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BIBLIOGRAFIA

Sommario Culture 2000

NOTE  
 
* Il presente articolo è basato sulla mia tesi di laurea "La South African Students' Organisation (SASO) nella storia politica e culturale del Sudafrica, 1969-1990" discussa presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano il 15 marzo 2000, relatore la prof. Itala Vivan, correlatore il prof. Maurizio Antonioli.
1 Si veda Vivan (1996). Un'analisi dell'opposizione nera si trova in Kane-Berman (1993); Liebenberg et alii (1994); Mandela (1997); Marx (1992). Il carattere 'consequenziale'degli avvenimenti politici richiede, infine, uno sguardo d'insieme sulla storia del Sudafrica. Si consiglia a questo proposito il recente Welsh (1998).
2 L'idea che il modo migliore per risolvere il disagio sociale fosse intervenire nell'istruzione degli africani era da tempo sostenuta dal NP: "Education is the key to the creation of the proper relationship between European and non-European in South Africa. [...] Put native education on a sound basis and half the racial questions are solved" (The Eiselen Report, cit. in Kallaway: 1984, 176).
3 Gli istituti universitari etnici furono i primi simboli dell'apartheid a dover fronteggiare tale situazione: "The dilemma for the authorities at the University is obvious: how could they allow the students to join what was increasingly becoming a 'Black Power' organisation? But how could they refuse permission to join an organisation of the type they had been pushing students to form for a number of years?" (Van der Merwe, Welsh: 1972, 131).
4 La filosofia della Black Consciousness, per l'insistenza su aspetti psicologici e culturali, ai quali si intendeva dare una connotazione rivoluzionaria, fu senza dubbio un prodotto tipico di quegli anni. La semplice constatazione temporale &endash; il BCM fu lanciato "ufficialmente" sul finire degli anni '60 &endash; induce a pensare che i leader del movimento black in Sudafrica si fossero limitati a importare le idee di pensatori africani e da oltre oceano che avevano riscosso da tempo un grande successo nelle singole realtà locali e in tutto il mondo. Ciò non è del tutto vero. Le teorie della New Left e della decolonizzazione, il pensiero di Mao in Cina, di leader del Black Power come Malcolm X, Stokely Carmichael, Eldridge Cleaver, di teorici della liberazione come Paulo Freire e Frantz Fanon, nonché di eroi nazionali come Amilcar Cabral, Julius Nyerere, Kwame Nkrumah e Leopold Senghor rappresentarono un'occasione nuova per uscire dal ristagno culturale e politico venutosi a creare dopo Sharpeville. Tali teorie furono utilizzate come strumenti critici per comprendere appieno l'unicità della situazione in Sudafrica, rinnovando il pensiero politico classico ancorato alle infruttuose pratiche non violente dell'ANC e alla lacunosità organizzativa e ideologica del PAC. In ognuno dei pensatori sopra ricordati è possibile trovare una parte della Black Consciousness, ma la comprensione del movente, dello spirito di coloro che si batterono in quegli anni, e della natura e dei risultati raggiunti dal BCM, sarebbe impossibile se non lo si inquadrasse nella realtà socialmente esplosiva del Sudafrica degli anni '70.
5 La mozione Mokoape, sul passaggio del BCM alla fase 2, relativa alla lotta armata, fu l'esempio più clamoroso delle continue discussioni interne al movimento sul programma più adatto alla liberazione. Cfr. K.Mokoape et alii, "Towards Armed Struggle", in Pityana et alii (1992: 137 ss.); e le pubblicazioni di Acta Academica, vol. 24 (3), settembre 1992 e vol. 25 (2-3), dicembre 1993.
6 La linea strategica adottata dall'ANC con il documento di Morogoro del 1969 prevedeva che la rivoluzione armata sarebbe stata portata a termine prima della conquista politica del potere, e a prescindere da essa. Tuttavia, il documento di Morogoro era sì una sorta di programma rivoluzionario, ma consisteva in una elaborazione di poche clausole della Freedom Charter. Il contrasto con le attività di Umkhonto we Sizwe (MK) in esilio e l'insoddisfazione rampante in Sudafrica fu evidente, poiché in seguito all'incontro di Morogoro "the ANC's ideological position remained noticeably conservative (and realistic)" (Lodge: 1983, 311). Si scoprì alcuni anni più tardi che la presenza dell'ANC in Sudafrica fu molto attiva durante tutti gli anni '70 e, soprattutto, durante la rivolta di Soweto. Tramite suoi rappresentanti in patria, come Super Moloi e Roller Masinga, l'ANC riuscì a stabilire un solido rapporto con il Soweto Students Representative Council (SSRC), fornendo un valido supporto logistico (Karis, Gerhart: 1997, 279).
7 Mokgethi Motlhabi fa notare che la non-confrontation con lo Stato fu assoluta: "The BCM took non-collaboration seriously. It planned no acts of resistance, led no defiance campaigns, offered no resolutions, sent no deputations, requested no negotiations; [...] on no occasion did the BCM attempt to make any direct demands or protest to the government regarding the black condition" (Graybill: 1995, 93).
8 Una posizione, questa, chiaramente ereditata dal PAC. Dieci anni prima, Robert Sobukwe, presidente del PAC, dichiarava che il suo movimento "believes that cooperation is possible only between equals. There can be no co-operation between oppressor and oppressed, dominating and dominated. That is collaboration, not co-operation. And we cannot collaborate in our own oppression!". The Africanist, gennaio 1959, in Karis, Carter (1971-77, III: 507).
9 La mia personale teoria sulle diverse interpretazioni del BCM, e sulla evidente asimmetria tra la filosofia della Black Consciousness e il suo principale veicolo di diffusione tra i giovani, cioè la SASO, si trova in Sana, E. (2000), La South African Students' Organisation (SASO) nella storia politica e culturale del Sudafrica, 1969-1990, Università degli Studi di Milano, Tesi di Laurea.
10 Questa capacità organizzativa del BCM nasceva da una solida preparazione teorica e culturale dei leader. Questi furono notevolmente più attivi dei padri nella ricerca e nello sviluppo di nuove idee che potessero contribuire alla liberazione. Sia sufficiente qui ricordare la prima impressione sul clima interno al BCM avuta da un membro della SASO: "you expected to find people in some conversation or another; very friendly people, warm and accomodating, non-hierarchical and always involved in debates, always something exciting and always with a new angle to develop" (M. Langa, cit. in Pityana et alii: 1992, 29)
11 Simbolo di questo nuovo modo di vedere la lotta di liberazione fu il lancio della Black Review, completo annuario delle attività compiute da e per la popolazione di colore in Sudafrica. Nelle speranze degli editori, la rivista avrebbe dovuto sostituirsi al liberal South African Institute of Race Relations (SAIRR), in cui "the impression given was that of a totally powerless and hopeless people [contributing] in no small measure to the poor self-image blacks had of themselves" (Pityana et alii 1992: 161). L'obiettivo di questa, come di tutte le restanti attività e i programmi del BCM era quindi socio-pedagogico e, al limite, politico-rivoluzionario, poiché "Black Review [...] is designed to inform the black community about what they did and what happened to them during the year under review so that the leaders in looking ahead can focus sharply on desired changes" (Black Review, 1972).
12 Con una efficace espressione, Barney Pityana parlava di "unpeopled people of this our land of birth" (Van Der Merwe, Welsh: 1972, 175).
13 Nella difficile scelta del going-it-alone, la NUSAS e la sua politica multirazziale furono il più grande ostacolo da superare nei primi anni del BCM, quelli del suo primo radicamento tra la popolazione universitaria. Il largo seguito avuto dalla NUSAS tra i giovani neri non deve portare però a sopravvalutare l'importanza di tale organizzazione che, non solo fu repentinamente messa nell'ombra con l'emergere di un movimento all-black come la SASO, ma aveva anche raccolto adesioni non per motivi di affinità ideologica, quanto piuttosto per il desiderio di "disobbedire" al regime dello sviluppo separato optando per un'organizzazione multirazziale e, soprattutto, facendolo di testa propria: "In seeking affiliation, the black students were demanding the right to associate with organisations of their own choice, and the more intransigent the govenment showed itself, the more determined the students seemed to become" (Hirson: 1979, 65-69).
14 "Editorial", in SASO Newsletter, settembre 1970. Tale definizione di "black" permetteva, inoltre, di attribuire un nuovo significato al termine "non-white". Esso stava a indicare coloro che si sentivano neri soltanto fisicamente, ma che per stile di vita e aspirazioni sociali appartenevano al mondo dei bianchi. Capitalisti indiani, proprietari coloureds, individui che lavoravano in varie istituzioni dell'apartheid, dai bantustan ai corpi di polizia, erano da considerare senz'altro non-white, una categoria di mezzo difficilmente inquadrabile nello scontro bipolare tra dominatori e dominati e destinata a non avere alcuna utilità. Soprattutto le autorità delle homeland divennero il bersaglio preferito degli attacchi dei membri del BCM.
15 Tale aspetto non fu colto da tutti i membri della SASO e fu al centro di accese discussioni nel momento di tracciare il programma dell'organizzazione, sua naturale erede: l'Azanian People's Organisation (AZAPO). La scelta del going-it-alone su base razziale divenne il principio cardine e ineludibile della sua campagna politica, e ciò ha portato l'AZAPO a boicottare le prime elezioni democratiche, scelta rivelatasi errata come si vide nelle elezioni del 1999, le quali hanno segnato la scomparsa definitiva del BCM su un piano politico.
16 L'elaborazione di una politica economica originale, né socialista, né liberista, fu un'ulteriore espressione del proposito di non escludere alcuna categoria sociale dalla lotta di liberazione. Il Black Communalism fu uno degli aspetti meno incisivi del BCM, e ciò si ripercosse sui rapporti con il mondo del lavoro e le generazioni più mature, impedendo al BCM di assumere quel carattere di massa che gli mancò durante gli anni '80 e '90.
17 BCP fornirono agli studenti l'opportunità di utilizzare le proprie capacità al servizio della comunità; accrebbero negli stessi un senso di dovere verso la propria gente, e diedero senso all'espressione più volte usata nello spiegare il BCM: "We are BLACK students not Black STUDENTS!". I BCP intendevano inculcare nei giovani studenti e nella comunità nera la "self-reliance" che era vista come il primo passo verso la "self-emancipation": "The BCP see clearly the need to move beyond rhetoric and nostalgia to a creative involvement with the black community as a whole, building organisational bases from which that community can move forward to a position of power" (Randall: 1972, 34).
18 Come ignorare l'enorme partecipazione con cui persino i giovani sudafricani di oggi ricordano il leader nero morto per sostenere la loro causa? La giovane età, la sua esistenza senza compromessi e la relativa vicinanza degli eventi, rendono gli studenti neri, insoddisfatti della situazione politica attuale, molto più sensibili alla figura di Biko piuttosto che a quella di altri leader storici, tra cui Nelson Mandela. Presso università e locali pubblici delle maggiori città del paese non sono infrequenti scritte commemorative come "12/9/77 murdered: your spirit lives on".
19 La situazione per il BCM cambiò dopo la metà degli anni '70 quando i giovani leader del gruppo, svanita la possibilità di continuare a operare legalmente, date le repressioni del regime, si resero conto dell'opportunità di stabilire contatti con le organizzazioni in esilio, sia per fornire ai giovani un'adeguata preparazione militare in vista di una possibile escalation della lotta armata, sia per allargare il fronte dell'opposizione interna.
20 Si pensi a Oswald Mtshali, Mongane Serote, Mandla Langa, Mafika Gwala e Sipho Sepamla.
21 e ci si limita al settore politico, il numero di esponenti dell'ANC oggi al potere che furono protagonisti nelle organizzazioni del BCM è davvero considerevole. Tra questi si ricorda Patrick Lekota, oggi ministro della Difesa, Cyril Ramaphosa, segretario generale dell'ANC, Popo Molefe e Frank Chikane, membri dell'ANC National Executive, Mohammed Valli Moosa, ministro dell'Ambiente e del Turismo, e Nkosazana Dlamini Zuma, ministro degli Esteri.
22 N. Mandela, "Address at the commemoration of the twentieth anniversary of Steve Biko's death", sul sito internet http://www.anc.org.za
 
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Bibliografia

Monografie
 
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Documenti e riviste
 
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SASO Newsletter, settembre 1970
SASO Policy Manifesto (1971), in BADAT, S. (1999), Black Student Politics, Higher Education and Apartheid. From SASO to SANSCO, 1968-1990, Pretoria, Human Sciences Research Council, Appendix 1.
 
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