CULTURE

15 - 2001

Recensioni

Lidia De Michelis
 
MARÍA ZAMBRANO, (Traduzione, Introduzione e Cura di Donatella Montalto Cessi, Milano, Selene, 2001
 
 
María Zambrano (1904-1991), filosofa spagnola oppositrice del totalitarismo che trascorse gran parte della sua vita in esilio, prima in America Latina e poi in Europa (fu anche in Italia dal 1953 al 1964 e di nuovo negli anni Settanta), è oggi riconosciuta come una delle più originali e stimolanti pensatrici del Novecento, soprattutto per la sua onestà intellettuale e per la sua articolazione insieme rigorosa e fulgidamente poetica del liberalismo. Definendosi contro lo sfondo di una tentazione sempre possibile di travisamenti e distorsioni, tale dottrina, la cui complessità e carica umanista sono tratteggiate dalla Zambrano con maggior finezza ad ogni successiva riflessione, emerge dalla totalità della sua opera non più quale modello teorico, bensì come ostinata disciplina del vivere, effettivamente in grado di trasformare il mondo attraverso la sperimentazione fattuale delle proprie potenzialità inesauste.
Riscoperta in Spagna intorno alla metà degli anni Sessanta - dapprima timidamente, e poi, con l'esaurirsi delle resistenze franchiste, con interesse sempre maggiore lungo l'intero periodo della transizione -, l'opera di María Zambrano ha ottenuto straordinari riconoscimenti a partire dagli anni Novanta, sino a divenire ai giorni nostri materia di studio privilegiata e di tendenza per l'intera cultura filosofica e politica dell'Occidente. L'assurgere delle idee della scrittrice a posizioni di egemonia e di consenso ha trovato riflesso anche in Italia in una ricca vena di interpretazioni del suo pensiero e traduzioni delle sue opere, le più importanti delle quali, per cui si rimanda alla dettagliata bibliografia in calce al volume di Donatella Montalto, sono apparse in rapida sequenza tra il 1996 e il 2000 in versione italiana.
Pur restando valida l'affermazione di Massimo Cacciari in un'intervista del 1997 che l'opera della Zambrano avrebbe meritato di essere pubblicata in forma omogenea presso un grande istituto editoriale, pare doveroso constatare come, nel caso di questa scrittrice, la cultura italiana sia vivamente debitrice alla coraggiosa iniziativa congiunta di singoli studiosi e 'piccoli editori' che, con passione e lungimiranza, hanno reso accessibile la mappa del suo itinerario creativo ai lettori del nostro paese.
Mancava, paradossalmente, proprio la prospettiva d'inizio - forse meno eccitante dello sguardo dal culmine ma pure passaggio imprescindibile del percorso conoscitivo -, quell'Orizzonte del liberalismo (1930) che si rivela affascinante opera prima nella felice, intensa traduzione di Donatella Montalto e sotto la luce perspicace del suo saggio introduttivo.
L'introduzione si apre con un'agile nota biografica in cui tutte le necessarie informazioni circa la vita della pensatrice sono illuminate, tramite un'orchestrazione sapiente e vivace, da brani autobiografici capaci di restituire con immediatezza l'intensità della vita vissuta: l'infanzia in Andalusia, a Madrid e a Segovia sotto la guida di un padre-maestro, pensatore liberale anch'egli, e del suo influente amico Antonio Machado; il precoce manifestarsi della sua tensione innata verso l'ideale; gli studi universitari a Madrid, gli anni dell'insegnamento e dell'impegno politico, le prime collaborazioni a riviste (El Liberal e La Libertad); la fondazione, nel 1928, della Liga de Educación Social e i contatti con intellettuali eminenti dell'epoca, tra cui Manuel Azaña e Ramón del Valle-Inclán; gli scritti a favore della liberazione della donna dall' "incubo della schiavitù femminile" (in Montalto: 2001, 21).
Tra l'autunno del 1928 e la primavera del 1929 la turbercolosi sopraggiunse a segnare con un'angosciosa cesura l'esistenza della pensatrice, che nell'intervallo di inattività imposto dalla malattia ebbe modo di meditare sulla morte e gettare le basi intellettuali ed emotive su cui fondare daccapo la propria vita. Orizzonte del liberalismo, pubblicato nel 1930, ebbe origine appunto da questa esperienza, e nel contesto del clima politico più radicalizzato e intollerante che ella trovò alla ripresa delle sue attività.
Donatella Montalto passa quindi a ripercorrere l'esistenza di María Zambrano durante gli anni della Repubblica, che videro il definirsi della componente antifascista del suo pensiero, la partecipazione all'iniziativa didattica delle Misiones Pedagógicas e, nel 1936, il matrimonio con lo storico Alfonso Rodríguez Aldave, investito di compiti diplomatici in Cile, ed il trasferimento in quel paese al suo seguito.
L'anno seguente, in piena guerra civile e nonostante la prospettiva già visibile di un trionfo franchista, fece ritorno in Spagna, dove risiedette prima a Valencia e poi a Barcellona, determinata a non sottrarsi al compito di contribuire almeno sul piano della lotta intellettuale alla salvezza del suo paese. Lo fece tramite l'attività didattica e, soprattutto, attraverso i lucidi contributi alla rivista Hora de España, che cercava di opporsi al silenzio della ragione prevalente in quegli anni. Nel 1939, tuttavia, María Zambrano fu costretta a fuggire in Francia, prima tappa di un esilio destinato a durare quarantacinque anni, che la vide sino al 1953 prevalentemente in America Latina (il periodo caratterizzato "dalla scoperta della razón poética come metodo di conoscenza della realtà dell'esistenza") (Montalto: 2001, 29), quindi in Italia ed in seguito in Svizzera. Esortata dai suoi molti estimatori in patria e sulla scia del grande rispetto internazionale che si era guadagnata, nel 1984 tornò infine a Madrid, dove morì nel 1991, ponendo termine a quella cosiddetta "terza fase" della sua esistenza in cui, come riferisce Donatella Montalto riproponendo le parole di Ana Bundgard, la "filosofia-poetica zambraniana si trasforma in una religione-poetica di carattere mistico che cerca di superare la scissione soggetto-oggetto tipica della Modernità in una unità originaria e sopratemporale" (in Montalto: 2001, 30).
Dopo la vivace parentesi biografica - e prima delle due sezioni finali del saggio introduttivo, che trattano della "Presenza di María Zambrano in Spagna" e delle "Traduzioni italiane" -, si apre il nucleo più stimolante e originale del commento di Donatella Montalto, cioè l'analisi di Orizzonte del liberalismo e il paragrafo dedicato alle sfide e alle strategie traduttive messe in atto nella presente versione. Le due sezioni, in realtà, costituiscono una specie di vaso comunicante, in cui le riflessioni teoriche, l'indagine sullo stile e lo scavo linguistico riflettono reciprocamente gli uni sugli altri le rispettive scoperte e intuizioni, restituendo evidenza alla complessità intellettuale di questa stimolante opera prima attraverso una fitta rete di relazioni culturali.
L'introduzione traccia dapprima in maniera convincente, attraverso una discussione della genesi del titolo, l'obiettivo della Zambrano di mantenere come suo massimo ideale il "liberalismo" ("movimento fondato sul postulato della libertà dello spirito umano nella convivenza") (Montalto: 2001, 31), però soltanto dopo averne "rinnovato" la definizione ed ampliato lo spettro attraverso la "metafora dell'orizzonte, capace di suggerire l'idea di un continuo mutamento" (ibid.). Donatella Montalto conduce in seguito il lettore attraverso l'evoluzione del concetto di "liberalismo" nel pensiero della Zambrano, non perdendo mai di vista il continuo sforzo della scrittrice di "affrontare i problemi partendo dal cuore" (Montalto: 2001, 32). La politica si definisce pertanto per la pensatrice come "la chiave per la realizzazione delle molteplici potenzialità dell'individuo e per la riorganizzazione e la palingenesi della Spagna" (Montalto: 2001, 33): una chiave che cerca di prendere in egual misura le distanze dalle contraddizioni e dalle disfunzioni del liberalismo 'tradizionale', per l'appunto 'non-nuovo', e dal comunismo, che, pur servito, nelle parole della Zambrano, dalla medesima "radice umanista" del liberalismo (Zambrano: 2001, 111), è tuttavia tradito "dall'orrore dell'imprevisto [...]. Il comunismo russo", continua la Zambrano, "ama a tal punto la vita che, in un anelito erotico, vuole impadronirsene e fermarla" (Zambrano: 2001, 75).
Allo stesso modo, afferma Montalto, secondo la scrittrice il liberalismo doveva depurarsi dal "liberismo, la sua componente economica, perché inconciliabile con i fondamenti liberali [...], umanità, vita, cultura, e sostituirvi la democrazia economica, cioè quella componente del messaggio socialista che era condizione necessaria, anche se non sufficiente, per il trionfo di quei postulati" (Montalto: 2001, 40). Questa sezione si conclude con interessanti riflessioni circa l'assonanza culturale e politica tra le valutazioni della Zambrano e certe posizioni di Rosselli e Gobetti, di cui è quasi certo, tuttavia, che la pensatrice non conoscesse le opere: li univa la comune tensione a "progettare un futuro diverso, in cui la libertà si coniugasse con la giustizia attraverso adeguate riforme sociali" (Montalto: 2001, 43).
Quest'opera giovanile, conclude Donatella Montalto, colpisce per quello che potrebbe rischiare in altri di essere un difetto, per "la freschezza, l'ardore che vibra in tutte le sue pagine; il pensiero è ancora immediato, terso, sorgivo; ancora non conosce la sofferenza della negazione, come le accadrà negli anni seguenti [...] Il successivo pensiero politico della Zambrano si arricchirà di questa tremenda lezione e si farà più complesso, più denso. Ma l'intuizione incastonata in Orizzonte del liberalismo è così attuale da poter insegnare oggi all'intera Europa, a noi europei del XXI secolo, la grandezza e i limiti del liberalismo e gli orizzonti che esso apre" (Montalto: 2001, 43-44).
Alcuni commenti, infine, sulla traduzione, che rappresenta un autentico - e finemente riuscito - tour de force, poiché Montalto si è dovuta confrontare con la prosa liricamente soggettiva e molto personale della filosofa-scrittrice, una prosa che "si fa musicale e allo stesso tempo scarna, spezzata, spoglia, ma densa di rimandi e insieme impreziosita da immagini" (Montalto: 2001, 45). Come evidenzia la nota sulla traduzione, la scrittura della Zambrano imita l'immediatezza mentre aspira alla poesia, è insieme metaforica e fattuale, ellittica e ostinatamente polisemica, ma soprattutto è appassionatamente fedele alla centralità della parola, che deve essere sempre onesta e vera, mai "copertura retorica delle idee", bensì "materia stessa del pensiero" (Montalto: 2001, 46), scoperta di una "parola non alienata, non mercificata, non corrosa dall'uso storico della comunicazione" (ibid.).
Attraverso questo percorso ad ostacoli disseminato di metafore, neologismi, intuizioni visionarie e scommesse ritmiche, ma sempre, rigorosamente, asservito alla trasmissione del pensiero, Donatella Montalto si muove con sensibilità e virtuosismo straordinari, vincendo la sfida di trasferire in una lingua diversa da quella d'origine la ricerca stessa della Zambrano di un linguaggio "creativo, capace di coinvolgere al di là della ragione quegli altri strumenti conoscitivi propri dell'uomo, quali l'intuizione, la sensibilità, il gusto estetico, la musicalità e molto altro ancora" (Montalto: 2001, 56).
 

 
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