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   - Ulrike
   Ternowetz
 
   
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   - GYÖRGY
   SEBESTYÉN: APPUNTI SU UN MITTELEUROPEO VERACE ED UN SUO
   INEDITO
   
   
   
   
    
   
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   - 1. G. Sebestyén, Notizen eines
   Mitteleuropäers, Linz, Wiener Journal Zeitschriftenverlag
   Ges.m.b.H., Edition Atelier, 1990, p. 71; "...ma che alla
   realtà dell'unione attraverso la molteplicità
   cresciuta organicamente si oppongono non soltanto i resti tenaci
   dei miti nazionali, ma anche gli interessi dei paesi piccoli a
   sopravvivere in un mondo di grandi".
 
   
   - Si avverte che tutte le traduzioni che
   compaiono in questo saggio sono dell'autrice del saggio
   stesso.
 
   
   - 2. Helga Blaschek-Hahn, György
   Sebestyén, Leben und Werk, Graz, Verlag Styria,
   1990, p. 279: "...è la particolare coincidenza di
   peculiarità singolari ermeticamente chiuse in se stesse in
   quanto aggregati di volta in volta della vita (umana), a non
   suscitare nel pluralismo radicale, nella variopinta
   molteplicità di tutto ciò che vive, elementi di
   forte contrapposizione, ma a trovare un accordo fra di essi
   secondo il modello del 'polemos' greco".
 
   
   - 3. G. Sebestyén, Studien zur
   Literatur, Eisenstadt, Edition Roetzer, 1980, p. 5: "Studio la
   letteratura fin dalla mia infanzia: Niente era per me più
   importante del mondo trasformato in scrittura... Le cause di un
   tale piacere nella letteratura sono da ricercare nell'ambito della
   fantasia sensoriale: nella necessità interiore di
   condensare ciò che è caotico ordinandolo nella
   struttura della lingua".
 
   
   - 4. G. Sebestyén, "Im Anfang war
   der Traum. Aus den Überlegungen eines Romanautors", in
   Literatur und Kritik, 227/228, 1988, p.
   289.
 
   
   - 5. G. Sebestyén, "Geist und
   Sprache. Tastende Erwägungen eines Romanciers", in
   Communio. Internationale katholische Zeitschrift, 17, 1988,
   2, p. 185: "Non l'abilità le conferisce durata, ma
   l'impulso a giungere, partendo da una visione colta, ad una nuova
   visione che, esprimibile mediante la lingua, si avvicini il
   più possibile a quella originaria, e incantato e stimolato
   da un'esperienza metafisica a raggiungere quel confine a cui la
   realtà comincia a trascendere mediante la
   lingua".
 
   
   - 6. G. Sebestyén, Im Anfang war
   der Traum, p. 291.
 
   
   - 7. Le citazioni del manoscritto inedito
   verranno riportate d'ora in avanti in corsivo all'interno del
   testo. "Egli si trovava in una sfera intermedia che - come
   asserì più tardi il suo amico Konrad Burkert - non
   abbandonò mai".
 
   
   - 8. "Sapeva e sentiva che soltanto nel
   piccolo spazio comprensibile, adeguato al proprio talento, avrebbe
   potuto trovare la sfera d'azione adatta a lui".
 
   
   - 9. "...con la crepuscolare sensazione
   che tra queste due ore non fosse accaduto nulla di essenziale,
   soltanto alcune immagini - doveva essere stato un ampio e lungo
   scorrere di immagini - sarebbero passate davanti a lui e nello
   stesso tempo in lui, e sarebbero fluite verso una meta fino ad
   allora non definibile, solo ora da comprendere".
 
   
   - 10. G. Sebestyén, Studien zur
   Literatur, p. 7. "Se mi ricordo esattamente questa natura
   delle cose - la chance della continuazione nella lingua -
   mi si è rivelata attraverso una poesia. Nella "Ode on a
   Grecian Urne" di John Keats si è compiuta la perpetuazione
   della vita condensata mediante la descrizione e articolata quale
   possibilità dell'arte".
 
   
   - 11. G. Sebestyén, Geist und
   Sprache, p. 185. Trad., vedi nota 5.
 
   
   - 12. Ibid., "Il procedimento
   assomiglia a quello che fa affiorare immagini o sentimenti anche
   insignificanti della lontana infanzia, legati all'impulso interno
   di far riemergere il ricordo dolorosamente bello dalla lontananza
   temporale per portarlo al presente e vivere la sua sostanza ancora
   una volta e in modo più consapevole".
 
   
   - 13. "Potrebbe anche essere però
   che tra i ricordi, che erano sfuggiti dalla mente del neonato
   nelle prime ore della sua esistenza terrena si trovassero interi
   paesaggi onirici, mondi lontani e vicini".
 
   
   - 14. G. Sebestyén, Geist und
   Sprache, p. 188 "...che l'attimo per la nostra percezione
   è sì fugace, ma in realtà duraturo, parte di
   un Tutto più grande, che ci racchiude e che ci unisce al
   passato e al futuro".
 
   
   - 15. Ibid., p. 189 "Perciò
   lo scrittore che vuole dare durata all'immagine mediante la lingua
   - o per meglio dire: vuole accedere con l'aiuto della lingua ad
   una tale durata - tesse allo stesso tempo il mito comune, nel
   quale si incontrano non soltanto gli eroi epici, ma anche gli
   attimi diventati duraturi come su un unico piano
   temporale".
 
   
   - 16. "...questa freddezza del metallo e
   questo calore denso del sangue, così che egli dovette
   fissare le parole del titolo, sangue e oro, e si chiese se
   ciò che stava provando era pura immaginazione, effetto del
   titolo, che faceva emergere dalla memoria i ricordi non presenti o
   se in questi attimi qualcosa di reale aveva trovato espressione
   mediante la lingua, liberando finalmente il ricordo seppellito.
   Due giorni più tardi Andràs Wirth sapeva che non era
   stato un inganno, ma che nelle poesie aveva ritrovato il
   terrificante splendore e l'orrore stordente dell'estate del
   1896".
 
   
   - 17. "Tutti i movimenti trovarono la loro
   continuazione da qualche parte, si unirono in processi, che si
   propagavano e assumevano forme lontane".
 
   
   - 18. G. Sebestyén, Im Anfang
   war der Traum, p. 290.
 
   
   - 19. Ibid., p. 291: "Se l'essenza
   del romanzo si trova nella lingua, allora il suo vero soggetto
   è il tempo, che si apre in uguale misura al passato e al
   futuro", e "Dove il romanzo dà un concentrato del presente
   il movimento attraverso il tempo si dirige verso un punto.
   Così la morte diviene un sicuro punto di riferimento, pur
   con tutta la vitalità dell'azione".
 
   
   - 20. "La meta era: raggiungere di nuovo
   lo stato di leggerezza, di luce e di anonimità spensierata
   che a quel tempo nella culla si era in qualche modo
   perso".
 
   
   - 21. G. Sebestyén, Geist und
   Sprache, p. 187. "Abbandonandosi pienamente al suono e al
   ritmo e affidandosi alla sintassi che si evolve, viene ricondotto
   dalla lingua al soggetto: dalla duplicità tra cosa e parola
   può tornare alla cosa stessa con l'aiuto della parola, e in
   momenti fortunati andare oltre: all'essenza della
   cosa".
 
   
   - 22. "Stranamente non erano le immagini
   del tempo passato alle quali si aggrappava, ma parole alle quali
   fino ad allora non aveva mai dato importanza e che ora grazie alla
   loro melodia improvvisamente emergevano, e liberate dall'oggetto
   che nominavano, gli procuravano qualche sicurezza ed una
   felicità dolorosa in quanto pura musica e insieme cifre di
   una realtà effettiva perduta...".
 
   
   - 23. Cit. da Helga Blaschek-Hahn, p. 93.
   "È una forza iniziale che possiedo, il mio vantaggio
   rispetto agli autori di madrelingua tedesca".
 
   
   - 24. Al-Azhar-Symposium über G.
   Sebestyén, hrsg. v. Muhammad Abu-Hattab u. Alfred Huber,
   Kairo, 1983, p. 38. "È un grande piacere lavorare con
   questo materiale linguistico, perché con esso non ci si
   sente del tutto a casa, perché esiste un po' di distanza e
   perché con questo materiale linguistico si lavora in modo
   più consapevole e con più gioia".
 
   
   - 25. G. Sebestyén,
   Selbstdarstellung eines Schriftstellers, in:
   Al-Azhar-Symposium über G. Sebestyén, p.
   3.
 
   
   - 26. G. Sebestyén, Im Anfang
   war der Traum, p. 291.
 
   
   - 27. "...che per Andràs Wirth
   rimase fino alla sua morte nel 1972 una parola chiave per
   l'impressione che il mondo si disgregasse in mille pezzi e
   precipitasse contro ogni aspettativa di probabilità nella
   profondità - o nell'altezza? - di una realtà che
   consisteva unicamente nella quarta dimensione
   temporale".
 
   
   - 28. Cit. da un saggio inedito del 1986.
   "...agiscono angeli. Si muovono in una sfera intermedia. La
   mobilità del loro movimento porta necessariamente alla
   speranza che noi chiamiamo divinità. Sarebbe l'anima
   concentrata, la legge del nostro nucleo, ciò che è
   incomprensibile e determinante per eccellenza".
 
   
   - 29. G. Sebestyén, Notizen
   eines Mitteleuropäers, p. 21. "quelle dittature di stampo
   nazionale o marxista che ci vogliono proibire di possedere
   un'anima".
 
   
   - 30. "Dalla somma dei primi quattro
   numeri interi naturali non risulta soltanto la figura di un
   triangolo equilatero; dal "gruppo di quattro" possono anche essere
   dedotti i rapporti numerali musicali 2:1,3:2,4:3. Quello che
   Pitagora definisce tetraktys è il modello dei
   rapporti armonici dei suoni. La parola armonia non ha però
   soltanto un significato musicale, ma definisce anche l'insieme di
   parti compatibili in un tutto armonico. Nel "gruppo di quattro" e
   quindi nell'armonia musicale l'ordine dell'infinito diventa
   comprensibile per l'uomo".
 
   
   - 31. "Se ti siedi al pianoforte o anche
   se vai ad un concerto, entri in uno stato nel quale la tua essenza
   può aprirsi alla legge pitagorica. Questo può avere
   per ora delle conseguenze incalcolabili perché ti rende
   allo stesso modo libero e non libero".
 
   
   - 32. "Un'altra via percorribile per tutti
   è possibile a coloro che sanno amare. Qui per chiunque
   diventa possibile vivere la passione come mezzo di
   autoliberazione".
 
   
   - 33. "La non conoscenza della mia vera
   essenza mi rende difficile ritenermi parte sicura della
   realtà. L'ignoto è unico e senza legami di spazio e
   di tempo. È palesemente senza responsabilità e senza
   continuità per il mondo reale. Nonostante ciò ha una
   qualità che viene definita etica. Forse questa consiste
   nella ricerca dell'equilibrio. L'equilibrio che intendo, questo
   equilibrio irraggiungibile e ambito, vuole creare uno stato di
   bilanciamento (armonia?) tra il nucleo incomprensibile e la prassi
   di vita che ne proviene, tra questa prassi e il mondo
   circostante... Chiamando anima il nostro nucleo incomprensibile -
   questa esistenza superiore nell'esistenza - si è creato un
   concetto, ma non si estingue il desiderio: questo desiderio di
   comprendere la nostra "anima" e di ubbidire al suo volere. L'amore
   risolve il problema senza un atto di
   volontà".
 
   
   - 34. "Il dualismo corpo-anima viene
   effettivamente eliminato con la morte... la realtà: questo
   è il nucleo definito anima. Noi le siamo estraniati per la
   nostra esistenza in questo mondo...".
 
   
   - 35. "La legge pitagorica è
   altrettanto realtà dell'armonia delle sfere e potrebbe
   arrivare il tempo capace di ricondurre tutte le discipline
   scientifiche parziali a questo Tutto più grande,
   progredendo nello stesso tempo nel proprio campo
   specifico".
 
   
   - 36. G. Sebestyén, Die Werke
   der Einsamkeit, Wien, Verlag Styria, 1986, p.
   10.
 
   
   - 37. Ibid., p. 44 
 
   
   - 38. G. Sebestyén, Notizen
   eines Mitteleuropäers, p. 12. "ma soltanto pochi
   pronosticarono così chiaramente la fine del dominio
   comunista nella Mitteleuropa e la crisi del socialismo
   reale".
 
   
   - 39. Ibid., p. 7.
 
   
   - 40. Ibid., p. 19. "Ciò che
   viviamo oggi nell'Est e nell'Ovest è soprattutto una
   ribellione delle anime".
 
   
   - 41. Ibid., p. 21.
 
   
   - 42. Ibid., p. 17.
 
   
   - 43. Ibid., p. 18. "Ciò che
   doveva essere sublimato era l'apparato digerente, non il sogno. In
   tali scenari ideali non rimaneva posto per l'anima. Per questo
   motivo ci appaiono oggi non soltanto stolti, ma anche banali.
   Poiché solo con la nostra partecipazione alla dimensione
   metafisica possiamo essere noi a modellare la molteplicità
   della nostra esistenza, possiamo andare incontro alla catastrofe,
   affidarci alla grazia che i pitagorici vollero percepire come
   armonia musicale del cosmo...".
 
   
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   - Home page Culture
   1998

    
   
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