Francesca De Cesare

 

UN GENIALE EPIGONO PERUVIANO DI QUEVEDO: JUAN DEL VALLE Y CAVIEDES

 

Il XVII fu per il Perù un secolo fortunato. La situazione politica e la condizione economica attraversarono un periodo di grande sviluppo accompagnato da una positiva crescita demografica. La principale ricchezza della colonia spagnola, che verso la fine del secolo andò rendendola sempre più autosufficiente rispetto alla madre patria, era costituita dalle miniere, principalmente quelle del Potosí e di Huancavélica. Nel corso della seconda metà del secolo, però, uno dei principali problemi ai quali i vicerè dovettero far fronte furono i pirati che imperversavano sulle coste dei possedimenti spagnoli. L'economia e la vita della capitale viceregia entrarono in crisi e Melchor de Navarra y Rocafull, duque de la Palata, vicerè del Perù dal 1681 al 1689, per proteggere la città di Lima, nel 1684 ordinò la costruzione di una fortificazione che fu terminata tre anni dopo. Ma i corsari non furono l'unico problema per Lima durante questo periodo. Ad essi si aggiunsero i terremoti, che si succedevano con frequenza e che nel 1687 devastarono rovinosamente l'edilizia e l'economia della città. La maggior parte degli edifici andarono distrutti e le perdite vennero quantificate in 150 milioni di pesos. A Callao le scosse e il maremoto continuarono fino al dicembre del 1687. Per proteggere la città dalle inondazioni, Melchor Portocarrero Lasso de la Vega, terzo conte di Monclova, vicerè del Perù dal 1689 al 1700, fece costruire una solida banchina terminata nel 1696.
La chiesa esercitava grande influenza sulla vita politica ed intellettuale del vicereame. Per un certo tempo, l'arcivescovo Melchor de Liñán y Cisneros assunse anche la carica di vicerè. In una relazione sugli anni del proprio governo (1678-1681), egli si lamentò della corruzione e degli scandali provocati da talune donne che conducevano vita licenziosa1. È comprensibile, del resto, che in una città che si trovava nel periodo di massima fioritura anche il lusso e la dissolutezza raggiungessero forme moralmente riprovevoli. La privilegiata situazione politica, economica e mercantile si rifletteva sulla magnificenza e sulla frivolezza imperante nella città. La vita dei suoi abitanti scorreva tra balli, feste e tornei di caccia. E gli ordini religiosi conservavano indenni le fortune accumulate e non ancora depauperate da disastri naturali o da altri eventi.
Nel campo delle lettere, nel vicereame del Perù pochi sono i nomi di scrittori di rilevanza. Molto fu scritto in prosa da teologi che ambirono raccontare i "miracoli" accaduti nel Nuovo Mondo2. Ma apparvero anche dei componimenti in versi. Divennero famose due poetesse, la cui identità continua ad essere sconosciuta: 'Clorinda', autrice di un Discurso en loor de la poesía , e 'Amarilis', autrice di una lettera a Lope de Vega alla quale il 'Fénix' rispose con entusiasmo. A parte questi casi, a Lima l'attività poetica si concentrava soprattutto intorno alle accademie promosse dai vicerè. Famosa divenne quella del Marqués dos Ríus, nella quale si distinse Juan del Valle y Caviedes, autore di feroci satire sulla società del suo tempo. Satire che si esercitano graffianti e dissacratorie in uno scenario di benessere generale. Nessuna di esse, infatti, allude a difficoltà della vita quotidiana, a limitatezze economiche o ad alcun tipo di povertà.
Per molto tempo, la biografia di Valle y Caviedes è rimasta avvolta nel mistero. Ciò ha contribuito a proiettare l'immagine dell'autore in una dimensione mitico-leggendaria. Si pensava che fosse nato a Lima e che fosse figlio di un commerciante spagnolo che lo aveva mandato a vivere in Spagna per tre anni. Dopo la morte del padre, il ragazzo avrebbe sperperato la fortuna ereditata dedicandosi ad una vita dissoluta. Convalescente di una malattia venerea, avrebbe poi deciso di sposarsi e di investire i soldi rimasti in un piccolo esercizio commerciale sulle rive del fiume Rímac. Da qui gli sarebbe derivato il soprannome di "poeta de la ribera". Ma rimasto vedovo avrebbe affogato la propria solitudine nell'alcool e sarebbe morto nel 1692. Gli elementi tratteggiati da Ricardo Palma, nel "Prologo muy preciso" anteposto all'edizione di Manuel de Odriozola delle opere di Caviedes (apparse con il titolo di Diente del Parnaso. Poesías serias y jocosas 3), contribuiscono a dare un'idea distorta della figura dell'eccentrico versificatore, che, per contro, va forse considerato come il maggior poeta peruviano del XVII secolo. Ne viene fuori cioè l'immagine di una figura ambigua e stravagante che vive negli ambienti degradati del vizio, un personaggio cinico e affascinante nel contempo che grida il proprio odio ai medici colpevoli di non averlo saputo curare di una grave quanto segreta malattia. La biografia del poeta è stata radicalmente corretta e ricostruita da ricerche più recenti. Il critico peruviano Guillermo Lohmann Villena rinvenne il certificato di matrimonio, datato 1671, e il testamento, redatto nel 1683, recanti entrambi il luogo di origine di Juan del Valle y Caviedes, Porcunas, nella provincia spagnola di Jaén4. Si è così appurato che il poeta era originario dell'Andalusia, sono venuti alla luce i nomi dei genitori e sono stati resi noti gli averi che essi possedevano a Lima. Successivamente, Reedy, che ha svolto un lavoro molto impegnativo con l'ottima edizione delle opere complete, basandosi sui dati biografici contenuti nel componimento dedicato a Sor Juana Inés de la Cruz ("A la monja de México"), ha congetturato la data di nascita tra il 1645 e il 1648 e quella di morte tra il 1697 e il 16995. Solo pochissimi anni fa, Lorente Medina ha potuto fissare con certezza la data di nascita al 1645 avendo rinvenuto la registrazione del battesimo, il certificato di matrimonio dei genitori e quello di morte del padre6.
Queste precisazioni biografiche appaiono necessarie per spiegare come solo recentemente siano stati condotti studi rigorosi atti a dissolvere quell'idea di un Caviedes istrionico e leggendario pervenutaci dalla tradizione anteriore al Novecento. La produzione poetica di Valle y Caviedes è venuta ad assumere un diverso significato mano a mano che i suoi dati biografici venivano chiariti. Ed ha raggiunto dimensioni qualitative che hanno portato alla scoperta del "valor original de su obra personalísima"7. "Poeta del desengaño por excelencia"8, Valle y Caviedes aveva una visione negativa del mondo che nasceva non dal risentimento personale, ma dalla delusione storica che prorompeva dalla crisi della società coloniale e si nutriva, sul piano artistico, dell'ideologia barocca della provvisorietà e della fugacità delle cose terrene. Tutta la sua poesia sottende queste motivazioni. Anche quella duramente critica verso le donne, che, come Quevedo, ritiene responsabili della perdizione dell'uomo, e quella schiettamente amorosa, quel canto alla bellezza femminile che filtra "entre refinados paisajes bucólicos, cantos de ruiseñores y personajes ficticios de desesperados pastores"9. Ma la poesia d'amore è puro esercizio per Valle y Caviedes, nel quale in primis dirompe l'istanza problematica:
 
Su finalidad primera, su genuina manera de ser poeta es denunciar sin piedad el mundo deforme que le rodea. Puesto al margen de una sociedad opulenta y corrupta, Juan del Valle y Caviedes, denuncia su derrumbe próximo, del cual ve ya, dramáticamente las señales. Que no consisten sólo en la ignorancia de los médicos o en la corrupción de las mujeres, sino en un estado ya podrido de la todavía joven sociedad colonial dominada por el dinero, por el lujo y el afán de riqueza, donde la virtud y el saber son menospreciados y solo triunfan la superficialidad y la corrupción …10
 
Valle y Caviedes non vide pubblicata la raccolta delle sue poesie. Quelle satiriche colpivano molti personaggi importanti della Lima a lui contemporanea. La sua produzione, della quale solo da poco si è scoperta la reale portata - circa 268 componimenti poetici e tre opere drammatiche -, ha conosciuto un'edizione completa, quella di Reedy, solo recentemente, nel 1984, dopo quasi tre secoli dalla sua composizione. Causa di ciò è stata la dispersione dei manoscritti in collezioni private ed in biblioteche ed archivi di tre nazioni diverse (Perú, Spagna, Stati Uniti). Il primo tentativo, non proprio felice, di assemblare un'edizione completa dell'opera conosciuta di Valle y Caviedes fu di Manuel de Odriozola, nel 1873. Ma questa comprende soltanto 140 componimenti. Del 1899 è poi l'edizione di Ricardo Palma, che consta di 101 componimenti11. Nel 1925, dalla Editorial Garcilaso di Lima, uscì un'edizione di Luis Alberto Sánchez e Daniel Ruzo, Diente del Parnaso. Del 1947 è quella di Rubén Vargas Ugarte12, che appare come la più completa fino a quel momento. Nel 1972 apparve un'edizione della Biblioteca Nacional del Perù di Lima, Historia fatal, hazañas de la ignorancia, guerra física. Nel 1984 apparve, infine, quella curata da Daniel R. Reedy13. E a testimoniare il forte incremento dell'interesse per l'opera di Valle y Caviedes, nello scorcio dei sette anni che vanno dal 1990 al 1997 si succedono ben quattro ulteriori edizioni della sua produzione curata da studiosi peruviani, spagnoli e italiani14.
Non conoscendo l'ordine cronologico delle composizioni, Reedy ha organizzato l'edizione in base alle caratteristiche tematiche. Apre la raccolta della Biblioteca Ayacucho un gruppo di 132 componimenti satirico-burleschi; seguono i componimenti religiosi e filosofico-morali, quindi quelli amorosi e infine le poesie descrittive di varie tematiche. Chiudono il ponderoso volume le tre opere drammatiche:
l'Entremés del amor alcalde, il Baile del amor médico e il Baile del amor tahur. L'edizione è preceduta da una dedica dell'autore alla "Muerte" che ha tutto il tono di un programma intellettuale crudo, violento, sarcasticamente espressivo ed immediato:
 
Guerra Física, Proezas Medicales, Hazañas de la Ignorancia, sacadas a luz del conocimiento por un enfermo que milagrosamente escapó de los errores médicos por la protección del señor San Roque, abogado contra médicos o contra la peste que tanto monta.
Dedícalo su autor a la Muerte, Emperatriz de Médicos, a cuyo augusto pálido cétro le feudan vidas y tributan saludes en el tesoro de muertos y enfermos15.
 
L'ironia di Caviedes e le sue intenzioni nei confronti dell'argomento che si accinge a trattare sono già chiare. Si scaglia in particolar modo contro l'ignoranza e la vanagloria di coloro che definisce "baladrones de la ciencia"(p. 10), "valientes de la ignorancia"(ivi), "malditos"(12), "señor de horca y cuchillo"(p. 26). E con ancora più immediata aggressione, apostrofa la propria vittima: "pues te puse como nuevo/ sin decirte hijo de puta" (p. 32). Caviedes offre al lettore una guida per meglio decifrare l'autentico significato delle sue parole, delle sue poesie. Così, per "doctor" bisognerà interpretare "verdugo", a "receta" corrisponderà "estoque", a "sangría", "degüello", e via di seguito. L'autore compila anche una specie di glossario atto a far meglio capire i suoi spietati seppur divertenti ed ingegnosi attacchi contro coloro che la Morte stessa afferma di voler lasciare vivere "por hacer casta de muertos"(p. 37). La loro "scienza" si manifesta solo con
 
decir dos o tres latines,
y términos exquisitos,
como empultrix, concotrix,
constipado, cacoquimio.
Los ignorantes vulgares,
que sólo tienen oídos,
se quedan atarantados,
amando el docto peligro (p. 15).
 
A chi volesse diventare medico il poeta consiglia:
 
importa para aquesto trasquilarte
la barba, como pera bergamota,
porque esto es lo que en ellos más se nota;
… Pondráste anillos con disformes guantes
que son signos patentes de estudiantes;
pondráste erguido, grave y estirado,
imitando a Bermejo en lo espetado (p. 174).
 
Per convincere il paziente della grande "scienza" del dottore, suggerisce l'uso di termini quali: "espúltriz", "concótriz", "renténtriz"; "y prosiguiendo en otros relevantes,/ los músculos dirás y los tirantes,/ el esternón, la pleura y las membranas/ que son voces galanas"(p. 174). Valle y Caviedes nota come tutti i medici usano portare la barba a forma di pera16, secondo la moda del tempo, osservando quindi, con grande efficacia sarcastica, che "…a ser ciencia la barba/ fueran doctos los cabritos"(p. 14). Così l'autore consiglia per il pubblico bene di stare alla larga da questi individui, e, se proprio non si riesce a fare a meno di interpellarli, converrà fare l'esatto contrario di ciò che prescrivono:
 
A tus recetas, en fin,
yo les volví la casaca,
y haciéndolo al revés todo,
hice ciencia tu ignorancia (p. 71).
 
A sostegno della propria tesi, evoca le testimonianze dei grandi personaggi dell'antichità classica (Seneca, Socrate, Plutarco, Diogene, Aristotele, Cicerone, Tertuliano, Tito Livio, Giovenale, Plinio, Pitagora, Democrito, Marziale), di eminenti personaggi della storia (Alfonso el Sabio, Filippo IV) e della cultura (Erasmo, Quevedo, Miguel de Cervantes, Calderón, Luis Vélez de Guevara). È in virtù dell'opinione di costoro che nei suoi componimenti egli può affermare che
 
Si de los médicos hablo
en la opinión popular
de que no saben curar,
novedad ninguna entablo (p. 33).
 
Nel gruppo di componimenti satirico-burleschi appaiono circa trentadue diversi dottori come protagonisti-vittime del sarcasmo dissacratorio di Valle y Caviedes. Di questi dottori, almeno dodici sono stati identificati come persone realmente esistite nella Lima della seconda metà del Seicento17. I dottori Francisco Vargas Machuca, Ramírez, Avendaño, Bermejo, García, Utrilla, Melchor Vázquez, Herrera, Revilla, Esplana, Barco e Guerrero godevano di una certa notorietà per la loro professione. E Caviedes così li apostrofa:
 
Si piensas que doctor eres
por estudiar muchas letras,
te engañas, pues la memoria
tienes por otra potencia.
Ser docto es entendimiento,
que él por sí tan solo opera,
sin que letras necesite
de otro, si él se sabe hacerlas (p. 61).
 
Del resto, e qui fa di nuovo riferimento al fondatore della medicina antica,
 
Muere Hipócrates y exclama,
diciendo que ahora comienza
a saber qué es medicina
con cien años de experiencia.
Y vos, apenas nacéis,
cuando pensáis que a la excelsa
cumbre del saber llegáis
con mentecata soberbia (p. 61).
 
Valle y Caviedes è uomo sorretto da una grande fiducia nell'intelletto. Sarebbe azzardato reputarlo un illuminista "ante litteram", ma certamente va considerato come un razionalista "ilustrado". L'intelligenza critica guida i suoi ragionamenti. Egli non basa le sue congetture su credenze o superstizioni. Cosa che dimostra non solo nelle sue invettive contro medici approssimativi ed ignoranti, ma anche in occasione di alcuni avvenimenti che hanno caratterizzato la vita della città coloniale ai quali fa riferimento nelle sue poesie. Il vicerè Duque de la Palata promulgò un bando contro i cetrioli perché ritenuti nocivi per la salute sia degli spagnoli che degli aborigeni. Valle y Caviedes, indirizzandosi al dottor Bermejo, responsabile del rapporto redatto contro gli ignari ed innocui ortaggi, chiama in causa la natura per affermare con sarcasmo che
 
… los dichos pepinos
los crió naturaleza
para que fuesen comidos
de los hombres que los gustan,
por sustento o apetito (p. 55).
 
Nell'equilibrio naturale delle cose, allo scrittore risulta impossibile che madre natura d'improvviso abbia potuto trasformare in dannoso quello stesso alimento che fino ad allora era servito per nutrire popolazioni. Allo stesso modo, l'autore confuta la sciocca credenza che voleva che i terremoti fossero una punizione divina per le colpe degli uomini. In Que los temblores no son castigo de Dios, scrive infatti Valle y Caviedes:
 
Y si el mundo con ciencia está crïado,
por lo cual los temblores le convienen,
naturales los miro, en tanto grado,
que nada de castigo en sí contienen;
pues si fueran los hombres sin pecado,
terremotos tuvieran como hoy tienen (p. 393).
 
Il poeta peruviano ha una concezione moderna della conoscenza e si rende perfettamente conto della continua evoluzione della scienza. D'altra parte, non può esservi certezza definitiva, come non può esservi acquisizione ultima nel campo dell'intelletto umano, che è sempre perfettibile e che, precisamente in ciò, si diversifica dall'artefice divino:
 
Porque es de simple y bobos
el creer que habrá, ni aún ha habido,
ni hay hombre humano que cure
con conocimiento fijo.
Porque si siempre es la obra
del artífice divino,
¿ Cómo un humano podrá
conocer lo que no hizo? (p. 16)
 
Una tale posizione contribuisce a spiegare la particolare sensibilità che caratterizza il poeta-intellettuale. Una sensibilità che si esplicita nell'interesse e nell'impegno che l'autore manifesta di fronte allo spettacolo che il Perú di quel tempo gli offriva. Come si è già accennato, l'autore non ha come unico scopo quello di far ridere con i sarcasmi delle proprie composizioni, o con battute pesanti o scabrose; la sua sagacia istrionica appare anche punteggiata da un'ironia amara che dimostra un'autentica preoccupazione per la degenerazione dei costumi della società del tempo. Non sono soltanto l'ignoranza e la malafede dei medici a fare da bersaglio agli strali del nostro autore, a procurargli vittime divertenti. Nella sua mira c'è anche la corruzione delle donne (mogli, mezzane, prostitute), quella dei preti e quella dei professori universitari. E non mancano satire che prendono a bersaglio i cattivi poeti, gli avvocati, i sarti, i pittori, gli attori, gli ubriaconi, gli uomini di colore, i mulatti, le persone deformi fisicamente o le donne brutte. Lo spaccato, insomma, interessa l'intera società, la condizione di crisi storica del Perù del suo tempo18. Per quanto riguarda i responsabili della salute pubblica, Valle y Caviedes ha ben presente la lunga tradizione riguardante la satira contro i medici esercitata nella letteratura di tutti i luoghi e di tutti i tempi. In proposito, i 500 versi del suo Romance jocoserio rappresentano un ricchissimo campionario dello scherno del quale, secondo il poeta, i medici sono stati oggetto da parte di decine e decine di autori e personaggi della storia. Ma il satirico peruviano non intende adeguarsi ai modelli della tradizione. Egli è un attento osservatore di ciò che lo circonda, e con grande orgoglio afferma di non aver ricevuto alcuna istruzione se non quella che deriva dall'osservazione e dallo studio attento delle persone. È l'uso dell'intelletto che lo ha edotto, educato e guidato nella vita. Nel romance indirizzato a sor Juana Inés de la Cruz, che egli afferma di stimare profondamente, Valle y Caviedes formula notazioni autobiografiche che aiutano a capire i connotati del personaggio:
 
no aprendí ciencia estudiada,
… Y así doy frutos silvestres
de árbol de inculta montaña,
que la ciencia del cultivo
no aprendió en lengua la azada.
…En cada hombre tengo un libro
en quien reparo enseñanza,
estudiando la hoja buena
que en el más malo señalan.
En el ignorante aprendo
aguda y docta ignorancia,
que hay cosas donde es más ciencia
que saberlas, ignorarlas (p. 452-453).
 
Nell'autodidatta quale egli afferma di essere, non si può fare a meno di apprezzare la grande abilità espressiva. Peraltro, i temi affrontati da Valle y Caviedes nel suo Diente del Parnaso rientrano perfettamente in una lista proposta da Carilla riguardante i motivi più ripetuti nell'abbondanza lirica che caratterizza l'epoca del barocco nell'Ispanoamerica19. Un'epoca nella quale è stato notevole, come era naturale, l'influsso dei grandi autori spagnoli del barocco sulla poesia, e sulla letteratura in genere, nel Nuovo Mondo. Sicchè, pur senza la preconcetta intenzione di voler inquadrare l'autore in uno schema prestabilito di produzione lirica del tempo, sicuramente per Valle y Caviedes sarebbe apparso innaturale sottrarsi all'influenza che, in particolar modo, Quevedo ha avuto nella letteratura ispanica del XVII secolo. Lo scrittore peruviano dimostra grande abilità nel maneggiare la lingua e, per quanto utilizzi un linguaggio colloquiale, generalmente alla portata di tutti, fa anche frequente ricorso all'uso di termini americani (che si riferiscono in genere alla flora e alla fauna del Perú) e di latinismi (specialmente nell'ambito della terminologia medica) e si diverte a formare neologismi volgendo il nome in verbo o imitando lo spagnolo parlato dai medici limegni; o anche testimoniando e scimmiottando il fenomeno del "yeísmo" e dello "lleísmo", ossia burlandosi di coloro che a Lima pronunciavano la 'll' per 'y'. La sua abilità retorica si manifesta nella tendenza a creare equivoci, giochi di parole, antitesi, metafore e comparazioni sempre nell'ottica di provocare la risata nel lettore. Risata liberatoria e, secondo la sua opinione (ma anche secondo la mia), ricca di effetti benefici che rappresentano un'ottima cura contro l'ipocondria. Le sue poesie hanno un po' la funzione di un trattato scientifico che, bandendo ipocrisie, e false illusioni, è in grado di offrire soluzioni ai mali fisici che affliggono le persone. È inutile rivolgersi ai medici, in quanto
 
Más médico es mi tratado
que ellos, pues si bien lo miras,
divierte que es un remedio
que cura de hipocondría (p. 20).
 
Tutto sommato, una tale convinzione non è distante da moderne tesi scientifiche che teorizzano gli effetti benefici del buon umore. Insomma, dalla lettura dell'opera di Valle y Caviedes emerge una personalità brillante, intuitiva e soprattutto ingegnosa. È impossibile vedere in lui un puro epigono, un semplice riflesso della personalità quevedesca. Il tema della morte, il gusto e l'attrazione per il deforme ed il grottesco sono temi fortemente caratterizzanti il periodo del barocco, tanto nelle sue manifestazioni letterarie quanto in quelle pittoriche. Lohmann Villena mette in chiara evidenza una differenza sostanziale che distingue nei due autori lo spirito interno alle rispettive opere:
 
En Quevedo todo es hosco, grave, sombrío, al paso que en Caviedes, aun en sus más virulentas diatribas, estalla al final la risa incontenible, sin dejar el regusto agre y pesimista quevedesco. El camino que media entre la forma larga y jugosa del conceptista madrileño y la sencilla y esquemática de Caviedes, es lo suficientemente dilatado para no hallar muchos puntos de tangencia en la estilística de ambos20.
 
Caviedes manca dello stoicismo moralista che pervade l'opera dello scrittore spagnolo, ma condivide con lui il desiderio di protesta e di ribellione contro l'ambiente sociale circostante. Sul piano del contrasto storico-sociale, entrambi i paesi dei due autori attraversano un momento critico. La Spagna del Seicento, dopo secoli di eroismi militari e di gloria politica, imperiale e coloniale, conosce l'inizio di un lento declino. La guerra con i Paesi Bassi, la guerra col Portogallo e la guerra dei Trent'anni smembrano l'impero spagnolo. Come frutto diretto di tale decadenza si profila una crisi economica, sociale e demografica. Ma di fronte ad una situazione economica squilibrata e ad una popolazione affamata, la nobiltà e il clero conservano i loro privilegi e sfavillano di sfarzo e di ricchezze. Lo scrittore madrileno si confronta con una società che si regge sulla falsa apparenza, si scontra con la vanità e con l'imperfezione del mondo e con la precarietà delle cose e dell'esistenza. Nei sonetti intitolati Los vanos y poderosos, por defuera resplandecientes, y dentro pálidos y tristes, Desengaño de la exterior apariencia con el examen interior y verdadero, Contra los hipócritas y fingida virtud, en alegoría del cohete, Quevedo denuncia con forza ed amarezza "las grandezas aparentes", la "vana ilusión de los tiranos", i quali "asco dentro son, tierra y gusanos"; pertanto tuona tragico il suo monito all'umanità, o meglio alla società ingiusta: "desmentirá tu presunción la muerte".
A sua volta, Valle y Caviedes viveva in una società che aveva raggiunto l'apice del benessere, sfarzosa, esteriorizzante e licenziosa. Qui, il denaro, il prestigio e l'ambizione avevano soppiantato i valori morali. È lui, il vate nuovo stile, ad imporsi quale guida morale per il recupero di una identità nazionale21. Ma lo fa senza il tono cupo ed angosciante del maestro madrileno, non si impone dal di sopra con tono solenne, gravemente ammonitore, ma con la stessa allegria ed apparente leggerezza che aleggiava per le strade di Lima. Se pensiamo a come la produzione di Quevedo è caratterizzata dall'onnipresente realtà della morte, ci rendiamo facilmente conto che quell'incubo ossessionante è interpretato diversamente dallo spirito peruviano di Caviedes. Il fluire inarrestabile del tempo che conduce l'uomo irrimediabilmente alla morte, e quindi il rapporto tra il mondo fugace ed il destino mortale dell'uomo, è espresso compiutamente nell'opera di Quevedo. I sonetti Repite la fragilidad de la vida y señala sus engaños y sus enemigos, Enseña cómo todas las cosas avisan de la muerte, Que la vida es siempre breve y fugitiva esprimono una preoccupazione e una profondità filosofica che non coincidono con la visione che Caviedes ha dello stesso tema. La personificazione della morte che scaturisce dalle metafore poetiche dell'autore peruviano si inquadra in un'ottica squisitamente satirica, lontana dalle profonde preoccupazioni morali dell'autore dei Sueños. La "Muerte" di Caviedes consiglia al vicerè di inviare nei mari infestati dai corsari i fantasmi pestiferi, i disonesti e i ciarlatani che inquinano la società:
 
suegros, suegras y cuñados,
pedigüeñas, habladores,
necios, con poetas malos,
que todos éstos disparan
y matan a cada paso (p. 50).
 
Più che temere la morte in sé, come esemplificazione del "desengaño" quevedesco, per Caviedes bisogna temere i peccati, perché la morte non sussiste per chi vive rettamente: "pues todo mata y no hay muerte/ para conciencias seguras" (p. 466). Del resto, la morte è il grande "eterno enigma" dell'esistenza:
 
… así tan sólo el punto en que se acabe
nuestra vida, se sabe a lo que entiendo,
conque el temerla no es razón, sino uso (p. 383).
 
Ed è ancora l'indipendenza intellettuale, derivatagli dalla formazione culturale rigorosamente autodidatta, a caratterizzare la personalità di Caviedes e a consentirgli di imporsi nell'ambito letterario del Perù del XVII secolo. Così che, se il "Poeta de la ribera" deve qualcosa a Quevedo, questo qualcosa va ricercato principalmente nella produzione satirica che i due scrissero, e che costituisce la maggior parte dell'opera del primo e una parte dell'opera del secondo. Il divertente "romance" di Caviedes, Defensa que hace un pedo al ventoso, ricorda indubbiamente le composizioni di Quevedo, anch'esse di argomento triviale, Gracias y desgracias del ojo del culo ed il sonetto Que tiene ojo del culo es evidente. Il 'romance' A una dama que paró en el Hospital de la Caridad, come hanno già ampiamente commentato prima Carilla22 e poi Bellini23, presenta vistose tracce, soprattutto nell'attacco iniziale e nel ritmo complessivo, del "romance" quevedesco Cura una moza en Antón Martín la tela que mantuvo. Alla prima quartina del componimento dell'autore spagnolo,
Tomando estaba sudores
Marica en el hospital:
que el tomar era costumbre,
y el remedio es el sudar24.
 
fa riscontro infatti la prima quartina della romanza di Valle y Caviedes che ne imita misuratamente ritmo, tono e argomento:
 
Purgando estaba sus culpas
Arnada en el hospital,
que estos pecados en vida
y en muerte se han de purgar (p. 157).
 
Né viene meno l'importanza dell'autorevole modello se, una volta da questo tratto spunto, procedendo l'argomentazione satirico-burlesca del poeta limegno per 116 ottosillabi, la materia si volge tutta alla propria circostanza introducendo, genuinamente, storia e personaggi nuovi. E tracciando saporiti bozzetti sardonici dei suoi bersagli preferiti di medici da porre alla berlina:
 
Bermejo puede curarla,
En este achaque ninguno
le ha igualado, porque es tan
medicazo por delante
como Vásquez por detrás.
No llame a Machuca que es
Galeno de honestidad,
y mata a las damas su
bárbaro doncellear.
Sólo curará sus potros
la grande incapacidad
de Castro, …
 
È un modo di poetare agile quello di Valle y Caviedes, diremmo oggi moderno per l'assenza dei vincoli e dei pudori della retorica. Ma sono anche questi aspetti della tecnica versificatoria che imparentano il suo stile a quello del grande poeta satirico madrileno. In entrambi, infatti, sono assenti, o hanno scarso peso poetico, i ricorsi principali della versificazione secentesca, ricca di metafore, di antitesi, di iperboli, di sineddoche. Per quanto autore del Seicento barocco, Quevedo impiega - come più di lui farà Valle y Caviedes - un linguaggio immediato, diretto, poco allusivo e per niente figurato. Un modus che per entrambi, nelle digressioni satiriche, appare quasi "non poetico", se dovessimo tenere come parametro la forma poetica quale artificio per eccellenza. Ma non per tutto questo privo di stile, si intende. Perché lo stile è la peculiarità di ciascun autore, il suo abito, il suo quoziente di genuinità. E i nostri autori ne hanno in abbondanza. Coniano il linguaggio poetico in funzione del loro umore beffardo, burlesco, fatto di immediatezza delle battute, efficacemente indirizzato a disegnare mostriciattoli, a descrivere cattiverie, impudicizie, nefandezze. O anche a dipingere una divertentissima caricatura, come il sonetto quevedesco A una nariz:
 
Érase un hombre a una nariz pegado,
érase una nariz superlativa,
érase una alquitara medio viva,
érase un peje espada muy barbado;
era un reloj de sol mal encarado,
érase un elefante boca arriba,
érase una nariz sayón y escriba,
un Ovidio Nasón mal narigado.
Érase el espolón de una galera,
érase una pirámide de Egito,
los doce tribus de narices era;
érase un naricísimo infinito,
frisón archinariz, caratulera,
sabañón garrafal, morado y frito25.
 
Un sonetto che ispirerà ben due componimenti del poeta limegno: il "romance" A un narigón disforme e il sonetto A un abogado narigón. In proposito, trovano conferma le osservazioni fatte circa il fatto che Valle y Caviedes si limita a trarre spunto dall'estro quevedesco per ricreare in forme e contenuti propri altri quadri di altra vita. La sua, insomma, non è mai imitazione pedissequa. Il naso gigantesco ed incombente di Quevedo, surreale, demenziale, non può essere tradotto da Caviedes in termini di pari efficacia espressiva. Tuttavia, l'esteso "romance", nel quale il poeta latinoamericano appende un grande naso alla faccia di don Antonio, riesce a ricreare momenti intensi che per ritmo ed espressività evocano quelli dei concisi endecasillabi del poeta concettista spagnolo:
 
Nariz mensajera es, puesto
que embajadas da de ti
en las visitas; si antes
te salen a recibir,
¡Cara con asa! El demonio
más sayón no encara así,
Cara con timón es popa
de fragata o bergantín,
Cara con tabique es cosa
que se puede presumir,
Cara con tollo de canto
es apodo tan feliz, … (p. 217-218)
 
Un'atmosfera diversa, quella di Caviedes, si intende. Ma il ricorso stilistico è lo stesso, o quanto meno parallelo a quello iterativo e cadenzato della grande "nariz" quevediana. Forse più vicino alla satira scherzosa e un tantino picara di Quevedo è il sonetto A un abogado narigón:
 
Narigón y letrado, se concibe
que no tendrá en sus leyes la desgracia,
porque nariz tan porra es muy reacia,
y así sólo en la escrita solo escribe.
Autos forma y el simple no percibe
que su nariz arriesga en contumacia,
pues puede sucederle la desgracia
que en alguno la queme el Dios que vive.
Como en fin su nariz en todo es previa,
sobre pasar riñendo anda a porrazos,
si en la calle más ancha no se abrevia.
Pues son tantos sus nudos y sus lazos
que se parece a un tomo de Juan de Hevia,
nombrado dilaciones y embarazos (p. 315).
 
Dilagante satira letteraria che prende di mira l'ignoranza, la presunzione e il formalismo di un avvocato, il sonetto si offre con espressivo e mordace linguaggio come un divertente gioco letterario di cui fa le spese un tale Juan de Hevia. Originario di Oviedo, Hevia si era sistemato a Lima come portiere della sede della Real Audiencia ed aveva fatto stampare la sua opera, Cura Philípica, in due volumi, nel 1615. I "nudos" e i "lazos" dell'"abogado narigón" sono ridicolizzati da Valle y Caviedes ponendoli sullo stesso piano di un volume del letterato-portiere intitolato "dilaciones y embarazos".
Il tema dell'avidità di denaro, che ha radici profonde nella tradizione letteraria spagnola e che è presente nelle composizioni quevedesche raggiungendo un momento paradigmatico nella 'letrilla' Poderoso caballero/ es don Dinero, è particolarmente ricorrente nel Diente del Parnaso, in cui si denuncia la corruzione che esso causa e che facilita il dilagare della superficialità e dell'ignoranza. Come Quevedo, Valle y Caviedes ha un'idea spregiativa del denaro, e in un mondo in cui "el que más acierta …/ es aquél que vive errando" (p. 82), lo scrittore limegno lotta per un'esistenza onesta che si basi su un reale valore dell'individuo. L'avidità femminile di denaro, la disonestà e la civetteria delle donne è denunciata nelle composizioni di entrambi gli autori. Le burle ai medici, come si è già detto, sono un ulteriore punto d'unione tra la produzione di Valle y Caviedes e quella di Quevedo, e sono interpretabili, in parte, per la somiglianza delle due ribelli ed ingegnose menti, ma in altra parte anche per la chiara influenza che la forte personalità dello scrittore madrileno ha avuto sulla produzione poetica dell'autore limegno.
Nella sua Historia de la literatura hispanoamericana, Anderson Imbert, a proposito dell'eventuale influenza che Valle y Caviedes può aver subito dagli scrittori del barocco, sostiene ragionevolmente che il poeta peruviano
No fue un vano imitador de los barrocos de España. Los conocía, y conocía los autores que los barrocos aprovechaban; pero tenía independencia intelectual, inspiración propia y un estilo conciso y chacotón26.
 
È dello stesso avviso Carilla, il quale mette in evidenza la difficoltà per Valle y Caviedes di sfuggire al modello altamente assorbente di Quevedo, del quale avrebbe sfruttato temi e schemi, senza per questo giungere ad annullare la propria personalità di genio americano27. In Quevedo (entre dos centenarios), lo stesso studioso aveva messo in rilievo alcuni brani in cui il "poeta de la ribera" dimostra di avvalersi di prestiti dall'opera dello scrittore madrileno. Carilla concludeva l'articolo con un'abile ed efficace sintesi:
 
Quevedo y Caviedes, con notoria desproporción entre sus obras, presentan a ambos lados del océano algunas características comunes: ingenio afilado, sátira mordaz, acerba a veces. Agreguemos el influjo quevedesco en Caviedes, claro, aunque no pronunciado28.
 
Nel corpo del saggio, Carilla aveva anche evidenziato il peculiare spirito limegno che caratterizza la "pintoresca estampa" e la "lira zumbona" di Valle y Caviedes. È analoga l'opinione di Valbuena Briones, il quale interpreta la poesia dello scrittore peruviano come "síntesis criolla del estilo barroco"29. Lo considera, cioè, come l'interprete dei temi e delle tecniche letterarie dell'epoca, alle quali è stato in grado di infondere, a sua volta, un accento autenticamente personale. Ma la particolare identità che unisce i due poeti era già stata efficacemente riscontrata e puntualizzata da Bellini:
 
nell'amarezza con cui essi vedono l'avaria del loro mondo, più cupa e desolata in Quevedo, talvolta più apparentemente divertita in Caviedes, ma non meno sofferta nella sostanza. Così che se Quevedo è il grande satirico e moralista della Spagna del secolo XVII, Caviedes lo è, con una punta meno di moralista e con un accento più ipercritico nei confronti della religione e delle autorità costituite, per la Lima del tempo in cui egli vive30.
 
Fondamentalmente, è la stessa idea morale della vita ad affiancare le due personalità. Ma l'atteggiamento che manifesta Quevedo, di rifiuto delle circostanze sociali e di fuga verso valori supremi, personali o religiosi, il suo rifugiarsi nel senechismo, nell'ascetismo o nella metafisica, è assolutamente estraneo al poeta limegno. La poesia burlesca di Quevedo manifesta un pessimismo radicale, operando la distruzione di qualsiasi ipotesi di ideale e di speranza nel mondo circostante. L'umorismo e la satira di Valle y Caviedes non giungono a tanto estremo. Il suo stile è un gioco diffuso, un paradosso scherzoso, una satira estesa dei costumi e del conformismo, una disarmonia che nasce dal pessimismo e dal disprezzo viscerale della vanità e dell'imbroglio. Poche volte, infatti, l'autore peruviano affronta l'analisi critica o la riflessione filosofica, e quando lo fa non nasconde, nel fondo, l'atteggiamento di chi serba una qualche fiducia nell'umanità.
 
 
Bibliografia
 

Edizioni di Juan del Valle y Caviedes:

  • Diente del Parnaso, Guerras físicas, proezas medicales, Hazañas de la ignorancia, in Documentos Literarios del Perú, ed. di Manuel de Odriozola, Lima, Imprenta del Estado, 1873.
  • Flor de Academias y Diente del Parnaso, ed. di Ricardo Palma, Lima, Oficina Tipográfica de "El Tiempo", 1899.
  • Diente del Parnaso, ed. di Luis Alberto Sánchez y Daniel Ruzo, Lima, Editorial Garcilaso, 1925.
  • Obras de don Juan del Valle y Caviedes, edición, introducción y notas de Rubén Vargas Ugarte, S. J., Lima, Tipografía Peruana, 1947.
  • Historia fatal, hazañas de la ignorancia, guerra física, Lima, Biblioteca Nacional del Perú, 1972.
  • Obra completa, Edición, prólogo, notas y cronología Daniel R. Reedy, Caracas, Biblioteca Ayacucho, 1984.
  • Obras completas , estudios preliminares de G. Lohmann Villena y L. J. Cisneros, Bibliografía y edición al cuidado de M. L. Cáceres Sánchez, Lima, Biblioteca Clásicos del Perú, Banco de Crédito del Perú, 1990;
  • Diente del Parnaso. Obra Poética, I, edición, estudio y notas de Luis García Abrines Calvo, Jaén, Diputación Provincial, 1993;
  • Poesías sueltas y bailes. Obra Poética, II, edición, estudio y notas de Luis García Abrines Calvo, Jaén, Diputación Provincial, 1994;
  • Diente del Parnaso y otros poemas. a cura di G. Bellini, C. N. R., Roma, Bulzoni, 1997.
  • Per i riferimenti a Francisco de Quevedo mi sono basata sul testo fissato da M. Blecua in Obra poética , Madrid, Ed. Castalia, 1970.

     

    Critica:

  • Le edizioni delle opere di Valle y Caviedes curate da Odriozola, Vargas Ugarte, Reedy, García-Abrines Calvo, Lohmann Villena e Cisneros contengono uno studio preliminare.
  • Lohmann Villena, G., "Dos documentos inéditos sobre don Juan del Valle y Caviedes", in Revista Histórica, XI, 2, 1937.
  • Sánchez, L. A., "Un villón criollo", in Revista Iberoamericana, II, 3, abril de 1940.
  • Echagüe, J. P., Un Quevedo limeño del siglo XVII, Caviedes, el enémigo de los médicos, in Figuras de América, I, Madrid, Ediciones de Cultura Hispánica, 1943.
  • Lohmann, Villena G., "Una poesía autobiográfica de Caviedes inédita", in Boletín Bibliográfico de la Universidad Nacional Mayor de San Marco, XIV, 1-2, 1944.
  • Xammar, L. F., "Un manuscrito de Juan del Valle y Caviedes en la Biblioteca Nacional", I, in Boletín de la Biblioteca Nacional, I, 4, 1944.
  • Xammar, L. F., "Un manuscrito de Juan del Valle y Caviedes en la Biblioteca Nacional", II, in Boletín de la Biblioteca Nacional, II, 5, 1944.
  • Xammar, L. F., "Dos bailes de Juan del Valle y Caviedes", in Fénix, Revista de la Biblioteca Nacional, 2, 1945.
  • Xammar, L. F., "Veintitrés sonetos inéditos de Juan del Valle y Caviedes", in Fénix, Revista de la Biblioteca Nacional, 3, 1945.
  • Carilla, E., El gongorismo en América, Buenos Aires, Imprenta y Casa Editora "Coni", 1946.
  • Sánchez, L. A., Los poetas de la Colonia y de la Revolución, Lima 1947.
  • Xammar, L. F., "La poesía de Juan del Valle Caviedes en el Perú Colonial", in Revista Iberoamericana, XII, 23, febrero de 1947.
  • Lohman, Villena G., "Un poeta virreinal del Perù: Juan del Valle Caviedes", in Revista de Indias, VIII, 33-34, Madrid 1948.
  • Menéndez y Pelayo M., Historia de la poesia hispano americana, II, Santander, C.S.I.C., 1948.
  • Carilla, E., Quevedo (entre dos centenarios), Universidad de Tucumán, 1949.
  • Irving, A. L., "Caviedes, José Hernández, and the 'under dog': a parallelism", in Hispania, XXXIII, New York 1950.
  • Kolb, G. L., Juan del Valle y Caviedes. A study of the life, times and poetry of a spanish colonial satirist, New London, Connecticut College, 1959.
  • Reedy, D. R., "Poesías inéditas de Juan del Valle y Caviedes", in Revista Iberoamericana, XXIX, 55, 1963.
  • Sánchez, L. A., Juan del Valle y Caviedes, in Escritores representativos de América , II serie, Madrid, Gredos, 1963.
  • Reedy, D. R., "Signs and symbols of doctors in the Diente del Parnaso", in Hispania, XLVII, 4, 1964.
  • Reedy, D. R., The poetic art of Juan del Valle y Caviedes, Chapel Hill, The University of North Carolina Press, 1964.
  • Bellini, G., Quevedo poeta satirico, Milano, La Goliardica, 1965.
  • Bellini, G., "Actualidad de Juan del Valle y Caviedes", in Caravelle, 7, 1966.
  • Bellini, G., Quevedo in America (parte prima), Milano, La Goliardica, 1966.
  • Bueno Chávez, R., Algunas formas del lenguaje satírico de Juan del Valle y Caviedes, in Literatura de la emancipación hispanoamericana y otros ensayos, Instituto Internacional de Literatura iberoamericana, Lima 1971.
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  • Sánchez, L. A., Los poetas de la Colonia, Lima, Editorial Universo, 1974.
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  • Lorente Medina, A., "Algunas precisiones sobre la vida y la obra de D. Juan del Valle y Caviedes", in Quaderni Ibero-Americani, 69-70, 1991.
  • Bellini, G., "Albores del problema de la identidad Americana: Garcilaso, Sor Juana, Caviedes", in Insula, 47, Sept-Oct. 1992.
  • Lorente Medina, A., La parodia en los preliminares de la obra poética de don Juan del Valle y Caviedes, in AA. VV., Homenaje al Profesor José Fradejas Lebrero, I, Madrid, Editorial UNED, 1993.

 

 
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