Marco Restelli
I DUE VOLTI DEL SIKH PANTH
DI FRONTE AL SORGERE
DEL MOVIMENTO NAZIONALE INDIANO
UN'IPOTESI INTERPRETATIVA
- Dalla seconda metà del XIX secolo in poi, non furono pochi gli intellettuali e i politici indiani che, nello sforzo di definire il concetto di nazione indiana unitaria e quindi le ragioni della necessità di un risorgimento nazionale indiano1, fecero riferimento alla figura del fondatore del sikhismo, Guru Nänak, o alla visione sincretistica che aveva improntato la dottrina sikh al suo primo apparire, agli inizi del XVI secolo2. Fra gli esponenti non-sikh che reinterpretarono la figura di Nänak in chiave nazionalista, presentandolo come predicatore di una dottrina capace di essere terreno d'incontro fra hindu e musulmani e quindi seme di unità per l'intera comunità indiana, possiamo ricordare agli albori del movimento, nel 1878, l'ideologo Surendranath Banerjea, e quasi quarant'anni più tardi, nel 1916, il poeta premio Nobel Rabindranath Tagore3.
- Il sikhismo veniva dunque indicato da alcuni non-sikh come fonte di ispirazione per il movimento nazionale indiano. Ma quale sikhismo? Sempre e comunque quello delle origini, la cui ispirazione (con significativi elementi hindu) era attestata con chiarezza dagli inni contenuti nel Guru Granth Sahib.
- Ben più complessa si presenta invece la questione dal punto di vista opposto, ovvero quello dei sikh stessi. Perché il sikh panth non fece propria questa indicazione presentandosi (in quanto panth, al di là del comportamento dei singoli) come modello di ispirazione per un movimento politico pan-indiano? E perché soprattutto non ebbe (com'è noto) un ruolo trainante o determinante all'interno del "risorgimento" nazionale indiano? Per cercare di chiarire (nei termini consentiti dallo spazio in questa sede) il problema dei limiti, delle ambiguità, ovvero del senso stesso della partecipazione del sikh panth al movimento nazionale indiano, è però necessario affrontare prioritariamente un altro problema, che al primo è intimamente connesso e (a parere di chi scrive) del primo rappresenta la chiave di lettura: il problema della definizione dell'identità sikh nell'età moderna.
- Non è questa la sede per discutere la natura delle profonde modificazioni strutturali e culturali subite dal sikh panth nei secoli precedenti, in particolare dopo la scomparsa del decimo e ultimo Guru e il conseguente venir meno di un principio di autorità "politica" accettato da tutto il panth. È indispensabile invece ricordare che, a partire dalla seconda metà del XIX secolo, ciascun sikh dovette ridefinire la propria identità non solo nei termini tradizionalmente propri ad ogni indiano (cioè di appartenenza socio-religiosa - per gli hindu casta-le - linguistica e territoriale), ma anche in termini di risposta alla "sfida" portata all'identità sikh per un verso dallo stretto rapporto con l'induismo e per un altro verso dal rapporto con l'incipiente modernizzazione di stampo occidentale4. Le diversificate risposte date dal sikh panth a tali sfide gettano luce sulla disomogeneità delle linee di condotta espresse dal panth di fronte al sorgere e all'affermarsi del movimento nazionale indiano. È dunque in questa chiave che vanno osservati i movimenti riformatori che emersero nel panth a partire dalla seconda metà del XIX secolo: movimenti di riforma socio-religiosa e culturale cui avrebbero fatto seguito, nel XX secolo, istanze politiche organizzate.
- Com'è noto, dopo le guerre anglo-sikh e la caduta del regno di Rañjit Singh in Panjab (1849) il panth si trovava in uno stato di prostrazione. Sul piano politico aveva perso ogni indipendenza e si era legato al räj britannico tanto da restare fedele agli inglesi durante la grande rivolta pan-indiana del 1857 (una fedeltà destinata poi ad essere parzialmente premiata dagli inglesi in base alla teoria del trattamento privilegiato per le martial races ); e sul piano religioso e culturale, il plurisecolare processo di assimilazione del sikhismo nell'induismo era ormai a uno stadio molto avanzato, soprattutto nelle campagne.
- Risultava cioè vincente, all'epoca, quella tendenza a un ritorno nel mare magnum dell'induismo, tendenza che altrove abbiamo definito "il primo volto del sikh panth "5. Accanto a questo, era sempre però stato presente nel panth un "secondo volto", la cui origine affondava nella fondazione del Khälsä, la "comunità dei puri", avvenuta ad Anandpur nel 1699 ad opera dell'ultimo Guru sikh, Govind Singh; un "secondo volto" espressione della tendenza di una parte del panth a esaltare la propria peculiare identità, sottolineando le differenze con le altre comunità e perseguendo quindi la strada della "separatezza". Ed è questo "secondo volto" ad avere segnato maggiormente la storia del sikh panth nell'età moderna, poiché la sua azione in favore della "separatezza" passò dal piano squisitamente religioso a quello (in senso lato) culturale per sfociare, nella seconda metà del XX secolo, in rivendicazioni di carattere apertamente politico.
- Ma, come abbiamo detto, a metà del XIX secolo era ancora dominante nel panth il "primo volto", quello "integrazionista". Ne furono espressione, all'epoca, il movimento dei Rädhäsoami, che proponeva elementi dottrinari sia hindu sia sikh6, e per molti aspetti anche il movimento dei Nirankärï, che pur innovando molti riti e cerimonie sikh per sottolineare la distinzione fra sikh e hindu, rimase sostanzialmente un ibrido delle due culture religiose7. Per entrambi questi movimenti, non a caso, il problema del rapporto con il British räj non venne nemmeno a porsi. Parzialmente diverso invece il discorso per quanto riguarda i Nämdhärï (noti anche come K
kä), un movimento di riforma socio-religiosa che si proponeva di riportare il panth all'"età dell'oro", combattendo la rilassatezza dei costumi e risuscitando il rispetto delle tradizioni e l'antica vocazione mistica dei sikh. Al di là degli esiti sul piano religioso (i Nämdhärï finirono per costituirsi come una setta autonoma) è interessante per noi notare che il loro costante richiamo alla fierezza dell'identità sikh finì per produrre effetti politici: il loro Guru, Räm Singh, ebbe con il räj numerosi scontri, e fu forse il primo a teorizzare e praticare il boicottaggio delle merci inglesi da parte degli indiani, tanto da finire la propria vita in esilio forzato a Rangun nel 18858. La vicenda dei Nämdhärï costituisce un primo esempio di un "meccanismo" destinato a ripetersi più volte nella storia del panth (come si vedrà nella lotta per il controllo dei gurdvära, negli anni Venti del nostro secolo): l'emergere del "secondo volto" del panth, ovvero l'orgoglioso richiamo alla propria identità e separatezza, finisce per produrre anche uno scontro a livello politico con l'autorità costituita. Quale che essa sia. E la partecipazione del sikh panth al movimento nazionale indiano avrà un picco di intensità solo nei casi in cui si verificherà questa conditio sine qua non: la possibilità di una saldatura fra istanze religioso-culturali peculiarmente sikh (cioè atte a rafforzare la propria identità separata) e istanze politiche anche di carattere più generale.
- Un'altra tappa significativa in questo processo di chiarificazione e rafforzamento dell'identità sikh nell'età moderna - sia in relazione all'autorità britannica, sia in relazione al movimento nazionale indiano - è costituito dalla nascita della Singh Sabhä9 nel 1873. Lo scopo di questa associazione era triplice: 1) risvegliare presso i sikh la coscienza della loro identità religiosa e culturale, reagendo al proselitismo e alle conversioni di massa operati sia dai missionari cristiani sia dai revivalisti hindu dell'Ärya Samäj; 2) promuovere la diffusione della cultura moderna fra le arretrate masse sikh (anche per mezzo di apposite istituzioni educative) per mettere il panth in condizione di affermarsi nelle mutate condizioni sociali di un'India investita dalla modernizzazione occidentale; 3) promuovere il ruolo politico dei sikh nell'amministrazione britannica, dove gli hindu e i musulmani godevano di maggiore presenza e influenza.
- La linea politica ufficiale della Singh Sabhä rimase sempre improntata al lealismo filo-britannico, e dagli inglesi venne "ricompensata" per esempio con l'appoggio alla fondazione di istituti culturali destinati a ricoprire un ruolo significativo nel panth, come il Khälsä College di Amritsar, nel 1892; tuttavia le speranze del panth di guadagnare peso politico si sarebbero rivelate fallaci: sempre importante nell'esercito, la presenza sikh rimase invece del tutto secondaria in ogni altro ambito, e nelle istituzioni politiche del Panjab i sikh sarebbero rimasti a lungo sottorappresentati.
- Questo però non spinse il panth, né allora, né in seguito, ad aderire a quella che sarebbe diventata la guida del movimento nazionale indiano, ovvero il partito del Congresso (fondato nel 1885). Troppo forte infatti era in questo partito la presenza hindu, e troppo evidente l'influenza dei revivalisti dell'Ärya Samäj, con i quali numerosi sikh vicini alla Singh Sabha (militanti del "secondo volto" del sikh panth) ingaggiarono polemiche molto aspre. Un caso esemplare è quello di Ham Hind
Nahïn, (<Noi non siamo hindu>), che lo studioso sikh Kahn Singh Nabha (1861- 1938) pubblicò nel 1897 per mostrare tutte le inconciliabili differenze fra sikhismo e induismo e stigmatizzare quei "fratelli che guardano erroneamente al Khälsä come a una setta hindu"10; una tesi questa sostenuta invece con forza da moltissimi hindu, sia allora sia più tardi, e dallo stesso Mahätmä Gandhi, che (pur avendo un'ispirazione lontanissima dall'Ärya Samäj) nel 1925 avrebbe scritto: "Non considero la religione dei sikh come distinta dall'induismo. La considero parte dell'induismo, una riforma nello stesso senso di quella vaishnava"11.
- In questo modo una questione squisitamente religiosa ebbe importanti ricadute squisitamente politiche; l'emergere del "secondo volto" del sikh panth impedì l'adesione del panth stesso (anche se non di alcuni sikh a titolo personale) al partito del Congresso.
- Si giunse così al volgere del secolo con la formazione di una nuova e agguerrita élite culturale nel sikh panth che, paradossalmente, formatasi grazie alla Singh Sabhä ebbe gli strumenti per distaccarsi dalla linea politica della Singh Sabha stessa, per promuovere la difesa dei diritti e dell'identità sikh in due direzioni: sia nei confronti degli inglesi, sia nei confronti delle altre comunità indiane, scegliendo le alleanze secondo l'opportunità del momento. Nel 1902 la Singh Sabha creò con il Chief Khälsä Dïwän il proprio strumento di pressione politica, ma l'eccessivo lealismo alla corona britannica lo condannò ad un precoce declino.
- L'affermarsi nel sikh panth del "secondo volto", particolarista e separatista, fu paradossalmente favorito perfino dagli inglesi, che attraverso vari censimenti constrinsero progressivamente i molti pañjäbï che si definivano "sikh-hindu" a scegliere se dichiararsi o sikh o hindu12. Eventi diversi concorrevano dunque a produrre un progressivo mutamento di identità, che non tardò a trovare espressione sia sul piano religioso sia su quello politico: nel 1905 venivano finalmente rimosse dal Tempio d'Oro di Amritsar le immagini delle divinità hindu; nel 1907, in seguito alle proteste di numerose caste contadine pañjäbï ridotte alla fame, scoppiava al Khälsä College la prima violenta sommossa anti-inglese degli studenti guidati da Master Tärä Singh (1885-1967), carismatica figura di leader dei sikh sia prima sia dopo l'indipendenza indiana.
- A partire dai primi anni del nuovo secolo, possiamo dire che i termini fondamentali del rapporto fra il sikh panth e il sorgente movimento nazionale indiano erano ormai stati fissati, e non avrebbero subìto modifiche sostanziali nei successivi decenni di lotte destinati a sfociare nella fine del British räj. La prospettiva nazionalista pan-indiana rimase appannaggio di una piccola élite intellettuale all'interno del panth, élite che peraltro non riuscì mai ad esprimere una linea politica comune (problema cronico nella storia sia antica sia moderna del sikh panth, incapace di darsi un'autorità unica e unitaria, dopo la morte dell'ultimo Guru) e che disperse la propria azione, con scarsi risultati, sia all'interno sia all'esterno del partito del Congresso. Un esempio dell'inefficacia di questa élite politica sta nel fallimento dell'azione del Ghadr, partito nazionalista rivoluzionario sorto nel 1913 negli ambienti degli emigrati pañjäbï (soprattutto sikh) in Occidente, e promotore di una politica insurrezionale armata in Panjab fra il 1914 e il 191513. Le masse sikh rimasero sostanzialmente indifferenti all'appello del Ghadr, perché questo non seppe parlare la loro lingua, ovvero non seppe (o non volle) saldare le proprie istanze politiche alle istanze religiose care alla maggioranza dei sikh.
- Viceversa, proprio questa saldatura religione-politica sarebbe stata l'architrave della vittoria ottenuta dal sikh panth nel 1925 con la promulgazione, da parte delle autorità britanniche, del Sikh Gurdvaras Act: dopo quattro anni di lotte, migliaia di arresti e centinaia di morti, il controllo dei gurdvära sikh del Panjab veniva strappato dalle mani dei mahant, i custodi spesso appartenenti all'antica setta degli Udäsï (estranea al Khälsä e vicinissima all'induismo), e dei loro alleati: gli inglesi stessi, che attraverso i mahant controllavano le ingenti entrate economiche dei gurdvära 14. Veniva sancito così il trionfo del "secondo volto" del sikh panth, che in pochi anni aveva saputo esprimere tre nuove articolazioni: 1) sul piano politico-culturale, la Central Sikh League, fondata nel 1919 (lo stesso anno dei liberticidi Rowlatt Bills e dell'orrenda strage di Amritsar) in aperta contestazione della filo-britannica Singh Sabha; 2) sul piano religioso, lo Shiromani Gurdvara Prabandhak Committee, fondato nel 1920 per porre in mano al Khälsä la gestione di tutti i gurdvära, e destinato a diventare una sorta di "parlamentino religioso" del panth; 3) sul piano della militanza politico-militare, la ricostituzione dell'antico "corpo scelto" del Khälsä, gli Akälï (<immortali>), pronti a difendere anche con il sangue la causa sikh.
- Il nuovo volto del sikh panth era così definito. Aveva saputo scuotere il British räj in Panjab. E, alcuni decenni dopo, avrebbe scosso anche l'Unione indiana15.