Corrado Molteni

 
JUHA JANHUNEN, MANCHURIA. AN ETHNIC HISTORY,
HELSINKI, THE FINNO-UGRIAN SOCIETY, 1996
 
 
 
 
 
 
Il volume di Juha Janhunen, ordinario di studi dell'Asia Orientale all'Università di Helsinki, raccoglie i risultati di un'attività di ricerca che ha impegnato l'autore per più di vent'anni, durante i quali ha letteralmente ripercorso le strade e le piste tracciate in Asia Centrale ed Orientale dai grandi maestri della scuola finlandese. Janhunen ha concentrato la sua attenzione sulla Manciuria, una regione la cui vera identità e rilevanza nella storia dell'Asia rimane oscurata dal fatto di essere oggi una terra di frontiera, divisa tra la Cina e la Russia; una regione che Janhunen ha studiato con gli strumenti e l'approccio di uno studioso di linguistica comparata, producendo tuttavia non uno studio linguistico ma un'affascinante e, al tempo stesso, fortemente controversa storia delle etnie che vi abitano.
Affascinante e controversa storia etnografica perché, in primo luogo, l'autore ritiene che con il termine di Manciuria si debba indicare un territorio assai più vasto di quello tradizionalmente indicato dai geografi, ovvero la regione tra Corea, Cina, Mongolia e Siberia, da cui partirono i Manciù che conquistarono la Cina nel diciassettesimo secolo. Per l'autore la Manciuria - o meglio, la Grande Manciuria - non si estende solo su di una parte del continente asiatico ma comprende anche la penisola coreana ed il Giappone, le cui "origini" etniche sono intimamente connesse a quelle della Manciuria. In particolare, sarebbe impossibile separare la Corea dal resto della Manciuria. Il confine ufficiale che separa le due regioni - confine che segue il corso dei fiumi Yalu e Tumen - sarebbe arbitrario sia dal punto di vista fisico che storico. Farebbe parte della regione anche l'isola di Sakhalin, il cui nome deriva appunto dal mancese sahaliyan (nero), indicando una chiara associazione con la regione del fiume Amur (in mancese Sahaliyan Ula o fiume nero). E ne farebbe parte anche il Giappone, collegato alla Manciuria sia attraverso Sakhalin e lo Hokkaido, sia attraverso l'isola di Tsushima e la penisola coreana.
A conferma di questa tesi, una erudita e competente analisi linguistica mostra i forti collegamenti e legami tra le diverse parti della regione e le popolazioni che la abitano. Relativamente al Giappone ed ai giapponesi, il gruppo etnico sicuramente più studiato, l'autore ritiene che non ci siano ragioni obiettive per pensare che ci troviamo di fronte ad un gruppo particolare, isolato ed unico nel contesto dell'Asia di Nord Est. L'analisi delle caratteristiche strutturali - tra cui la morfologia e la morfosintassi - della lingua giapponese mostra come essa appartenga al contesto del tipo linguistico altaico così come vi appartengono il coreano, il tunguso, il mongolo e il turco. In altre parole, il giapponese moderno e le lingue parlate nelle isole Ryukyu (Okinawa e le isole circostanti) molto probabilmente discendono da un protolinguaggio che si diffuse dalla penisola coreana alla regione del Kyushu meridionale. La "Korean connection" sarebbe provata anche dall'impressionante parallelismo linguistico che caratterizza il giapponese ed il coreano. Si tratta soprattutto di paralleli linguistici di natura strutturale, mentre lo sviluppo fonologico ha seguito strade diverse. Tuttavia anche in quest'ambito c'è un'importante dettaglio che unisce le due lingue: la presenza di "accenti" o differenze tonali. Tutto ciò lascerebbe supporre l'esistenza di una unione (Sprachbund) tra le due entità genetiche che, secondo Janhunen, dovrebbe essere collocata nella fase della protostoria corrispondente al periodo della formazione delle prime strutture statali in Corea ed in Giappone.
A queste conclusioni Janhunen è giunto sulla base di una lunga, rigorosa ricerca che ha condotto con metodologie innovative. A differenza di altri lavori sulla storia e le origini dei popoli della regione, il suo lavoro si basa su di una intensa attività di ricerca sul campo. Secondo l'autore, l'analisi del materiale storico ed archeologico produce infatti risultati meno affidabili di quelli ottenibili studiando le informazioni ed il materiale sincronico raccolto sul campo. Ed è per questa ragione che ha ripetutamente trascorso lunghi periodi tra le minoranze etniche che abitano la Siberia, la Mongolia e le province cinesi dello Heilongjiang e dello Jilin, oltre ad avere soggiornato a lungo in Giappone. Il risultato è un lavoro che rappresenta una pietra miliare in questo campo e che rimarrà a lungo come il testo di riferimento per chi intende affrontare lo studio dei gruppi etnici che popolano l'Asia di Nord Est.