Corrado Molteni
 
ANALISI ECONOMICHE ED INNOVAZIONE LESSICALE: IL LIBRO BIANCO SULL'ECONOMIA GIAPPONESE
 
 
 
Premessa
 
La lingua dell'economia, come del resto la gran parte delle altre lingue speciali, settoriali o specialistiche legate ai diversi ambiti disciplinari, 1 è caratterizzata da un fenomeno di continua innovazione lessicale. Tale processo avviene attraverso l'introduzione di neologismi e, nel caso specifico dell'economia, soprattutto per mezzo di prestiti da altre lingue e dall'inglese in particolare. Ciò vale anche per il "giapponese economico", il cui lessico specialistico si è arricchito negli ultimi tre lustri di numerosi prestiti e neologismi coniati per illustrare e interpretare il fenomeno della bolla speculativa verificatosi nella seconda metà degli anni ottanta, e la successiva e conseguente crisi finanziaria.
 
In questo saggio, si analizza l'innovazione lessicale più recente, prendendo spunto dalla pubblicazione da parte della Agenzia per la Pianificazione Economica (Keizai Kikaku Chô) del Libro Bianco (Keizai Hakusho) sull'economia giapponese nell'anno fiscale 1999 (Keizai Kikaku Chô: 2000) 2. Questa pubblicazione, ricca di informazioni e dati statistici, presenta ogni anno una sintesi ragionata dei principali fatti economici e le previsioni per il futuro, formulate dagli economisti dell'Agenzia. Si tratta di un documento ufficiale che espone il punto di vista del governo sugli avvenimenti dell'anno fiscale appena terminato e delinea i futuri interventi di politica economica. E proprio per il suo carattere ufficiale il Libro Bianco usa un linguaggio tecnico e rigoroso, da addetti ai lavori. Un linguaggio che si arricchisce in continuazione in coincidenza con l'emergere di nuovi problemi e fenomeni economici.
 
Nelle pagine seguenti, si analizzano i termini e le espressioni caratterizzanti l'ultimo Libro Bianco. Obiettivo dell'analisi è duplice: da un lato, spiegare e contestualizzare l'uso di queste innovazioni lessicali e, dall'altro lato, fornire una chiave di lettura dei fenomeni economici.
 
Per la ricerca si è utilizzato anche l'Ekonomisto, il settimanale economico giapponese, che ogni anno dedica un numero speciale al Libro Bianco: numero speciale che, tra l'altro, contiene un'ampia sezione sui termini chiave del rapporto (Ekonomisto, luglio 2000). Inoltre, uno strumento utile per l'analisi linguistica è la pubblicazione di Imidas che commenta i principali fatti economici e dati statistici dell'economia giapponese negli ultimi anni (Imidas: 1999).
 
Prima di affrontare l'analisi lessicale è tuttavia opportuno e necessario ricordare brevemente le caratteristiche fondamentali della struttura lessicologica del giapponese 3. In estrema sintesi, i vocaboli giapponesi possono essere raggruppati in quattro categorie: wago, kango, gairaigo e konshugo. Con wago si indica il lessico d'origine esclusivamente giapponese come, per esempio, kawase (cambio) e kashidashi (prestito). Sono tuttavia relativamente pochi i termini economici che rientrano in questa categoria. Kango, che letteralmente significa vocabolo cinese, indica invece il ben più numeroso lessico di origine cinese. Significativi esempi sono quelli di keizai (economia), shijô (mercato) e shijô keizai (economia di mercato). In questa categoria sono dunque compresi molti concetti dell'economia di origine occidentale per i quali si usano ideogrammi e letture cinesi. Alla terza categoria, quella dei gairaigo, appartengono i prestiti da lingue straniere che non siano il cinese: prestiti che non sono scritti con gli ideogrammi ma con l'alfabeto fonetico katakana. Fanno parte della categoria dei gairaigo termini come infure (inflazione), baburu (bolla speculativa) dall'inglese bubble, e risesshon (recessione). Infine la categoria konshugo, termini ibridi, contiene almeno sei tipi di voci: cinese-giapponesi, giapponese-cinesi, occidentale-cinesi, cinese-occidentali, occidentale-giapponesi e giapponese-occidentali. Fanno parte di questa categoria termini fondamentali come keizai shisutemu (sistema economico) e kinyû shisutemu (sistema finanziario), nonché numerosi neologismi come enyasu (yen debole) e endaka (yen forte). Facendo riferimento a questa classificazione, analizziamo dunque alcuni esempi significativi di innovazione lessicale.
 
I problemi strutturali dell'economia giapponese e il processo di innovazione linguistica
 
Il Libro Bianco appena pubblicato si compone sostanzialmente di due parti: una prima nella quale si analizza la congiuntura economica, e una seconda nella quale si esaminano invece le condizioni per uno sviluppo economico duraturo e sostenibile (jizokuteki hatten).
 
Nella prima parte, l'analisi si sofferma sulle cause della contrazione delle attività economiche e, in particolare, sul problema dell'eccesso di capacità produttiva, di manodopera e di debiti contratti dalle imprese. In giapponese i termini corrispondenti sono: kajô setsubi, kajô koyô e kajô saimu. Si tratta di tre lessemi complessi ciascuno dei quali è costituito da due vocaboli di origine cinese, di cui il primo (kajô) esprime il concetto di eccedenza e il secondo indica la risorsa in eccesso. Questo trinomio illustra in modo efficace i principali problemi che l'economia giapponese deve affrontare in questa fase: un eccesso strutturale di investimenti in attrezzature produttive, risorse umane sottoutilizzate e un livello di indebitamento particolarmente elevato.
 
Tuttavia, relativamente al primo problema - l'eccesso di capacità produttiva o, letteralmente, di impianti (setsubi) - il Libro Bianco sottolinea come la situazione stia gradualmente migliorando. Infatti, dopo aver raggiunto nel primo trimestre del 1999 un picco con 56mila miliardi di yen, il valore della capacità produttiva in eccesso ha cominciato a diminuire, anche se il problema rimane acuto per i settori della siderurgia, del tessile e dei mezzi di trasporto.
 
Relativamente al problema del livello dell'indebitamento, l'analisi si basa sul rapporto tra debiti e fatturato, termine tecnico che in giapponese si traduce con uriagedaka saimu hiritsu, una complessa espressione ideografica che viene letta in parte alla giapponese (uriagedaka, che significa valore del fatturato) e in parte alla cinese (saimu e hiritsu che significano rispettivamente debito e rapporto). Questo rapporto è fortemente cresciuto a partire dalla seconda metà degli anni ottanta, in coincidenza con il formarsi della bolla speculativa, e solo recentemente sembra si sia stabilizzato. Inoltre, il livello di indebitamento è molto pù elevato nel settore non manifatturiero (hiseizôgyô), dove supera il 50 % del fatturato rispetto al settore manifatturiero (seizôgyô), dove si attesta intorno al 35 %. In questa parte dell'analisi viene spesso usato anche il termine di furyô saiken, che è la traduzione letterale dell'inglese bad loans. Il termine di furyô saiken o crediti difficilmente esigibili non è un neologismo ma il suo uso ricorrente caratterizza la letteratura economica degli anni novanta, quando molte imprese e istituzioni finanziarie giapponesi si sono trovate sull'orlo - e in alcuni casi nel mezzo - di una grave crisi finanziaria.
 
I problemi strutturali sono anche all'origine del fenomeno deflazionistico che nel giapponese economico viene indicato con il termine di defure supairaru dall'inglese deflation spiral, traducibile in italiano con spirale deflazionistica. Defure supairaru fa parte della categoria dei gairaigo, ma va notato che il termine giapponese, pur derivando da quello inglese, ha subito una modifica attraverso la trasformazione/elisione di parte del primo vocabolo. Si tratta di un fenomeno abbastanza frequente nel caso di prestiti da lingue occidentali. Esempi significativi sono termini come il già citato infure da inflation e risutora da restructuring, ovvero ristrutturazione, un altro neologismo entrato a far parte del linguaggio dell'economia nel corso della recessione degli anni novanta. Periodo che nella stampa economica - ma non nel Libro Bianco - è spesso indicato come il decennio perduto o, in giapponese, "ushinawareta 90 nen dai" (Asahi Shinbun: 2000, p. 3).
 
Va inoltre sottolineato come nel Libro Bianco si faccia uso frequente di numerosi termini specifici delle più recenti teorie economiche come, per esempio, eejenshii kosuto, o costi d'agenzia, che mostrano come gli economisti governativi siano molto aggiornati anche dal punto di vista teorico.
 
Sempre in tema di prestiti linguistici, va notato come questi siano particolarmente numerosi nella parte del Libro Bianco dedicata all'analisi delle variabili finanziarie. In pratica in questo campo in Giappone, come del resto in molti altri paesi, si utilizzano quasi esclusivamente vocaboli adottati dall'inglese. Troviamo così termini come manee sapurai (money supply o offerta di moneta), manetarii beesu (base monetaria), basuketto (paniere, inteso come insieme di azioni sul quale viene calcolato l'indice di borsa), risuku (rischio) e deforuto (insolvenza o adempienza), un altro termine ricorrente che segnala lo stato precario delle finanze di molte imprese e anche di istituzioni finanziarie.
 
In tema di finanza, un importante neologismo è zero kinri seisaku, un termine ibrido, traducibile con politica monetaria con tasso di interesse zero: politica che è stata adottata dalla Banca del Giappone durante il 1999 e che è stata cambiata solo recentemente. Una politica che mirava a stabilizzare i mercati finanziari e, contemporaneamente, ad agevolare gli investimenti delle imprese, ma che è stata abbandonata quando è terminata la fase più critica dell'emergenza finanziaria, nonostante che la decisione sia stata contrastata fino all'ultimo dallo stesso governo e dal Ministero delle Finanze in particolare. Un episodio, questo, che ben illustra il grado di autonomia conquistato negli ultimi anni dalla Banca del Giappone che è riuscita a tagliare il cordone ombelicale che la legava al Ministero.
 
Il Libro Bianco dedica anche molto spazio all'analisi del cosiddetto japan puremiamu, ovvero del premio addizionale che le banche giapponesi hanno dovuto pagare nella forma di tassi di interessi più elevati che il mercato richiedeva come compenso per il maggior rischio che si assumeva prestando ad istituzioni giapponesi. Come si sottolinea nel volume, il japan puremiamu ha raggiunto una valore massimo di 60 punti percentuali nell'ottobre 1998. Successivamente è gradualmente diminuito fino a sparire del tutto nel corso del 1999, a seguito dell'approvazione di leggi a sostegno delle banche in difficoltà e, soprattutto, per l'iniezione di cospicui fondi pubblici (kôteki shihon chûnyû) nel capitale di quindici grandi banche.
 
Nella parte dedicata al sistema finanziario, molto spazio è riservato anche alla discussione di due fenomeni particolarmente importanti: la stretta creditizia (kashi shibori) praticata dalle banche soprattutto nei confronti delle piccole e medie imprese, e il risuku kanri, la gestione del rischio, funzione cruciale che le banche giapponesi hanno sinora relativamente trascurato. Nel valutare il grado di rischio dei prestiti concessi o da concedere, le banche giapponesi hanno infatti sempre dato molta importanza alle garanzie reali e, in particolare, al valore degli immobili che venivano depositati dalle imprese e dagli individui come garanzia per i prestiti ricevuti. Tale politica era logica e giustificata in una situazione come quella del Giappone degli anni della rapida crecita economica: anni in cui il valore degli immobili continuava a crescere. Lo è diventata molto meno negli anni novanta e dopo lo scoppio della bolla speculativa, quando sono invece diventate necessarie competenze tecniche e finanziarie per la valutazione dei rischi connessi agli investimenti che le banche finanziano; competenze che solo recentemente le banche giapponesi hanno iniziato a formare.
 
Il Libro Bianco si sofferma a lungo anche sull'andamento dei profitti aziendali (kigyô shûeki) e sui problemi della finanza pubblica (zaisei) e del deficit pubblico (zaisei akaji, letteralmente finanza in rosso). Relativamente al primo aspetto, si sottolinea come l'evidente aumento dei profitti aziendali non si traduca ancora in un aumento degli investimenti, ma venga utilizzato prioritariamente per ridurre l'indebitamento.
 
Per quanto riguarda la finanza pubblica, il Libro Bianco ripercorre la storia degli ultimi trent'anni, partendo dalIa crisi petrolifera del 1973, anno in cui fu registrato il primo disavanzo. Nell'anno fiscale 1999 tale disavanzo ha raggiunto un valore pari al 9,9 % del prodotto interno lordo (Pil) 4 secondo le stime contenute nel Libro Bianco: una percentuale così elevata che colloca il Giappone al primo posto fra i paesi del G7.
 
Contemporaneamente sta crescendo molto anche il debito accumulato (saimu zandaka) che ha raggiunto la percentuale record del 105,4 % del Pil, un valore di poco inferiore a quello del debito pubblico italiano.
 
Relativamente alla sostenibilità del debito pubblico, grande attenzione è dedicata all'invecchiamento della popolazione (kôreika) e al conseguente problema della ripartizione degli oneri tra le diverse generazioni. In quest'ambito molti sono i termini tecnici, alcuni dei quali innovazioni linguistiche recentemente entrate nel liguaggio economico come sedai kaikei (contabilità generazionale), sedaikan kakusa (differenza intergenerazionale) e sedaikan futan (oneri intergenerazionali). In particolare, con il termine di contabilità generazionale (sedai kaikei) si indica quel metodo che, sulla base di varie ipotesi, consente di calcolare per ogni generazione il valore netto dei benefici ottenuti o degli oneri sopportati, sottraendo all'ammontare complessivo delle imposte e dei contributi sociali pagati il valore delle prestazioni ricevute. Applicando tale metodo, il Giappone risulterebbe tra i paesi avanzati quello con il divario intergenerazionale maggiore, con tutte le conseguenze economiche, sociali e politiche che ciò comporta.
 
È dunque sostenibile il debito pubblico? È possibile che un giorno lo stato giapponese sia insolvente? Queste sono le domande che si pongono anche gli economisti dell'Agenzia. Si teme infatti che la crescita degli interessi sul debito pubblico produca un effetto valanga che potrebbe travolgere le finanze pubbliche. L'attenzione si focalizza soprattutto sul cosiddetto saldo primario (puraimarii baransu) che dal 1992 registra un disavanzo. Inoltre, si sottolinea come il previsto aumento delle spese per la sanità (iryôhi) e per le pensioni (nenkin) potrebbe generare entro il 2010 un disavanzo strutturale nell'ordine dell'8,75 % del Pil. Sulla base di tali considerazioni la risposta degli autori del Libro Bianco alle precedenti domande è pertanto sostanzialmentamente negativa.
 
Per evitare che si verifichi una crisi finanziaria nel Libro Bianco si propongono tutta una serie di drastiche misure riconducibili a quattro grandi categorie: 1) interventi sul processo di formazione del bilancio miranti a contenere le spese attraverso, per esempio, l'introduzione di tetti vincolanti (kyappu) a determinate spese e l'applicazione di rigorose procedure di valutazione dei costi e benefici dei diversi programmi; 2) riforme del sistema di sicurezza sociale (shakai hoshô seido kaikaku) e in particolare la riforma del sistema pensionistico che dovrebbe innalzare l'età pensionabile, rivedere il sistema di indicizzazione delle pensioni e aumentare i contributi a carico delle imprese e dei dipendenti; 3) aumenti di imposte e 4) riforme della pubblica amministrazione che potrebbero comprendere la riduzione del numero di dipendenti pubblici (kômuinsû no sakugen) e l'avvio di una nuova fase di privatizzazioni (mineika). Un programma radicale che se realizzato comporterebbe uno strutturale cambiamento del modello stesso della società giapponese; un programma, inoltre, sostanzialmente allineato sulle posizioni liberiste che prevalgono oggi in Giappone.
 
Nonostante i numerosi problemi evidenziati dall'analisi e le incertezze legate al livello elevato e crescente dell'indebitamento pubblico, il Libro Bianco dà tuttavia un giudizio sostanzialmente positivo sulle prospettive di breve e medio termine dell'economia giapponese: giudizio che appare evidente già dal sottotitolo. Per quest'anno infatti il sottotitolo scelto è: atarashii yo no naka ga hajimaru, traducibile con "l'inizio di un nuovo mondo". Un'affermazione forte che esprime la convinzione ma anche la speranza degli economisti governativi che la lunga recessione e la fase di grave instabilità fianziaria sia giunta al capolinea e che possa finalmente iniziare la ripresa economica che, per inciso, produrrebbe quella crescita del reddito nazionale e quindi delle imposte che potrebbero ridurre di molto l'incertezza circa la tenuta dei conti pubblici. Una convinzione quella degli economisti dell'Agenzia per la Pianificazione Economica che si basa su tre fattori. In primo luogo, i risultati positivi delle ristrutturazioni aziendali che stanno riducendo l'eccesso di capacità produttiva e il livello di indebitamento. In secondo luogo, la diffusione della ripresa economica negli altri paesi dell'Asia come appare, del resto, dall'andamento dei principali indicatori economici. E, in terzo luogo, la ripresa degli investimenti da parte delle imprese e, in particolare, degli investimenti nelle tecnologie informatiche (IT o jôhô gijutsu) che sono quelli che effettivamente fungono da traino in questa fase iniziale della ripresa.
 
Se tali ipotesi dovessero trovare conferma il prossimo Libro Bianco potrebbe quindi essere caratterizzato da un approccio profondamente diverso che comporterebbe, tra l'altro, l'accantonamento di molti vocaboli ed espressioni introdotti durante gli anni novanta, gli anni della recessione e delle crisi bancarie.