1. Si vedano a cura di Sergio Perosa, Teorie inglesi del
romanzo, 1700-1900, Milano, Bompiani, 1983; a cura di Patrizia
Nerozzi Bellman, Alle origini della letteratura moderna. Testi
di poetica del Settecento inglese: il romanzo e la poesia,
Milano, Bruno Mondadori, 1997.
2. Cfr. James Lynch, Fielding and the Heliodoran Novel.
Romance, Epic, and Fielding's New Province of Writing,
Rutherford, Fairleigh Dickinson U.P.; Cranbury (N.J.), Associated
University Presses, 1986, e più specificamente, ai fini di
questo saggio, il capitolo, "Romance and Irresolution in
Amelia", pp. 88-104. Si veda ancora l'analisi di Sheridan
Baker, "Fielding's Amelia and the Materials of Romance",
Philological Quarterly, XLI, 2, April 1962, pp.
437-449.
3. La pregevole edizione critica utilizzata per questo
saggio è a cura di Martin C. Battestin, Amelia,
«The Wesleyan Edition of the Works of Henry Fielding»,
Oxford, Clarendon Press, 1983. In I, i (p. 17), il narratore
afferma di scrivere una storia che serva anche da exemplum:
"As histories of this kind, therefore, may properly be called
models of HUMAN LIFE; so by observing minutely the several
incidents which tend to the catastrophe or completion of the
whole, and the minute causes whence those incidents are produced,
we shall best be instructed in this most useful of all arts, which
I call the ART OF LIFE".
4.Si veda The Covent -Garden Journal, 3 March
1752.
Apparso nel dicembre 1751, il romanzo fu subito accolto da
una serie pressoché unanime di commenti sfavorevoli, come
riporta Battestin nella sua "General Introduction" ad
Amelia, cit., pp. l-lix.
La fortuna critica di Fielding è l'oggetto della
silloge a cura di Ronald Paulson e Thomas Lockwood, Henry
Fielding. The Critical Heritage, London and New York, Barnes and
Noble, 1969.
5. È quanto argomentato in modo convincente da
Robert Folkenflik in "Purpose and Narration in Fielding's
Amelia", Novel. A Forum on Fiction, VII, Winter 1974, pp.
168-174.
6. Henry Fielding, Joseph Andrews, a cura di R. F.
Brissenden, Harmondsworth, Penguin, 1977, p. 183. Il primo
capitolo del terzo libro si intitola appunto "Matter prefatory in
Praise of Biography".
7. Ibid.
8. Ibid., p. 185.
9. Anche in Amelia Hogarth è più volte
menzionato. In III, iv (pp. 108-109) le parole di Booth a riguardo
della miniatura di Amelia/personaggio possono facilmente prestarsi
come metacommento su Amelia /testo: "[ ] she
knew that next to Amelia herself, there was nothing which I valued
so much as this little picture: for such a resemblance did it bear
of the original, that Hogarth himself did never, I believe, draw a
stronger likeness".
10. La ricostruzione degli antenati del romanzo della
prefazione al Joseph Andrews (p. 25) si spinge ben oltre il
modello di Cervantes per approdare all'epica greca. Per
legittimare il romanzo riallacciandolo alla tradizione classica,
infatti, Fielding furbescamente non fa riferimento agli storici
dell'antichità, quanto ad un modello perduto, la presunta
epica comica di Omero, allo scopo di permettere allo scrittore di
eludere i vincoli di un rapporto troppo stretto con i generi
classici.
11. Ibid., p. 26.
12. A Leo Braudy, ("Fielding: Public History and Individual
Perception", in Narrative Form in History and Fiction. Hume,
Fielding, and Gibbon, Princeton, Princeton U.P., 1970, pp.
91-212) che, nello sfumare con sensibilità postmoderna i
confini fra finzione e storia, costruisce un'immagine di Fielding
come scrittore assai dubbioso delle capacità
rappresentative di quest'ultima, Bertrand A. Goldgar ("Fielding on
Fiction and History", Eighteenth-Century Fiction, VII, 3,
April 1995, pp. 279-292) contrappone il ritratto, più
convincente secondo chi scrive, di un intellettuale al corrente
del dibattito storiografico del suo tempo, critico nei confronti
di opere scadenti o tendenziose, ma comunque consapevole del
grande valore conoscitivo ed etico della scrittura
storica.
13. Alexander Welsh, in Strong Representations.
Narrative and Circumstantial Evidence in England, Baltimore
and London, The Johns Hopkins U.P., 1992, fra le metafore centrali
del romanzo fieldinghiano individua per l'appunto quella del
processo di fronte ad una giuria, dove la verità sui
personaggi viene raggiunta non tanto attraverso la loro
testimonianza diretta, ma con il prevalere finale di una
ricostruzione circonstanziale convincente.
14. Palmira De Angelis, "Tra scienza e arte: coincidenze
funzionali della storiografia e del romanzo storico",
Textus, VIII, 1995, p. 24.
15. Ibid., p. 21.
16. David Hume, "Of the Original Contract" (1749), in
Political Essays, a cura di Knud Haakonssen, Cambridge and
New York, Cambridge U.P., 1994, pp. 186-201. Inoltre si veda James
Sambrook, The Eighteenth Century. The Intellectual and Cultural
Context of English Literature, 1700-1789, London and New York,
Longman, 1986.
17. Palmira De Angelis, art. cit., pp.
22-23.
18. Roman Jakobson, "The Metaphoric and Metonymic Poles"
(1956), in Modern Criticism and Theory. A Reader, a cura di
David Lodge, London, Longman, 1988, pp. 57-61.
19. Per l'interessante focalizzazione su questo problema,
che è indispensabile per la comprensione di Amelia,
è essenziale il saggio di Martin C. Battestin, "The Problem
of Amelia: Hume, Barrow, and the Conversion of Captain
Booth", Journal of English Literary History, XLI, 1974, pp.
613-648, che in modo convincente discute l'influsso del pensiero
di Hume su Fielding a partire dal 1748, anno di pubblicazione di
quei Philosophical Essays concerning Human Understanding
che rappresentano la versione popolarizzata del Treatise of
Human Nature. Sulla circolazione nel contesto settecentesco di
concetti fondamentali dell'empirismo inglese si veda anche William
Walker, "The Determination of Locke, Hume, and Fielding",
Eighteenth-Century Life, n.s. XX, 2, May 1996, pp.
70-93.
20. Henry Fielding, Preface to The Journal of a Voyage
to Lisbon, a cura di Tom Keymer, Harmondsworth, Penguin, 1996,
pp. 7-8.
21. Fra questi va ricordato, per la preferenza accordatagli
da Fielding, il vescovo latitudinario Gilbert Burnet (1643-1715),
autore fra l'altro della History of My Own Time
(1723-1734), apparsa postuma. Significativamente "the
histories of the excellent Bishop Burnet" sono fra le (poche)
letture concesse all'esemplare Amelia (Amelia, cit., VI,
vii, p. 256), secondo quella concezione decisamente conservatrice
a riguardo dell'erudizione femminile che lo scrittore esprime nel
romanzo soprattutto attraverso le pedanti disquisizioni del
personaggio di Mrs Atkinson.
22. Joseph Andrews, (III, i); Tom Jones, (IX,
i).
23. Patrizia Nerozzi Bellman, "La modernità come
storia: primitivismo, medievalismo, neogotico", in AA.VV.,
Storia della civiltà letteraria inglese, Torino,
Utet, 1996, vol. II, pp. 147-171.
24. Clive T. Probyn, English Fiction of the Eighteenth
Century, 1700-1789, London and New York, Longman, 1987, p. 85:
"Fielding is the first of the major English novelists not to
pretend that his prose fiction is anything else but an
artefact".
25. Sergio Perosa, op. cit., p. 15.
26. È la definizione di Lennard Davis, in Factual
Fictions. The Origins of the English Novel, New York,
Columbia U.P., 1983.
27. Si veda sempre di Davis, "Il romanzo del Settecento: da
Defoe a Sterne", in Storia della civiltà letteraria
inglese, cit., vol. II, pp. 120-146.
28. Andrew Wright, Henry Fielding. Mask and Feast,
Berkeley and Los Angeles, University of California Press, 1966,
pp. 23-24.
29. Lennard Davis, "Il romanzo del Settecento: da Defoe a
Sterne", cit., p. 134.
30. Cfr. Mirella Billi, Il testo riflesso. La parodia
nel romanzo inglese, Napoli, Liguori, 1993; si veda anche
Massimo Bonafin, Parodia e modelli di cultura. Studi di
teoria letteraria e critica antropologica, Milano, Arcipelago,
1990.
31. Ad esempio, in Tom Jones, "Shewing what kind of
a history this is; what it is like, and what it is not like" (II,
i), "In which the history is obliged to look back" (XVI, vi),
"Wherein the history begins to draw towards a conclusion" (XVIII,
x); in Amelia, "The history sets out" (I, ii), "Containing
as surprizing an accident as is perhaps recorded in history" (IX,
vi), "The book begins with polite history" (XII, i).
32. Dice per l'appunto Bonafin, op. cit., pp. 50-51,
che l'intertestualità parodica "per il carattere
antimimetico di cui è fornita, distorcendo i testi che
riflette e le loro visioni del mondo, si oppone al
'rispecchiamento' immediato nella storia letteraria e può
pertanto diventare una forma di scrittura alternativa, un metodo
per analizzare come sono costruiti e recepiti i discorsi di ogni
tempo".
33. C.J. Rawson, Henry Fielding and the Augustan Ideal
Under Stress, London and Boston, Routledge and Kegan Paul,
1972, p. 212: "Despite Fielding's persistent lip-service to an
ideal of comic realism or 'exactest copying', however, the
stylizations (mock-heroic, farcical and other) in his writings
show a traditional Augustan recoil from the merely real, from
naked circumstantial recording".
34. Amelia, cit., p. 73.
35. George Eliot, Middlemarch, Harmondsworth,
Penguin, 1965, (I, xv), p. 170. "We belated historians must not
linger after his (i.e. Fielding's, nota di chi scrive)
example; and if we did so, it is probable that our chat would be
thin and eager, as if delivered from a camp-stool in a
parrot-house. I at least have so much to do in unravellling
certain human lots, and seeing how they are woven and interwoven,
that all the light I can command must be concentrated on this
particular web, and not dispersed over that tempting range of
relevancies called the universe". Il modello filosofico che rende
possibile e credibile l'indagine euristica dello storico - con la
sua capacità di trarre dall'esperienza caotica elementi di
verità - presuppone che nel processo conoscitivo il
soggetto rimanga sostanzialmente identico a se stesso. Forse
è questa la ragione per cui per George Eliot non è
più possibile la sintesi di Fielding, poiché troppo
profonda è la consapevolezza della scrittrice che il
sé pensante è anche inarrestabilmente
transiente.
36. A questo riguardo Andrew Wright, op. cit., p.
142, così commenta su Amelia: "Fielding has
abandoned his aesthetic of the feast, begun to introduce his
exacerbated social criticism into the comic epic romance and the
elements will not mix". Anche C.J. Rawson, op. cit., parla
della prospettiva ironica e del sarcasmo alienante del romanzo,
aggiungendo (p. 86): "Yet Amelia is special among
Fielding's novels in that it records irresistible factualities
which cannot be mastered by displays of authorial understanding".
J. Paul Hunter ("Flight into the Interior", in Occasional Form.
Henry Fielding and the Chains of Circumstances, Baltimore, The
Johns Hopkins U.P., 1975, pp. 192-216) menziona "its refusal to
provide a moral frame that insulates the comic resolution of
events from their tragic possibilities" (p. 207). Ian A. Bell,
infine, ("Marriage Prospects", in Henry Fielding. Authorship
and Authority, London and New York, Longman, 1994, pp.
214-237), sostiene: "The only solution to the problems exposed in
Amelia lies in the realm of fantasy, and the author once
again resorts to presiding over artifice when he is unable to
intervene in reality" (p.236).
Si vedano ancora Charles A. Knight, "The Narrative
Structure of Fielding's Amelia", Ariel, XI, 1, 1980,
pp. 31-46, che parla di "Fielding's disjunctive and alienating
technique"; Alison Conway, "Fielding's Amelia and the
Aesthetics of Virtue", Eighteenth-Century Fiction, VIII, 1,
October 1995, pp. 35-50; George E. Haggerty, "Fielding's Novel of
Atonement: Confessional Form in Amelia", Eighteenth-Century
Fiction, VIII, 3, April 1996, pp. 383-400.
37. Clive T. Probyn, op. cit., così commenta
(p. 104): "Amelia's happy ending is no more contrived than
the similar endings of Joseph Andrews and Tom Jones,
but in Fielding's last novel the structural needs are no longer
supported by a conviction that fictional artifice mirrors
achievable public realities".
38. Per Sheridan Baker, art. cit., p. 437, l'episodio si
ispira al romance del XIII sec. Florio e Biancofiore
e alla versione di Boccaccio nel Filocolo. Martin C.
Battestin, (Amelia, cit., II, v, p. 81n) aggiunge anche un
personaggio di Giovenale (di cui Fielding aveva modernizzato in
chiave burlesca la sesta satira) e Falstaff in The Merry Wives
of Windsor.
39. È questa l'argomentazione su cui si fonda
l'analisi di Patricia Meyer Spacks, in Desire and Truth.
Functions of Plot in Eighteenth-Century English Novels,
Chicago and London, The University of Chicago Press, 1990. Si veda
anche William E. Ray, Story and History. Narrative Authority
and Social Identity in the Eighteenth-Century French and English
Novel, Oxford, Basil Blackwell, 1990, che per l'appunto
rintraccia le dinamiche, in ambito testuale, del rapporto fra
"individual performance" e "collective grammar" e
dell'oscillazione fra "personal story" e "shared
history".
40. Patricia Meyer Spacks, op. cit., p. 2.
41. Henry Fielding, Amelia, cit., (II, i), p.
66.
42. Molti di questi plotters sono femminili: la
sorella Betty che le sottrae l'eredità, Miss Mathews che le
seduce il marito, Mrs Ellison che la vorrebbe sedotta dal "noble
lord", Mrs Bennet che la manipola per i suoi fini, l'ipocrita Mrs
James e l'equivoca Mrs Trent. Anche la cameriera Betty inganna
Amelia, derubandola dei pochi beni rimasti proprio nel momento di
maggior difficoltà.
43. Patricia Meyer Spacks, "The Ideal Woman and the Plot of
Power", in op. cit., pp. 85-113.
44. Osserva Simon Varey, in Henry Fielding,
Cambridge, Cambridge U.P., 1986, p. 107, che lo svolgimento
febbrile della professione di magistrato contribuì al
crescente pessimismo di Fielding, come mostrano due dei tre brevi
pamphlets scritti fra il febbraio 1749 e il dicembre 1751,
mese in cui venne pubblicata Amelia. Si tratta della
Charge Delivered to the Grand Jury (1749) e dell'Enquiry
into the Causes of the Late Increase of Robbers
(1751).
45. Gianni Vattimo nella sua introduzione a Estetica
Moderna, Bologna, il Mulino, 1977, nel parlare della filosofia
dell'empirismo e dei suoi concetti chiave, quali wit,
gusto, sentimento, senso comune, giudizio, osserva per l'appunto
che "essi vengono sempre visti in relazione ai rapporti sociali:
il gusto di cui parlano gli empiristi, cioè, è
strettamente legato al 'buon gusto', di cui ancora oggi parliamo
come 'buona educazione', discrezione, in fondo capacità di
mantenere buoni rapporti sociali senza turbarli con eccessi di
nessun genere" (pp. 20-21).
46. Henry Fielding, Amelia, cit., (X, iv), p. 429.
47. Henry Fielding, Amelia, cit., (IV, i), p. 151n.
Fu lo stesso Fielding a dichiarare il debito verso Virgilio per il
suo romanzo (The Covent-Garden Journal, 28 January 1752).
Se certo è anche virgiliano il maggior sentimentalismo
dell'opera, va di nuovo segnalato che la ripresa
dell'Eneide è essenzialmente parodica, quando, ad
esempio, con spirito autenticamente pre-joyceano accosta la
seduzione di Enea da parte di Didone in una grotta al tradimento
di Booth con Miss Mathews nella cella del carcere di
Newgate.
48. In Joseph Andrews tre dei quattro libri, in cui
il romanzo è suddiviso, cominciano con un capitoletto
metanarrativo, mentre in Tom Jones la tassonomia
dell'indice, che vuole ogni libro aprirsi con un commento del
narratore sull'arte e sulla vita, è rispettata per tutti i
diciotto libri. In Amelia, invece, solo il primo libro, su
dodici, contiene quanto è definito un vero e proprio
esordio epico ("Containing the Exordium, &c." I, i).
49. Charles A. Knight, art. cit., p. 40.
50. Martin C. Battestin, art. cit., pp.
617-625.
51. Amelia, cit., (I, i), p. 16: "[ ] I
am, after much mature deliberation, inclined to suspect, that the
public voice hath in all ages done much injustice to fortune, and
hath convicted her of many facts in which she had not the least
concern".
52. Allan Wendt, "The Naked Virtue of Amelia",
Journal of English Literary History, XXVII, 1960, pp.
131-148.
53. Amelia, cit., (XII, ix), p. 532.
54. Martin C. Battestin, art. cit., p. 625 e
ss.
55. Amelia, cit., (XII, v), p. 511: "A very worthy
conclusion truly," cries the doctor; "but if men act, as I believe
they do, from their passions, it would be fair to conclude that
religion to be true which applies immediately to the strongest of
these passions, hope and fear, choosing rather to rely on its
rewards and punishments, than on that native beauty of virtue
which some of the antient philosophers thought proper to recommend
to their disciples".
56. Martin C. Battestin, art. cit., p. 616: "The
awkwardness one senses in reading Amelia derives from an
intellectual drama unfolding in the novel - a drama residing in
Fielding's anxious response to a new and particularly disturbing
species of philosophical scepticism whose cogency, in part, he
seems to have felt".
57. Fielding, che incominciò la sua carriera di
letterato come autore di teatro, carriera dalla vena satirica poi
stroncata dalla censura governativa, aveva già trattato in
una delle sue prime opere teatrali The Modern Husband
(1732) la storia di un matrimonio e le insidie dell'adulterio in
una Londra depravata e corrotta, come descrive A.R. Towers, in
"Amelia and the State of Matrimony", Review of
EnglishStudies, n.s. V, 18, 1954, pp. 144-157.
58. Troviamo infatti i lunghi racconti di Miss Mathews, di
Mrs Bennet e dello stesso Booth, i sermoni del Dr. Harrison e
soprattutto quello a condanna dell'adulterio, numerose lettere
lunghe e brevi, oltre che vari dialoghi rivelatori. Infine Booth
si converte in carcere dopo aver letto i sermoni del teologo Isaac
Barrow. Di questa ossessione per la parola è segnale anche
la serie di insistenti rimandi al codice della legge, cioè
la Costituzione, in un romanzo imperniato sul tema della
giustizia.
59. Il realismo dell'ambientazione del romanzo è per
l'appunto il tema del saggio di Mona Scheuermann, "Man not
Providence: Fielding's Amelia as a Novel of Social
Criticism", Forum for Modern Language Studies, XX, 2, April
1984, pp. 106-123. Fra i motivi specifici della denuncia di
Fielding la Scheuermann menziona la corruzione della giustizia, la
normativa nei confronti dei debitori, le misere pensioni dei
pubblici ufficiali, in particolare dell'esercito, oltre che il
degrado generale di ogni relazione umana e sociale.