Roberto Pedretti
IL SUDAFRICA FRA OTTOCENTO E NOVECENTO
LE ORIGINI DELL'ÉLITE NERA E LA FORMAZIONE DELLA
COSCIENZA POLITICA: IL RUOLO DI SOLOMON T. PLAATJE (1876-1932)
- Nell'aprile del 1994, l'ANC di Nelson Mandela, senz'altro la più longeva organizzazione politica africana, conquistava la maggioranza assoluta dei voti nelle prime elezioni democratiche sudafricane.
- Questa affermazione veniva da lontano. Le sue basi furono poste da un gruppo di uomini simili per formazione culturale e politica, frutto dell'educazione impartita nelle missioni e della fiducia nelle qualità progressive delle istituzioni britanniche. Di fronte all'assalto portato alla propria dignità a causa del colore della pelle, essi decisero di opporsi con tutte le armi a loro disposizione affinché non si affermasse il progetto di società segregata perseguito dagli europei. Essi si attennero fermamente a un corpo di principi che nel corso degli anni ha superato gli attacchi più duri, i rischi delle scissioni, le difficoltà della lotta armata, il confronto con altre visioni.
- L'idea di una società aperta e non-razziale dotata di istituzioni comuni a tutti i popoli del Sudafrica, fondata sulla base degli ideali di uguaglianza e giustizia, ha costituito un fondamentale patrimonio che si è rivelato il filo unificatore di una vicenda dalla lunghezza inusuale. La grandezza di quegli uomini e di quel nucleo di idee assume oggi una valenza particolare: è infatti sorprendente come, nelle decisioni della nuova leadership che negli anni Novanta si è assunta l'onere di ricostruire il paese, tanta parte abbiano quegli enunciati.
- Il presente studio mira a fornire alcuni elementi utili per la comprensione delle vicende che condussero alla formazione dell'élite nera e alla sua trasformazione politica. Si è prestata particolare attenzione alla figura di Solomon T. Plaatje, scrittore, giornalista ed esponente politico di primo piano del Sudafrica tra Otto e Novecento. La vicenda di Plaatje è quasi un paradigma della storia dell'élite istruita nera, di cui nella sue epoca egli è stato forse l'esponente maggiore.
- 1. Etica cristiana e spirito capitalista
- La nascita, in Sudafrica, di una borghesia o piccola borghesia nera affonda le sue radici all'inizio dell'Ottocento. Pur in un ambito coloniale, essa raggiunse un alto grado di coesione e auto-coscienza: cristianesimo, colonialismo e capitalismo costituirono il terreno di cultura che ne permise l'affermazione.
- Cresciuta quasi esclusivamente nelle missioni religiose del Capo e del Natal, l'élite nera era la prova manifesta della validità della fede, caratteristica dell'epoca vittoriana, nel progresso e nelle possibilità di avanzamento sociale. Le basi ideologiche e culturali della nascente borghesia di colore discendevano dal pensiero liberal e trovavano nella Colonia del Capo la massima espressione1. Il codice liberal ruotava intorno ai concetti di progresso, avanzamento sociale, libero mercato, rafforzamento del diritto di proprietà individuale, eguaglianza di fronte alla legge e diritto di voto2.
- L'accettazione di questo armamentario ideologico rifletteva il ruolo che la borghesia nera era riuscita a ritagliarsi negli interstizi della società coloniale nel corso dell'Ottocento. Il livello di coesione e auto-coscienza conquistato consentì l'esercizio di una discreta influenza politica e di una limitata facoltà di contrattazione con il sistema di potere coloniale. La tradizione costituzionale espressa dall'élite istruita trovava la propria ragione in due passaggi politici ritenuti fondamentali per il processo di emancipazione: l'Ordinance 50 approvata nel 1827 che concedeva ai neri liberi alcuni diritti di cittadinanza, e l'abolizione della schiavitù raggiunta nel 1834. Così l'élite nera crebbe nella certezza che le basi costituzionali britanniche si sarebbero estese inevitabilmente a tutto il resto del territorio sudafricano3. Insieme alla tradizione costituzionale e al cristianesimo, l'interdipendenza economica agì come terzo potente fattore nel modellare il bagaglio politico e culturale dell'élite nera. I diversi gruppi etnici presenti sul suolo sudafricano cominciarono a sperimentare sull'onda dell'affermazione del capitalismo mercantile prima, industriale poi, l'esperienza dirompente della dipendenza reciproca all'interno dell'apparato produttivo. Questo assumeva una crescente importanza nel condizionare le scelte politiche degli africani. Le esigenze dell'agricoltura orientata al mercato e non solo all'autoconsumo, lo sviluppo di un sistema di tassazione legato all'affermazione del monopolio del potere esercitato dai governi coloniali, e soprattutto - dopo la scoperta di oro e diamanti - la diffusione del sistema definito migrant labour, provocarono il progressivo indebolimento dei legami con le società tradizionali portando all'emergere di nuove forme di identità dipendenti dalle nuove realtà produttive.
- Improvvisamente le condizioni storiche su cui si fondava l'edificio ideologico liberal subirono un drammatico mutamento. In seguito alla rivoluzione mineraria che interesserà il paese a partire dalla seconda metà dell'Ottocento, emersero nuovi assetti economici e politici, nuove alleanze e nuove fedeltà iniziarono a prendere forma.
- La stessa élite nera si trovò in difficoltà e si rivelò incapace di comprendere la vastità e la profondità del processo in corso. L'impossibilità di fornire risposte efficaci alle sollecitazioni prodotte dal cambiamento del quadro economico-sociale indebolì la capacità di esercitare una qualsiasi forma di egemonia politica sulla popolazione africana4. La rivoluzione mineraria provocò la caduta del grado di coesione dell'élite nera accelerandone il processo di proletarizzazione da un lato, e intensificando dall'altro le resistenze di quella minoranza di africani istruiti che riuscirono a mantenere più o meno inalterate le posizioni acquisite faticosamente5. Soprattutto dopo la conclusione del primo conflitto mondiale, l'élite africana si trovò nella condizione di abdicare al ruolo di guida e di egemonia dell'iniziativa politica, favorendo così la diffusione di organizzazioni e movimenti più radicali.
- Alla fine dell'Ottocento il pensiero liberal dovette arretrare di fronte alla prepotente avanzata di nuove ideologie. Darwinismo sociale, eugenetica e imperialismo sociale imposero la propria interpretazione del mondo moderno, spazzando via per sempre la visione ottimistica di una società caratterizzata da uno sviluppo armonico e ininterrotto. Le periodiche crisi economiche e il progressivo radicalizzarsi delle masse operaie favorirono l'affermazione delle nuove teorie, che trovarono terreno fertile nelle paure e nei timori delle classi egemoni. Rapidamente l'idea dell'assimilazione venne sostituita dal principio della segregazione. In questo contesto risultò impossibile all'élite africana pensare di mantenere i privilegi acquisiti precedentemente, a meno che non venissero accettate le conseguenze implicite nelle nuove teorie sociali: rinunciare a ogni possibilità di assimilazione e accettare il ruolo di rappresentanti garantiti dal potere bianco nell'ambito delle società africane segregate6.
- L'élite di colore che si formò in questo periodo era composta essenzialmente da membri del clero, insegnanti, giornalisti, bassi gradi della burocrazia coloniale. Gli esponenti più dotati finirono per assumere ruoli di dirigenza e di rappresentanza nelle prime organizzazioni politiche africane, influenzandone le scelte sulla base del sistema di valori cui facevano riferimento sul piano ideologico. I leader più in vista si dimostrarono assai abili nello sfruttare gli spazi di manovra concessi, o che essi stessi riuscivano a conquistare. Nel corso dell'Ottocento l'élite degli africani istruiti riuscì a esercitare una discreta influenza politica nella Colonia del Capo, opponendo un notevole contrasto alle politiche di esclusione già praticate nelle repubbliche boere e nel Natal. Ideali costituzionali e messaggio cristiano rappresentarono i cardini intorno ai quali ruotavano le aspettative di un veloce inserimento nella società moderna.
- L'impatto dell'attività missionaria agì in profondità: non solo contribuì alla formazione di una élite intellettuale che influenzerà in maniera costante, almeno sino ai primi decenni del Novecento, le organizzazioni politiche africane, ma contemporaneamente indebolì l'egemonia culturale delle società cosiddette tribali7.
- L'estensione dell'etica cristiana alla sfera del sociale e del politico ridusse la possibilità di formulare richieste politiche favorendo il ricorso all'appello morale: il cattivo funzionamento della società non costituiva un problema politico, poiché veniva considerato un risultato dell'erronea applicazione dei principi morali. L'altra sponda dell'oceano fornì altrettanti fondamentali stimoli alla formazione di una coscienza politica autonoma. Le lotte e i traguardi conquistati dai neri americani fornirono ai neri del Sudafrica un esempio da imitare, e il messaggio dei leader più rappresentativi, come W.E.B. DuBois e Booker T. Washington, esercitò una lunga e profonda influenza sugli esponenti politici africani. La posizione sociale di entrambi i gruppi era fondamentalmente simile. Le comuni aspettative riguardavano la progressiva estensione di tutte le libertà civili, di cui già godevano i bianchi, alla comunità nera. I successi della società bianca erano interpretati come stimoli affinché anche i neri si sforzassero di salire nella scala sociale. A differenza di altre realtà coloniali, l'élite nera sudafricana - in sintonia con gli afro-americani - attribuiva alla popolazione bianca un carattere di permanenza non transitoria.
- Le notizie sulle lotte e sui progressi degli afro-americani erano state introdotte in Sudafrica da africani che avevano soggiornato negli Stati Uniti per accedere a un livello di studi universitari, o grazie alla diffusione nel paese di una chiesa metodista nera americana: l'African Methodist Episcopal Church (AME). All'alba del Novecento l'AME poteva vantare circa diecimila membri e un discreto numero di vescovi nominati dalla chiesa madre. L'influenza americana contribuì a innalzare il livello di auto-coscienza degli africani provocando talvolta l'emergere di posizioni assai critiche che quasi sconfinavano in una vera e propria antipatia razziale. Comunque l'effetto generale della predicazione dell'AME fu improntato al moderatismo. Gli esponenti africani dell'AME rimasero sempre leali all'autorità secolare, e - sebbene protestassero l'apoliticità della loro chiesa - videro con favore la possibilità di estendere alle altre colonie la costituzione del Capo8.
- Un ambito particolare che contribuì alla formazione politica degli africani risultò dalla comparsa - a partire dal 1884 - delle chiese indipendenti. Queste incarnavano il bisogno di trovare una via d'uscita alle durezze della realtà della segregazione e dello sfruttamento. Le ragioni principali della loro affermazione dipesero dalla percezione che ebbero alcuni africani dell'aggravarsi dello stato dei rapporti interrazziali (rafforzamento del colour bar, sistematica limitazione dei diritti di proprietà africani, disoccupazione), e dal bisogno di affermare una propria cultura emancipata da quella dei bianchi. La principale caratteristica di questi gruppi dissidenti non fu tanto nella scelta della separazione, quanto il modo con cui favorirono l'imporsi di posizioni politiche e culturali finalmente affrancate dalla tradizione ideologica europea. La carica eversiva di cui erano portatrici le chiese indipendenti venne immediatamente avvertita dai leader africani più legati alla tradizione liberal come un pericoloso avversario nella lotta per l'egemonia dell'opinione pubblica africana. John Tengu Jabavu, direttore del periodico africano Imvo Zabantsundu, esponente di primo piano dell'élite africana e sostenitore del liberalismo vittoriano, attaccò con durezza dalle colonne del suo giornale la chiesa Thembu, una delle chiese indipendenti più importanti e eversive9.
- Il processo di formazione di una classe di africani politicamente attrezzati subì una forte accelerazione con la conclusione del conflitto anglo-boero e l'approvazione del Trattato di Vereeiniging nel 1902. Divenne infatti subito chiaro che le possibilità di inclusione nella società bianca si sarebbero drammaticamente ristrette. L'accordo anglo-boero innalzò immediatamente la temperatura politica, conducendo alla nascita di diverse organizzazioni preoccupate della piega presa dagli eventi10. La Costituzione del Capo, simbolo del benigno potere imperiale, avrebbe dovuto assicurare a tutti i sudditi della potenza britannica uguali diritti e doveri. In conseguenza di ciò, il Trattato di Vereeiniging non poteva considerarsi applicabile in quanto violava palesemente il dettame costituzionale inglese. In una società investita da un tumultuoso cambiamento che evidenziava il rafforzamento dell'interdipendenza economica e quindi della cooperazione interrazziale, i componenti dell'élite nera istruita puntavano a un rapido inserimento, come cittadini responsabili, nella nuova Unione Sudafricana. Gli atteggiamenti che si vennero così delineando influenzeranno a lungo le organizzazioni africane anche dopo la comparsa di nuove realtà politiche più radicali e maggiormente in sintonia con le nuove sfide indotte dai mutamenti socio-economici.
- 2. Sol Plaatje: al servizio del proprio popolo
- Fu questo l'ambiente culturale e sociale che vide la crescita e l'affermazione di un giovane di grande talento e ambizione, che lascerà un'impronta profonda sulle vicende politiche sudafricane dei primi decenni del Novecento.
- Il percorso umano, pubblico e privato, di Solomon Tshekisho Plaatje (1876-1932), la sua carriera professionale e le vicende politiche che lo videro protagonista, rappresentano ed esprimono in maniera singolare e unica le aspirazioni e i successi della generazione di africani cresciuti ed educati nelle missioni, i quali costituirono l'ossatura dell'élite intellettuale e professionale nera che per prima cercò di formulare un coerente sistema di interessi economici e politici e che per prima pensò alla necessità di dare vita a organizzazioni politiche esclusivamente africane. Plaatje rappresenta il prototipo di quella middle class africana che aspirava all'avanzamento economico e sociale ma che si scontrò ripetutamente con le contraddizioni del sistema politico imposto dai bianchi11.
- Scrittore, giornalista, esponente politico, discendente di stirpe regale, Plaatje fu il prodotto dell'educazione missionaria e della fiducia riposta nelle qualità modernizzatrici dell'imperialismo britannico. La storia di quest'uomo intelligentissimo e orgoglioso, caparbio e ambizioso, instancabile e appassionato, è la storia delle vicende che coinvolsero le classi medie africane. Uno degli africani più dotati e ricchi di talento della sua generazione, Plaatje dedicò la propria esistenza a sostenere e difendere gli interessi dei neri e il progetto di un paese liberato dalla discriminazione. Tra i fondatori dell'African National Congress (ANC), di cui diventò il primo segretario, si impegnò fortemente nella difesa degli interessi africani minacciati dal diffondersi della prassi segregazionista.
- La carriera professionale di Plaatje iniziò nei ranghi dell'amministrazione delle poste coloniali, dove rimase per più di quattro anni. L'ambizione lo spinse a tentare ogni opportunità per ottenere l'avanzamento cui aspirava. Finalmente, nel 1898, ottenne un posto di interprete presso il tribunale di Mafeking. La nuova attività lo spinse ad affinare e sviluppare lo straordinario talento linguistico di cui disponeva; e l'abitudine e la conoscenza del sistema giudiziario britannico, apparentemente indifferente al colore di vittime e imputati, rafforzarono in lui la fiducia nella superiorità della civiltà inglese12. La sua storia subì una svolta improvvisa a causa dello scoppio del conflitto anglo-boero che devastò il paese tra il 1899 e il 1902. Plaatje rimase coinvolto in un episodio del conflitto che entrò a far parte della mitologia imperiale: l'assedio di Mafeking13. Nel corso dei 217 giorni di assedio, Plaatje ebbe occasione di osservare come parecchi europei si impegnassero a stendere delle cronache degli avvenimenti in forma di diario. Così anche il giovane interprete decise di redigerne uno. Il manoscritto sparì immediatamente dopo la liberazione della città, quasi l'autore non ritenesse importante conservare ed eventualmente rendere pubblica l'opera, e venne casualmente ritrovato solo dopo diversi decenni e stampato per la prima volta nel 1973 con il titolo Mafeking Diary - A Black Man's View of a White Man's War 14.
- Il significato e l'importanza del diario di Plaatje consistono nell'aver fatto luce sul ruolo ricoperto dagli africani durante l'assedio, e negato non solo dai contemporanei, ma anche da gran parte della storiografia successiva. Inoltre le pagine del diario rivelano il carattere e il sistema di valori culturali e politici di questo giovane africano. Dalla cronaca quotidiana emerge la figura di un suddito leale dell'impero, per il quale appare inconcepibile non schierarsi a fianco della metropoli inglese15. Con grande abilità narrativa, Plaatje restituisce uno spaccato vivace della vita nella città assediata. Con ogni mezzo si cerca di conservare un ritmo di attività normale: proseguono le attività economiche, il tribunale continua a funzionare, si organizzano momenti di svago e di divertimento per la popolazione. Ma l'aspetto che rende unico questo testo riguarda l'interesse rivolto al coinvolgimento degli africani nel conflitto. Nella cronaca di Plaatje gli africani non rimangono spettatori del dramma che si consuma, ma vi prendono parte con il loro carico di dolore, di lutto, di paura e di incertezza del futuro. Il testo è un documento fondamentale dell'evoluzione intellettuale e culturale dell'autore. Oltre a rivelarne il sistema di valori, lo scritto getta luce sulle qualità letterarie e l'abilità linguistica, in una parola, sul talento letterario che andava prendendo corpo nello scrittore. La consapevolezza delle proprie qualità lo spinse ad abbandonare il posto di interprete per abbracciare la carriera di giornalista. Su questa scelta agì probabilmente una sua presa di coscienza di come fosse sempre più difficile, per lui, conciliare fedeltà al potere coloniale e responsabilità di fronte al proprio popolo. La realtà della società coloniale e le aspettative di Plaatje cominciavano a entrare in contraddizione.
- Nel 1902 Plaatje assunse la direzione del neonato periodico Koranta ea Bechoana, redatto in lingua inglese e setswana, entrando così a far parte di una ristretta cerchia di opinionisti africani che reclamavano la rappresentanza e la funzione di portavoce della comunità nera. Questo gruppo di intellettuali riteneva, in buona fede, di interpretare i bisogni e le esigenze di tutti gli africani. Essi sembravano non accorgersi del cataclisma che scuoteva alle fondamenta la struttura sociale ed economica del paese. La mancata comprensione della portata della rivoluzione in corso costituirà un pesante fardello che impedirà per decenni la piena maturazione di un movimento politico a forte connotazione nazionalista in grado di comprendere i bisogni dei gruppi sociali emergenti.
- Dalle colonne del giornale Plaatje continuò a insistere su alcuni caposaldi del proprio credo politico: affermazione delle aspirazioni africane in merito alle opportunità di avanzamento sociale, eguaglianza di fronte alla legge, godimento dei diritti civili. Nei suoi editoriali sottolineò con vigore i ritardi scontati dai neri nel processo di civilizzazione. Se gli africani pretendevano "equal rights for all civilised men", allora era indispensabile il pre-requisito rappresentato dall'assorbimento dei principi della civiltà occidentale. Favorire l'educazione e il progresso degli africani secondo le linee del pensiero cristiano e combattere ricorrendo esclusivamente a mezzi costituzionali, con moderazione e cautela, per il riconoscimento dei diritti di cittadinanza, divennero lo scopo dell'attività dello scrittore.
- In realtà, gli sviluppi politici determinati dal clima di avvicinamento che si stabilì tra inglesi e boeri sembravano opporsi in modo clamoroso alle aspettative della comunità nera.
- Il punto di arrivo della politica britannica seguita a partire dalla conclusione del conflitto anglo-boero si concretizzò nella nascita di un nuovo soggetto statuale, l'Unione del Sudafrica.
- L'Atto di Unione del 1910 sgombrò il campo da ogni illusione: gli africani venivano esclusi dall'esercizio e dal godimento dei diritti civili e politici16.
- Inizialmente Plaatje accettò con favore la prospettiva dell'Unione, confidando nell'automatica diffusione degli ideali e della prassi politica della Colonia del Capo alle ex-colonie boere annesse al nuovo stato. Per un certo periodo lo scrittore sostenne, dimostrando un notevole acume politico, l'allargamento dell'Unione al Bechuanaland (Botswana), allo Swaziland e al Basutoland, con lo scopo di aumentare il peso della componente britannica. Inoltre Plaatje fu colpito favorevolmente dalla presenza di esponenti dell'area liberal nel primo governo dell'Unione. Le sue aspettative andarono deluse ben presto. Dopo un anno dalla nascita del nuovo governo il tema della segregazione divenne il nodo cruciale della politica sudafricana. Il quadro politico subì una prima forte accelerazione con la nomina del Gen. Hertzog a ministro per gli affari africani. La nomina del generale segnava il declino repentino della componente liberal presente nel governo, indicando all'opposto la crescente influenza del radicalismo afrikaner. L'attenzione di Plaatje si spostò così dagli aspetti più marginali e individuali della discriminazione, quelli che mettevano in discussione la dignità del singolo, ai progetti legislativi che prefiguravano la creazione di un sistema sociale interamente fondato sulla segregazione. È questo un momento decisivo nella vita di Plaatje: la percezione che i ruoli e le posizioni sociali faticosamente guadagnati stiano per essere spazzati via dall'affermazione di una dura politica segregazionista lo convincono ad abbandonare ogni riluttanza e a scendere in politica direttamente. Non si tratta più di incitare gli africani dalle colonne dei giornali a conquistarsi un posto al sole all'interno della società coloniale. Ora la posta in gioco è un'altra, la difesa degli ideali legati alla realizzazione di una società che garantisca diritto di cittadinanza agli africani. Fu così che egli si trovò coinvolto in prima persona nelle vicende politiche che condussero alla nascita dell'African National Congress (ANC).
- Le resistenze e le riflessioni di un piccolo gruppo di intellettuali africani, omogenei per formazione e cultura, presero forma nel progetto di creare una organizzazione politica unitaria in grado di dare voci alla protesta e alle lamentele degli africani. L'8 gennaio 1912 la città di Bloemfontein fu teatro della fondazione della più longeva organizzazione politica africana: l'ANC (inizialmente chiamato South African Native National Congress e dal 1925 solo ANC).
- La scelta di chiamarsi "national congress" rimanda all'esperienza della comunità indiana emigrata nel Natal. Per anni, sotto la guida del giovane avvocato Gandhi, l'élite economica indiana presente nella colonia cercò di difendere i propri interessi minacciati dal dilagare della politica segregazionista. Rifacendosi all'esperienza maturata nella madrepatria, gli indiani fondarono già nel 1894 il NIC (Natal Indian Congress). Il percorso politico e l'esperienza individuale di Gandhi - il rigido attenersi alla scelta della non-violenza e della resistenza passiva nell'ambito di una strategia e di un progetto politico generale - saranno fondamentali nella formazione dei quadri dirigenti l'ANC17 I rappresentanti presenti alla conferenza inaugurale erano il prodotto dell'educazione missionaria e provenivano da una vasta gamma di professioni tipiche della borghesia nera. Tra di loro non c'erano sindacalisti o elementi radicali. Rappresentavano quelle classi moderate, cresciute all'ombra dell'ideologia liberal e cristiana, che individuavano nell'estensione del diritto di voto l'obiettivo da raggiungere. Influenzati dal pensiero di DuBois e Booker T. Washington, consideravano di prioritaria importanza la difesa e il rafforzamento dei principi costituzionali - eguaglianza di opportunità nella vita economica e nelle istituzioni politiche - i quali avrebbero garantito lo sviluppo di una società multirazziale. Nato in reazione alla visione esclusivista dell'Unione data dagli europei, il Congresso stabilì quale proprio compito essenziale la ricerca dell'unità tra gli africani, unità che passava attraverso l'alleanza politica dell'élite nera con i capi tradizionali in rappresentanza delle masse rurali.
- Plaatje rivestì immediatamente una posizione di rilievo all'interno del Congresso, assumendo la carica di segretario. La lunga carriera giornalistica e l'esperienza maturata nei ranghi dell'amministrazione coloniale, la notoria resistenza a pesanti carichi di lavoro, la conoscenza di diverse lingue africane, l'estraneità rispetto alle rivalità e ai conflitti etnici, l'estesa rete di relazioni con personalità di spicco dell'ambiente politico bianco, fecero di lui una scelta naturale e quasi obbligata per rivestire quel ruolo.
- La storia di Plaatje è indissolubilmente legata agli effetti drammatici causati dall'approvazione e dall'applicazione del Native Land Act, poiché la questione della difesa dei diritti di proprietà degli africani divenne il cardine dell'attività politica del Congresso. Nel giugno del 1913 il parlamento sudafricano, dietro le insistenze dei due maggiori gruppi di pressione del paese - agricoltori boeri e capitale minerario - approvò il Native Land Act: il provvedimento, una delle pietre miliari nella storia del segregazionismo e dell'apartheid, provocò sullo sviluppo economico e sull'evoluzione politica e ideologica africana effetti devastanti che si sarebbero prolungati per decenni18. Con questa legge si assegnava alla popolazione bianca il 90% delle terre del paese. Con la sua approvazione si ottennero due importanti risultati: eliminare l'emergente classe contadina proprietaria africana, e liberare forza-lavoro da avviare ai campi minerari. Per questa ragione il Native Land Act è stato descritto come il prodotto dell'alleanza tra oro e mais. Inoltre il provvedimento servì a stabilire legalmente il principio della segregazione territoriale avviando il processo di definizione dei confini delle riserve.
- Plaatje si trovò in prima fila nell'organizzare l'opposizione africana al provvedimento; per decenni la sua principale preoccupazione sarà rivolta a combattere e a rendere di dominio pubblico i catastrofici effetti della legge appena entrata in vigore. Da questo momento l'attività politica e letteraria dello scrittore risulteranno profondamente influenzate dalle tragiche vicende degli agricoltori africani costretti ad abbandonare le terre che coltivavano da generazioni. L'esodo di migliaia di famiglie espulse dalle fattorie ora destinate ai coloni bianchi, la distruzione del fitto intreccio di rapporti sociali e umani, in una parola la scomparsa di intere comunità, accrebbero e approfondirono nello scrittore il senso di appartenenza e di identità con il proprio popolo. Tutto ciò contribuì a irrobustire in Plaatje l'esigenza morale e civile di dare voce e rappresentare, se possibile con ancora maggiore vigore, un popolo privato di ogni possibilità di opporsi ai tentativi di distruzione. Da questa esperienza nacque nello scrittore l'urgenza di testimoniare ai contemporanei e ai posteri le sofferenze degli africani spogliati delle proprie ricchezze.
- Native Life in South Africa 19 vide la luce nel 1916, dopo circa tre anni di lavoro. Il testo era concepito come un appello diretto al pubblico inglese affinché fosse ristabilita giustizia20. Plaatje cercava di dimostrare che - in quanto leali sudditi dell'impero - gli africani avevano diritto allo stesso trattamento garantito ai cittadini britannici. Il libro esplora l'ampio contesto storico-politico in cui prese forma il progetto politico culminante nell'approvazione del Native Land Act, e documenta con chiarezza inequivocabile come gli interessi politico-economici fossero alla base della decisione di escludere progressivamente gli africani dal sistema politico. Native Life restituisce a noi contemporanei il senso e la drammaticità di una vicenda storica che si cercò di occultare, e mantiene intatta tutta la sua modernità e attualità indicando la necessità di riparare ai torti del passato: tra questi ultimi la restituzione ai legittimi eredi delle terre espropriate agli africani si configura come una delle più importanti.
- Un tema che ricorre insistentemente nella seconda parte del libro si riferisce all'apporto offerto dagli africani alla causa imperiale. Con grande abilità Plaatje riesce a tramutare il tema del conflitto allora in corso, di massimo interesse per l'opinione pubblica inglese, in argomento a sostegno delle proprie tesi. L'impegno e la lealtà dimostrati dal suo popolo alla causa imperiale nel conflitto anglo-boero e ora nel conflitto mondiale rendevano inconcepibile un trattamento non fondato sulla giustizia, e imponevano alla potenza imperiale di percorrere tutte le strade possibili per annullare o limitare la portata dei provvedimenti discriminatori. All'opposto Plaatje enfatizza la scarsa lealtà dimostrata da quei boeri, responsabili delle difficoltà in cui versavano gli africani, che si ribellarono all'idea di schierarsi a fianco della Gran Bretagna anziché con le potenze degli Imperi Centrali. Gli istigatori della distruzione della classe contadina africana, insiste Plaatje, pretendevano il rispetto britannico della loro autonomia e contemporaneamente si rivelavano alleati inaffidabili. Il libro di Plaatje si indirizzò, con fervida carica morale, non solo agli esponenti dell'establishment inglese, ma a un pubblico più ampio e generale, sino ad appellarsi direttamente alla coscienza di una nazione in guerra. Malgrado l'interesse fosse prevalentemente rivolto ai temi del conflitto europeo, non mancarono apprezzamenti e giudizi positivi da parte della stampa inglese.
- La presenza in Inghilterra di Plaatje era collegata alla sua partecipazione - in qualità di segretario del SANNC - alla prima delegazione del Congresso inviata a Londra nel 1914 con il mandato preciso di tentare la difesa degli interessi africani minacciati dal Native Land Act. Nel corso del suo soggiorno tenne un numero impressionante di comizi e conferenze. Si trattò di uno sforzo enorme, tenuto conto dell'isolamento e dell'opposizione cui era sottoposto anche da organizzazioni ritenute amiche21. Soltanto il movimento Brotherhood22 e il sostegno di alcune congregazioni gli garantirono appoggio morale e materiale. Plaatje cercò, come nessun altro aveva fatto prima di lui, di rendere noto al maggior numero di persone possibile le condizioni in cui versava il suo popolo.
- Ben presto egli si rese conto dell'impossibilità di ottenere soddisfazione dai circoli inglesi, scoprendo inoltre come ambienti ritenuti prossimi agli africani spingessero per l'accettazione della linea segregazionista23. L'incontro con il ministro per le Colonie Harcourt si rivelò deludente. Harcourt affermò il rispetto per il principio dell'autogoverno riservato ai membri dell'Impero, sostenendo che le assicurazioni pervenute da Johannesburg affermavano il contrario di ciò che sostenevano gli africani. Nonostante la cautela con cui si mossero i rappresentanti del Congresso, la missione si risolse in un fallimento. Anche Plaatje iniziò a dubitare dell'onestà britannica, manifestando in diversi scritti la sua profonda delusione24.
- Schiacciata tra i superiori interessi politici imperiali e il repentino deterioramento del quadro politico europeo, la missione si esaurì senza avere colto alcun segnale di disponibilità, provocando inoltre il sorgere di tensioni tra i suoi membri.
- Grazie alle amicizie e agli appoggi di cui godeva nell'ambiente liberal, Plaatje decise di prolungare il proprio soggiorno con l'intento di rivolgersi direttamente all'opinione pubblica inglese senza mediazioni istituzionali. Dietro questa decisione agì anche l'esigenza di allargare l'ambito delle proprie conoscenze e il desiderio di emanciparsi dall'ambiente provinciale e soffocante dell'ex-colonia. Continuamente alla ricerca di stimoli, Plaatje affrontò temi diversi dall'attualità politica; proprio in quel periodo cominciò a farsi strada in lui l'esigenza di affermare la dignità e la legittimità della cul-tura africana di fronte al processo di civilizzazione europeo, del quale egli avvertiva la carica distruttiva e obliteratrice25.
- Rientrato dall'Inghilterra, Plaatje trovò il Congresso indebolito da due anni di paralisi causata dalla sospensione di ogni attività politica a dimostrazione della fedeltà alla corona, nella speranza di ottenere una qualche forma di riconoscimento a conflitto terminato. In realtà il paese, proprio a causa delle necessità della guerra, stava sperimentando un profondo cambiamento nel suo aspetto economico e sociale che si sarebbe rivelato una delle cause primarie dell'inesorabile declino dell'organizzazione. Emergevano i primi segnali indicanti la perdita di contatto tra la leadership del Congresso e i nuovi soggetti sociali africani. La comparsa di nuovi bisogni provocati dall'urbanizzazione, l'esigenza di trovare risposte adeguate alle questioni poste dalla dura realtà dello sfruttamento, l'emergere di identità determinate dal ruolo ricoperto nel modo di produzione capitalista, si scontrarono immediatamente con gli obiettivi politici più ampi - ma enormemente più distanti - che erano patrimonio del Congresso. I nuovi soggetti si rivelarono più disposti a sfruttare la propria forza collettiva piuttosto che insistere nel battere i tradizionali sentieri costituzionali caratteristici dei moderati del Congresso. Il nuovo fermento politico e sociale svelava i limiti e le contraddizioni dell'ANC. La pretesa di rappresentare la totalità degli africani veniva sfidata dall'emergere inarrestabile di queste nuove figure sociali testimonianti il venir meno delle vecchie fedeltà e la formazione di interessi di classe complessi.
- È in questo contesto che si inserisce un episodio della vita di Plaatje utile a fare luce sulla complessità e ambiguità dei rapporti intercorrenti tra establishment bianco ed élite africana. Lo scrittore chiese alla compagnia mineraria De Beers di poter usufruire di un vecchio deposito tramviario da utilizzare come sede degli incontri del movimento Brotherhood, di tendenza moderata e conservatrice. Intorno al vecchio deposito si materializzarono gli interessi - apparentemente contrapposti - di Plaatje e del capitale minerario. Lo spettro della radicalizzazione della classe operaia africana, sempre più coinvolta in azioni di sciopero, costrinsero la De Beers ad appoggiare i leader moderati nella speranza di arginare il diffondersi del malessere operaio. Plaatje, bisognoso di ristabilire prestigio e influenza sulla comunità nera, osservava con apprensione l'indebolimento della presa esercitata dalla vecchia élite sulla popolazione nera. Egli stesso ebbe occasione di ammettere onestamente come lo stile politico della sua generazione suonasse oramai inadeguato alla nuova realtà26.
- Il Congresso rimase comunque diffidente verso l'ipotesi di passare all'azione diretta, convinto dell'assoluta mancanza di alternative realistiche ai tradizionali strumenti di contrattazione politica.
- È in questo momento che l'ANC, dopo la conclusione del conflitto mondiale, decise di inviare un'ulteriore delegazione a Londra27. Plaatje, memore dell'insuccesso della precedente missione, si mostrò inizialmente riluttante ad accettare la guida della delegazione. Alla fine aderì all'iniziativa avvertendo il pesante obbligo morale di percorrere ogni strada possibile per proteggere il suo popolo. In questa occasione lo scrittore pronunciò di fronte al primo ministro inglese Lloyd George un intervento di rara intensità emotiva che finì per impressionare il leader britannico. Per molti versi questo episodio rappresenta il culmine della carriera politica di Plaatje: egli riuscì ad avvicinare i più alti livelli istituzionali colpendoli con la carica morale delle sue affermazioni e con la forza della sua personalità. Nel contempo Plaatje avvertì con maggiore chiarezza l'inutilità e l'inefficacia della strategia politica basata sullo sfruttamento della rete di rapporti costruiti individualmente. L'ampiezza del dramma di cui lo scrittore era contemporaneamente attore e spettatore chiariva i propri contorni: senza un effettivo appoggio di massa, senza una decisa pressione popolare, la funzione del Congresso e dei suoi uomini si esauriva in queste estenuanti trattative destinate a lasciare immutate le condizioni di vita degli africani.
- Nel 1920, alla ricerca di nuovi spazi di affermazione e deciso ad allargare il campo delle proprie conoscenze, Plaatje visitò gli Stati Uniti. Qui conobbe DuBois e Marcus Garvey. Il desiderio di imparare e raccogliere notizie sui progressi e sui successi della comunità afro-americana gli permise di venire a contatto con quei settori della comunità che a prezzo di enormi sacrifici erano riusciti a emergere nei campi dell'istruzione e delle professioni, della vita sociale e religiosa. Nelle carriere esemplari di DuBois e di altri leaders, Plaatje intravvide il ruolo che in altre condizioni storiche egli stesso avrebbe potuto rivestire. L'evidente contrasto con la realtà sudafricana condusse Plaatje a sopravvalutare i risultati conseguiti dagli afroamericani, e a dipingere un quadro eccessivamente roseo dello stato dei rapporti interrazziali e delle condizioni socio-economiche28.
- Nel corso del lungo soggiorno americano Plaatje conobbe Marcus Garvey; l'incontro avvenne a New York, dove i due leaders fecero entrambi un intervento in occasione della conferenza annuale dell'Universal Negro Improvement Association (UNIA). Le convinzioni del sudafricano erano orientate in senso decisamente più moderato, ma grazie alla consueta abilità oratoria lo scrittore riuscì a catturare l'attenzione del leader radicale ponendo l'accento del suo discorso sulla necessità di sostenere la causa dell'unità della nazione nera ponendo fine alle distinzioni etniche29. In realtà Plaatje si sentiva più vicino alla personalità di DuBois. L'approccio intellettuale e colto del leader della National Association for the Advancement of Coloured People (NAACP), così diverso dalla retorica fiammeggiante di Garvey, si avvicinava all'ideale di leader cui aspirava lo scrittore. Le aspettative e gli interessi della middle class rappresentata da DuBois erano simili a quelli dell'élite africana impersonata da Plaatje.
- Dopo cinque anni di assenza lo scrittore tornò in Sudafrica. Aveva lasciato il paese alle prese con un profondo sconvolgimento economico e politico, e quando rientrò si rese ben presto conto di come le nuove strutture sociali ponessero questioni lontanissime dalla capacità di comprensione della vecchia élite intellettuale. Il Congresso era ridotto a una mera ombra, dilaniato dai contrasti interni, e la sua funzione dirigente appariva sempre più evanescente. L'Industrial and Commercial Workers Union (ICU) di Clemens Kadalie, una organizzazione di massa dal carattere fortemente radicale, aveva sfidato e scalzato con successo il Congresso dalle posizioni precedentemente coperte. Molti leader, amareggiati e delusi, avevano preferito ritirarsi dalla politica attiva anche per difendere, nemmeno troppo nascostamente, i privilegi e i vantaggi individuali che ancora riuscivano a conservare. Il quadro politico generale vedeva una progressiva radicalizzazione che interessava anche l'ambiente bianco. Gli spazi garantiti ai liberal si assottigliavano inesorabilmente. Il nazionalismo aggressivo propugnato dagli afrikaner e rappresentato da Hertzog si era saldato con quella parte di proletariato bianco che era terrorizzato dall'idea di soccombere sul mercato del lavoro ai milioni di braccia nere cui il grande capitale guardava come a un serbatoio inesauribile di forza lavoro a basso costo.
- Il patto elettorale tra queste forze condusse al trionfo di Hertzog nelle elezioni del 1924. La vittoria dell'alleanza tra contadini afrikaner e proletariato bianco segnerà i futuri sviluppi della questione sudafricana per decenni. Plaatje rimase sempre fedele all'idea che la liberazione e l'affermazione dei neri discendessero necessariamente dal carattere individuale e dalla volontà di ricalcare le strade percorse da quegli uomini che si erano esemplarmente affermati. Anche le più gravi difficoltà e gli svantaggi più penalizzanti potevano essere superati grazie al lavoro duro e alla forza di carattere: in questo è chiaramente ravvisabile in lui la persistente influenza dell'educazione missionaria protestante. Di fronte al grande progetto segregazionista di Hertzog, queste convinzioni venivano spazzate via. Appello morale e richiamo ai valori cristiani nulla potevano rispetto alla lucida volontà politica di occultare la presenza africana e di assicurare la difesa degli interessi europei. Il programma legislativo di stampo draconiano voluto dal nuovo governo era diretto al completamento della trasformazione in senso segregazionista dello stato sudafricano30. In questo contesto la formazione intellettuale di Plaatje, gli rendeva difficile comprendere la decisione di costruire un ordine sociale antitetico a tutti i valori per cui egli aveva combattuto. Lo scrittore osservava attonito il corso preso dagli eventi politici, ma altrettanto incomprensibili erano gli aspetti economico-sociali del processo in atto. Plaatje continuò fermamente a ritenere che le campagne fossero l'ambiente naturale degli africani e a considerare i neri urbanizzati alla stregua di contadini sradicati posti in un ambiente artificiale. Egli negava la frammentazione imposta dai bisogni della società industriale, convinto della coerenza e della omogeneità della comunità nera: in ultima analisi, aspirava alla restaurazione del vecchio mondo rurale, non alla creazione di un nuovo ordine sociale.
- Nel 1929, dopo alcuni anni di distacco, prese parte alla conferenza annuale dell'ANC. Questa doveva essere la sua ultima uscita pubblica di rilievo. Responsabile della stesura del documento di risposta al "Black Manifesto" di Hertzog, Plaatje accusò il generale di dipingere gli africani come esseri inferiori e pericolosi per la sopravvivenza della civiltà bianca31. Con suo grande disappunto, la coalizione di Hertzog venne riconfermata dagli elettori, e ora disponeva della maggioranza necessaria per approvare il corpus di leggi segregazioniste senza ricercare appoggi nei gruppi politici più tiepidi verso questi progetti. Il vecchio mondo di Plaatje, con le speranze e con le attese di un'intera generazione di africani, era definitivamente tramontato.
- 3. Il lascito di Sol Plaatje nel romanzo Mhudi.
- Quasi contemporaneamente alla stesura di Native Life, Plaatje lavorò all'opera più significativa della sua produzione, il romanzo Mhudi 32.
- Scritto tra il 1917 e il 1920, anni cruciali per la definizione della strategia segregazionista, Mhudi è il primo romanzo scritto in lingua inglese - anzi, più in generale, in una qualsiasi lingua europea - da un autore africano. Riuscì a dare alle stampe il libro solo nel 1930, dopo dieci anni di sforzi inutili, indicativi della mole di pregiudizi e ostacoli che colpivano gli scrittori neri. Diverse case editrici americane e inglesi dimostrarono scarso interesse per l'opera, e solo la piccola Lovedale Press, una modesta stamperia gestita da missionari, si assunse i rischi della pubblicazione. In realtà la casa editrice sudafricana si riservò di intervenire sul manoscritto che venne modificato e tagliato. Solo nel 1978, grazie al ritrovamento fortuito e al lavoro di Tim Couzens e Stephen Gray, venne stampata la versione integrale del romanzo33.
- Ambientato intorno al 1830, il romanzo risente in modo evidente del clima politico contemporaneo. Plaatje scelse accuratamente il periodo storico in cui ambientare la vicenda di una giovane coppia di africani in fuga dalle distruzioni causate dai conflitti interetnici. È un periodo caratterizzato da gravi turbolenze: alle emigrazioni e ai conflitti tipici del tempo, si aggiunge la comparsa, che si trasforma in incontro-scontro, delle prime carovane boere in viaggio verso l'interno del paese34.
- Questo particolare momento storico viene comunemente definito come "guerre dello mfecane o difaquane" e viene strettamente correlato al Grande Trek. In realtà per molta storiografia europea la descrizione delle mfecane cela un intento di legittimazione - talvolta inconscio, o forse semplicemente culturale - della conquista coloniale dell'Africa meridionale35. Il periodo in questione altro non sarebbe che la dimostrazione evidente dello stato selvaggio in cui versavano le popolazioni africane dell'epoca. Da questo assunto discende conseguentemente la valutazione provvidenziale della comparsa dei bianchi, che avrebbero interrotto - imponendo il proprio dominio - il drammatico processo di autodistruzione in corso. Questa ricostruzione è stata sottoposta a revisione dagli storici interessati a fornire una versione meno partigiana delle vicende coloniali. Oggi si preferisce inserire questi fatti nel contesto più generale della storia africana, privandoli del carattere di eccezionalità con cui sono stati in precedenza descritti. Mfecane e Grande Trek sono rimasti per decenni inestricabilmente legati. L'episodio storico dell'emigrazione verso l'interno del paese intrapresa dai boeri dissidenti è stato trasformato dagli ideologi della supremazia bianca nel fondamento mitologico dello stato afrikaner36. Secondo la ricostruzione storica tradizionale, i coloni boeri si sarebbero addentrati in un territorio spopolato proprio a causa delle mfecane. Quindi i vortrekkers non avrebbero compiuto alcun crimine contro gli africani impossessandosi delle terre che sarebbero diventate le repubbliche boere, anzi, imponendo con la forza delle armi da fuoco il proprio potere, avrebbero costretto alla pace le turbolente popolazioni locali, ricollocandole nelle loro tradizionali "homelands"37.
- Nel racconto viene imposta al popolo dei barolong una forma ingiusta di tassazione da parte dei rivali matabele, i quali affermano con la forza delle armi la propria supremazia, provocando il risentimento dei barolong che porranno fine al potere dei conquistatori non solo con un'aperta ribellione, ma alleandosi con i boeri. Le similitudini con il presente di Plaatje balzano agli occhi immediatamente. Ciò che è accaduto nel 1830, ammonisce lo scrittore, può ripetersi nel presente; è sufficiente modificare il nome dei protagonisti convolti per riconoscere nelle vicende dell'Ottocento un precedente delle condizioni storiche contemporanee.
- Plaatje non è certo diventato un sostenitore della forza liberatrice delle rivoluzioni; più moderatamente, si accontenta di avvertire i contemporanei, soprattutto coloro che esercitano il potere, dell'inevitabilità di certe soluzioni in presenza di determinate condizioni. In sostanza, per Plaatje, l'esercizio di una forma di giustizia ingiusta - anche quando viene applicata dal potere legittimo - creerà le condizioni che consentiranno ai subordinati di opporsi apertamente.
- Scritto negli anni che servirono a precisare i contorni della politica segregazionista, Mhudi è anche un attacco deciso ai drammi provocati dal Native Land Act. Native Life in South Africa e il romanzo sono molto vicini nel tempo38. Mentre il primo è il resoconto amaro degli effetti dell'applicazione della legge, Mhudi è la condanna morale dei discendenti di quei bianchi che vennero favorevolmente accolti sulla terra degli africani, i quali non esitarono a condividerla con i nuovi venuti. Ma non è solo l'ambito morale a interessare Plaatje. La complessità dell'opera, il racconto orale tramandato ai posteri che diventa romanzo storico e poi storia nel senso più completo, la trasversalità culturale che consente a Plaatje di utilizzare indifferentemente modelli fondamentali della cultura occidentale e tradizione africana, rendono Mhudi il primo esempio lucido e penetrante di analisi sulle conseguenze del colonialismo e dell'imperialismo. Il racconto sembra muoversi in una perpetua oscillazione tra passato, presente e futuro. Non solo gli eventi del 1830 servono da pretesto per rappresentare il presente; essi suonano anche come avvertimento per i giorni a venire. In una qualche misura, i rapporti che si stabiliscono tra barolong e boeri, soprattutto a livello individuale, incarnano contemporaneamente la speranza e la delusione di Plaatje rispetto a ciò che il Sudafrica avrebbe potuto essere.
- In questo contesto, che sembra riservare alla volontà degli individui, piuttosto che alla funzione dei gruppi sociali inseriti nel contesto storico, il compito di disegnare i contorni di una società più giusta, prende corpo la profezia del capo matabele sconfitto e condannato all'esilio, Mzilikazi, il quale ammonisce con chiarezza sul futuro coloniale del paese: un giorno non lontano, i barolong si pentiranno di essersi alleati con i boeri, i quali diventeranno i loro oppressori.
- Il libro termina lasciando comunque spazio alla speranza. La giovane coppia di africani e i loro amici boeri si separano, ma il sentimento di solidarietà e di amicizia che si è creato sopravviverà, a testimonianza della possibilità di credere in una società migliore nonostante le durezze imposte dalla storia.
- Rispetto a Mafeking Diary, la posizione di Plaatje riguardo al rapporto tra africani e europei ha subito una trasformazione profonda. Nello scritto giovanile, Plaatje esprime ancora la massima fiducia nelle potenzialità della civiltà britannica. Il leale suddito dell'Impero si schiera senza titubanze con le ragioni inglesi, ritenendo che le ragioni sostenute dai boeri siano incompatibili con il livello di civiltà diffuso dall'Impero.
- Vent'anni dopo, nello scrittore si è prodotto un malessere profondo causato dall'inattesa evoluzione politica che penalizza la crescita degli africani. Plaatje inizia così a convincersi della necessità di restituire dignità alle tradizioni e agli usi del proprio popolo, ponendoli su un piano di parità con la cultura dei bianchi. Non si tratta di un'operazione nostalgica o di un'idealizzazione della storia africana; l'intento dello scrittore, cresciuto e educato dai missionari secondo princìpi occidentali, è di riuscire a integrare le due culture in maniera originale, senza che esse perdano la loro identità specifica. Il primo passo consiste nel restituire dignità alla cultura africana, intravvedendo le potenzialità che possono sorgere dall'incontro, su un piano paritetico, delle diverse esperienze.
- La rivalutazione dell'appartenere all'Africa si presenta come un percorso di ricostruzione di un'identità dal cammino accidentato. La posizione sociale di Plaatje e dell'élite africana contribuirono a rallentare questo processo che solo a partire dagli anni Quaranta avrebbe prodotto una svolta radicale destinata a segnare tutto il corso della storia successiva. Anche quando la legislazione segregazionista provocò il rapido deterioramento delle condizioni di vita delle classi medie africane, queste riuscirono a conquistarsi delle nicchie di sopravvivenza che le tennero distinte dalla massa degli africani urbanizzati e proletarizzati. I relativi vantaggi derivanti dalla posizione sociale garantivano un minimo di difesa dall'assalto della politica segregazionista, differendo nel tempo le probabilità di precipitare nelle classi inferiori che avrebbe potuto dare origine a un ripensamento su basi più accentuatamente nazionalistiche delle organizzazioni politiche africane tradizionali.
- Nel romanzo di Plaatje si iniziano a intravvedere i primi confusi segnali del bisogno di intraprendere un'altra via verso la soluzione del problema africano.
- Sebbene basato su un episodio reale della storia sudafricana, il realismo della vicenda non costituisce l'unico registro narrativo impiegato dall'autore. Plaatje cercò abilmente di fondere due tradizioni culturali apparentemente antitetiche, la tradizione orale africana e la forma scritta occidentale; e incorporò nella forma scritta la ricchezza della cultura orale africana, rivendicandone la dignità e l'originalità. Inoltre, tra le altre innumerevoli motivazioni nella mente dello scrittore, non meno importante sembra essere il desiderio di raccontare la Storia, per una volta tanto dall'interno della prospettiva africana, contestando le distorsioni storiche compiute dai colonizzatori. La ricostruzione degli eventi storici serve a Plaatje per tracciare un itinerario di conoscenza e comprensione della storia stessa in grado di scardinare le convenzioni imposte dall'interpretazione colonialista39. Spesso nel romanzo si contesta il punto di vista europeo che definisce "selvaggio" lo stato di sviluppo delle società africane nel momento del contatto con la civiltà bianca. L'autore contrappone invece una serie di valori - quali, ad esempio, l'assenza di marcate differenze sociali, il senso dell'ospitalità e del mutuo soccorso - destinati a scomparire con l'imporsi della civiltà dei bianchi40.
- Il ribaltamento delle convenzioni storiche dominanti non può non occuparsi dei boeri. I vortekkers entrano nel romanzo quando la trama si è già ampiamente sviluppata. L'artificio di Plaatje non è casuale: esso esprime l'esigenza dell'autore di ribaltare le convenzioni ufficiali che fanno coincidere l'inizio della storia sudafricana con l'arrivo dei coloni olandesi. I boeri sono descritti come una delle tante componenti presenti sul suolo africano: anche se risulteranno determinanti nel corso della vicenda, sono posti su un piano di eguaglianza rispetto alle altre presenze. Si tratta di una visone storica innovativa per l'epoca, che sembra tracciare i contorni di un'evoluzione possibile del caso sudafricano: la realizzazione di un paese multietnico e multiculturale. I vortrekkers non sono i messaggeri di un nuovo grado di civilizzazione, ma, ben lungi dall'immagine convenzionale eroica e coraggiosa che essi stessi si sono data, vengono descritti come un gruppo di avventurieri bisognosi di aiuto e soccorso in un ambiente ostile e, nonostante qualche eccezione, vengono dipinti come volgari, crudeli e infidi. Mhudi contiene comunque una nota di speranza che trova nella volontà morale individuale la chiave per risolvere il conflitto che oppone i protagonisti della vicenda. L'amicizia che si stabilisce tra africani e boeri conduce alla scoperta di un'umanità comune che supera la diffidenza reciproca. Ancora una volta Plaatje affida alla volontà individuale il compito di risolvere la questione razziale.
- Il romanzo riserva un ruolo centrale alla figura femminile; Mhudi, il personaggio intorno a cui si svolge tutta la vicenda, è donna di grande coraggio, saggezza e determinazione. Le sue qualità emergono in forte contrasto rispetto ai personaggi maschili, e si riflettono anche in altre figure femminili, accentuando l'impressione che Plaatje riservasse una grande attenzione alle capacità delle donne di riuscire a migliorare lo stato dei rapporti sociali. La figura di Mhudi è ritagliata sulle impressioni prodotte nello scrittore da persone conosciute realmente; la moglie Elizabeth prima di tutto e quindi tutte le donne che gli fornirono appoggio e incoraggiamento, specialmente durante gli anni trascorsi in Inghilterra. Risulta anche che egli conoscesse e apprezzasse la grande intellettuale e scrittrice bianca Olive Schreiner, femminista attiva. Il rispetto e l'ammirazione di Plaatje per la Schreiner erano tali da indurlo a chiamare con il nome della scrittrice l'amatissima figlia. Dalla storia di queste donne Plaatje trasse la convinzione che la discriminazione sessuale non fosse molto diversa da quella razziale, e quindi che proprio chi aveva provato gli effetti della discriminazione sulla base del genere potesse condividere pienamente gli sforzi di chi lottava per l'abolizione della discriminazione razziale41.
- L'attenzione riservata da Plaatje all'ambiente naturale in cui si sviluppa la vicenda merita alcune considerazioni. Le descrizioni dei paesaggi e dei fenomeni naturali rivelano una profonda vicinanza e un grande rispetto per l'ambiente. L'orizzonte naturale è descritto attraverso gli occhi di coloro che in questo ambiente hanno sempre vissuto, e che sono contemporaneamente possessori e parte del paesaggio stesso. Solo gli intrusi o gli estranei possono percepire l'ambiente naturale come ostile e impenetrabile: ed è ciò che capita ai boeri. Il paesaggio non serve solo da sfondo all'azione dei personaggi, ma diventa esso stesso protagonista, mettendo alla prova le capacità di adattamento degli attori del racconto, intervenendo a mutare il corso degli eventi e le vicende individuali quasi fosse un essere vivente. Con una sensibilità che oggi definiremmo ecologica, Plaatje evidenzia, in contrasto con le difficoltà dei boeri, la capacità degli africani di vivere in armonia con l'ambiente che li circonda.
- La ricchezza e la complessità del romanzo non furono riconosciute dai contemporanei dello scrittore; sebbene generalmente favorevoli, anche se spesso viziate da spirito paternalistico, le recensioni ottenute dal libro preferirono porre in evidenza il fatto che Mhudi era il primo romanzo pubblicato in lingua inglese da un autore africano, piuttosto che soffermarsi sul suo contenuto concreto e sul suo messaggio ideologico.
- Mhudi tendeva a rappresentare la summa della filosofia di Plaatje: per tutta la vita egli aveva creduto nella necessità di realizzare l'ideale di un paese in cui si potessero fondere armonicamente le diverse esperienze e tradizioni che, per uno strano scherzo del destino, erano venute a contatto sul suolo sudafricano. L'unicità di questa esperienza storica avrebbe favorito l'emergere di un paese dall'enorme potenziale. Gli ideali politici di Plaatje, la visione di una società libera dalla discriminazione e aperta all'apporto di ogni sua componente, attenderanno decenni per iniziare a vedersi realizzati.
- Plaatje non visse abbastanza a lungo per assistere al completamento della trasformazione su basi segregazioniste della società sudafricana. Nel giugno del 1932 si spense dopo una breve malattia.
- Egli aveva reso al suo popolo un servizio inestimabile. Instancabilmente aveva ricercato un punto d'incontro con la componente bianca del paese nell'intento di favorire la reciproca comprensione e il reciproco rispetto. Era nell'interesse di entrambe le parti tracciare un percorso diretto alla realizzazione di una società aperta e multirazziale.
- La sua figura e le sue opere caddero rapidamente nell'oblio, e dovranno trascorrere diversi decenni prima della loro riscoperta e della rivalutazione. Negli anni dell'apartheid la figura dello scrittore sarà criticata dalle nuove élite urbane nere per il suo manifesto conservatorismo politico, e la sua opera letteraria verrà accantonata come una curiosa eredità del passato. Per le generazioni cresciute sotto il regime razzista impostosi dopo il secondo conflitto mondiale si rivelerà fondamentale elaborare un'ideologia nazionalista da contrapporre alla strategia del potere consistente nell'approfondire le divisioni tra gli africani sfruttando e accrescendo artificialmente le identità etniche. In questo contesto apparirà superata, se non addirittura reazionaria, qualsiasi ipotesi di collaborazione con l'establishment bianco.
- Oggi, in base alla prospettiva offerta dai cambiamenti in corso, per quanto tormentati e faticosi, la storia di Plaatje sembra tornare d'attualità. La vicenda di questo grande sudafricano, che per tutta la vita sostenne la necessità di ricercare nella migliore tradizione africana ed europea le fonti di ispirazione per costruire un paese comune che garantisse diritto di cittadinanza a tutte le sue componenti, può essere d'aiuto in quella che sembra essere l'apertura di una stagione di progresso e civiltà. Alla luce degli attuali sviluppi, l'opera dello scrittore e intellettuale prestato alla politica sembra acquistare una prospettiva nuova. Plaatje si situa alle origini della tradizione letteraria africana con il grande merito di essersi riappropriato in maniera originale della storia africana, facilitandone la comprensione, trasformandola in una delle fonti principali della letteratura nera.
- Distinguere la figura dell'uomo politico da quella dello scrittore è operazione praticamente impossibile. Plaatje mantenne sempre inalterati la sensibilità e l'acume necessari per valutare e giudicare le vicende politiche che interessarono i neri, anche quando il suo coinvolgimento politico diretto nel Congresso sembrò affievolirsi.
- Plaatje cominciò lentamente a maturare la percezione del progressivo distacco delle masse africane dagli ideali del Congresso. Le questioni legate al salario e al processo di urbanizzazione si stavano imponendo sui temi tradizionalmente cari alla generazione dello scrittore. L'emergere di nuovi bisogni prodotti dalla crescita inarrestabile di nuove figure sociali indicavano il formarsi di interessi di classe complessi. La spaccatura lungo linee di classe avrebbe sostituito le antiche divisioni e rivalità sorte sulla base dell'appartenenza etnica.
- La progressiva chiusura degli spazi politici, sia per l'azione sempre più pesantemente discriminatoria operata dal potere bianco, sia per l'affermazione di nuovi soggetti irriducibili agli ideali liberal, spinsero lo scrittore a battere altre strade per servire il proprio popolo. Impossibilitato a scalfire il bastione eretto dai bianchi, e altrettanto impossibilitato ad abdicare ai princìpi a cui da sempre si era saldamente aggrappato, Plaatje decise di affidare alla difesa della cultura africana il compito di gettare le basi per l'affermazione dell'identità africana. Plaatje aveva di fronte l'esempio dei boeri che con successo avevano non solo conservato la loro lingua, ma intorno a questa avevano creato un vero e proprio sistema culturale42. La conservazione della lingua e della cultura africana serviva a contrastare il processo di disintegrazione delle società africane, e ad acquisire i mezzi per una rigenerazione culturale capace di fornire gli strumenti idonei a resistere alle conseguenze prodotte dalle modificazioni della struttura sociale. Solo la conoscenza e l'orgoglio delle proprie radici potevano garantire questo processo di rigenerazione morale. Istintivamente Plaatje continuava a ricercare nel passato gli strumenti per resistere agli assalti prodotti nel presente.
- Lo sforzo dello scrittore per restituire dignità alla lingua tswana si concentrò principalmente nel lungo e complesso lavoro di traduzione di alcune opere shakespeariane. Con questa operazione Plaatje intendeva dimostrare che anche una lingua africana possedeva la ricchezza e la varietà necessarie a restituire intatte tutte le sfumature espressive contenute in opere considerate tra le massime manifestazioni della cultura e del pensiero europei. Attraverso il lavoro di traduzione Plaatje ottenne anche un altro risultato: formalizzò e codificò più precisamente la lingua tswana, ponendo le basi per la nascita di una letteratura scritta in un linguaggio africano43.
- Nell'incontro tra cultura africana e cultura europea, nella sintesi originale di tradizioni così diverse, Plaatje intravede la possibilità della comparsa di un nuovo ordine in cui tutti gli attori possano godere di pari diritti e opportunità. In questo contesto, la sua figura, dopo cinquant'anni di oblio, sembra riconquistare il ruolo perduto. Oggi, il sogno di un Sudafrica multirazziale e multiculturale, prende lentamente corpo44. L'avere indicato nella riscoperta e nella rivalutazione della propria cultura il primo passo da compiere, al fine di rafforzare il senso di appartenenza nazionale, è il grande merito di Solomon Plaatje.