Ichiro Nishikawa

 

Sen no Rikyu nella letteratura

moderna giapponese*

 
 
Qualche anno fa è stato realizzato il film "Morte di un maestro del tè", che ha ottenuto il Leone d'argento al Festival di Venezia del 1989, tratto da Honkakubo ibun (scritti postumi di Honkakubo), l'ultimo romanzo che Inoue Yasushi scrisse all'età di 74 anni.
Non è facile capire lo sfondo, il quadro generale nel quale quest'opera si colloca. A 44 anni Inoue Yasushi aveva scritto il breve racconto Rikyu no shi (La storia di Rikyu). Riprese l'argomento trent'anni dopo con Honkakubo ibun, un'opera non voluminosa, frutto di una lunga elaborazione. Forse perché si tratta di un romanzo molto particolare, in cui compaiono ottantacinque personaggi, tutti uomini e anziani. Seguendo la classificazione della produzione letteraria di Inoue, quest'ultimo romanzo può collocarsi nel genere dei seiki mono o romanzi storici, ma per i motivi di cui sopra si discosta dagli altri del medesimo genere.
Ma affrontiamo ora l'argomento del cha no yu, la cerimonia del tè. Quando venni in Italia nel 1970 ebbi occasione di incontrare la Signora Nojiri (maestra della scuola Ura-Senke), alla quale chiesi se fosse corretto parlare di cerimonia del tè. A suo giudizio si tratta di un errore. Viene utilizzato infatti il termine cerimonia perché, come nelle altre forme di arte tradizionale giapponese, per necessità didattica ne è stata fatta una stilizzazione.
Se un maestro di ikebana si limitasse a passare dei fiori agli allievi, lasciandoli assolutamente liberi di creare, la composizione si realizzerebbe a fatica perché richiederebbe un alto livello di creatività; mentre, grazie alla stilizzazione che ne hanno fatto le scuole di ikebana, la composizione viene facilitata. Il cha no yu è diventato quindi una vera e propria cerimonia: si beve in un certo modo, si ammira la tazza in un certo altro modo, dopo aver bevuto e così via. Oggi esistono tre scuole Senke, tutte e tre promosse da uno dei nipoti di Sen no Rikyu. Ma il cha no yu del periodo in cui viveva Sen no Rikyu era tutta un'altra cosa: era un momento di pausa della guerra, durante un combattimento. I guerrieri che vivevano a contatto con la morte, guardando in faccia la propria morte, si creavano, si ritagliavano un momento di pausa che doveva essere assolutamente ricercato e, per trascorrere questo momento lussuoso di pausa, crearono una capanna. Parlare di cerimonia non è dunque adatto; più corretta sarebbe l'espressione "arte del tè" o quella giapponese wabi cha. Wabi è un concetto estetico difficile da spiegare, come altri concetti estetici quali sabi e yugen. Wabi è un termine specifico della cultura del tè.
Ma torniamo ora al film "Morte di un maestro del tè", tratto, come abbiamo detto, dal romanzo Honkakubo ibun. Honkakubo era un allievo tuttofare che viveva vicino al Maestro, nella sua stessa casa, e cercava di apprendere la sua estetica. Secondo Inoue Yasushi, è un personaggio realmente esistito. Dopo la stesura di Honkakubo ibun, Inoue Yasushi scrisse altri due brevi saggi: Honkakubo are kore (Questo e quello di Honkakubo) e Honkakubo ibun noto (Note sugli scritti postumi di Honkakubo). Da questi due saggi risulta che il nome di Honkakubo compare due volte in Chakai (riunioni in occasione della cerimonia del tè). Esiste inoltre, indirizzata a Honkakubo, una lettera di Rikyu, ma anche altre a lui dirette. Quindi Honkakubo è un personaggio realmente esistito. Secondo questi documenti storici, Honkakubo cominciò a vivere accanto al Maestro all'età di trent'anni e lo fece per dieci anni, fino alla sua morte. La morte di Sen no Rikyu, a seguito della condanna a morte da parte di Hideyoshi, è un tema che ha attratto l'interesse di diversi scrittori e storici: il contrasto tra Hideyoshi e Sen no Rikyu, l'impossibile coesistenza di Hideyoshi, detentore del potere politico, e di Rikyu, grande autorità artistica del momento. Hideyoshi, a mio avviso, non era solo un geniale uomo politico, ma anche un artista per nulla banale. Organizzò una serie di feste del tè, tutte molto originali, dimostrando anche di possedere, in campo artistico e nell'ambito dell'arte del tè, una visione personale ben definita che non gli permetteva di accettare ciecamente quanto sosteneva il Maestro Rikyu. Al wabi cha di Sen no Rikyu, Hideyoshi contrappose un'altra estetica del tè, brillante e appariscente.
All'inizio del periodo Meiji, il Governo giapponese cercò di creare una scuola moderna, con una didattica democratica all'americana, e adottò lo stesso curriculum scolastico per maschi e femmine. Ben presto, però, notò l'assurdità di una didattica che faceva cucire i kimono agli studenti di sesso maschile. Si introdussero allora l'ikebana e la cerimonia del tè come forma di educazione esclusivamente femminile. Questo comportò il boom dell'ikebana e della cerimonia del tè e la nascita di numerose scuole ad esse collegate. Da allora arti come la cerimonia del tè vengono considerate fondamentali nell'educazione femminile: le ragazze, prima di sposarsi, frequentano uno dei tanti corsi che permette loro almeno di migliorare il modo di camminare, di aprire correttamente una porta scorrevole e via dicendo.
Nel periodo Azuchi - Momoyama, nel quale visse Sen no Rikyu, la situazione era diversa. Azuchi era la località nella quale Oda Nobunaga aveva fatto costruire il suo castello, Momoyama, quella dove sorgeva il castello di Hideyoshi. Hideyoshi era alle dipendenze di Nobunaga e ne ereditò il potere quando questi morì tragicamente per mano di un samurai traditore. Il periodo Azuchi - Momoyama rappresentò gli eventi legati ai due personaggi. Si trattava storicamente di un periodo di transizione tra il medioevo e l'epoca premoderna, chiamata Edo, un periodo di 260 anni senza guerre. Il periodo Azuchi - Momoyama, durante il quale nacque l'arte del tè, fu caratterizzato da una serie di guerre. Ovunque echeggiavano grida di samurai e questi stessi samurai andavano a combattere senza alcuna possibilità di far ritorno, dopo aver bevuto una tazza di tè, preparato dal grande Maestro nel suo ambiente particolare. Nel periodo precedente, chiamato Muromachi (perché il bakufu, governo shogunale, risiedeva a Kyoto, nel quartiere Muromachi), il potere era nelle mani della Famiglia Ashikaga (1336 - 1573), fino a che Oda Nobunaga non lo ebbe strappato all'ultimo shogun Ashikaga nel 1573. L'inizio del periodo Muromachi fu caratterizzato dalla cultura Kitayama (Monte del nord). Il Kinkakuji (Padiglione d'Oro) venne costruito appunto a Kitayama e divenne il simbolo architettonico della "cultura fiorita" di tale periodo. La sua costruzione risale al 1398, periodo in cui la cultura del buddismo Zen confluì in quella samuraica e aristocratica, in un amalgama di elementi diversi. Nel 1489 fu costruito il Ginkakuji (Padiglione d'Argento) sulle colline di Higashiyama (Monte dell'Est), che dà il nome alla cultura del periodo. È qui che si forma l'estetica del wabi basata proprio sul buddhismo Zen. Nascono così maestri del tè come Murata Juko, fondatore del wabi cha, e si prepara il terreno per il wabi cha di Sen no Rikyu. Dopo Juko, apparve sulla scena Take no Jo, maestro di Sen no Rikyu. Fu lui a ideare una piccola stanza nella quale praticare la cerimonia del tè. E wabi cha viene chiamato anche soan no cha o "tè in capanna". Prima di questa ideazione, la cerimonia del tè si compiva in una grande sala del tempio, chiamata shoin, salotto - studio, grande stanza, da shoin no cha si passa a denominare l'arte del tè soan no cha.
Per approfondire il discorso di Sen no Rikyu e per capire il mistero della sua morte a seguito della condanna di Hideyoshi, si devono tenere presenti tre testi: Sen no Rikyu di Karaki Juzo, storico di letteratura medioevale, Rikyu to Hideyoshi della scrittrice Nogami Yaeko, che chiarisce il contrasto tra le due persone, e il nostro Honkakubo ibun di Inoue Yasushi.
Se mi è permesso parlare delle mie vicende personali, quando arrivai a Roma avevo quarant'anni e iniziai a insegnare ai corsi serali dell'Istituto Giapponese di Cultura. Il mio problema allora era quello di come impiegare la giornata e io la passavo in biblioteca. Trascorsi giorni e giorni tra i quarantamila volumi della biblioteca dell'Istituto e, come Umberto Eco fa apparire tra i libri una fanciulla, a me allora apparve tra le pagine che leggevo un uomo orribile senza naso e senza orecchie: Yamagami Soji, primo allievo di Sen no Rikyu. Fu Toyotomi Hideyoshi a fargli mozzare naso e orecchie e non si sa che fine abbia fatto. Nel film c'è una sequenza, girata in un interno buio, che rende difficile riconoscere i personaggi, uno in particolare: probabilmente è Soji. Tra i libri che ho consultato c'è anche il Sojiki, che fa parte della categoria dei registri, dei diari relativi ai chakai, nei quali i maestri riportavano tutti i dettagli delle cerimonie del tè da loro organizzate: luogo, data, ospiti, contenuti del pasto, strumenti e oggetti usati (tazze, bollitore ecc.). Quando lo consultai per la prima volta, il Sojiki mi sembrò estremamente prosaico, senza alcuna poesia. Mi chiesi a che cosa servissero i dati elencati, che significato avesse sapere quale ciotola, quale vaso di fiori fosse stato usato, quale kakema. Ma ben presto quel mondo iniziò a interessarmi: in quel piccolo mondo nel quale tutti avevano una conoscenza comune degli oggetti, acquistava un significato particolare apprendere che in quella determinata occasione Rikyu avesse usato una certa tazza o avesse appeso alla parete quel certo kakema.
Tornando al romanzo Honkakubo ibun e ai suoi personaggi, come dicevo, ne ho contati fino a ottantacinque, tutti uomini anziani tra i sessanta e gli ottantuno anni. Non compaiono donne. È evidente l'intento dell'autore di ricostruire l'epoca storica facendo rivivere così numerosi personaggi. Era questa un'epoca segnata da una serie di tragedie, di morti tragiche del cui sfondo storico bisogna precisare alcune cose. Prima fra tutte il declino di Hideyoshi.
Invecchiando, Hideyoshi perse lucidità e inviò un esercito in Corea con la speranza di raggiungere la Cina. E ciò perché in Giappone si erano esauriti gli appezzamenti di terreno da destinare ai samurai. Diversamente da quelli del successivo periodo di Edo, i samurai di Azuchi - Momoyama erano molto calcolatori e non prestavano la loro opera senza alcuna ricompensa. Si dovevano perciò premiare con un pezzo di terra. Ma già all'epoca di Nobunaga di terreni a disposizione non ce n'erano più. Hideyoshi ebbe la geniale trovata di acquistare dai mercanti della città di Sakai, come premio, strumenti preziosi per la cerimonia del tè. Serpeggiava quindi del malcontento tra i samurai mandati a combattere in Corea. Quando ebbe fine l'amministrazione di Hideyoshi, i guerrieri di vecchio stampo non erano ormai più in grado di servire, risultavano più utili funzionari e burocrati. Si vennero così a costituire due categorie di guerrieri: quelli di vecchio stampo e i burocrati. Queste due forze palesemente contrastanti si coagularono intorno a due poli. Uno intorno alla prima moglie di Hideyoshi, Kita-no-kata o Nene, una donna meravigliosa che, pur essendo la moglie di un uomo potente, non dimenticò mai le sue modeste origini. Parlava nel dialetto di Nagoya e non aveva alcuna pretesa economica o materiale, per cui era amata dai samurai di vecchio stampo, quelli che erano stati mandati a combattere in Corea. La seconda moglie, naturalmente più giovane, parente di Nobunaga, di nome Yodo, come il palazzo fatto costruire per lei da Hideyoshi, aveva un grande potere (tanto che ancora oggi le donne di potere vengono chiamate Yodogimi) e intorno a lei si radunavano i samurai-burocrati. Anche Rikyu fu coinvolto in questo conflitto di potere. Una terza forza politica era quella del tempio Daitokuji, del grande tempio del buddismo Zen della setta Rinzai, protetto dallo shogunato Muromachi e guidato dal grande leader politico Kokei. Nemmeno Oda Nobunaga osò sfidare il potere dei bonzi del Daitokuji, che facevano pressioni e intervenivano nelle decisioni politiche. Anche Hideyoshi fu spesso costretto ad accettare le loro richieste, sebbene alla fine avesse opposto loro un rifiuto.
Kokei svolse un ruolo molto significativo nella nostra vicenda. Ma non dobbiamo dimenticare nemmeno la città di Sakai: una specie di Venezia, simile a una repubblica marinara, città di grandi mercanti, di grossi scambi commerciali. Vi aveva sede una sorta di Senato, un Consiglio di Anziani. Di esso facevano parte i Maestri di cerimonia, vicini a Hideyoshi. Rikyu era uno di loro ed era portatore del messaggio di Sakai quando si dovevano prendere delle decisioni. Hideyoshi avrebbe voluto continuare la guerra in Corea, mentre i mercanti di Sakai, molto più realisticamente, volevano porvi fine. Questo scatenò le ire di Hideyoshi. Così si formò un'alleanza tra i daimyo pro-Ieyasu, il gruppo del tempio Daitokuji e il gruppo dei mercanti di Sakai. La coalizione difatti non si realizzò solo perché sopraggiunse la morte di Hideyoshi.
Ma torniamo al nostro argomento. Come ho già detto, Inoue Yasushi scrisse Honkakubo ibun a settantaquattro anni, possiamo quindi considerare l'opera alla luce dei filoni della produzione di Inoue o, staccandola dalla sua produzione letteraria, metterla a confronto con l'interpretazione che della vicenda viene data da Karaki Juzo e Nogami Yaeko, che evidenzia il problema della morte di Sen no Rikyu, una morte molto misteriosa.
Tra le donne di rilievo di quel periodo c'era anche la figlia di Sen no Rikyu, una bella fanciulla di nome Ogin. Quando Hideyoshi la vide in una festa del tè da lui organizzata, desiderò di averla per sé. Ma lei rifiutò con orgoglio. Qualcuno attribuisce a questo motivo la condanna a morte di Sen no Rikyu. Dello stesso periodo era Hosokawa Garashia (Garashia era il nome di battesimo cristiano, forse Grazia), moglie di Hosokawa Sansai.
Nella seconda metà del Cinquecento era arrivato infatti Francesco Saverio con tutti i suoi missionari. Garashia era una donna cristiana molto orgogliosa. Quando scoppiò la guerra tra Osaka e Edo, Ishida Mitsunari voleva trattenere a Osaka come ostaggi tutte le donne che erano mogli o figlie dei samurai che combattevano a est e mandò a prendere anche Hosokawa Garashia.
Questa, essendo cristiana, non poteva opporsi suicidandosi, ordinò quindi al maggiordomo di ucciderla con la lancia, e morì perché non voleva entrare nel castello come ostaggio. Tutte le donne citate, quindi, Nene, la prima moglie di Hideyoshi, la successiva moglie Yodogimi, Hosakawa Garashia, Ogin, avrebbero potuto ben essere le protagoniste di un romanzo sufficientemente affascinante. Inoue Yasushi, invece, non fece comparire nel suo romanzo nemmeno una donna. Per lui il problema era il contrasto tra politica ed arte, un contrasto sicuramente esistente ma che non esaurisce tutti i problemi. La situazione era ben più complessa. Hideyoshi, a mio parere, come ho già detto, era anche un artista per nulla banale che non accettava il wabi-cha di Rikyu, aveva una concezione sua propria della cerimonia del tè. Organizzò una serie di Chakai, feste del tè, tre o quattro delle quali sono passate alla storia come una specie di grande festival, considerate avvenimenti storici. Famosa fra tutte la festa del tè del 1548, eseguita al castello di Osaka, passata alla storia come Kuchikiri chakai, una festa nella quale Hideyoshi volle partire direttamente dalla macinazione del tè, per non usare tè già macinato. Kuchikiri vuol dire tagliare la bocca, aprire: aprire il contenitore delle foglie del tè. In un grande salone di cinquanta tatami, nove grandi maestri gestirono contemporaneamente nove cerimonie con fornelli e bollitori. I nove maestri aprirono insieme il contenitore del tè e cominciarono a macinarlo: vi impiegarono un'ora. Mentre i maestri eseguivano questa operazione, gli ospiti bevevano e mangiavano in un'altra sala. In quell'occasione attirò l'attenzione anche l'abbigliamento di Hideyoshi: una tunica bianca lunga fino ai piedi (i piedi non si vedevano), una cintura rossa che gli scendeva di lato, nessuna acconciatura ma solo una stoffa verde come copricapo, Hideyoshi fungeva da regista che presentava il suo spettacolo, secondo un gusto ben diverso da quello tipico della concezione estetica di Rikyu. Il suo non era certo wabi cha.
Bisogna inoltre valutare anche il fatto che non accettava ciecamente i dettami del Maestro. Nel 1587 diede un'altra grande festa al castello di Osaka, tramandata storicamente come Kitano daichakai. (Kitano era il nome della pineta intorno al tempio Kitano Tenmangu, tempio dedicato a Sugawara Michizane, il cui spirito i nobili di Kyoto credevano potesse causare inondazioni o altre calamità. A Kyoto, in particolare, esistono numerosi templi a lui dedicati). In occasione del Kitano Daichakai Kyoto fu tappezzata di manifesti che dicevano (traduco): "Dal 1 ottobre per dieci giorni avrà luogo una festa del tè nella pineta Kitano Tenmangu. Sia cittadini che contadini, indipendentemente dal ceto sociale, dalla ricchezza, dall'età, tutti coloro che possiedono un bollitore o una tazza sono invitati a parteciparvi. Ogni capanna avrà la superficie di due tatami. Chi non avesse i tatami può portare una stuoia di paglia. L'invito è rivolto anche ai cinesi che abbiano sensibilità artistica".
Nella pineta furono costruite quasi mille capanne per la cerimonia del tè. Hideyoshi stesso ne costruì quattro, esponendo famosissimi e preziosissimi oggetti, tazze, bollitori, cucchiai di bambù. Prima di mezzogiorno vi entrarono ottocentotrè persone (si tratta di una cifra molto precisa). Una capanna attirò l'attenzione di tutti per la sua originalità: non si trattava di una capanna qualsiasi, ma di un grosso ombrello rosso, sotto il quale un maestro praticava la cerimonia e serviva il tè. Se ne conosce solo il nome, Bechikan, null'altro. Ma Hideyoshi non organizzò solo questo tipo di feste. Fece costruire un chashitsu (sala da tè) d'oro, l'esatto opposto del soan no cha, la capanna del tè. Poi invitò Rikyu a eseguirvi una cerimonia. Fu una cattiveria, un duello, una sfida: tu vieni, entri in una capanna d'oro. Rikyu accettò la sfida e si vestì per l'occasione di grigio (quel grigio che da allora si chiamò Rikyu nezumi, color topo). Quel colore grigio si adattava bene con l'oro. Rikyu era un uomo di notevole statura e spiccava nel piccolo chashitsu dorato mentre eseguiva, vestito di grigio, i preparativi della cerimonia. Molti dissero che Rikyu aveva vinto. Mentre Hideyoshi dava queste grandi feste, Rikyu continuava ad invitare molti ospiti, uno alla volta nella sua capanna, all'interno del castello. Eseguiva tre cerimonie al giorno, una la mattina, una a mezzogiorno e una la sera. Ma improvvisamente interruppe questa consuetudine, dopo aver invitato Tokugawa Ieyasu. Tokugawa Ieyasu era l'unica persona che Hideyoshi temeva, perché sapeva che, dopo la sua morte, il potere sarebbe passato nelle sue mani e che Ieyasu gli avrebbe ammazzato il figlio e la seconda moglie. Questo è forse il motivo più convincente della condanna a morte di Sen no Rikyu.
Dal romanzo Honkakubo ibun si viene a sapere che Honkakubo aveva trent'anni quando cominciò a vivere accanto al maestro e che, dopo la morte del maestro, si era ritirato dall'attività. Ma un giorno, passando vicino a un tempio, sentì qualcuno che lo chiamava da sotto un albero di acero rosso. Era Toyobo, un monaco ottantunenne, un vecchietto lucido, curioso, che voleva sapere tutto. Honkakubo non aveva nessuna voglia di incontrarlo e quasi se ne scappava via, ma l'altro lo aspettava e lo fermava chiamandolo per nome: "Ehi, non sei per caso Honkakubo?". Così inizia la storia. Anche Toyobo è un personaggio realmente esistito.
Sen no Rikyu aveva scelto sette opere importanti del ceramista Chojiro e aveva chiamato Toyobo una di queste tazze. È quindi sicuramente esistito questo bonzo e maestro di cerimonia del tè di nome Toyobo. La notte dopo il colloquio con Toyobo, Honkakubo fece un sogno. La struttura del romanzo Honkakubo ibun è molto complicata, perché è l'autore stesso a raccontare, ma spesso fa raccontare la storia a Honkakubo (anche se in effetti Honkakubo ibun non ha valore di documento, ma è un'invenzione di Inoue Yasushi: esiste Honkakubo, non esiste il suo testamento).
Nell'opera appare spesso Honkakubo che parla in prima persona e dice: "Watashi", io. Ma nel sogno Honkakubo conversa con Rikyu e Rikyu parla in prima persona: in questo caso noi sentiamo direttamente la voce di Rikyu, non quella di Honkakubo, né quella dell'autore Inoue Yasushi. Inoue Yasushi manovra questa struttura complessa per creare la storia. Una sera, dunque, Honkakubo fa un sogno - che appare anche nel film -: nella nebbia il maestro cammina un po' in fretta e Honkakubo lo segue, il maestro a un certo punto si volta, si ferma e gli dice: "Vai a casa, questa non è la tua strada, ma la mia". In un primo tempo Honkakubo pensa che quella sia la strada dell'aldilà, la strada dell'altro mondo, poi si spaventa quando viene a sapere che si tratta di una strada di questo mondo. Quindi ritorna nella capanna, la casa del maestro. Il maestro è morto e non è andato nell'aldilà. Questo è il destino degli artisti - una specie di martiri - che non possono morire: non possono più vivere, ma non possono nemmeno morire e stanno tra questo e l'altro mondo.
Tutte le stilizzazioni della cerimonia del tè cominciarono già all'epoca di Sen no Rikyu.
Per spiegare la sostanza di quest'arte, Rikyu diceva che "il tè è la combinazione di fuoco e acqua, di caldo e freddo". Poi, sorridendo, aggiungeva "basta bollire l'acqua da bere", negando qualsiasi stilizzazione. È significativa la combinazione tra fuoco ed acqua e la dialettica tra caldo e freddo. Quando Toyobo parlando con Honkakubo osservò che la cerimonia del tè di Rikyu, "il tè del mondo movimentato, della guerra è finito", voleva dire che il tè di Rikyu era finito e che sarebbe arrivato il momento di altri maestri come Furuta Oribe. (Di Furuta Oribe ho un ricordo ancora fresco: una mostra delle sue ceramiche in un grande magazzino di Ikebukuro a Tokyo. Le sue opere mi hanno colpito per la loro modernità, alla Pablo Picasso, con parti di terracotta senza smalto, con lo smalto che scorre dall'alto verso il basso con sfumature di diverso colore: non credevo ai miei occhi, forse nemmeno Picasso è riuscito a tanto). Toyobo, dunque, afferma che dopo il periodo di wabi cha di Rikyu sarebbe arrivato il periodo di Furuta Oribe, la cerimonia del tè sarebbe cambiata, il wabi cha scomparso. La cerimonia del tè di Rikyu era qualcosa di forte; lo stesso Rikyu, come uomo, era colossale. Metteva in gioco la vita e per questo non poteva morire di morte naturale. Lo stesso Rikyu mise tutto in moto. Oltre all'osservazione di Toyobo ce n'è un'altra di Oda Urakusai. Urakusai era il fratello minore di Nobunaga, una nullità dal punto di vista politico e militare, ma dotato dal punto di vista artistico; somigliava molto al fratello maggiore, anche se i talenti erano molto diversi. Il nome (Uraku = Yuraku, da cui Yurakucho, è quello del quartiere di Tokyo dove abitava, vicino al quale una volta c'era il ponte Sukiyabashi e sukiya è la capanna della cerimonia del tè). Secondo Urakusai anche Furuta Oribe morì tragicamente, perché si sospettava parteggiasse per Osaka e Ieyasu non si fidava di lui. Oribe condusse una vita non certo tranquilla e morì tragicamente, non si sa bene in quali circostanze, colpito alla testa da un proiettile. Tutti dicevano che stesse cambiando lo stile di Sen no Rikyu, ma secondo Urakusai non era vero: non aveva nessuna intenzione di opporsi all'estetica di Sen no Rikyu. Secondo Urakusai la sua morte misteriosa prelude all'arrivo di un nuovo periodo, quello di Edo, con la comparsa di Kobori Enshu, a cui è attribuita la progettazione della Katsura Rikyu: un ottimo architetto e al contempo un grande maestro del tè. Urakusai affermava che dopo il periodo delle guerre sarebbe arrivato quello della pace, la cerimonia del tè da guerra sarebbe scomparsa e sarebbe arrivata quella della pace e questo avrebbe portato un personaggio come Kobori Enshu. E così è stato.
Il primo capitolo del romanzo Honkakubo ibun è dedicato a Toyobo, al sogno che Honkakubo ha fatto quella notte, alle osservazioni di Toyobo sull'estetica di Rikyu e alla previsione dell'arrivo di un nuovo periodo rappresentato da Furuta Oribe. Nel secondo capitolo appare un certo Kosetsusai che porta a Honkakubo il Sojiki, che Honkakubo trascrisse (ne è rimasta una copia stampata alla biblioteca dell'Istituto Giapponese di Cultura di Roma). Chi ha visto il film ricorderà una scena di alta tensione, nella quale un personaggio non ben visibile in una piccola stanza buia - forse Yamagami Soji - grida davanti a un rotolo che riporta il segno di "nulla", un concetto del buddismo Zen. Soji sostiene che "nulla" è un concetto relativo e quindi non adatto, meglio sarebbe "morte". Il terzo capitolo è dedicato a Furuta Oribe che si interroga sulla morte misteriosa di Sen no Rikyu. Forse Hideyoshi si aspettava delle scuse da parte di Rikyu ed era pronto a perdonarlo. Ma Rikyu preferì morire, forse perché pensava che la sua cerimonia del tè in ogni caso non poteva sopravvivere nella nuova situazione storica e quindi voleva morire insieme alla sua cerimonia del tè. Il quarto capitolo è dedicato a Oda Urakusai, che osserva come Hideyoshi aveva condannato a morte Rikyu perché, tutte le volte, per entrare nella sua capanna doveva lasciare la spada, doveva seguire le regole stabilite da Rikyu, bere il tè preparato da Rikyu, ammirare le sue ciotole. Nonostante avesse realizzato tante feste del tè, non trovava posto nel wabi cha. Quindi Hideyoshi aspettava il momento di farlo morire. Urakusai nota ancora come Rikyu avesse assistito alla morte di tanti samurai, quegli stessi samurai che, dopo il combattimento, si prendevano una pausa, bevendo una tazza del tè preparato dal grande Maestro e poi tornavano sul campo di battaglia da dove non avrebbero fatto ritorno. Chi ha assistito alla morte di tanti guerrieri non può morire di una morte naturale sul tatami. Questo Inoue Yasushi fa dire a Urakusai. E ancora gli fa dire che Rikyu trasformò la cerimonia del tè da divertimento in cerimonia da non divertimento; non creò un tempio del buddismo Zen, ma un luogo dove fare harakiri.
 
 
 
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