Maurizia Sacchetti
ANCORA DIVAGAZIONI DI UN FUNZIONARIO
ALLA CORTE DEI TANG1
Gli odiosi wangsun
- 1.1 Nelle remote zone del centro sud della Cina dove Liu Zongyuan (773-819) fu esiliato - con funzioni di magistrato e con l'interdizione di ritorno alla capitale - le attività alle quali si dedicò con vero piacere2, furono la composizione di saggi e la creazione di geniali invenzioni verbali che impiegava nelle sue composizioni favolistiche. In esse, nelle quali si ritrova il suo stile elegante ed austero che lo aveva reso famoso, egli continuò a proporre le idee del gruppo riformista capeggiato da Wang Shuwen (753-806)3, cioè le stesse idee che gli avevano procurato l'allontanamento dalla corte.
- Fu in questo periodo di esilio che Liu Zongyuan cominciò a cimentarsi in favole ed apologhi sempre più sviluppando la sua capacità di mostrare, con una maschera gogoliana e con un linguaggio quasi "comico", gli effetti tragici dell'amministrazione imperiale nonché stranezze e virtù dell'animo umano. In questo contesto, nella composizione Gli odiosi wangsun si ritrovano, ancora un volta, le sue idee circa il miglioramento dell'umanità, che lui intendeva come desiderio di ordine del vivere collettivo, come senso dell'umiltà che non prevede ribellioni ma che auspica riforme.
- Il testo inizia con la descrizione dei personaggi: le scimmie yuan, cioè i gibboni, soggetto positivo di questa divagazione letteraria ed i wangsun, i macachi, che ne rappresentano l'elemento negativo. Liu Zongyuan riprende e perfeziona la sua allegoria nella seconda parte, una poesia in stile sao, una lamentazione triste e dall'accento disperato4. Parla delle scimmie wangsun, cioè i macachi, ma in realtà compie una operazione linguistica in cui il significato primario della parola viene riproposto ad un diverso livello semantico quando rende comprensibile al lettore che l'oggetto del suo discorrere non sono i macachi, bensì gli alti funzionari e gli aristocratici corrotti.
- La scelta dei macachi come denotazione dell'allegoria non è casuale: la parola wangsun è una chiara isotopia semantica perché, secondo il contesto in cui è inserita, può essere interpretata come appellativo di un particolare tipo di scimmia o, invece, può riferirsi ad alti dignitari5: i due caratteri cinesi che la compongono significavano, in origine, "discendenti di re". Ma Liu Zongyuan non parla apertamente di aristocratici, parla di macachi, un tipo di scimmie notoriamente dispettose, sfrontate e insolenti che egli descrive come animali rissosi, dalla convivenza turbolenta, senza rispetto degli altri, delle norme, della natura. E con una figura retorica della tradizione letteraria cinese, il bi "paragone"6, confronta i macachi con gli yuan, i gibboni, che descrive come scimmie dalla statura piccola, dal carattere mite, che vivono armoniosamente in gruppi, rispettano gli altri, le norme, la natura; chiaro riferimento, questa volta, ai funzionari onesti vittime dei macachi.
- 1.2 La comprensione del linguaggio metaforico di Liu Zongyuan non fa riferimento al solo codice linguistico, si deve intuire il senso esistente tra le ambiguità generate dagli elementi accostati, in base a un patrimonio culturale comune all'autore ed al lettore. Non è la prima volta, infatti, che la metafora dei macachi viene usata nella letteratura cinese. Liu Zongyuan, letterato erudito, recupera l'espressione wangsun da un Fu di epoca Han composto da Wang Yanshou (132-192), che già aveva citato i macachi per la loro ingordigia7 descrivendoli come scimmie dalla faccia rugosa da vecchio e il corpo da bambino. Il termine yuan, invece, usato per i gibboni, era già noto sin dai primi testi poetici8 e compare più volte nella saggistica di epoca Tang (cito come esempio il Xuanyuan fu "Fu del gibbone nero" di Wu Yu)9. Numerose sono le poesie in cui il gibbone veniva ricordato per il suo canto triste e suggestivo. Si ascoltava in viaggio, passando vicino ai boschi, quando i loro canti riecheggiavano all'alba; grandi poeti tra cui anche Tao Yuanming e Li Bai parlano, nei versi, della loro figura agile e armoniosa:
- Molti i gibboni bianchi, a Qiubu.
- Saltano e volteggiano come fiocchi di neve
- sui rami degli alberi. I piccoli avvinghiati.
- E bevono, giocando con la luna nell'acqua10
- jianjian cantano i gibboni bianchi11
- cantano in armonia i gibboni, all'alba12
- vago, malinconico richiamo dei gibboni13
- 1.3 Nella seconda parte, nei versi sao, viene introdotto un altro elemento: lo Shan Ling, lo Spirito delle Montagne, il Dio delle Montagne. Vi è un terzo livello, quindi, quello sacro, che è la metafora dell'imperatore. Allo Shan Ling si chiede di ascoltare i lamenti dei giusti, di abbandonare la sua apatia, di dimostrare maggiore sensibilità verso i problemi sociali cui l'autore allude. È un testo, quindi, che vive del rapporto tra due mondi, quello degli animali (denotazione) e quello degli uomini (connotazione). Liu agisce in questi due mondi e tesse di immaginazione le sue teorie politiche riproponendole con parole poetanti, parole che hanno subìto una sorta di nomadismo, nel senso che non sono più dove la consuetudine linguistica le aveva poste ed hanno assunto altre connotazioni. A volte sono grottesche, quando allude ai funzionari-macachi; a volte liriche, quando si rivolge allo Spirito delle Montagne; a volte sublimi, quando riflette sul naturale alternarsi di pieno e vuoto, di buoni e malvagi. Sono tre registri che Liu Zongyuan coordina all'interno dei suoi versi. Nella traduzione si è tentato di non diminuirne la drammaticità, di rimanere fedeli al testo originale nel suo significato complessivo, tenendo presente che il significato letterale è solo uno degli elementi di interpretazione. Altro elemento importante è lo speciale rapporto che l'autore attua tra espressioni prosastiche e poesia. Usa una prosa nuda e una poesia fatta di dissonanze, un'arte sottile che si è tentato di ricostruire usando versi liberi, giocando tra rime e assonanze, ripetizioni vocaliche e chiare elusioni, accentuando, forse, quell'impressione di stonato che nei versi originali si avverte quando l'autore cambia bruscamente metrica o quando interrompe una serie di simmetrie.
- 1.4 Tutto il suo discorso si articola su quattro livelli:
- macachi..................................
- gibboni...................................
- Spirito delle Montagne...............
- voce narrante...........................
- funzionari corrotti
- funzionari onesti
- imperatore
- popolo
- su questi quattro livelli Liu Zongyuan costruisce, con grande abilità, il suo lamento.
- 2. Gli odiosi wangsun
- 2.1 Gibboni e macachi vivono su monti diversi. Diversa è la loro natura e dunque, non si possono tollerare. I gibboni sono tranquilli e abitudinari, umanitari e gentili, filiali e compassionevoli, e vivono in amorevole accordo. Quando mangiano cedono la precedenza, bevono a turno e si comportano ordinatamente. Quando la sfortuna reca separazioni risuonano i loro lamenti di dolore. Nel pericolo raccolgono i più deboli in mezzo a loro; non calpestano i raccolti e osservano con cura i frutti acerbi finché, divenuti questi maturi, chiamano tutti a raccolta e mangiano gioiosamente. Evitano di calpestare il verde del monte che perciò è sempre lussureggiante.
- I macachi, invece, sono iracondi e chiassosi, litigano vociando i loro zhazha e qiangqiang. Vivono in gruppo ma non si amano, mangiano mordendosi l'un l'altro, bevono senza rispettare alcun turno, disordinatamente. Sono indifferenti alle separazioni e in presenza di pericoli, per evitarli, spingono avanti i più deboli. Amano calpestare i raccolti e lì dove passano tutto è distrutto e confuso. Mordono i frutti acerbi e li gettano via, rubano il cibo degli uomini riempiendosi le guance. Estirpano in malo modo il verde del monte fino alla completa desolazione. E dunque, il loro monte è sempre spoglio.
- Quando i gibboni sono numerosi inseguono i macachi, ma quando i macachi sono predominanti mordono i gibboni che si ritirano senza resistere.
- Nulla è più odioso dei macachi ed io, esiliato tra i monti, li ho osservati a lungo con interesse ed ho scritto Gli odiosi wangsun:
- 2.2
- Ondeggiano le acque del Xiang
- lì dove si alzano i monti,
- qui spogli là rigogliosi,
- qui i malvagi là i virtuosi,
- malvagi i macachi,
- virtuosi i gibboni
- aggirano il verde
- senza danneggiarlo.
- Ah, odiosi macachi!
- Ahi! Spirito delle montagne!
- Perché non li punisci?
- Saltano e saltano vocianti
- truce lo sguardo
- minacciosi i denti.
- Distruggono tutto,
- litigano tra loro
- combattono i buoni
- schiamazzano qui e là
- Rubano cibo alle genti
- del suo e del loro
- indifferenti
- le gote e il ventre
- riempiono costoro,
- compiaciuti ed impudenti.
- I fiori più belli
- gli alberi più frondosi
- sparsi a brandelli
- con morsi poderosi
- e a rami secchi e frutti
- distrutti
- essi, ancor più,
- schiamazzano irati.
- Le genti del luogo gemono
- al Cielo misericordioso
- Ah, odiosi macachi!
- Ahi! Spirito delle montagne!
- Perché tu solo non ascolti?
- I virtuosi gibboni
- inseguiti
- più non reagiscono
- si ritirano,
- pacifici,
- e abbracciano la virtù.
- Lian e Lai14 uniti
- imprigionarono il saggio.
- Yu e Ji15 uniti
- punirono il malvagio.
- E così,
- se il branco di omuncoli incalza
- i gentiluomini si allontanano,
- all'aumento dei gentiluomini
- i pericoli diminuiscono.
- E dunque,
- buoni e malvagi non possono convivere.
- Come gli esagrammi Tai e Pi16
- predicono pieno e vuoto
- così, piccolo o grande17
- recano
- sventura o prosperità.
- Ah, odiosi macachi!
- Ahi! Spirito delle montagne!
- perché sei così insensibile?