Alessandra Consolaro
 
MOTIVI DELLA RETORICA NAZIONALISTA HINDÿ iN DUE
COMPOSIZIONI DI MAITHILI SARAN GUPTA1
 

1 Per la trascrizione dei termini hindî ci si è attenuti a quanto proposto da G. Milanetti in "Alcune osservazioni per la definizione di un sistema di traslitterazione integrato dalla lingua hindî ", in Rivista degli Studi Orientali LXII (1988) pp. 59-68, con le seguenti modifiche: e¯ = ai; o¯ = au.
2 Nato in una famiglia vaiÇya vaisnava bhakta di Cirgåµv, vicino a Jhansi.
3 Durante il periodo della lotta anticoloniale il titolo di "poeta nazionale" spettava ad un poeta epico: la popolarità dell'epica in versi (mahåkåvya) è legata alla tradizionale attribuzione di una grande importanza alla poesia e alla sua funzione educatrice.
4 Gli venne offerto un volume commemorativo in occasione dei suoi cinquant'anni in una cerimonia tenutasi a Benares il 25/10/1936 presieduta dal Mahatma Gandhi in persona, che non esitò a sottolineare che sarebbe cosa più opportuna celebrare il giubileo di un personalità solo dopo la sua morte: M. K. Gandhi, Collected Works LXIII, New Delhi 1980, p. 390.
5 Il termine viene inteso come "la parlata pura" o " la parlata prevalente", e indica la koiné che appariva nel XIX secolo particolarmente adatta ad esprimere la realtà culturale legata alla nuova situazione politica nella quale l'interazione tra occidente e oriente aveva dato vita al movimento nazionalista. Si veda a proposito S. Piano "Lingua ufficiale e lingue nazionali: note sul problema linguistico dell'Unione Indiana" in Atti del Convegno "Lingua, dialetti, società" della Società Italiana di Glottologia, Giardini, Pisa 1978, pp. 57-76; D. Dolcini, "Il significato di "kha®î " nella denominazione "kharî bolî ", in Annali di Ca' Foscari (Sez. Or. 3), Paideia, Brescia, 1971.
6 Lingua neo-indo-aria derivata dalla forma di pracrito Çaurasenî particolarmente legata alla letteratura vaißnava bhakta sorta all'inizio del XVI secolo; si veda A. Entwistle, Braj:centre of Krishna pilgrimage, Egbert Frosten, Groningen 1987.
 
7 Dopo il 1902 la denominazione fu United Provinces of Agra and Oudh (1902-1947) e dopo l'Indipendenza divenne Uttar Pradesh; per comodità si userà di seguito nel testo la sigla UP.
8 La storia del movimento per la någ'rî -hindî può essere considerata parte del processo più vasto per cui molti hindû colti trovarono un senso di identità politica e culturale separata: un processo di mobilitazione sociale per mezzo del quale molti hindû vennero a far parte di un sistema di comunicazioni sociali sempre più fitto. Questo processo non è limitato alle UP, ma nel suo aspetto linguistico raggiunse in quest'area un'intensità maggiore che altrove, anche perché l'elaborazione di una letteratura in lingua hindi e scrittura någ'rî -hindî avvenne principalmente nei centri di Benares e Allahabad.
9 Il persiano era rimasto in uso come lingua amministrativa nell'India settentrionale per tutta la durata del dominio musulmano. Anche dopo il declino del potere politico musulmano, il prestigio del persiano era sopravvissuto e fino alla fine del XIX secolo questa lingua mantenne una posizione di grande popolarità nelle UP. Quando i britannici si affermarono in India come potere politico (1757) adottarono a loro volta il persiano come lingua ufficiale, e il dominio della East India Company in Bengala portò fino a Calcutta i fasti di questa tradizione letteraria. Nel 1837 il governo indiano abbandonò la politica di predilezione per il persiano, ma a livello locale il governo delle UP continuò la politica linguistica precedente: il persiano fu rimpiazzato dall'urdû , che manteneva scrittura, lessico e forme grammaticali del suo predecessore.
10 I principali furono il Bråhma Samåj e l'Årya Samåj: v. J.T.F. Jordens, Dayananda Sarasvati. His Life and Ideas, Delhi 1978 e D. Kopf, The Bramo Samaj and the shaping of the modern Indian Mind, Princeton 1979.
11 Il padre della critica letteraria hindî , attivo nel dipartimento di hindî della Banaras Hindu University fino alla fine degli anni Trenta: egli giustifica l'aspetto prosastico e narrativo che predomina nei versi di Maithili Saran Gupta attribuendolo alla necessità di purificazione della lingua hindi ed elogia il genuino amor patrio che traspare dalle sue opere (v. Ram Candra Sukla, Hindî såhitya kå itihås, Någ'rî Pracårini Sabhå, Varanasi 1997, pagg. 536 segg.). L'evoluzione del giudizio su questo poeta subisce l'influenza degli avvenimenti legati alla lotta per l'indipendenza. L'eminente critico Nand Dulåre Våj'peyi nega a Maithilî Saran Gupta il diritto ad essere vate nazionale, ma lo riconosce importante come simbolo dell'epoca coloniale, "l'umile, cortese, domato poeta dell'India rovinata e impoverita". Nel 1939 Girijadatt Ç ukla "Giris" pone in rilievo come l'autore in esame sia al più poeta della popolazione hindû , non dell'India, poiché la sua non sarebbe una visione veramente nazionale, bensì limitata alla "nazione hindû " e incapace di comprendere gli ideali dell'India moderna.
12 Il pubblico afferente a Sarasvatî era costituito dalla popolazione urbana composta prevalentemente di persone istruite appartenenti a famiglie di proprietari terrieri o usurai e banchieri, impiegati statali e professionisti, specialmente in campo giuridico, sanitario e scolastico: perlopiù erano hindû di casta elevata, ma formavano un gruppo abbastanza eterogeneo.
13 Mahåvir Prasåd Dvivedî, infatti, aveva ammesso nelle pagine di Sarasvati la tradizione braj a condizione che trattasse temi nuovi, abbandonando la tradizione religiosa krsnaita a favore di argomenti patriottici. Ma la kha®î bolî si dimostrò ben presto più adatta a trattare temi attuali, in quanto più indipendente dalla tradizione religiosa. La sanscritizzazione della kha®î bolî operata da Mahåvir Prasåd Dvivedî permise alla lingua da lui usata di essere accettata come lingua letteraria senza il timore che si trasformasse in urdû .
14 La prestigiosa associazione culturale per la diffusione della lingua e letteratura hindi, fondata a Benares nel 1893, si separò daal periodico dopo due anni per divergenze di opinione con l'editore. Per una storia dettagliata della rivista v. ad es. Råm Vilås Sarmå, Mahåvir Prasåd Dvivedî aur hindî nav'jågaran, New Delhi 1977.
15 Le sue prime composizioni assomigliano moltissimo alla traduzione in versi del poema sanscrito Kumårasambhava fatta da Mahåvir Prasåd Dvivedî nel 1902. Si veda A. Gupta: 1961, p. 254 e segg.
 
 
16 Tra le sue opere Rang mem bhag ([La rovina della felicità] pubblicato nel 1905 in Sarasvati ) narra l'episodio di Chitør. Jayadrath vadh (L'uccisione di Jayadrath, 1910) ripropone un episodio del Mahåbhårata, esaltando l'eroe guerriero e il valore delle donne råj'pu¯ t. Bhårat bhårati (La voce dell'India, 1912) è la versificazione di argomenti del dibattito sociale e politico e presenta i valori dell'antica civiltà indiana e i suoi capolavori letterari, scientifici, filosofici e artistici, per mettere in rilievo come questi ideali siano perduti. Il suo poema più noto è Såket (1932), un'immane epica sulla storia di Råm: l'antica leggenda viene presentata alla luce di un induismo riformato, proiettando nel passato molti ideali nazionalistici.
17 Questo processo era cominciato dalla metà del XIX secolo e le UP erano il centro di elaborazione di questa nuova cultura; si veda a proposito V. Dalmia, The Nationalization of Hindu Traditions. Bharatendu Harischandra and Nineteenth-century Banaras, Delhi, OUP 1997.
18 Non va però sottovalutato il fatto che, nel tentativo di allontanarsi dalla braj, il modello poetico doveva quasi inevitabilmente diventare il sanscrito.
19 Si tratta della prima versione in lingua occidentale. Nella presentazione dei due componimenti si è preferito evitare una traduzione letterale privilegiando una fedeltà culturale su una pretesa corrispondenza linguistica: per questo si è cercato di evocare ai lettori italiani lo stile dei poeti della "linea patriottica" dell'epoca risorgimentale. Senza voler discutere delle teorie contemporanee della traduzione, rimandiamo al felice intervento di R. Snell "Faithful to what? Translating the Satsai of Bihari", presentato alla VII International Bhakti Conference, Venezia, 4-9 agosto 1997, atti in corso di stampa. Non essendo chi scrive un'abile versificatrice, ogni miglioria è non solo possibile, ma auspicabile.
20 "Hindî ki vartt'mån daçå", in Sarasvatî 10 (7), luglio 1909, p. 292- 293.
21 Lett: "la storia dello sviluppo della conoscenza".
22 Lett: såhitya-bhåndå® : il "magazzino della letteratura" o "patrimonio letterario".
23 Manca una produzione originale di opere teatrali e poesia, e i numerosi romanzi mancano di autenticità e novità, poiché ci si accontenta di tradurre opere in altre lingue che abbiano avuto successo (Si veda ad es. Sri Såhityåcårya Påndey Råmåvatår Sarmå, "Hindî kî vartt'mån daçå" in Sarasvatî 2 (5), settembre 1911 p. 199-203). Già nel primo numero della Någ'rî ±i Patrikå, organo della Någ'rî Pracari±î Sabhå di Benares, nel 1897, si riconosceva una situazione di diglossia letteraria, lamentando che essa costituisse un ostacolo allo sviluppo della lingua hindî.
24 La strofe recita letteralmente: "Il romanzo è quanto mai pernicioso/ e la recitazione in teatro è fumosa e volta all'ostentazione (con un gioco di parole sul doppio significato del termine dhum)/ Quanti cuculi hanno fatto il nido indisturbati! / Si produce di tutto tranne che letteratura!"; l'immagine suggerisce che persone indegne ottengono successo e distruggono la stirpe dei veri letterati e poeti.
25 "Någ'rî lipi aur hindî bhåså" in Sarasvati 10 (12), dicembre 1909, pp. 536-538.
26 Tra tutte le grafie in uso in India la någ'rî è la migliore, trattandosi di un alfabeto bello (sundar), semplice (saral), chiaro (suspasßt). Innanzitutto va ricordato che, sebbene qui non venga esplicitamente affermato, la scrittura che si contrappone per eccellenza alla någ'rî è l'alfabeto arabo-persiano in uso per la lingua urdû : quando si condanna l'illeggibilità delle altre scritture è precipuamente alle grafie connesse alla lingua urdû che si allude. Non si deve dimenticare che nella seconda metà del XIX secolo, via via che la contrapposizione tra lingue e scritture andava caricandosi di elementi comunitaristi, la confusione tra lingue e alfabeti è molto comune, per cui si operò la definizione di due codici linguistici separati quando all'origine sarebbe più corretto parlare di un unico codice ad alta variabilità che poteva essere scritto con grafie diverse.
27 L'originale menziona la semplicità del suo abicì, il famoso Bål'bodh, che viene esaltato come il più facile di tutti.
28 In realtà l'alfabeto någ'rî manca dei segni atti a trascrivere i suoni di derivazione persiana, ma nell'ambito del discorso nazionalista hindî la propensione era per una lingua sanscritica, spogliata di tutti gli elementi della tradizione islamica, e pertanto non si era disposti a registrare questa mancanza come un difetto.
29 La grafia persiana favoriva l'ambiguità nel leggere alcune parole, poiché l'eliminazione dei segni per le vocali non permetteva di leggere correttamente; inoltre non era adatta a rappresentare alcuni suoni della lingua hindî, e richiedeva un numero altissimo di segni diacritici.
30 Gli aggettivi che nel testo in analisi caratterizzano la någ'rî ne connotano anche l'elemento di superiorità morale: essa è pura (Çuddh), semplice (saral ) e facilmente intelligibile (subodh ), mentre le altre scritture sono tortuose, difficili, inaccessibili, squilibrate, diseguali e volgari (kuñcit, kathin, durgam, visam, chote-bare, khote-khare). Essa è ricolma di ogni virtù [sab-gu±-ågari ], comunque bella [sab bhåti su®dar ], ed ha un forte connotato di appartenenza e di affetto [hamåri pyåri lipi ] (strofa 10).
31 Nelle discussioni sull'antichità della någ'ri, anche quando non le si attribuisca un carattere di originalità cronologica, si metteva ben in rilievo tuttavia la sua originalità geografica si rivendicava che si trattasse di una scrittura indigena, non derivata dal fenicio, come alcuni studiosi occidentali avevano in un primo tempo pensato. V. ad es. Bårhaspatyah, "Dev'någ'rî lipi" in Sarasvatî 9 (11) 1908, pp. 477-488.
32 Il nome någ'rîsignifica "urbana" ed è quindi connesso all'idea di civiltà e cortesia. Il någaraka, infatti, il sofisticato cittadino amante della bella vita e delle arti, era dedito alla scrittura.
33 Il legame di solidarietà tra gruppi di consanguinei non è sufficiente a creare la solidarietà più vasta, nazionale, che proviene dall'unità linguistica.
34 Per esser degni di ottenere i poteri magici (siddhi ) conferiti dalla pratica dello yoga, si deve accettare una rigida disciplina psicofisica che richiede una grande forza interiore.
35 Per l'uso del termine v. B. N. Mukherjee, "The name HINDUSTAN - A Study in its Geopolitical Connotations" in Journal of Ancient Indian History, D.R. Bhandarkar Centenary Number 9, 2 (1976) p. 178-199.
36 Il termine hindû veniva effettivamente usato in origine in senso geografico e politico (v. R. Thapar, "Imagined Religious Communities?" in Modern Asian Studies 23, 2 (1989), pp. 209-231), ma all'epoca della composizione di quest'opera aveva assunto un connotato comunitario e religioso, anche a seguito delle operazioni di censimento che nel XX secolo contribuirono a trasformarlo in una potente categoria di identificazione collettiva.
37 È questo un topos della poesia sanscrita classica: si dice che il fior di loto notturno (nymphaea esculenta) sbocci con la luna piena, di cui è innamorato. Perciò non presta attenzione alla luce della luna calante e si strugge nell'attesa del ritorno del suo vero amore. In sanscrito la luna è maschile, mentre il fiore è femminile: per questo è possibile applicare le convenzioni riferite all'innamorata che aspetta il ritorno dell'amante. L'immagine suggerisce che la condizione degradata della hindî non può soddisfare coloro che amano questa lingua, i quali si struggono nel desiderio di rivederla nella pienezza del suo splendore, riconosciuta come lingua nazionale.
38 Sullo stile e la versificazione di Maithilî Çara± Gupta si veda Råm'sakal Råy Çarmå: 1966, pp. 209-239.
39 Specialmente kåyasth, brahmani kaÇmirî e khatrî; delle tre la comunità più numerosa, i kåyasth erano tradizionalmente legati alle attività letterarie e al servizio statale, ed erano passati tranquillamente dal servizio per i governanti musulmani a quello per i britannici. I bramani kas´miri erano tradizionalmente dediti ad attività intellettuale e spesso occupavano posizioni di responsabilità sotto l'amministrazione britannica. I khatrîerano una casta di vaiÇya, dediti ad attività commerciali oppure all'impiego pubblico.
40 Nel 1899 si svolse la maggiore campagna organizzata per la promozione della någ'ri-hindî, guidata dalla Någ'rî Pracåri±î Sabhå di Benares e da Madan Mohan Malaviya Malaviya, che portò al riconoscimento ufficiale della grafia någ'rî nell'aprile del 1900. Si veda M. M. Malaviya, Court Character and Primary Education in N.-W.P. and Oudh, Allahabad 1897.
41 Nonostante i tentativi di promuovere ufficialmente la diffusione di un'urdû meno persianizzata, la lingua ufficiale rimaneva infarcita di espressioni persiane e risultava inintelligibile ai non addetti ai lavori.
42 Non altrettanto avvenne in altre aree caratterizzate da una simile situazione linguistica, ad esempio nelle Central Provinces e in Bihar (CP Home Progs, marzo 1872 # 32-33-37-39; Education Commission Report CP; Bengal Gen Progs Misc, marzo 1881, 7-8). Nelle UP la popolazione musulmana, sebbene in minoranza rispetto a quella hindu¯, era più numerosa e la loro partecipazione all'impiego statale era superiore rispetto a queste altre provincie.
43 Il governo delle UP richiedeva agli insegnanti delle scuole di grado elementare e medio inferiore di imparare entrambe le lingue e scritture e prevedeva l'impiego di libri di testo stampati in entrambe le grafie. L'istruzione superiore riconosceva esclusivamente l'uso della lingua inglese.
44 Questo contribuì a rafforzare l'identificazione delle lingua e della grafia con la comunità religiosa di appartenenza. Negli anni '90 anche il movimento a difesa della vacca divenne un canale di espressione delle rivalità tra le due comunità, mentre a livello politico lo scontro fu chiaro a partire dall'Indian Council Act del 1892 (V. A.S. Singh, Growth of Political Awakening in Uttar Pradesh (1858-1900), Benares, Vishvavidyala Prakashan 1991 pp. 139-167,180-216). Nel XX secolo la questione dell'istruzione nazionale avrebbe rappresentato un ulteriore sviluppo del nazionalismo hindü.
45 La posizione di lingua ufficiale nel sistema giudiziario conferiva all'urdü un carattere di prevalenza rispetto alla hindî, ma questo non significava che godesse di prestigio come il persiano o l'arabo: in generale solo le lingue classiche e l'inglese erano percepite come lingue di cultura, mentre le lingue volgari non avevano l'aura di potere, economico o culturale.
46 Allo stesso modo, immediatamente dopo l'approvazione dell'Act XXIX/1837 si era scatenata la reazione di quegli strati della popolazione che vedevano minacciata la propria posizione, hindü e musulmani allo stesso modo. V. Ramesh Chandra Srivastava, Development of Justicial System in India under the East India Company 1833-1858, Lucknow 1971, p. 126, 199-201.
47 Brahmani, caste mercantili, råj'püt e alcuni khatrî; è utile a tale proposito analizzare la composizione sociale e occupazionale di coloro che si candidavano a sostenere il Middle Examination (requisito per l'accesso al pubblico impiego dal 1877), confron-tando i dati dei Censimenti dal 1891 in avanti. È interessante notare che parecchi degli attivisti di spicco del movimento någ'ri-hindî erano proprio esponenti di queste classi, che prestarono servizio per il governo inglese nel settore scolastico: molti degli intellettuali che contribuirono alla standardizzazione della lingua e letteratura hindî corrispondono a questa descrizione.
48 La resistenza all'assunzione di queste nuove generazioni, da parte sia degli ufficiali inglesi sia del personale di antica data, faceva sì che il Dipartimento dell'Istruzione offrisse le uniche possibilità concrete di impiego a questi neo-diplomati; si veda la testimonianza di Haris´candra di Benares alla Hunter Commission (Educ Comm Rpt NWP&O, p. 205).
49 Tra i fondatori della Någ'ri Pracåri±i Sabhå, Syåm Sundar Dås lavorò quasi esclusivamente nell'ambito di istituzioni hindü ; altri attivisti dell'associazione erano dirigenti nel Dipartimento dell'Istruzione, dove i musulmani erano presenti in misura molto bassa rispetto ad altri settori dell'amministrazione pubblica; altri ancora, provenivano da famiglie agiate e non avevano bisogno di avanzare rivendicazioni economiche. Tra i politici, il leader del Congresso e futuro fondatore dell'università hindü di Benares, Madan Mohan Malaviya, era un avvocato e conosceva l'inglese perfettamente, a differenza della maggioranza della classe colta musulmana, legata al persiano e in misura notevolmente inferiore formata in inglese.
50 Rappresentato a Benares dalla Någ'ri Pracårini Çabhå e a Allahabad dallo Hindî Såhitya Sammelan (dal 1910).
51 Un testo di filosofia avrebbe portato verso la scelta di termini sanscriti, mentre un testo scientifico avrebbe comportato l'uso di calchi da lingue europee. Se, tuttavia, nella lingua letteraria era inevitabile l'introduzione di termini di una certa difficoltà, nella lingua colloquiale la si doveva assolutamente evitare: i testi volti alla divulgazione o all'informazione dovevano essere redatti semplicemente.
52 V. Syåm Sundar Dås, Meri åtmakahånî, Allahabad, Indian Press 1957, p. 72.
53 Nel primo rapporto annuale della Någ'ri Pracåri±i Sabhå troviamo una classica presentazione dell'origine e sviluppo della letteratura hindî e della sua situazione attuale ( NPS I Rapporto Annuale, p. 1-3).
54 La någ'rî era infatti diffusa presso le corti dei sovrani indiani ed esistono molte testimonianze epigrafiche dell'uso di forme di questa scrittura in tutto il subcontinente; ma storicamente è un alfabeto recente e non si può certo sostenere che il sanscrito fosse scritto con questi caratteri da tempo immemorabile. Per una discussione sulle più recenti posizioni riguardo allo sviluppo della scrittura in India si veda R. Salomon, "On the Origin of the Early Indian Scripts" in Journal of the American Oriental Society 115.2 (1995), pp. 271-279.
55 Se si considera l'attività editoriale delle principali associazioni per la diffusione della hindî, le opere ritenute degne di promozione rispecchiano dal punto di vista linguistico la situazione descritta. Gli elenchi di libri "buoni" compaiono spesso ad esempio nei rapporti annuali della Någ'ri Pracåri±i Sabhå (v. King, Nagari Pracharini Sabhha (society for the promotion of the nagari script sand language) of Benares 1893-1914. A study in the social and political history of the Hindî language. University of Wisconsin, Tesi Ph.D. 1974, pp. 319-320).
56 Le opere ritenute più prestigiose erano il Pr®hviråj Råsau, un'opera tràdita in varie recensioni tra cui le più note in dingal, la cui autenticità è anche stata messa in discussione da alcuni critici, e il Ram'-carit'manas, una versione moderna del Råmåyana, scritta prevalentemente in avadhî da Tul'sî Dås, considerato il padre della poesia hindî.
57 Ad esempio le opere composte al Fort William College da Lallû Lål (ca.1773-1825), che in realtà presentano una mescolanza di lingue classiche e moderne, incluso il persiano; particolarmente apprezzato è Bh¯ar'tendu, che scrisse prevalentemente in kha®î bolî per la prosa e in braj bhåßa per la poesia.
58 Già in seguito all'inchiesta della Indian Education Commission del 1882 si era risvegliata l'opinione pubblica sulla questione dell'istruzione nazionale e eminenti personalità indiane erano apparse di fronte alla commissione per sottolineare il bisogno di eliminare i difetti del sistema scolastico indiano, tra i quali spiccano l'assenza dell'istruzione religiosa e il ristagno dell'istruzione di massa. Anche la stampa in lingue volgari discusse accanitamente questa tematica.
 
59 V. il saggio "Kavi kartavya" in M. P. Dvivedi, Rasajña-rañjan, Agra 1949 p. 19-24. pubblicato nel 1921-22: tratta dettagliatamente gli argomenti che la rivista Sarasvatî proponeva regolarmente nei suoi editoriali.
60 Il legame tra le associazioni pro-hindî, le riviste e case editrici hindî e il mercato dei libri scolastici non era nuovo: già la Någ'rî Pracåri±î Sabhå aveva trovato una fonte di reddito nell'elaborazione di materiale didattico (si veda C. R. King, op. cit., pp. 453; 467-472). Nei primi due decenni del XX secolo la casa editrice di maggiore impatto sul mercato dei testi scolastici era la Indian Press di Allahabad, che tra l'altro pubblicava anche Sarasvatî, e aveva dunque a disposizione un grande quantità di materiale adatto alla preparazione di libri scolastici: v. K. Kumar, The Political Agenda of Education, Sage, New Delhi 1991, p. 138.
61 Pratåp Naråyan MiÇra nel 1897 sul periodico Brahma± così definiva la tradizione in termini di lotta nazionalista ed esortava ad intonare questo mantra con una sola voce: hindi hindu¯ hindustån. Si veda anche F. Orsini, "Hindî Hindû Hindustån. Presenze hindi tra associazioni religiose e movimenti politici negli anni '20 e '30. I letterati hindi e il nazionalismo indiano" in Culture 6-1992, Marcos y Marcos, Milano.
62 L'unità da raggiungersi a livello di nazione indiana richiede la preesistenza di unità all'interno del popolo hindu¯, che comporta una ridefinizione del concetto stesso di induismo: si veda V. Dalmia e H. von Stietencron (a cura di), Representing Hinduism. The construction of Religious Tradition and National Identity, Sage, New Delhi 1995.
63 M.S. Golwalkar (v. A Bunch of Thoughts, Bangalore 1966) e soprattutto V.D. Savarkar (v. Hindutva, Bombay 1923) saranno gli apostoli di questo nazionalismo paramilitarizzato connotato in senso hindû.
64 Si vedano ad esempio opere come Bhårat Bhårati e Hindü.
65 In Saket Råm recita: "Sono venuto non per unire, ma per separare./ Non ho portato un messaggio celeste:/sono venuto per trasformare proprio questa terra nel Paradiso", cit. in Kal'vade: 1973, p. 233.
66 Si sono riportati solo gli studi che trattano direttamente di Maithili Saran Gupta.
 
 
 
 
Bibliografia

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