-
- Elena
Chialchia
-
- A fine fan before her
face: analisi dell'immagine autoriale in alcune opere di
Delarivier Manley
-
- 1. Tra gli studiosi che si sono occupati
della biografia dell'autrice nel corso del Novecento ricordiamo:
Paul Bunyan Anderson, "Delarivière Manley's Prose Fiction",
PQ, 13, 1934, pagg. 168-188; "Mistress Delariviere Manley's
Biography", MP, 33, 1936, pagg. 261-278; Constance Clark,
Three Augustan Women Playwrights, New York, Peter Lang,
1986; Fidelis Morgan, A Woman of No Character: An Autobiography
of Mrs. Manley, London, Faber, 1986.
- 2. Possiamo avanzare alcune ipotesi che
giustifichino le ellissi e le smentite contenute in
Rivella. È probabile che il mutato clima politico -
la caduta del governo tory - abbia indotto l'autrice a tentare di
proteggersi da eventuali ritorsioni; è inoltre possibile
che le affermazioni dell'opera fossero dettate dalle particolari
circostanze che avevano portato alla sua stesura, oltre che dalla
sua stessa struttura formale: infatti, non dimentichiamo che la
versione di Manley, che era riuscita a convincere Curll ad
affidare a lei stessa l'incarico di redigere la biografia, aveva
dovuto soddisfare le aspettative dell'editore, ed essere in grado
di sostituire la scabrosa "invettiva" scritta da Gildon. La
biografia fornita al tipografo da Delarivier si presentava come un
colloquio tra due uomini - possibili trasposizioni letterarie di
Gildon e Curll -, i quali "interpretavano" le vicende esistenziali
di una scrittrice secondo un punto di vista prettamente maschile -
e, pertanto, assolutamente parziale, se non addirittura
inaffidabile. A favore di questa ipotesi è Rosalind
Ballaster: si veda Rosalind Ballaster, Seductive Forms: Women's
Amatory Fiction from 1684-1740, Oxford, Oxford University
Press, 1992. Sia The New Atalantis sia The Adventures of
Rivella sono state pubblicate in riproduzione anastatica nel
1971, a cura di Patricia Köster: The Novels of Mary
Delariviere Manley 1705-1714, Patricia Köster, ed., 2
voll., Gainesville, Scholars' Facsimiles and Reprints, 1971. Nelle
pagine seguenti, farò riferimento a questa edizione di
Rivella.
- 3. Letters Written by Mrs. Manley, to
Which is added a Letter from a Supposed Nun in Portugal to a
Gentleman in France, in Imitation of the Nun's Five Letters in
Print, by Colonel Pack , London, 1696, LetteraIV, pag.
23
- 4. Joseph Addison, Richard Steele,
The Tatler (1709-1711), Donald F.Bond, ed., 3 voll.,
Oxford, Clarendon Press, 1987, 52 (August 9, 1709), pagg.
365-368.
- 5. L'attacco alla civetteria veniva qui
sferrato tramite il ricorso a doppi sensi ed a riferimenti
sessuali osceni. Sotto accusa erano le schermaglie di sguardi cui
i due sessi indulgevano in occasione delle cosiddette "public
academies", o "incontri mondani", quali feste, rappresentazioni
teatrali o intrattenimenti all'aperto. L'autore dell'articolo
definiva "Inchantress", "ammaliatrice", colei che sceglieva di
inviare all'altro sesso "occhiate assassine" tramite la
complicità di un ventaglio il cui ritmo opportunamente
scandiva il variare di sensazioni e moti dell'animo. Margaret Rose
individua una parodia scurrile dell'articolo del Tatler
riguardante l'uso del ventaglio da parte del sesso femminile
in alcuni versi contenuti nell'epilogo di un'opera di William
Hatchett, dal titolo The Rival Father, or The Death of
Achilles, 1730. L'epilogo fu recitato da Eliza Haywood. Si
veda Margaret Rose, Political Satire and Reforming Vision in
Eliza Haywood's Works, Milano, Europrint Publications, 1996,
pagg. 62-63.
- 6. Letters, cit., pagg.
23-24.
- 7. Letters, cit., Lettera I,
pagg. 1-2. George Granville, Barone di Lansdowne (1665-1735),
sarebbe comparso tra i personaggi di The New Atalantis: si
veda The New Atalantis. (London, 1709), Rosalind Ballaster,
ed., London, Pickering and Chatto, 1991, pag. 97. Nel corso delle
pagine seguenti, farò riferimento a questa edizione
dell'opera. Poeta e politico, Granville fu amico di Pope (il quale
gli dedicò, tra l'altro, Windsor Forest e lo
definì "Granville the Polite") e, prima dell'Essay on
Criticism di quest'ultimo, pubblicò un saggio di
critica poetica, dal titolo Essay on Unnatural Flights in
Poetry, 1701. Fu autore di quattro opere teatrali:
She-Gallants, 1696; Heroick Love, 1698; The Jew
of Venice, 1701; The British Enchanters, 1706. Nel 1712
comparve una sua raccolta di poesie, destinata ad avere quattro
ristampe: Poems upon Several Occasions.
- 8. Anche in The New Atalantis
Londra-Angela sarebbe stata assimilata al mostro mitologico le cui
nove teste rinascono una volta tagliate; per metà donna e
per metà serpente, l'Idra era divenuta simbolo degli
scandali proliferanti nella città: The New
Atalantis, cit., pag. 154.
- 9. Letters, cit., Lettera I, pag.
4. L'attrazione per il ritiro agreste in realtà si rivela
un'affettazione, una posa che l'autrice condivide con i
contemporanei. In realtà, l'aristocrazia londinese era
attratta dalla mondanità e dai pettegolezzi della capitale.
Lidia De Michelis sottolinea la diffusa presenza di tale
atteggiamento all'interno della letteratura del periodo: Lidia De
Michelis, "Il Labirinto dell'Illusione: luoghi ed occasioni
mondane nella narrativa di Mary De La Riviere Manley ed Eliza
Haywood", pagg. 85-86 in Sheherazade in Inghilterra.
Formule narrative nell'evoluzione del 'romance' inglese, a
cura di Patrizia Nerozzi Bellman, Quaderni di ACME 3, Milano,
Cisalpino-Goliardica, 1983, pagg. 57-102.
- 10. Come si evince dalla lettura
dell'episodio di Delia, in The New Atalantis, Manley aveva
sposato un cugino, John Manley, che, in qualità di tutore,
si prendeva cura di lei e della sorella. Dopo le nozze, Delarivier
aveva appreso di essere stata ingannata riguardo al precedente
matrimonio del cugino: la prima moglie era ancora viva, mentre
l'autrice, suo malgrado, era stata rovinata dalla bigamia in cui
John Manley l'aveva coinvolta.
- 11. F. Morgan, A Woman of No
Character, cit., pag. 70. Morgan sostiene che, qualora le
incongruenze nella datazione delle lettere non siano dovute ad una
"svista", e siano, al contrario, volute, il 24 giugno, giorno del
compleanno del figlio, doveva essere per Manley "a traumatic
date".
- 12. A differenza di Morgan, azzardo
l'ipotesi che l'esordio dell'epistolario venga fatto forzosamente
coincidere con la simbolica data di nascita del figlio e con il
nome "John" per fornire un "indizio" delle finalità del
viaggio stesso.
- 13. È probabile però che
la stessa autrice sia stata artefice della nuova organizzazione
delle epistole: infatti, nella prefazione dell'edizione del 1725,
Curll afferma di essere in possesso del carteggio da circa "otto
anni" (dal 1717, dunque) e di averlo ricevuto direttamente da
Manley.
- 14. The New Atalantis, cit., pag.
226.
- 15. F. Morgan, A Woman of No
Character, cit., pag. 71.
- 16. Per il suo esordio letterario Manley
non soltanto scelse la forma epistolare in voga all'epoca,
bensì volle seguire la struttura delle "cronache"
intitolate Relation du voyage d'Espagne (1691) di Marie
d'Aulnoy (tradotte in inglese nello stesso anno della
pubblicazione come The Ingenious and Diverting Letters of the
Lady--'s Travels into Spain), descrivendo dapprima il viaggio
nel suo svolgimento, successivamente la permanenza nel luogo di
destinazione. Come D'Aulnoy, Manley racconta le vicende in prima
persona, illustrando ad un misterioso interlocutore epistolare i
personaggi incontrati nel viaggio e le loro avventure. Il
riferimento all'autrice francese da parte di Manley compare nel
corso della quarta lettera della raccolta. A parere di Melvin D.
Palmer, Relation du voyage d'Espagne rappresenta il
locus classicus del romanzo di viaggio raccontato
attraverso la forma epistolare: si veda Melvin D. Palmer, "Madame
d'Aulnoy in England", Comparative Literature, 27, 1975,
pagg. 237-253. Rosalind Ballaster ha esaminato l'influsso delle
opere di D'Aulnoy sulla narrativa di Manley in Seductive Forms:
Women's Amatory Fiction from 1684-1740, cit.
- 17. George Granville ricoprì vari
incarichi politici e nel periodo del governo tory, dal 1710 al
1714, fu Segretario di Guerra. Nel 1714, in seguito al mutamento
di regime, fu prigioniero nella Torre di Londra. Nel 1720
iniziò nove anni di esilio volontario (era stato accusato
di essere un debitore ed un giacobita). In particolare, a
proposito di George Granville, Barone di Lansdowne, e dei suoi
rapporti con l'autrice - fino ad ora, a quanto ci risulta, non
scandagliati dagli studiosi - vale la pena ricordare una curiosa
coincidenza: il suo nome compare sia nella prima sia nell'ultima
opera di Delarivier. Tramite la raccolta di racconti The Power
of Love, del 1720, l'autrice intese infatti rendere omaggio a
Lady Lansdowne, moglie di Granville. Nella lettera dedicatoria,
Manley celebra sia il "genio" poetico sia la lealtà
politica dell'uomo. Anche in The New Atalantis Manley
riservò parole di ammirazione per lui (definito "a near
favourite of the Muses") e le sue opere; tuttavia, non
evitò una nota di critica: "he has touched the drama with
truer art than any of his contemporaries, comes nearer nature and
the ancients, unless in his last performance, which indeed met
with most applause, however least deserving". Probabilmente Manley
conobbe Granville durante la permanenza presso la duchessa di
Cleveland e la frequentazione dei salotti aristocratici in
compagnia di quest'ultima.ack, London, 1696, Lettera IV, pag.
23.
- 18. P. Bunyan Anderson ha dedicato vari
articoli all'argomento: "The History and Authorship of Mrs.
Crackenthorpe's Female Tatler", MP, 28, 1931, pagg.
354-360; "'Splendor out of Scandal'. The Lucinda-Artesia Papers in
'The Female Tatler'", PQ, 15, 1936, pagg. 286-300; "La
Bruyère and Mrs. Crackenthorpe's Female Tatler",
PMLA, 52, 1937, pagg. 100-103. Anderson ritiene che la
figura di Mrs. Crackenthorpe rappresenti "an impudent,
larger-than-life version of herself": P. B. Anderson, "Mistress
Delariviere Manley's Biography", cit., pag. 273. Alcuni studiosi
ritengono tuttavia che la persona di Mrs. Crackenthorpe celasse
l'autore Thomas Baker; a tale proposito, si vedano: Walter Graham,
The Beginnings of English Literary Periodicals, New York,
1926; R. T. Milford, "The Female Tatler", MP, 29, 1932, pagg.
350-351; "Thomas Baker, Mrs. Manley, and 'The Female Tatler'",
MP, 34, 1937, pagg. 267-272; John Harrington Smith, "Thomas
Baker and 'The Female Tatler'", MP, 49, 1952, pagg.
182-188. Anche Fidelis Morgan ritiene che Manley abbia collaborato
al periodico: per una selezione di articoli, si veda The Female
Tatler, a cura di Fidelis Morgan, London, Everyman's
Library,1992. Nelle pagine seguenti, le citazioni tratte dal
periodico faranno riferimento a questa edizione.
- 19. Si veda il prologo alla commedia di
Susanna Centlivre, The Man's Bewitched, citato da Fidelis
Morgan, "Introduction", The Female Tatler, cit., pagg.
vii-viii. La comparsa di opere scritte da donne solitamente era
accompagnata dal plauso e dal supporto delle colleghe. A tale
proposito si vedano: Janet Todd, The Sign of Angellica.
Women, Writing and Fiction, 1660-1800, London, Virago
Press, 1989; Jane Spencer, The Rise of the Woman Novelist: from
Aphra Behn to Jane Austen, Oxford, Blackwell, 1986; Rosalind
Ballaster, Seductive Forms: Women's Amatory Fiction from
1684-1740, cit.; Catherine Gallagher, Nobody's Story. The
Vanishing Acts of Women Writers in the Marketplace, 1670-1820,
Oxford, Clarendon Press, 1994.
- 20. Il lettore dell'epoca poteva
intravvedere un ulteriore legame ironico tra Phoebe e Jenny
Distaff, "sorella" di Bickerstaff: infatti "Distaff" significa
"purezza, verginità".
- 21. The Female Tatler, 8 (July
22, 1709), cit., pag. 16.
- 22. Ibid., 43 (October 12, 1709),
pag. 99.
- 23. Ibid., pagg.
99-100.
- 24. The Adventures of Rivella, or The
History of the Author of Atalantis, with Secret Memoirs and
Characters of Several Considerable Persons her Contemporaries,
London, 1714, in Patricia Köster, ed., The Novels of Mary
Delariviere Manley 1705-1714, cit., pag. 120.
- 25. Un ulteriore esempio di
dichiarazione programmatica comparve sul numero 29 del periodico,
in cui Mrs.Crackenthorpe diceva della propria attività: "I
consult the honour and interest of the ladies, with as much
fervency, as the male Tatler does that of the gentlemen"; The
Female Tatler, 29 (September 9, 1709), cit., pag.
69.
- 26. Ibid. La "Society for the
Reformation of Manners" fu fondata nel 1699, con il patrocinio
dell'arcivescovo Tenison, di altri importanti prelati e del re. La
"riforma dei costumi" in simili mani era d'ispirazione
neo-puritana: l'associazione intendeva infatti punire la lascivia
così come la blasfemia. Tra le sue iniziative rientrava la
pubblicazione di libri e libelli destinati a promuovere sentimenti
di carità cristiana; inoltre, essa si proponeva la
"purificazione" della letteratura e dei contenuti delle opere
teatrali.
- 27. The Female Tatler, 42
(October 10, 1709), cit., pag. 96.
- 28. R. Ballaster, The New
Atalantis, cit., "Introduction", pagg. xiv-xv. The New
Atalantis, l'opera più nota dell'autrice, è un
romanzo scandalistico-satirico a sfondo politico. Le fonti
letterarie potrebbero essere Platone e il suo modello di
società descritto nelle opere Repubblica e Timeo,
Thomas More e Utopia, oppure Francis Bacon e la sua Nova
Atlantis, pubblicata incompleta nel 1627. Bacon, immaginando
la scoperta di un'isola ignota nei mari del sud da parte di alcuni
marinai, descrisse l'alto grado di moralità e
civiltà della popolazione, intenta a sviluppare le proprie
conoscenze in campo scientifico. Il richiamo all'utopica
società descritta da Bacon da parte di Delarivier è
ovviamente ironico e provocatorio. L'autrice voleva sottolineare -
fin dal titolo della propria opera, prima ancora che per mezzo
della trama - il contrasto esistente fra i valori imperanti nella
società inglese e quelli di una società utopica,
moralmente raffinata. Mediante la scelta di quel nome per la
propria isola allegorica Manley contrappose ironicamente a un
sogno utopico una realtà distopica: la società
inglese agli inizi del Settecento. Non a caso, il nome stesso
della capitale dell'isola, "Angela", risulta essere un anagramma
di "England".
- 29. The New Atalantis, cit., pag.
13.
- 30. Ibid.
- 31. Ibid., pag.
137.
- 32. Janet Todd ritiene che Manley, in
seguito al successo del primo volume, abbia acquisito maggior
consapevolezza, ed abbia voluto mutare la propria immagine da mera
"female scandalmonger" a "satirist": testimoniano questa
"evoluzione" i contenuti della prefazione al secondo volume
dell'opera, in cui Delarivier si inserisce nella tradizione della
cosiddetta "satira personale", i cui più noti esponenti
erano Giovenale, Varrone, Luciano. Si veda Janet Todd, The Sign
of Angellica. Women, Writing and Fiction, 1660-1800, cit.,
pag. 88.
- 33. La prima lingua europea in cui
l'opera araba venne tradotta fu il francese: nel 1704
l'orientalista di Luigi XIV, Antoine Galland, curò
l'edizione dei primi quattro volumi di novelle, che, con il titolo
Mille et une nuits, erano destinati a diventare dodici (gli
ultimi due furono pubblicati nel 1717, dopo la scomparsa di
Galland). La comparsa della raccolta rispondeva alle esigenze e al
gusto dei lettori francesi, i quali, nel corso del Seicento,
avevano dimostrato di prediligere una visione romanzesca della
civiltà araba, solitamente mediata tramite la Spagna, luogo
d'incontro tra mondo musulmano ed europeo - basti pensare a
romance quali Almahide di Scudéry (fu tradotta in
inglese nel 1677, ad opera di "J. Phillips, Gent."), Zayde
di La Fayette, Galanteries Grenadines di Villedieu. Al 1707
risale la prima traduzione delle novelle in inglese, intitolata
Arabian Nights.
- 34. Nella "cornice" delle Mille e una
Notte si accenna all'esistenza di un fratello del sultano,
vittima, come quest'ultimo, di un tradimento coniugale; tali
particolari sono mantenuti anche in Almyna, in cui tuttavia
compare la figura di un altro fratello del re, Abdalla. Inoltre,
mentre la sorella di Sheherazade è una bambina, introdotta
nella trama per giustificare la narrazione delle novelle, Zoradia
è una giovane donna, protagonista di una storia d'amore con
Abdalla. Nell'opera teatrale, Abdalla abbandona Zoradia
perché invaghitosi di Almyna, la quale, non amandolo, non
acconsente a sposarlo. Appresa la causa delle afflizioni della
sorella, Almyna denuncia il comportamento infedele di Abdalla al
sultano, il quale tuttavia non riesce a far ravvedere il giovane,
che sacrifica la propria vita nel tentativo di sottrarre Almyna al
carnefice (Abdalla infatti non sa che nel frattempo Almanzor ha
revocato l'ordine di esecuzione).
- 35. Almyna, or The Arabian Vow,
London, William Turner and Egbert Sanger, 1707, Prefazione, pag.
A1.
- 36. Nel 1700, in seguito alla scomparsa
di John Dryden, Delarivier Manley aveva reso omaggio alla figura
del letterato collaborando con altre autrici alla raccolta di
elegie intitolata The Nine Muses, or, Poems Written By
Nine Several Ladies Upon the Death of the late Famous John Dryden,
Esq., London, 1700. I nove poemi sono firmati dai nomi delle
muse, mentre compaiono soltanto le iniziali delle rispettive
autrici: risulta dunque difficile identificare con esattezza chi
prese parte all'iniziativa. John Wilson Bowyer, in The
celebrated Mrs. Centlivre, Durham, N.C., Duke University
Press, 1952, pagg. 31-32, afferma che probabilmente contribuirono
solo sei autrici alla raccolta: Manley, la quale compose il poema
di Melpomene e quello di Talia (rispettivamente, dea della
tragedia e dea della commedia); Sarah Fyge Egerton, autrice delle
tre poesie di Euterpe (dea della lirica e della musica), Tersicore
(dea della danza) ed Erato (dea della poesia amorosa); a Mary Pix
è possibile che appartenga il poema di Clio (dea della
storia), mentre quello di Polinnia (dea dell'eloquenza) potrebbe
essere stato composto da Susanna Centlivre. Bowyer ritiene che
abbia collaborato anche Catherine Trotter, firmandosi come
Calliope (dea dell'epica), mentre alla sua protettrice, Lady Sarah
Piers, è possibile attribuire la poesia di Urania (dea
dell'astronomia e della matematica).
- 37. John Dennis (1657-1734), poeta,
drammaturgo, libellista, critico letterario, pubblicò nel
1706 An Essay on the Operas, in cui ribadiva l'importanza
del rispetto, già auspicato in altri suoi scritti, delle
"regole degli antichi". Privilegiando l'osservanza del decorum,
egli condannava le "assurdità" presenti nella trama di
alcuni melodrammi italiani, i dialoghi artificiosi, gli effetti
scenici troppo elaborati. Dennis considerava l'operistica italiana
moralmente ed esteticamente corruttrice: la sua opinione veniva
condivisa, tra gli altri, da Madame Dacier in Francia, cui Manley
avrebbe fatto riferimento varie volte nel corso della propria
attività letteraria e, in particolare, nella propria
autobiografia romanzata, Rivella.
- 38. Almyna,
Epilogo.
- 39. Negli anni della vecchiaia, Dryden
aveva frequentato assiduamente "Will's", coffee-house in
cui gli era stato riservato un "winter seat" vicino al fuoco ed un
"summer seat" sulla veranda. Le discussioni letterarie
intrattenute con amici del calibro di Wycherley, Southerne,
Congreve, Dennis, Granville, divennero famose all'epoca: Thomas
Shadwell ne fece un ritratto nel famoso The Medal of John
Bayes, 1682. Quando nacque il periodico The Tatler,
Steele individuò in "Will's coffee-house" la fonte degli
articoli letterari riguardanti argomenti quali la poesia ed il
dramma.
- 40. Si veda a tale proposito C. Clark,
op. cit., pag. 308.
- 41. Paul Bunyan Anderson, "Mistress
Delariviere Manley's Biography", cit., pag. 272; Gwendolyn Bridges
Needham, "Mrs.Manley: An Eighteenth-Century Wife of Bath",
HLQ, 3, 1938, pagg. 259-284; "Mary de la Rivière
Manley, Tory Defender", HLQ, 12, 1949, pagg. 253-288. Si
veda a tale proposito anche Constance Clark, op. cit., pag.
172.
-
- 42. Presso il Queen's Theatre, nel
febbraio del 1706 venne rappresentata The Revolution of
Sweden di Catherine Trotter; nel giugno dello stesso anno,
Adventures in Madrid, di Mary Pix; nel novembre, The
Platonick Lady di Susanna Centlivre.
- 43. A tale proposito, intervengono
Fidelis Morgan, in The Female Wits: Women Playwrights of the
Restoration, Fidelis Morgan, ed., London, Virago Press, 1981,
e Constance Clark, op. cit. Fidelis Morgan intravvede in
Homais una femme fatale le cui esperienze sono assai vicine
a quelle della sua autrice: come quest'ultima, infatti, Homais
è costretta dal marito a vivere in condizioni di prigionia
che, non a caso, sono tra le cause scatenanti del dramma. Homais,
bella e sensuale, è una donna intelligente frustrata, che
condivide con Delarivier, a parere di Morgan, "a devastating
candour": si veda Fidelis Morgan, The Female Wits: Women
Playwrights of the Restoration, cit., pag.
210.
- 44. Almyna, Atto I, scena I, pag.
2.
- 45. Almyna, Atto I, scena I, pag.
4.
- 46. Ibid., pagg.
9-10.
- 47. Ibid., pag.
10.
- 48. Almyna, Atto IV, scena I,
pag. 41. Gli eunuchi erano i "custodi del letto" del sultano: se
appartenevano alla razza bianca erano assegnati al sultano stesso
mentre, se erano neri, solitamente si occupavano delle donne
dell'harem (termine derivante dall'arabo "harim", "luogo
inviolabile"). Manley non parla di "harem", bensì di
"seraglio" del sultano: mentre il primo è il luogo in cui
risiedono le donne, il serraglio, invece, indica l'insieme di
edifici che compongono la residenza reale. Nel Settecento i due
termini, sebbene tecnicamente differenti, erano considerati
interscambiabili: Felicity Nussbaum rileva tale consuetudine in F.
Nussbaum, Torrid Zones. Maternity, Sexuality and Empire in
Eighteenth-Century Narratives, Baltimore and London, Johns
Hopkins University Press, 1995, pag. 239, nota 2.
- 49. Almyna, Atto IV, scena I,
pagg. 41-42.
- 50. Ibid., pag.
42.
- 51. Ibid., pag.
46.
- 52. The Female Wits, 1696, in The
Female Wits: Women Playwrights of the Restoration, Fidelis
Morgan, ed., cit., Atto III, scena I, pag. 431.
- 53. Almyna, Atto IV, scena I,
pag. 44.
- 54. Ibid.
- 55. Si veda P. B. Anderson, "Mistress
Delariviere Manley's Biography", cit., pag. 272.
- 56. Le almee erano solite accompagnare
la danza con canti, spesso improvvisati. Le loro danze venivano
frequentemente considerate "lascive".
- 57. Almyna, Atto IV, scena I,
pag. 45.
- 58. La didascalia introduttiva dell'Atto
IV prevede la presenza in scena di due "grosse torce di cera
bianca", poste accanto al sofà del sultano: si veda
ibid., pag. 39.
- 59. Rivella, pag. 8. Manley
sottolineò l'importanza del "linguaggio degli occhi",
soprattutto nel campo della seduzione, anche nel corso di alcune
lettere, contenute in Court Intrigues in a Collection of Original
Letters from the Island of the New Atalantis &c., 1711, e
pubblicate da Fidelis Morgan in A Woman of No Character, cit.,
pagg. 120-136.
- 60. Almyna, Atto IV, scena I,
pag. 45.
- 61. Almyna, Atto III, scena I,
pag. 28.
- 62. In The New Atalantis, per
esempio, si veda la descrizione della "Cabal", comunità
femminile le cui esponenti "do not in reality love men, but dote
of the representation of men in women": op. cit., pag. 235.
Delarivier dimostrava di non approvare gli atteggiamenti delle
donne della Cabal, poiché non contemplati da "what nature
design'd": ibid., pag. 161. Anche in alcuni saggi di The
Female Tatler venivano attaccate coloro che, dimentiche della
propria natura femminile, agivano "da uomini": si vedano il numero
5, pag. 11, ed il numero 8, pagg. 16-17, del Female Tatler,
cit.
- 63. Si veda G. B. Needham, "Wife of
Bath", art. cit., pag. 267, nota 14. Needham sostiene che, sebbene
non fosse più "ampiamente diffusa" all'epoca di Manley,
l'idea che le donne fossero prive di anima immortale "era stata
espressa da alcuni membri del clero inglese fino al
diciassettesimo secolo". A tale proposito, Needham cita un brano
tratto da un sermone del 1630 di John Donne, e rimanda a The
Insatiate Countess, 1613, Atto III, scena IV, di John Marston.
L'esistenza di simili asserzioni verso la fine del Seicento
è testimoniata anche da un sermone recitato nel 1699 da
"Mr. Sprint", un predicatore di "Sherbourne, Dorsetshire".
Inoltre, tali argomenti venivano combattuti in uno scritto anonimo
del 1696, Essay in Defence of the Female Sex, attribuito
alla penna di una donna, Judith Drake. Nel pamphlet si
sosteneva che "all Souls are equal, and alike, and [...]
consequently there is no such distinction, as Male and Female
Souls". Jane Spencer sottolinea l'influsso, in questo caso, delle
affermazioni di Locke relative all'inesistenza delle "idee
innate": si veda J. Spencer, op. cit., pag.
108.
- 64. A proposito della breve satira di
Samuel Butler, intitolata Women, si veda Felicity Nussbaum,
"The Better Women: The Amazon Myth and Hudibras", in The
Brink of All We Hate: English Satires on Women 1660-1740,
Lexington, University of Kentucky Press, 1984, pagg. 48-49. Come
ricorda Nussbaum, quei versi erano "costantemente ripetuti" nelle
satire del diciottesimo secolo contro le donne. Del resto, anche
Addison e Steele si dicevano convinti che "there is [...]
a sort of Sex in Souls": si veda The Tatler, 172 (16 May
1710).
- 65. Le tre donne "orientali" su cui
l'autrice in particolare si sofferma sono: Semiramide, la
leggendaria regina che, dopo la scomparsa del marito Nino,
governò il regno assiro per circa quarantadue anni;
Giuditta, l'eroina che liberò la propria città,
Betulia, dall'assedio, dopo aver decapitato il capo dell'esercito
nemico, l'assiro Oloferne, sedotto dalla sua avvenenza; Cleopatra,
la quale strappò il trono d'Egitto al fratello-sposo con
l'aiuto di Cesare, suo amante, e, divenuta regina, si legò
al romano Antonio, con il quale tentò di fondare a Roma una
monarchia di tipo orientale. Manley inoltre ricorda alcune "Roman
Ladies", le quali "gained endless Fames" per il loro
comportamento: Virginia, leggendaria eroina romana, figlia di
Lucio Virginio e di Numitoria, e fidanzata di Lucio Icilio,
suscitò la violenta passione del decemviro Appio Claudio e,
poiché questi aveva ottenuto che fosse dichiarata sua
schiava, per sfuggire al disonore si uccise (alcune fonti
sostengono che sia stata uccisa dal padre); Lucrezia, matrona
romana famosa per la sua virtù, moglie di Lucio Tarquinio
Collatino, dopo aver subìto violenza da parte di Sesto,
figlio di Tarquinio il Superbo, si uccise davanti al padre ed al
marito, offrendo in tal modo a Bruto l'argomento decisivo per
indurre il popolo a liberarsi dei sovrani etruschi; Porzia, moglie
di Bruto, fu tanto audace da infliggersi una ferita con un pugnale
per dimostrare di essere degna dell'amore del marito; Clelia, data
in ostaggio al re etrusco Porsenna, riuscì ad evadere in
condizioni molto rischiose, attraversò il Tevere e
tornò a Roma, mentre il suo coraggioso gesto destò
ammirazione nello stesso Porsenna, il quale decise di dichiararla
"libera".
- 66. Almyna, Atto IV, scena I,
pag. 43.
- 67. Nell'iconografia dell'epoca, la
donna nera e l'eunuco erano rappresentazioni di deformità,
mentre l'unione tra un uomo bianco ed una donna nera era ritenuta
abominevole, in quanto potenzialmente generatrice di esseri
mostruosi. Il tradimento della regina risulta tanto più
esecrabile poiché coinvolge uno schiavo nero. Il sultano, a
sua volta, è circondato da simboli di perversione e di
mostruosità: la donna nera era infatti espressione
dell'amore-furor, della passione carnale e del peccato.
Anthony Gerard Barthelemy, prendendo in esame la presenza
dell'Africa e di uomini di colore nel teatro inglese dal
Cinquecento alla fine del Seicento, ricorda che la donna nera
"stands as symbol of everything evil and low", e diventa spesso
metafora di "sexual evil": Anthony Gerard Barthelemy, Black
Face, Maligned Race: The Representation of Blacks in English Drama
from Shakespeare to Southerne, Baton Rouge and London,
Louisiana State University Press, 1987, pag. 123. A tale proposito
si veda anche il saggio di Patricia Parker, "Fantasies of 'Race'
and 'Gender': Africa, Othello, and Bringing to Light", in
Women, "Race" and Writing in the Early Modern
Period, a cura di Margo Hendricks e Patricia Parker, London
and New York, Routledge, 1994, pagg. 84-100.
- 68. Felicity Nussbaum afferma che "Mutes
were employed in the Turkish court" non soltanto "to amuse the
sultan", bensì "to teach pages the sign language used to
avoid distracting the monarch with the sound of voices": si veda
F. Nussbaum, Torrid Zones, cit., nota 55, pag.
244.
- 69. Almyna, Atto IV, scena I,
pag. 49.
- 70. Almyna, Atto V, scena II,
pag. 58. Già in The Royal Mischief compariva la
figura di un eunuco, Acmat, nel ruolo di "amico fedele" della
protagonista, Homais. Quest'ultima definiva così la natura
di Acmat: "Dull, dull eunuch, /What lethargy has stolen thy reason
from thee, /Cold through thy veins, and mingled with thy blood?";
The Royal Mischief, London, 1696, in The Female Wits: Women
Playwrights of the Restoration, Fidelis Morgan, ed., cit.,
Atto I, scena I, pag. 213.
- 71. Almyna, Atto V, scena I, pag.
53.
- 72. Ibid.,
Epilogo.
- 73. The New Atalantis, pag. 131.
Similmente, nella dedica al primo volume di The New
Atalantis l'autrice parlava di sé come "unknown and
mere translator": ibid., pag. 3.
- 74. Almyna,
Epilogo.
-
-
-
-
-
Home page Culture
1998