-
- Paul
Kroker
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- LA
LETTERATURA DOPO LA CADUTA DEL MURO 1
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- Chi si ricorda ancora di quel
leggendario 9 novembre quando, verso le sette di sera, un certo
Günther Schabowski, responsabile dell'ufficio stampa della
SED, dichiarò che nel Muro di Berlino si era aperta una
breccia? Era il 1989, e con sorpresa di tutti il quarto stato
tedesco del Novecento crollò, e con esso crollò
non solo una formazione statale come la Repubblica di Weimar
oppure lo spaventoso Terzo Reich, bensì un grande
progetto politico che per tanti era sembrato la realizzazione
sociale dell'Utopie Hoffnung del filosofo marxista Ernst
Bloch. Un progetto peraltro con buone prospettive anche nel
campo letterario-culturale, la cosidetta
DDR-Literatur.
-
- Sono passati più di dieci anni
da allora ed è nata una nuova Germania; ciò si
riflette naturalmente nella letteratura e non soltanto in
quella degli autori provenienti dalla vecchia RDT, bensì
anche in quella dei loro colleghi nei vecchi
Länder, tra cui Günther Grass (Ein weites
Feld, 1995), Rolf Hochhuth (Wessis in Weimar, 1992),
F. C. Delius (Die Birnen von Ribbeck, 1991), Peter
Schneider (Eduards Heimkehr, 1999) e H. J. Ortheil
(Blauer Weg, 1996). Però, per quantità e
qualità sono stati soprattutto le scrittrici e gli
scrittori che avevano subìto il socialismo reale sia
come artefici sia come vittime, a elaborare narrativamente un
passato di oltre quarant'anni e un decennio di vita e
società nell'odierna Germania.
-
- Autori come Wolfgang Hilbig
(Ich, 1993), Thomas Brussig (Helden wie wir,
1996), Manfred Jendryschik (Die Reise des Jona, 1995) e
Christa Wolf (Medea. Stimmen, 1996) esprimono con il
massimo rigore etico ed estetico la situazione letteraria
postsocialista, ponendo al centro dell'attenzione la questione
cruciale di una dittatura mascheratasi dietro l'aggettivo
'proletaria': il rapporto tra intellighenzia e potere
socialista e, specialmente, con i servizi segreti della Stasi
2.
Hilbig presenta una personalità lacerata tra le
aspettative letterarie di un operaio poeta e la sua
attività come collaboratore non ufficiale; Brussig
racconta l'autobiografia grottesca di un ventenne agente dei
servizi segreti che tra megalomania e ansie trova la sua
identità come eroe storico, mentre il ritorno alla
mitologia di Wolf e alla parabola biblica di Jendryschik
permette una riflessione approfondita sul tragico ruolo
dell'intellettuale che vede andare in frantumi il suo sincero
impegno indipendentemente da quale società
scelga.
-
- Il crollo della RDT è stato
causato da una molteplicità di fattori di politica
interna ed estera; fu un collasso piuttosto che una
rivoluzione, per quanto pacifica o di "velluto", come si soleva
definirla allora. Perché le rivoluzioni hanno sempre un
soggetto: quella francese una classe borghese, quella sovietica
in verità nessuna classe nuova - questa fu la sua
particolare mistificazione - ma un partito politico forte e
presto onnipotente; al contrario quella della Repubblica
Democratica Tedesca dell'89, che può essere definita una
rivolta, non ebbe un vero soggetto: il popolo, che in parte si
era creduto rivoluzionario, si dissolse presto in una
popolazione formatasi da decenni sui modelli culturali
dell'Occidente e che, alle prime libere elezioni, emulò
prontamente il comportamento elettorale della Germania
occidentale. Ciò nondimeno, questo collasso
politico-sociale ebbe ovviamente ampie ripercussioni sulla
letteratura e sugli scrittori.
-
- Come molti connazionali dell'Est, essi
si videro improvvisamente licenziati, abbandonati, liquidati,
addirittura su un duplice fronte: da un lato non c'era
più la strumentalizzazione per cui li si considerava
avanguardia pedagogica del sistema in cui la letteratura si
sostituiva ai mass media per compensarne il deficit, dal
momento che il libro monopolizzava in un certo senso i mezzi di
comunicazione. Dall'altra parte l'autore perdeva il proprio
privilegio come educatore derivante dal suo specifico status
all'interno del sistema e, al tempo stesso, come coscienza
critica della nazione socialista. Nel lontano 1968 Christa Wolf
poteva ancora scrivere: "L'autore, dunque, è una persona
importante".
-
- Gli autori scacciati dal piedistallo -
in primo luogo il gruppo critico-socialista che nel 1989
apparteneva alla generazione dei sessantenni e comprendeva
Christa e Gerhard Wolf, Heiner Müller, Volker Braun,
Irmgard Morgner, Helga Königsdorf, Fritz Rudolf Fries,
nonché i più anziani Stephan Hermlin e Stefan
Heym - dovette all'improvviso fare i conti con una nuova
situazione caratterizzata da una duplice perdita per quanto
riguardava i destinatari delle opere dei suoi componenti: sia
la popolazione, formata in buona parte da accaniti lettori che
- come osservò Heym adirato - si era rivelata, una volta
caduto il Muro, solo interessata al consumo; sia il grande
patriarca, lo stato censore, il "destinatario segreto" (come
ironizzava Christa Wolf) a cui ci si rivolgeva con la
Fürstenerziehung, e cioè con un intento di
educare i reggenti comunisti perché diventassero
più illuminati. In concomitanza con la repentina perdita
di una visione comunista, negli anni della svolta si
propagò un senso di tracollo, desolazione e vuoto che si
rafforzò ancor più quando l'Occidente
iniziò la commercializzazione del mercato
librario.
-
- Gli scrittori e le scrittrici, che per
decenni e fino alla metà degli anni Ottanta erano stati
i rappresentanti più considerati tra le forze
d'opposizione di un'alternativa sociale, dopo il 9 novembre
1989 si trovarono in una situazione paradossale poiché
il socialismo, fonte di dubbi ma anche di speranze, era parte
integrante della loro vita, come ha espresso in maniera
impareggiabile e pregnante Volker Braun nella poesia Das
Eigentum (1990):
-
- Da bin ich noch: mein Land geht in
den Westen.
- Krieg den Hütten Friede den
Palästen.
- Ich selber habe ihm den Tritt
versetzt.
- Es wirft sich weg und seine magre
Zierde.
- Dem Winter folgt der Sommer der
Begierde.
- Und ich kann bleiben wo der
Pfeffer wächst.
- Und unverständlich wird mein
ganzer Text.
- Was ich niemals besaß, wird
mir entrissen.
- Was ich nicht lebte, werd ich ewig
missen.
- Die Hoffnung lag im Weg wie eine
Falle.
- Mein Eigentum, jetzt habt ihrs auf
der Kralle.
- Wann sag ich wieder mein und
meine alle. 3
-
-
- L'io poetico di questi dodici versi
constata la fuga dei suoi connazionali nell'estate dell'89 e,
nel verso che inverte il motto di Büchner tratto da Il
messaggero dell'Assia, riconosce la vittoria del
capitalismo consumistico, di cui l'autore, in quanto fermo
critico del regime, è in parte colpevole, come ammette
egli stesso (verso 3). Si fa strada la consapevolezza che il
popolo della RDT, paragonato a una donna magra ma bella, si
getta via nella sua voluttà ma allo stesso tempo
continua a mistificarsi in un vanto mai concretizzato.
Esistenza e utopia ora sono senza patria; perciò non
solo le opere del poeta ma tutta la sua vita diventa
"incomprensibile". Ciò nonostante la speranza, questa
trappola del mito di una società solidale, non viene
abbandonata, l'illusione dell'epoca è ancora viva e
può trasformarsi nella peggiore delle ipotesi in una
vera e propria psicosi del desiderio. D'altra parte Braun
è uno scrittore che mai si era abbassato a fare della
propaganda e che appartiene al gruppo dei grandi autori della
letteratura tedesco-orientale che non sarà dimenticato;
non a caso nella primavera 2000 ha ottenuto il prestigioso
Premio Büchner, il più importante riconoscimento
letterario tedesco.
-
- Già nel 1976, in seguito alla
privazione della cittadinanza di cui fu vittima Wolf Biermann,
si sarebbe dovuto ammettere che quel Dio in cui si credeva e in
cui si voleva credere non era mai esistito. Poi fu la volta di
Gorbacëv, della protesta crescente e della svolta e con
questa di un nuovo, seppur breve, infiammarsi delle illusioni
su un popolo finalmente rivoluzionario; ma alla fine giunse,
come il mercoledì delle ceneri, l'ora del
commiato.
-
- Sul piano letterario, l'unificazione
delle due Germanie è accompagnata da una polemica sulle
questioni fondamentali ma spesso, come nel caso dei giornalisti
Frank Schirrmacher (FAZ) e Ulrich Greiner (Die
Zeit), si esprime sotto forma di una rude e generalizzata
resa dei conti con la letteratura della RDT. E questo
poiché la posta in gioco è alta quando si tratta
di una questione di egemonia culturale e cioè di
attestare a qualcuno il monopolio di stabilire che cos'è
la letteratura, specialmente quella dell'Est.
-
- La controversia, durata quasi tre
anni, si svolge in tre tappe. Suscitato nel 1990 dalla
pubblicazione del racconto Was bleibt 4
di Christa Wolf, la quale viene accusata dai critici più
influenti di essere un'opportunista e di presentarsi come
eroica vittima della Stasi, il dibattito è pienamente
legittimato perché apre la riflessione sulla condizione
e deformazione dell'intellighenzia nel socialismo reale.
Così Wolf e la sua opera diventano bersagli concreti ma
in verità "non si tratta di Christa Wolf", come afferma
lo stesso Schirrmacher, o meglio non solamente. "Si tratta di
una esemplare resa dei conti con vite esemplari" (Uwe
Wittstock), si tratta di stabilire a chi dare il potere per
definire se la letteratura della RDT (e in seguito l'intera
letteratura di lingua tedesca del dopoguerra) possieda un
valore estetico o se debba essere bollata come letteratura
nettamente dominata dall'ideologia della sinistra. L'accusa di
fare della Gesinnungsästhetik, cioè
un'estetica ideologica, dilaga e non coinvolge più
soltanto Christa Wolf e i suoi colleghi della RDT, ma anche
Günter Grass, Heinrich Böll e tutto il gruppo 47 a
causa del loro impegno politico e letterario; inoltre agli
autori dell'Est sarà rimproverato di non aver criticato
in maniera più coraggiosa e aperta la dittatura
comunista. Paradossalmente i critici conservatori che
rappresentano la posizione della littérature
pure, pretendono ora una ripulitura ideologica, una
letteratura maggiormente impegnata nella critica al sistema
stalinista. Oppure si chiedono retoricamente a voce alta
perché questi autori non abbiano voltato prima le spalle
al regime andandosene per tempo nell'altra Germania. Sono
esagerazioni a caldo che si riscontrano anche dall'altra parte
quando, di fronte a una critica veemente, si vestono i panni
dei perseguitati del regime nazista come fa la stessa
Wolf.
-
- La distanza storica permette di
riconoscere a tale dibattito il merito di aver puntato il dito
sulla legittimità morale ed estetica delle opere e degli
autori, come quando nell'ottobre 1991 Wolf Biermann rese noto
che il poeta avanguardista del Prenzlauer Berg, Sascha
Anderson, aveva fatto per anni il collaboratore della Stasi o
quando nel 1993 si discusse il coinvolgimento da parte di altri
scrittori. E non si dimentichi: soltanto tra i diciannove
membri della Direzione centrale dell'Unione degli Scrittori i
collaboratori dei servizi segreti furono dodici e tra i sei
membri della Presidenza addirittura cinque! 5
-
- Nella sua lungimirante analisi della
storia della letteratura tedesco-orientale, Wolfgang Emmerich
arriva alla conclusione che l'accusa mossa agli autori di
essere stati tout court dei complici ideologici, non
è del tutto giustificata. C'è stata sì una
letteratura influenzata ideologicamente, e in molti casi si
può parlare di mera propaganda. Parallelamente a
ciò si sviluppò, soprattutto dalla metà
degli anni '60 in poi, una letteratura che cercava di dare un
senso alla vita nell'incubo della dittatura e ne criticava
molto concretamente la quotidianità coatta. Una
letteratura a cui può essere attribuito lo stato
dell'emigrazione interna durante il socialismo reale, una
letteratura che avvisa e allo stesso tempo invita alla
sopportazione, che mette in guardia e allo stesso tempo
consola, che è sovversiva e allo stesso tempo
calligrafica.
-
- Se si analizza il decennio successivo
alla svolta, è evidente che la fase dell'inizio della
fine e quella subito dopo non sono caratterizzate da opere di
grandi qualità letterarie - gli autori e le autrici
erano troppo coinvolti e scossi dalla crisi del sistema e dal
suo decadimento, sempre vissuto anche come una catastrofe -,
bensì da una molteplicità di testi
documentaristici e autobiografici che - nonostante rimuovessero
e ignorassero ancora gran parte di un passato fatto di
repressione e censura - rivelavano per la prima volta sul
territorio dello stato socialista aspetti della prassi
repressiva nell'Unione Sovietica e nella RDT. Di tale fenomeno
i più rappresentativi sono i testi delle vittime del
comunismo quali Walter Janka, che ha fatto seguire a
Schwierigkeiten mit der Wahrheit (1989) la più
dettagliata autobiografia Spuren eines Lebens (1991), e
di gerarchi comunisti quali Markus Wolf, fino al 1986
viceministro per la Sicurezza, che racconta la sua e la vita di
altri parlando dall'interno, dalle viscere del potere (Die
Troika, 1989).
-
- Questi libri mostrano solo raramente
una particolare qualità estetica o una revisione
particolarmente profonda della propria storia. Di tutt'altro
calibro invece sono testi come Das Eigentum di Braun o la
poesia Selbstkritik di Heiner Müller che nell'autunno
dell'89 fu recitata pubblicamente in un teatro di Berlino
Est.
-
- Meine Herausgeber wühlen in
alten Texten
- Manchmal wenn ich sie lese
überläuft es mich kalt. Das
- Habe ich geschrieben IM BESITZ DER
WAHRHEIT
- Sechzig Jahre vor meinem
mutmaßlichen Tod
- Auf dem Bildschirm sehe ich meine
Landsleute
- Mit Händen und
Füßen abstimmen gegen die Wahrheit
- Die vor vierzig Jahren mein Besitz
war
- Welches Grab schützt mich vor
meiner Jugend6.
-
-
- Comunque, la letteratura interessante
per argomenti e strategie narratologiche non si fa attendere a
lungo. Non stupisce il fatto che tratti sempre della RDT, della
sua decadenza e del periodo successivo nella nuova Germania,
poiché di tutti i temi possibili quello della RDT
è "quello più caro alla DDR-Literatur" (W.
Emmerich). E questo, seppur in maniera ridotta, è valido
ancora oggi, nonostante siano trascorsi più di dieci
anni.
-
- Occorre però distinguere due
generi di opere, da un lato opere che ripensano a posteriori
all'ormai scomparso stato tedesco degli "operai" e dei
"contadini" con tristezza, malinconia e mistificazione o che
per lo meno ne favoriscono tale chiave di lettura, in cui si
riscontra uno sguardo nostalgico verso il passato di un Paese
che molti ancora oggi vedono come "patria derubata" (come
osservò in modo appropriato Günter Kunert).
È il caso dell'Heimatroman, il 'romanzo della
propria terra', come Der Laden 3 (1992) di Erwin
Strittmatter che nei nuovi Länder raggiunse
tirature da bestseller, e di Ein weites Feld
(1995) di Günter Grass: "Vogliamo esserci e viverci,
vogliamo essere descritti in modo caloroso e dettagliatamente
esatto", scrive a proposito con sarcasmo l'ex-Ossi Christoph
Dieckmann. Nello stesso stile troviamo anche Im Schatten des
Regenbogens (1993) di Helga Königsdorf, narrato dal
punto di vista di un gruppo di anziani, prepensionati nella
nuova Germania, addirittura scacciati dal rifugio della casa
comune loro.
-
- Dall'altro lato vi sono opere come
Der Zimmerspringbrunnen (1995) di Jens Sparschuh, il cui
sottotitolo è anche Heimatroman, ma descrive in
modo sarcastico la Ostalgie. Si tratta di un romanzo
tragicomico su un ex-dirigente dell'amministrazione per gli
alloggi, anch'egli licenziato, che però si rifà
una nuova carriera a Berlino Est come rappresentante di una
ditta che fornisce fontane per il salotto, e che termina con un
finale simile ad Ansichten eines Clowns di
Böll.
-
- Come vedremo, l'argomento della
repubblica orientale, intesa come punto di riferimento reale
oppure come dreamland, può essere trattato in
modo assai diverso. Per avere una visione d'insieme più
precisa è utile adottare una suddivisione di tipo
storico:
-
- 1. Letteratura del ricordo sui
quaranta anni di vita della RDT: un look back in anger,
un flash-back carico di rabbia come in
Spiegelland (1992) di Kurt Drawert, un romanzo-saggio
sulla ricerca di una vita perduta e la descrizione spietata dei
modelli imposti nell'infanzia. Oppure una descrizione della RDT
come scenario mortale dove regnano odio, violenza e cattiveria,
come in Abschied von den Feinden (1995) o Die
atlantische Mauer (2000) di Reinhard Jirgl. Oppure la
visione della vita a Est (e a Ovest) come purgatorio
dell'impotenza umana e poetica nel libro di Wolfgang Hilbig
Das Provisorium (2000). Adolf Endler, invece, sempre
inconfondibile giocoliere di parole, rimane coerente con se
stesso e getta uno sguardo tra l'ironico e il crudele sulla
realtà grottesca della RDT in Tarzan am Prenzlauer
Berg (1994). Stille Zeile Sechs (1991) di Monika
Maron tratta il complesso legame tra intellighenzia e potere,
mentre la giovane Katrin Asken, nata nel 1966 a Berlino Est,
nel suo terzo romanzo Aus dem Schneider (2000) descrive
le ultime tre ore e mezzo che una giovane donna trascorre a
Berlino Est prima della sua fuga in Occidente nel 1986, un
flash-back sulla vita della sua famiglia negli ultimi 50
anni. Gert Neumann affronta in Anschlag (1999), un'opera
dal linguaggio molto complesso, il problema di "come fa il
passato a parlare di sé?", fra tematiche difficili quali
il linguaggio dello stalinismo, dittatura e sottomissione,
miserie del socialismo reale e gioia di vivere, poesia e
censura. Il romanzo di Helga Schütz Grenze zum
gestrigen Tag, pubblicato nel 2000, focalizza la storia di
una famiglia nella RDT che vive sotto la minaccia della morte
nella striscia di fuoco al confine con la Germania occidentale
e dimostra in modo evidente come il riferimento alla esistenza
della RDT sia sempre attuale nonostante molti autori si
allontanino da questo tema. Il successivo abbandono di tale
soggetto si manifesta nelle ultime tre opere di Monika Maron,
uscite tra il 1991 e il 1998, e anche nell'ultimo romanzo di
Brigitte Burmeister Pollok und die Attentäterin
(1999), dove la RDT appare solo come un pallido riflesso.
Lo stesso vale per Napoleonspiel, romanzo del 1992 di
Christoph Hein, dove essa, proprio, non ha più alcun
valore, e per la scrittrice emergente Jenny Erpenbeck e il suo
brano in prosa Geschichte vom alten Kind (1999), storia
di una specie di Kaspar Hauser al femminile inframmezzata di
elementi che ricordano l'Oskar Matzerath di Grass. Sul versante
opposto troviamo Am Ende der Sonnenallee (1999), dove
Ingo Schulze torna a trattare appieno la vita della RDT
dimostrando che quest'esperienza rimane una fonte inesauribile
per la letteratura di lingua tedesca, come altrimenti non
potrebbe essere.
-
- 2. Durante tutto l'ultimo decennio
letterario sono stati pubblicati testi il cui tema centrale
è il periodo della svolta stessa. Oltre
all'Helden-Roman di Thomas Brussig ci sono altri libri
degni di nota anche se per ragioni diverse. Ad esempio Die
verkauften Pflastersteine (1990) di Thomas
Rosenlöcher, un Dresdner Tagebuch, come rivela il
sottotitolo, e cioè il diario del poeta oggi
cinquanatreenne dall'8.9.89 fino al 19.3.90, in cui descrive i
mesi decisivi della svolta fino alle prime elezioni libere
nella RDT, una breve autobiografia schietta, ferma e
autoironica di un eterno perdente di sinistra. Di tono
completamente diverso è la raccolta Die
Zickzackbrücke (1992) di Volker Braun, una miscellanea
del periodo 1988-91 di generi diversi, che spaziano dalla
poesia (v. per esempio Das Eigentum) alla prosa letteraria e
giornalistica e che esprimono il Furor melancholicus (W.
Emmerich), il disorientamento, la delusione e la lacerazione
dell'autore. Il romanzo di Erich Loest Nikolaikirche
(1995) racconta una cronaca familiare a Lipsia nella seconda
metà degli anni Ottanta, in cui è rappresentata
in maniera precisa e dettagliata la vita dalla parte del potere
nonché della resistenza. Al contrario, in
Trivialroman (1998) Hans Joachim Schädlich
raffigura la fine e la svolta descrivendo le ultime ore di una
banda di criminali abituali o mafiosi politici, narrate
dall'intellettuale opportunista del gruppo. Il racconto si
chiude con un lieto fine che corrisponde sia alla realtà
di tanti ex-funzionari della SED, sia al genere di letteratura
cui allude il titolo.
-
- 3. Infine la letteratura sulla nuova
Germania, un tema che non si esaurirà molto presto e che
scrittrici e scrittori anche dei vecchi Länder
continuano a trattare. A riprova di tale fenomeno ricordiamo
già nel 1991 Die Birnen von Ribbeck di F.C.
Delius e nel 1992 Wessis in Weimar di Rolf Hochhuth.
Mentre Delius, in un monologo lungo quasi 80 pagine, fa
riflettere un contadino tedesco-orientale sulla storia del suo
villaggio nel Novecento e critica in modo equilibrato la vita
sotto il feudalesimo, il socialismo e il (neo)capitalismo,
Hochhuth nelle sue Szenen aus einem besetzten Land,
così recita il sottotitolo, si schiera in maniera
polemica contro il "colonialismo" del governo Kohl nei
confronti dell'ex RDT. Tra le opere che rispecchiano la nuova
Germania ritroviamo naturalmente il Regenbogen-Roman di
Königsdorf e Zimmerspringbrunnen di Sparschuh,
così come il complesso psicogramma di Volker Braun sui
primi anni successivi alla svolta (Wendehals, 1995) e la
"commedia" di Christoph Hein Randow (1994), che
focalizza l'attenzione sul problema del cambiamento dei
rapporti di proprietà nei nuovi Länder, come
peraltro fa Peter Schneider in Eduards Heimkehr (1999).
Paradies (1997) di Bernd Wagner, invece, narra di una
fuga ritardataria nel 1992 dal paradiso degli operai e
contadini, nel frattempo ormai perduto, verso un occidente
ritenuto celestiale, fino a raggiungere poi il vero paradiso in
Grecia. Un romanzo on the road al femminile che ricalca
con grande partecipazione il tono femminista tipico della
Repubblica Democratica. Nel suo racconto Landschaft mit
Dornen (1993), tratto dalla sceneggiatura del film per la
TV, Uwe Saeger fa un secco inventario della vita nella
provincia della nuova Germania orientale. Protagonisti sono
quattro giovani sbandati, pieni di odio e disperati, che per
noia intraprendono un gioco mortale che alla fine
divorerà, oltre alla vittima, anche tutti loro. Anche
Ingo Schulze in Simple Stories (1998) 7
prende di mira una cittadina tedesco-orientale della Turingia e
racconta in modo laconico e distaccato, come nella tradizione
della tipica short story nordamericana, brevi, semplici e
all'apparenza quotidiane storie degli abitanti, comuni
cittadini con i loro pregi e difetti. Grazie
all'ingegnosità strutturale, per la quale si potrebbero
trovare analogie con il film Short Cuts di Altman, la
storia contemporanea si delinea attraverso i piccoli
avvenimenti di ogni giorno o come dice lo stesso Schulze: "Per
me la letteratura è il modo in cui osservare il mondo
rinchiuso in una goccia d'acqua". In Unter dem Namen Norma
(1994) di Brigitte Burmeister vengono sollevati, dal punto
di vista di una traduttrice di Berlino Est nel 1992, oltre alla
questione della Heimat come identità, biografia e
luogo di residenza, problemi quali i significati della memoria
storica, delle vittime e dei colpevoli, il tutto inasprito
dall'esempio di un'autodenuncia come presunta informatrice
della Stasi. Il rapporto tra finzione e realtà è
evidenziato anche dalla scelta dello pseudonimo Norma,
che può essere letto come l'anagramma della parola
tedesca Roman. La decisione del marito di fare carriera
nella Repubblica Federale e della moglie di non abbandonare il
vecchio ambiente risolleva, dopo più di trent'anni, una
costellazione che Christa Wolf aveva già elaborato in
Der geteilte Himmel 8,
anche se in circostanze storiche diverse.
-
- Già all'inizio degli anni
Novanta il Literaturstreit aveva fatto discutere sulle
possibilità di una nuova definizione dello spinoso
rapporto tra etica ed estetica, così come aveva
sollevato nuove riflessioni sul superamento del passato dopo
quarant'anni di dittatura socialista. Tutto ciò diventa
ora di un'impellente priorità, considerata
l'impossibilità di poter addurre come scusante
l'ignoranza dei misfatti o l'obbligo di aver dovuto obbedire da
bravi e ingenui sudditi postprussiani - com'era la prassi
comune nella Germania del dopo '45 di fronte al nazismo e
all'olocausto.
- Certamente non si può
strumentalizzare la critica di natura etica e morale degli
autori e non va dimenticato il modo responsabile con cui buona
parte di loro trattava la realtà e la storia, parte
integrante di ogni fase della letteratura tedesco-orientale,
che ovviamente ne ha determinato la peculiarità anche se
non sempre nello stesso modo. Sia l'evoluzione estetica - che
rientrava nella sovversione culturale del sistema da quando,
con Heiner Müller e Christa Wolf, raggiunse alti
riconoscimenti a livello mondiale - sia la quantità di
opere e autori fanno capire come questa letteratura abbia
sempre rivestito un ruolo completamente diverso da quello
dell'emigrazione interna durante il nazifascismo. Fra questi va
ricordato Uwe Johnson che notoriamente appartiene ai precursori
della nuova letteratura in lingua tedesca del secondo
dopoguerra. Entrambi i suoi primi due libri, scritti ancora
nella RDT, così come la sua opera omnia, forniscono il
paradigma di un rapporto felice, fecondo e dialettico tra arte
e morale. Ma è necessario ricordare anche altri autori
'veri' della RDT come Volker Braun, Stefan Heym, Sarah Kirsch,
Wolf Biermann, Franz Fühmann, Günter de Bruyn, Heiner
Müller e la discussa Wolf, così come le opere sulla
crisi d'identità degli anni '70/'80, la letteratura
giovanile e femminile, nonché i testi rivoluzionari di
Irmtraud Morgner o F.R.Fries, che a metà degli anni '60
hanno fatto sì che la letteratura della Repubblica
Democratica entrasse nella sua fase moderna. Non a caso,
allora, concetti quali "sconfinamento" e "rottura dei
tabù" diventarono i preferiti dei critici e degli
studiosi.
- Tra tutti i nomi che costituiscono il
panorama della letteratura tedesco-orientale ricordiamo solo
quelli che sono riusciti a crearsi uno spazio come autori e a
ottenere un certo riconoscimento anche a livello
internazionale. Molti di loro hanno lasciato e dovuto lasciare
la RDT per poter sopravvivere e scrivere: basti ricordare
Christa Reinig, Helga Novak, Reiner Kunze e Jürgen Fuchs,
quest'ultimo morto pochi anni fa di un tumore causato dalle
radiazioni somministrategli di nascosto dalla
Stasi.
-
- Altri autori si videro costretti a
denunciare una vita difficile e miserabile che non raramente
finisce con la morte precoce: Susanne Kerckhoff, nata nel 1918,
autrice dell'emigrazione interna, fu ridotta al silenzio e
cancellata dalla storia letteraria della RDT a causa della sua
mancanza di disponibilità ad adattarsi alle regole del
regime. Si suicidò nel 1950. Eveline Kuffel, classe
1935, scultrice e poetessa di famiglia proletaria e comunista,
si scontrò con le autorità in seguito alla fuga
di suo padre in Occidente. Dopo aver vissuto esperienze
traumatiche come la reclusione all'età di 15 anni e
l'allontanamento del figlio di due anni dopo il divorzio,
iniziò a scrivere - sotto osservazione della Stasi - e
non ebbe mai alcuna possibilità di essere pubblicata.
Svolgeva lavori occasionali, era alcolizzata e soffriva di
cancro alla laringe. Nel 1978 morì nel suo letto in
seguito a un incendio. Jutta Petzold, nata nel 1933, germanista
e poetessa, cominciò a essere spiata dalla Stasi quando,
all'inizio degli anni '60, alcuni suoi amici artisti
abbandonarono la RDT. Nel 1965 iniziò a scrivere, ma
finì per diventare paziente fissa della clinica
psichiatrica della Charité di Berlino Est. Hannelore
Becker, nata nel 1951, inizialmente conduce un'esistenza che
sembra attenersi alle aspettative del regime. Giudicata
un'autrice di talento, dopo la maturità viene assunta
come collaboratrice della Stasi; uno dei suoi compiti era
quello di fornire rapporti sulle conferenze di Franz
Fühmann. Per poter lavorare come scrittrice nel 1974 si
allontanò dalla Stasi e si mise a fare la commessa. Si
suicidò nel 1976.
-
- Il tragico bilancio della vita di
queste quattro autrici 9
rappresenta solo una piccola parte di tutte quelle vite e opere
d'arte 'buttate al macero' durante la dittatura stalinista.
L'elenco delle vittime è lungo, troppo lungo per poterle
commemorare tutte. Ma la letteratura permette un'attiva
rielaborazione del lutto e anche quella dell'ultimo decennio
non fa eccezione. Sono stati pubblicati libri sinceri e
profondamente morali che trattano il dibattito sulla
complessità del passato e, leggendoli, risulta evidente
che nessuno che ha vissuto in quello stato o ha creduto nelle
sue fondamenta ideologiche può credersi privo di
colpa (dall'omonimo pezzo teatrale di Uwe Saeger, 1988),
poiché il coinvolgimento e la complicità avevano
raggiunto livelli troppo alti. O per dirla con le parole di
Wolf Biermann, poeta di esemplare capacità autocritica:
"Siamo stati troppo intrecciati, incastrati e imparentati con i
nostri avversari. I profondi rapporti familiari con i nostri
nemici mortali non si affievolirono mai perché noi tutti
portavamo la contraddizione dentro di noi... E tutto l'odio, il
veleno, il fiele scaturirono da questo legame familiare con i
nostri oppressori".
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- Molti dei testi qui citati si sono
occupati di questo tema con serietà e impegno; primi fra
tutti ricordiamo un'altra volta: "Ich" (Wolfgang
Hilbig), Die Reise des Jona (Manfred Jendryschik),
Helden wie wir (Thomas Brussig), Medea (Christa
Wolf), Spiegelland (Kurt Drawert), Von der
Schwierigkeit, Westler zu werden (Klaus Schlesinger, 1998),
Nikolaikirche (Erich Loest), Trivialroman (H.J.
Schädlich), Unter dem Namen Norma (Brigitte
Burmeister), Stille Zeile Sechs (Monika Maron),
così come le autobiografie di Heiner Müller
(Krieg ohne Schlacht, 1992), Günter de Bruyn
(Vierzig Jahre, 1996), Erich Loest (Der Zorn des
Schafes, 1990/ Durch die Erde geht ein Riss, 1991) e
di Stefan Heym (Nachruf, 1988).
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- Siccome ci si è trovati
coinvolti troppo a lungo e in maniera troppo profonda in "un
caos difficile da intuire, causato da un popolo sconvolto che
proteggeva in modo apprensivo la sua prole e le raccontava con
voce tremante un sacco di fandonie sulla Nuova Vita in un Tempo
Nuovo" (Martin Ahrends, Sonderbare Begegnungen), e vista
la buona messe letteraria riscontrabile già alla fine
del primo decennio dopo la svolta, si può ritenere con
ottimismo che il processo di chiarimento storico e di
rielaborazione poetica appena iniziato ci offrirà ancora
altri testi di narrativa assai intensi nella loro duplice
valenza etica ed estetica.