrere al soggetto le fasi normali dello sviluppo psicomotorio tappe che il bambino non ha compiuto per la presenza del danno cerebrale.

Ovviamente le applicazioni di questi metodi sono individuali e necessitano di strumenti ausiliari di varia natura come scale, specchi, attrezzi ginnici, piani inclinati, tavoli e palloni.

Idroterapia

L'acqua dal punto di vista educativo può essere considerata come un qualsiasi processo che aiuti la persona a maturare sul piano psico- fisico -sociale e a valorizzare le specifiche potenzialità.

Inoltre l'ambiente piscina offre innumerevoli opportunità quali la sperimentazione di nuove sensazioni di gioco e divertimento, di gratificazione, di relazione, di sicurezza e di autonomia. Queste opportunità sono maggiormente benefiche per i soggetti con difficoltà motoria, in fase evolutiva e con insufficienza mentale.

Il movimento in acqua e il nuoto:

- potenziano e valorizzano il complesso d'energie latenti in ogni individuo;

- facilitano l’esplorazione e la conoscenza;

- aiutano la presa di coscienza dello schema corporeo;

- richiedono il controllo, del corpo nel suo insieme, in una strutturazione spazio temporale con il controllo del capo, del respiro, dell'equilibrio e della postura

- richiedono l'educazione al rilassamento globale e segmentario; facilitano il controllo dell'ansia e delle proprie emozioni.

- l'ambiente "acqua" offre,migliori opportunità ,ai disabili fisici ,rispetto a qualsiasi altro ambiente, in quanto esso:

- riduce la forza di gravità, escludendo i problemi di 'carico" esistenti in alcuni ambienti con il galleggiamento.

- favorisce una maggior ampiezza di movimenti a livello articolare

- a determinate temperature (28°e 32°)- riduce il dolore;

- il galleggiamento è in diretta relazione con il grado di rilassamento; viene sentita e valorizzata la parte del corpo non malata;

- l’ambiente piscina è meno stressante di una palestra.

Le finalità della terapia.

Gli interventi terapeutici si fondano in particolare modo sul recupero della motricità, poiché l’aspetto caratteristico della p.c.i. è il deficit motorio. Tuttavia la terapia deve ugualmente tenere in considerazione le sfera affettiva e psichica di ogni bambino.

Lo scopo dell’intervento terapeutico è quello di favorire l'inserimento di questi soggetti in un ambiente sociale molto stimolante dai punto di vista psico affettivo.

 

Influenza dei genitori nella terapia.

 

Il comportamento dei genitori rappresenta un punto fondamentale nel .iglioramento globale del bambino se l’ambiente è tranquillo ed i coniugi si dimostrano affettuosi, disponibili e sereni, il bambino acquisirà fiducia in se stesso, trovando anche una giusta posizione da ricoprire all'interno della società.

Al contrario se i familiari assumeranno degli atteggiamenti non consoni, come l'iperprotezione e la cieca dedizione al figlio, limiteranno lo sviluppo del bambino. Egli non sarà in nessun modo stimolato a costruirsi come persona indipendente dal resto della famiglia, ne avrà nessun interesse ad acquistare e recuperare particolari abilità, utili per vivere integrato nella società.

SECONDA PARTE

Carattere e personalità del bambino affetto da P.C.I.

Il bambino affetto da paralisi cerebrale infantile è un soggetto che presenta molti handicap, i quali aumentano considerevolmente quando il deficit motorio è accompagnato da altri disturbi, come quelli uditivi, visivi, sensitivi e così via. Quindi, tutta la sua esistenza, in particolare modo quella evolutiva, dipende da uno o più impedimenti, che pongono un limite alla vita associata e all'inserimento di questo bambino in un qualsiasi ambiente sociale.

Il bambino deve essere messo nelle condizioni opportune per poter avere delle esperienze buone sia dal punto di vista qualitativo che da quello quantitativo in quanto queste sono fondamentali per lo sviluppo della personalità. Tuttavia possono verificarsi delle carenze inevitabili nelle sue esperienze che lo possono condurre alla formazione di concetti diversi e fuori dalla norma e che incideranno notevolmente sul rapporto che egli avrà prima con se stesso e poi con gli altri.

Il bambino affetto da p.c.i. solitamente ha una errata concezione di se stesso, egli si vede e si sente diverso dagli altri bambini, poiché non può esprimersi attraverso il suo corpo ed i movimenti.

Molto spesso può accadere che il fanciullo misuri le proprie capacità in base alle limitazioni che subisce nei confronti dei coetanei; reagendo così egli impone un rallentamento al suo processo di crescita. La situazione peggiora quanto più gravi sono le alterazioni a carico della sfera sensoriale e soprattutto quando queste sono accompagnate sia da disturbi convulsivi e da insufficienza mentale.

E’ molto importante che l'ambiente in cui il soggetto è inserito sia ricco di stimoli. Il cardine dei progetti d'intervento educativi e riabilitativi è quello di adeguare la modalità d'azione alle esigenze di ciascun bambino, con il suo mondo interiore, le sue conoscenze, le sue esperienze ed i suoi interessi. Nel caso in cui gli atteggiamenti che sono assunti dalla realtà esterna nei confronti del bambino con p.c.i. siano sbagliati, questi possono compromettere ulteriormente un quadro di carattere già alterato. Come tutti i bambini portatori di handicap anche quelli con p.c.i. presentano particolari atteggiamenti poiché diventano possessivi gelosi, in particolare modo rispetto alle persone che si prendono cura di loro come la madre la quale spesso, finisce con il dedicare interamente la sua vita al figliò Ciò rappresenta la motivazione per cui questi bambini preferiscono isolarsi dal mondo esterno e rinchiudersi nel guscio famigliare o più raramente in un istituto, seppure questi soggetti nella maggioranza dei casi hanno un quoziente intellettivo che rientra nella norma.

Tale reazione si verifica molto spesso, soprattutto perché l'ambiente famigliare è quello di una struttura, che da al bambino la sensazione di essere protetto dal minaccioso ambiente esterno; inoltre in tali spazi vitali le limitazioni del soggetto sono accettate e rispettate.

Sicuramente in questo modo il soggetto assumerà un atteggiamento di passività che se non viene stimolato ripetutamente, si trasformerà in un'incapacità di reagire agli stimoli ambientali, cadrà quindi in una stato di inerzia e di abbandono totale, che influirà negativamente sul carattere, poiché egli dimostra una insicurezza nelle proprie capacità, tale da dipendere completamente dalle persone che si occupano di lui.

In altre parole si viene ad instaurare un blocco emotivo, può verificarsi, sia con una totale mancanza di interazione con il mondo esterno ,sia con una forte aggressività. Questa ultima reazione va intesa come un meccanismo di difesa che il bambino assume nei confronti di chi è "normale" e può muoversi come crede all'interno dell'ambiente.

LA COMUNICAZIONE VERBALE E NON VERBALE.

Tutti gli individui comunicano.

Ogni essere umano, ogni essere vivente, vive in una continua situazione di scambio di relazione con l'ambiente esterno. E’ quindi, impossibile immaginare che un individuo riesca a vivere senza avere alcun tipo di scambio col proprio ambiente e con le persone che lo abitano. Così anche un soggetto con paralisi cerebrale infantile o un qualsiasi individuo affetto da handicap, entra in relazione con il mondo esterno comunicando i propri stati d'animo alle persone che gli vivono accanto.

L'individuo normalmente apprende, nel corso del proprio sviluppo e della propria maturazione intellettiva, emotiva, psicologica, ogni avvenimento ed ogni aspetto del proprio ambiente di vita. Egli impara a decodificare i vari segnali a cui partecipa, e, ad interpretare quanto accade intorno a sé. L'uomo non potrebbe vivere se non possedesse numerosi sistemi di decodificazione e di interpretazione della realtà. Egli infatti può comunicare con l'esterno utilizzando sia il linguaggio verbale che quello del corpo. (linguaggio muto).

Nel caso di un bambino con p.c.i. invece, il ritmo dello sviluppo generale e sempre più lento rispetto agli altri bambini e conseguentemente anche l'apprendimento del linguaggio avviene più tardi. Perciò questo soggetto nei primi anni di vita utilizzerà maggiormente la comunicazione non verbale per esprimere i propri bisogni e le proprie emozioni.

La comunicazione verbale nell’interazione educativa

La comunicazione verbale si attua attraverso l’uso di parole, appartenenti ad una determinata lingua. Quest'ultima rappresenta il codice tramite cui un elevato numero di individui formulano e rendono comprensibili i propri messaggi agli altri.

Se si conduce un analisi del comportamento interattivo in ambiente educativo scolastico si osserva che l'aspetto verbale prevale su quello non verbale e che esso influenza in modo determinante l'apprendimento dell'allievo.

Tutto ciò è valido anche nel caso cui l'alunno sia un portatore di handicap psico-fisico, ma in questa situazione l'aspetto verbale deve essere sempre accompagnato da quello non verbale. Con ciò si vuole sottolineare la necessità del soggetto di costruire una relazione che sia effettivamente soddisfacente per offrirgli oltre che una trasmissione verbale a distanza. anche un rapporto a distanza con l’educatore.

In tutti i messaggi comunicativi si possono evidenziare due aspetti inscindibili:

- l'aspetto di contenuto che riguarda il messaggio, l'informazione, la notizia che una persona invia esplicitamente ad un'altra;

- l'aspetto di relazione che consiste nel modo in cui si esprime il contenuto. Attraverso l'uso della comunicazione non verbale (gesti, espressioni del volto, tono della voce...), uno stesso messaggio può essere espresso in modi diversi.

Nella interelazione umana, ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione di modo che il secondo classifica il primo ed è quindi metacomunicazione.

Per metacomunicazione si intende "comunicazione sulla comunicazione" che è data da particolari messaggi (verbali e non verbali), inviati durante le transazioni comunicative.

L'analisi delle informazioni metacomunicative (che sono pressoché inconsce) è uno strumento efficace per capire i problemi e i disagi psichici di un soggetto, soprattutto se questo individuo è portatore di handicap. il quale molto spesso non riesce ad esprimere il proprio bisogno direttamente. Un operatore attento, sa cogliere attraverso la lettura dei messaggi metacomunicativi la manifestazione di bisogno.

La comunicazione non verbale

Quando le persone si mettono in relazione tra di loro oltre che ad inviare verbalmente un messaggio, inviano una serie di segnali non verbali che esprimono emozioni e forniscono delle informazioni sulla propria personalità. Questi segnali ovviamente influenzano il significato di ciò che una persona afferma, procurando conseguentemente un cambiamento di comportamento da parte di colui che riceve il messaggio. E’ noto quindi, che "noi parliamo con i nostri organi vocali ma conversiamo con tutto il corpo (K.ABERCROMBE).

L'aspetto esteriore di un soggetto (come il fisico i lineamenti del volto, la postura) trasmette informazioni non verbali ed è anch’esso strumento di comunicazione.

Il gruppo di segnali non verbali più significativi è quello dei movimenti del corpo e della mimica facciale e rappresenta quell'insieme di messaggi che oggi sono maggiormente oggetto di ricerche e di studio. Tali segnali possono essere di vario tipo come l'espressione del volto, il movimento degli occhi, il contatto corporeo, i gesti e la postura.

La mimica facciale.

Il volto è l'area specializzata del corpo per comunicare atteggiamenti umori, ed emozioni attraverso il mutamento di posizione di occhi bocca sopracciglia e i comportamenti muscolari facciali, nonché la sudorazione e il colore della pelle. Secondo le ricerche di Ekman pare che i sentimenti mettano in azione segnali mimici largamente universali che non dipendono in particolare modo dall’apprendimento. Tuttavia soggetti di culture diverse, oltre che a provare un determinato sentimento di fronte a stimoli differenti hanno appreso regole di comportamento diverse, che inducono a mascherare, inibire o viceversa ostentare la stessa espressione del volto. La mimica è molto presente nella conversazione, infatti esiste un sistema globale di comunicazione, in cui quello non verbale è complementare a quello verbale. Per cui il volto di chi parla è in sincronia con ciò che dice contribuendo a valorizzare e a dare più o meno peso al suo discorso, mentre nell'ascoltatore, il viso esprime la reazione (fronte labbra e sopracciglio sono in particolare modo interessati nell'indicare attenzione, accordo, o, dissenso, perplessità, sorpresa, soddisfazione).

Lo sguardo e il movimento degli occhi.

Gli occhi sono il centro di espressività del viso e assumono un ruolo fondamentale nel comunicare atteggiamenti interpersonali e nell'instaurare relazioni.

Il movimento degli occhi è quello che con più difficoltà l’uomo riesce a controllare.

Le loro finzioni principali soprattutto nel contesto degli scambi verbali. sono quelle di controllo della comunicazione di segnalazione di feed - back e di espressione di emozioni.

Inoltre gli sguardi hanno un ruolo molto rilevante nella gestione del ritmo e del flusso della comunicazione, al fine di evitare interruzione inceppi, sovrapposizioni.

Normalmente le persone che detengono una conversazione si guardano molto spesso negli occhi, mantenendo un contatto visivo che varia di durata a seconda che uno parli o ascolti.

Dalle ricerche condotte in merito a questo argomento è emersa una regola. L'educatore o l’insegnante dovrebbe acquisire la capacità di posare lo sguardo a turno su tutti i ragazzi che segue nel momento in cui parla, in modo da dimostrare che tutti indistintamente sono presi in considerazione. Tale problema non sussiste nel caso in cui il rapporto tra educatore e ragazzo è di uno ad uno (come capita in una struttura per handicappati molto gravi), ma è importante in tale situazione che l’adulto mantenga un costante contatto visivo con il soggetto portatore di handicap, in modo da incitarlo e incoraggiarlo nello svolgimento di particolari attività.

il contatto corporeo

Uno studioso Statunitense di psicologia animale HARLOW ha condotto una serie di esperimenti a dimostrazione dell’importanza del contatto corporeo.

Le conclusioni che Harlow ha ricavato dalle sue ricerche dimostrano l'importanza del contatto fisico il quale è basilare nei rapporti sociali infantili.

Un atteggiamento positivo ed efficace dell'educatore nei confronti del bambino handicappato si può esprimere e si misura in particolare modo attraverso il contatto corporeo, in quanto questi soggetti solitamente esprimono il loro modo di essere. soprattutto attraverso l’uso del corpo.

La postura

Per postura si intende la posizione relativa delle varie parti, che compongono l'organismo umano, nell'interazione comunicativa.

Le varie posture (eretta, a sedere, rannicchiata, in ginocchio e distesa), che l'uomo può assumere, hanno la finzione di comunicare una particolare immagine di se e capire quella degli altri e quella di indicare uno status sociale.

Particolari posture dell'educatore/insegnante accompagnate sempre da una gestualità della mano possono avere un valore permissivo, avente quindi lo scopo di incoraggiare il soggetto ad eseguire un compito oppure contrariamente possono avere un valore di divieto. Una postura particolare del corpo che esprime disponibilità ed incoraggiamento nei confronti dell'altro é quella che prevede l'inclinazione del busto in avanti con le braccia protese a palmi in su.

La postura di un individuo riflette il suo umore e le sue emozioni, infatti è abbastanza semplice comprendere ad esempio quando una persona è depressa in quanto essa tende a incurvare le spalle e a compiere movimenti lenti e pesanti.

La gestualita'

Con il termine gestualità si vuole comprendere quel complesso di movimenti che il soggetto compie con le mani con le braccia, con la testa e con le gambe, durante lo svolgimento di una relazione interpersonale questi comportamenti che vengono più propriamente definiti come gesti possiedono anch'essi elevate funzioni espressivo - comunicativo ed acquistano significati diversi nelle varie culture, i gesti possono essere classificati in quattro categorie:

a) gesti metaforici: sono quei movimenti utilizzati dalle persone per rappresentare una cosa, una proprietà, una caratteristica, un concetto (ad esempio allargare le mani per indicare "grande");

b) gesti di adattamento: sono quelli che il soggetto utilizza spesso inconsciamente per scaricare tensioni emotive (ad esempio graffiare muovere le dita continuamente);

c) gesti punteggiatorl sono quei gesti che vengono usati per regolare la comunicazione verbale, per accentuare e chiarire il significato di una parola (ad esempio indicare col dito indice chi deve parlare in quel momento).

d) gesti emotivi: che sono costituiti da quel tipo di gesti attraverso i quali una persona comunica il proprio stato emotivo nei confronti dell'altra (ad esempio portare le due mani al petto per indicare "affetto, amore, amicizia"),II contatto corporeo rientra in questo gruppo in quanto il contatto corpo a corpo possiede sempre una carica emotiva.

Conclusioni.

L'aspetto non verbale del comportamento riveste una funzione privilegiata sul versante modale-relazionale della comunicazione. Dunque i vari comportamenti non verbali sono strumenti estremamente significativi soprattutto nell'espressione di emozioni, di atteggiamenti interpersonali e di conflitti (sia consci che inconsci). Tutti gli educatori e gli assistenti di bambini portatori di handicap dovrebbero avere una buona abilità nel recepire il linguaggio non verbale e un'altrettanta capacità di usare una particolare gestualità, un'espressione mimica e una postura atta a suscitare interessi a aiutare la comprensione, a sollecitare la partecipazione attiva e a rinforzare l'apprendimento.

TERZA PARTE

L'INABILITAZIONE E L’INTERDIZIONE (IN GENERALE) DI UN SOGGETTO CON RITARDO MENTALE.

Premessa.

La paralisi cerebrale infantile p.c.i. come abbiamo visto nei capitoli precedenti, è caratterizzata da un disturbo di tipo motorio che solitamente è accompagnato da altre turbe quali quelle sensitive, sensoriali, del linguaggio, convulsive e soprattutto intellettive e del carattere.

Nelle forme più gravi il soggetto affetto da p.c.i. presenta un grosso deficit psichico e come tale non è in grado di assumersi la responsabilità delle proprie azioni..

La capacità giuridica e d'agire.

La legge attribuisce la capacità giuridica ad ogni soggetto dal momento della nascita a quello della morte, per cui ogni individuo ha la possibilità di essere titolare dei rapporti giuridici (cioè di diritti e doveri) riconosciuti dall'ordinamento. Capacità di essere titolare non vuoi dire necessariamente titolarità effettiva, perciò ad esempio un minore ha la capacità giuridica ma non può disporre come crede dei propri beni, i quali sono amministrati dal tutore (genitori) o dal curatore nominato dal giudice.

Tutti gli atti compiuti direttamente dal minore sono annullabili. Quindi il soggetto è incapace di agire nel senso che non può disporre validamente dei propri diritti mediante manifestazione di volontà Normalmente la capacità di agire viene attribuita dalla legge soltanto ai maggiorenni (Art. 2, libro primo "delle persone della famiglia Codice Civile).

Esistono persone che, pur avendo capacità giuridica non hanno capacità di agire.

Si dicono incapaci di agire coloro che sono privi totalmente (incapaci assoluti) o parzialmente (incapaci relativi) della capacità di agire.

Sono incapaci assoluti i minori e gli interdetti (giudiziali e legali), mentre sono incapaci relativi i minori emancipati e gli inabilitati.

L'incapace assoluto: l’interdetto giudiziale e legale.

Il giudice, soprattutto a causa di malattie mentali, può decidere di privare totalmente il maggiorenne della capacità d'agire, adottando un procedimento chiamato "l'interdizione giudiziale". L'interdetto giudiziale è una persone che, pur avendo raggiunto la maggiore età, si trova in una condizione di infermità mentale, che gli impedisce di provvedere ai propri interessi. L'interdizione giudiziale comporta una totale incapacità d'agire ed è

pronunciata con sentenza dopo che il giudice ha accertato l'esistenza dell’infermità L'interdetto giudiziale si trova nella stessa condizione del minore, anche in questo caso è il tutore a compiere gli atti in suo nome, sempre sotto la sorveglianza del giudice.

In caso di miglioramento delle condizioni di salute, interdizione giudiziale può essere revocata dal giudice e la persona riacquista la piena capacità di agire.

Esiste anche l'interdizione legale che viene dichiarata quando una persona è condannata ad una pena superiore ai cinque anni. L'interdetto legale perde completamente la capacità d'agire.In questo caso l'interdizione è una sanzione aggiuntiva, che colpisce chi si è reso colpevole di reati.

L'incapace relativo: il minore emancipato e l'inabilitato.

L'incapacità relativa riguarda il minore emancipato e l'inabilitato. Il minore è emancipato di diritto con il matrimonio che può essere contratto al compimento del sedicesimo anno di età.

Il minore emancipato cessa di essere sottoposto alla potestà dei genitori (o tutela ) e diventa parzialmente capace di agire; con l'emancipazione il minore può compiere da solo gli atti di ordinaria amministrazione nel non quelli di straordinaria amministrazione.

Non sempre l'infermità mentale è così grave da portare all'interdizione giudiziale; un maggiorenne affetto da una lieve malattia mentale viene dichiarato inabilitato con sentenza del giudice.

Il giudice quando si trova di fronte ad una persona affetta da infermità mentale, può decidere per l'interdizione o per la inabilitazione in base alla gravità del disturbo (su questa decisione incidono soprattutto gli esiti delle perizie mediche).

L'inabilitazione comporta una limitata capacita d'agire. L'inabilitato viene fiancato da un curatore che lo assiste negli atti di straordinaria amministrazione.

In caso di miglioramento delle condizioni di salute, l'inabilitazione può essere revocata dal giudice e la persona riacquista la piena capacità di agire.

Sono annullabili tutti gli atti di straordinaria amministrazione compiuti dagli incapaci relativi (minori emancipati e inabilitati) senza l'assistenza del curatore.

Bibliografia

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J. QUEVAUVILLIERS - L. PERLEMUTER Dizionario medico dell'infermiere a cura di Carlo Vettore Masson

 

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