- Lingua
giapponese
- e scrittura
cinese
- nel
Kojiki (712 d.C.)
-
- di Aldo
Tollini
-
-
-
- Di seguito
tratterò di alcuni problemi connessi con l'adozione
della scrittura cinese da parte dei giapponesi nei primi secoli
della nostra era. Nella prima parte delineerò brevemente
l'aspetto storico, nella seconda affronterò i principali
problemi linguistici e infine, nella terza parte
mostrerò un esempio concreto di scrittura tratto dal
più antico testo scritto giapponese, il Kojiki.
Seguiranno alcune considerazioni conclusive.
-
-
- 1. Quadro
storico
-
- I giapponesi conobbero
la scrittura molto tardi, nei primi secoli della nostra era,
quando si intensificarono i rapporti con il continente e
specialmente con la Cina, che allora era il centro di
diffusione culturale più importante dell'Asia
orientale.
- I primi contatti con la
lingua e la scrittura cinese avvennero attorno al III secolo
d.C. e, tra la fine del IV secolo e l'inizio del V, tra i due
paesi vi erano attivi scambi che continuarono e si
intensificarono nei due secoli successivi. I giapponesi,
riconoscendo la superiorità della civiltà cinese,
importarono e fecero propri molti elementi culturali, compresa
la scrittura. Si trattava dell'ideografia cinese, un sistema
estremamente complesso di scrittura, di tipo non fonografico.
- Dopo di allora i
giapponesi iniziarono a produrre testi scritti: le più
antiche opere prodotte in Giappone sono di carattere storico e
risalgono all' VIII secolo. La più antica è il
Kojiki (Memorie degli Antichi Eventi) del 712, scritta
da Oo no Yasumaro (?- 723), di cui tratterò più
avanti.
- Si tenga presente che,
all'inizio, l'importazione della scrittura cinese in Giappone
non avvenne introducendo l'intero sistema dei caratteri cinesi
in blocco, né attraverso l'importazione dei singoli
caratteri ideografici (detti kanji in Giappone e d'ora
in avanti così chiamati). I giapponesi all'inizio erano
interessati ai testi cinesi attraverso i quali comprendere la
cultura continentale. Furono importati prevalentemente testi
religiosi buddhisti (sûtra e simili), che venivano
decifrati con l'aiuto di interpreti. È importante tener
presente che soprattutto ai primi stadi, i giapponesi
studiavano la lingua cinese (detta kanbun in Giappone)
per comprenderla e per riprodurla in quanto lingua cinese: in
questi termini ebbe luogo il primo contatto dei giapponesi con
i caratteri ideografici.
- Per i giapponesi del
tempo, il cinese era una lingua straniera che andava compresa e
studiata allo stesso modo di come oggi anche noi moderni
facciamo di fronte a una lingua straniera. Vi era però
una differenza considerevole: i giapponesi non conoscevano
altra lingua scritta che il cinese, perciò per loro
questa lingua era la lingua della scrittura. Di conseguenza,
nel primo periodo, e poi per molti secoli ancora, i giapponesi
usarono la lingua cinese per scrivere. Ci volle parecchio tempo
per trasferire la "tecnologia" della scrittura alla propria
lingua, e per fare questo dovettero inventare parecchi
"espedienti" al fine di adattare il sistema di scrittura
ideografico al giapponese del tempo. Di fatto, la lingua
giapponese antica (detta lingua yamato) per le sue
caratteristiche morfosintattiche non era adatta ad essere
scritta con un sistema ideografico. Sicuramente, un sistema
fonografico (alfabetico), che poi infatti fu inventato per
accompagnare e integrare la scrittura ideografica, sarebbe
stato di gran lunga più adatto. L'incontro con la
scrittura cinese condizionò fortemente tutti i
successivi sviluppi delle produzione scritta e della lingua
giapponese.
-
-
- 2. I problemi
linguistici
-
- L'uso dei caratteri
cinesi, nati in un ambiente linguistico isolante, per la lingua
yamato di tipo agglutinante richiese uno sforzo enorme
che si protrasse per secoli ed è testimoniato dai
diversi tentativi escogitati, tra cui vanno citati il
man'yôgana, il senmyôgaki, l'okototen e
soprattutto il kanbun kundoku1. Il risultato,
come sappiamo, è una lingua ibrida fortemente
caratterizzata dalla presenza di elementi cinesi sia a livello
lessicale, sia a livello più profondo.
-
- Per comprendere quale
problema si trovarono a dover affrontare i giapponesi quando
con il Kojiki iniziarono la produzione scritta, sono
necessarie alcune considerazioni fondamentali:
-
- 1. I giapponesi
dell'VIII secolo non avevano altro modello di lingua scritta
che il cinese (lingua a scrittura ideografica);
- 2. La lingua
yamato era strutturalmente molto diversa da quella
cinese;
- 3. La lingua
yamato, presentava grandi problemi di adattamento alla
scrittura ideografica, non essendo del tipo
isolante;
- 4. I giapponesi
leggevano il testo del Kojiki nella lingua yamato
e non in cinese.
-
-
- Nell'VIII secolo i
giapponesi percepivano il cinese come una lingua straniera
estranea al proprio sistema linguistico, tuttavia, essa era la
lingua della cultura e, comunque, l'unico modello di lingua
scritta. Il lessico cinese (kango) sarebbe stato
assorbito in modo consistente solo almeno un secolo e mezzo
più tardi e anche le influenze a livello
sintattico-grammaticale non erano ancora di alcuna
rilevanza.
- Se i giapponesi volevano
scrivere si trovavano a dover affrontare una delle seguenti
alternative:
- 1. scrivere in
cinese;
- 2. scrivere in lingua
yamato usando i caratteri cinesi per il loro valore
fonetico (man'yôgana);
- 3. adattare in qualche
modo la scrittura cinese alla lingua propria (sistema
misto).
-
- Di fatto, più di
un testo attorno a quel periodo fu scritto in lingua cinese
(kanbun), soprattutto testi di argomento religioso,
storico e ufficiale, mentre i testi poetici furono scritti nel
secondo modo. Tuttavia, fin dall'inizio, i giapponesi si resero
conto che era indispensabile trovare una qualche soluzione
operativamente praticabile per evitare gli inconvenienti
presentati dai due estremi: scrivere usando i caratteri cinesi
solo come fonografi o usandoli solo come semagrafi2.
La via intermedia, cioè ibrida, era difficile anche
perché costringeva a soluzioni miste raggiungibili solo
dopo lunghe sperimentazioni, come difatti
successe.
-
- I giapponesi non si
servirono semplicemente degli ideogrammi come strumento di
scrittura: per loro scrittura ideografica e lingua cinese erano
inscindibili. Essi avevano a modello la lingua cinese che era
la lingua della cultura superiore da imitare e avvicinarsi il
più possibile a quel modello era motivo di prestigio. Se
i giapponesi avessero semplicemente usato i caratteri cinesi in
modo strumentale avrebbero eliminato una serie consistente di
difficoltà, ma essi non avevano coscienza ancora
&endash; sarebbe venuta più tardi, per esempio con
l'invenzione dei kana 3 &endash; della
distinzione tra sistema di scrittura e lingua. Del resto, l'uso
dei caratteri cinesi era un fattore nuovo nell'ambito culturale
giapponese e quindi in via di codificazione. Al momento della
scrittura del Kojiki, e poco più tardi del
Man'yôshû 4, i giapponesi si
sforzarono di escogitare un codice di scrittura per la prosa
(sanbun) e per la poesia (inbun).
-
-
- L'imitazione di un
modello costrinse a scrivere su due piani diversi: quello
dell'aderenza al modello cinese che obbligava a costruzioni
frastiche innaturali per la lingua yamato e quello della
resa di particolarità autoctone senza le quali il
lettore non avrebbe potuto leggere il testo in giapponese. Una
scrittura in cinese e una lettura in cinese avrebbe eliminato
questa difficoltà, ma avrebbe avuto alcune conseguenze
negative, tra le quali la comprensibilità solo da parte
di una piccolissima parte della popolazione, la
difficoltà di esprimere un patrimonio culturale
autoctono in una lingua straniera stravolgendolo e la
difficoltà di utilizzare una lingua straniera.
Dall'interazione continua e contemporanea tra scrittura cinese
e lingua yamato nacque la scrittura del Kojiki
che viene definita hentai kanbun, ossia "kanbun
modificato", cioè cinese adattato alle esigenze della
lingua yamato. Per questi motivi, si trovano affiancate
nel Kojiki strutture prettamente cinesi che obbligavano
il lettore a continue decodifiche anche non facili e tracce
della lingua autoctona.
-
- La considerazione
secondo cui i giapponesi leggevano il testo del Kojiki
in lingua yamato è importante perché
obbliga ad alcune considerazioni. La più importante
delle quali è che occorrevano alcuni interventi
modificatori allo scopo di adattare la scrittura cinese alle
esigenze della lingua giapponese. Immaginiamo per un momento
quello che può essere successo nei casi frequenti di
adozione da una lingua straniera di un sistema di scrittura
fonografico. L'alfabeto veniva modificato e adattato con
integrazioni o eliminazioni in modo che potesse rendere
adeguatamente tutti i suoni della lingua ospitante. Così
è avvenuto, per esempio, con l'alfabeto fenicio che
è stato adattato prima al greco e quindi al latino. Vi
furono anche casi in cui un sistema di scrittura ideografico
è diventato fonografico o un sistema
misto5.
- Adattare un alfabeto ad
un'altra lingua significa ridisegnare la mappa delle
coincidenze tra suoni e simboli grafici. La sostanza della
lingua non ne viene influenzata: il sistema di scrittura
fonografico è neutro in quanto il segno grafico sta per
un suono indipendentemente dal valore semantico che ha o
potrebbe avere quel suono. Nel caso di un scrittura
ideografica6 i caratteri di scrittura hanno una
doppia valenza: una semantica e una fonetica, in cui la prima
è normalmente prevalente. Quindi, trasferire un sistema
ideografico da una lingua ad un'altra è un'operazione
più complessa che coinvolge anche il piano semantico,
nel senso che richiede un'operazione di "traduzione" dei
caratteri nella lingua ospitante. Nella maggior parte dei
casi7 l'operazione avviene in modo misto semantico e
fonetico. A volte i caratteri vengono usati per il loro valore
semantico, in altri, meno frequenti, per il loro valore
fonetico. I due piani si intersecano e sono compresenti a vari
livelli, a seconda delle strategie di adattamento
utilizzate.
-
- Per comprendere quali
strategie erano necessarie per decodificare in lingua orale
yamato i testi scritti in kanbun o hentai
kanbun, è necessario elencare le differenze
principali tra le due lingue. La lingua yamato aveva le
seguenti caratteristiche, rilevanti per il nostro
discorso:
-
- 1. La struttura era,
come è quella giapponese odierna, di tipo
agglutinante;
- 2. La struttura
fonologica era polisillabica, semplice e
povera;
- 3. Struttura sintattica
SOV;
- 4. La posizione di
alcune parti grammaticali erano rigidamente fisse: il
qualificatore prima del qualificato, il verbo a fine frase, le
preposizioni dopo il nome.
- 5. Non esistevano generi
grammaticali, né articoli.
- 6. La resa del plurale
si limitava normalmente ai pronomi personali.
- 7. La declinazione dei
verbi era priva di persona e numero;
- 8. Era presente la forma
onorifica;
- 9. Gli aggettivi erano
di tipo verbale declinabile.
-
- Le parole della lingua
yamato erano composte generalmente da una radice cui
seguivano uno o più suffissi che potevano essere
posposizioni indeclinabili o declinabili (cioè con
valore verbale). Di fatto, la radice dava il senso generale e
la parte posposizionale ne definiva i dettagli.
- Di contro, le
caratteristiche del cinese classico erano le
seguenti:
-
- 1. Una lingua isolante,
senza declinazioni e flessioni;
- 2. La struttura
sintattica era SVO;
- 3. La struttura
fonologica era normalmente monosillabica e
ricca;
- 4. Non esistevano generi
grammaticali, né articoli.
- 5. La posizione delle
parti grammaticali erano rigidamente fisse: il qualificatore
prima del qualificato, le preposizioni prima del nome.
- Alcune caratteristiche
sono comuni e quindi non creavano problemi, come per esempio
l'assenza dell'articolo e del genere, la scarsa resa del
plurale, l'assenza di declinazione per numero e persona dei
verbi. Altre caratteristiche della lingua giapponese ponevano
grandi problemi: per esempio la posizione del verbo a fine
frase (struttura SOV), la presenza degli onorifici, le
declinazioni verbali e aggettivali, la posizione delle
preposizioni. La questione più ardua era rappresentata
dalle posposizioni verbali. Infatti, il carattere ideografico
cinese poteva rendere senza alcun problema la radice
invariabile della parola, ma le difficoltà si
presentavano per la parte posposizionale
declinabile.
-
-
- 3. Esempio tratto dal
Kojiki
-
- Di seguito un brevissimo
esempio8 tratto dal Kojiki per mostrare in
concreto come avveniva la decodifica dal cinese al
giapponese9.
-
-
- Sequenza in kanji nel
testo originale:
-
- K1 - K2 K3 K4 K5 - K6 K7 K8
K9 K10 K11 K12 K13 - K14 K15 K16 K17// K18 K19 K20 K21 K22 K23
K24 K25// K26 K27 K28 K29 K30 K31 K32 - K33 K34 K35 K36 K37 K38
K39 K40 - K41 K42 K43 K44 K45 - K46 K47 K48 K49 K50 K51 K52 K53
K54 - K55 K56 K58 K57 K59 //
-
-
- Riordino sequenza dei
kanji al fine della lettura:
-
- K1 - K3 K4 K2 K5 -
K7 K8 K9 K10 K11 K12 K13 - K14 K15 K16 K17 K6// K18 K19
K20 K22 K23 K21 K24 K25//
- K27 K26 K28 K29 K30 K31 K32
- K35 K37 K38 K39 K36 K33 K34 K40 - K41 K42 K43
K44 K45 - K46 K47 K48 K49 K50 K51 K52 K53 K54 - K55 K56 K58
K57 K59 //
-
-
- N.B.:
-
- 1.I kanji in
grassetto sono stati spostati nel riordino.
- 2. In vari casi il verbo
è posizionato a fine frase secondo le regole
grammaticali del giapponese.
-
-
- Integrazione parti
mancanti:
-
- K1 - K3 K4.A K2 K5 - K7 K8
K9 K10 K11 NO K12 K13 - K14 WA K15 K16 TO IU K17 NI K6.I
TAMAHIKI// K18 K19 K20 K22 K23 K21 K24.E K25.RIKI// K27 K26 K28
K29 K30 K31 NO K32 - K35 K37 K38 K39 NI K36.I TO K33 K34 K40 -
K41 K42.TE K43.I K44.I TAMAE.K45 - K46 K47 K48 K49 K50 TO K51
K52 K53.I K54 - K55 K56 WO K58 NI K57.TE K59.ERI//
-
-
- N.B.:
-
- 1. Per le integrazioni
delle parti mancanti si è usato il criterio delle parole
in quanto composte di una radice invariabile e una parte
suffissa variabile. È quest'ultima quella riportata come
integrazione.
- 2. Il punto tra un
kanji e una parte integrata indica che al punto segue
una parte integrante della parola come una declinazione
verbale.
-
- Lettura:
-
- KARE - YARAWAETE - IZUMO
NO KUNI NO HI NO KAWAKAMI - NA WA TORIKAMI TO IU TOKORO NI
KUDARI TAMAHIKI// KONO TOKI HASHI SONO KAWA YORI NAGARE
KUDARIKI//
- KOKO NI SUSANOO NO
MIKOTO, HITO SONO KAWAKAMI NI ARI TO OMOOSHITE, TAZUNE MOTOMETE
NOBORI IKI TAMAEBA, OKINA TO OMINA TO HUTARI ARITE, WOTOME WO
NAKA NI OKITE NAKERI.
-
-
- N.B.: la lettura data
è quella secondo la ricostruzione della lingua del
tempo.
-
-
- Traduzione:
-
- "Dunque, (Susanoo) fu
cacciato, e scese (dall'Altopiano del Cielo) in un posto
chiamato Torikami, (all'altezza del) corso superiore del fiume
Hi nel paese di Izumo. Allora, vennero giù lungo la
corrente del fiume dei bastoncini (usati per
mangiare).
- Così Susanoo
pensò che nella parte superiore del fiume ci fosse
qualche persona e risalì il fiume andando in cerca di
costoro, e (incontrò) un vecchio e una vecchia e una
ragazza giovane che tra costoro piangeva".
- Corrispondenze:
-
- K1 : KARE = "dunque",
espressione per introdurre una narrazione;
-
- K2 : E = particella
verbale passivante;
-
- K3 + K4: YARAW(A):
"scacciare" (radice verbale di YARAHU);
-
- K5 : TE = particella
sospensiva che indica la continuazione
dell'azione;
-
- K6 : KUDAR(I) TAMAHIKI =
"discendere" (verbo composto da KUDARU e TAMAHU nel tempo
passato. TAMAHU è verbo onorifico);
-
- K7 + K8 : IZUMO : nome
di una località del Giappone
occidentale;
-
- K9 : KUNI :
"paese";
-
- K10 : NO : particella di
specificazione, "di";
-
- K11 : HI : nome proprio
di un fiume;
-
- K12 + K13 : KAWAKAMI
:"parte superiore di un fiume";
-
- K14 : NA :
"nome";
-
- K15 + K16 : TORIKAMI :
nome di una località di Izumo;
-
- K17 : TOKORO :
"luogo";
-
- //
-
- K18 : KONO :
"questo";
-
- K19 : TOKI : "tempo,
ora, momento";
-
- K20 : HASHI :
"bastoncini" (usati per mangiare);
-
- K21 : YORI :
"da";
-
- K22 : SONO :
"quello";
-
- K23 : KAWA :
"fiume";
-
- K24 : NAGAR(E) :
"scorrere" (radice verbale di NAGARU);
-
- K25 : KUDA(RIKI) :
"scendere" (radice verbale di KUDARU nella forma del
passato).
-
- K26 : NI : particella di
luogo;
-
- K27 : KOKO :
"qui";
-
- K28 K29 K30 K31 :
Susanoo : nome del dio;
-
- K32 : MIKOTO :
"dio";
-
- K33 K34 : OMOOSHI :
"pensare";
-
- K35 : HITO :
"persona";
-
- K36 : AR(I) :
"esserci";
-
- K37 : SONO :
"quello";
-
- K38 K39 : KAWAKAMI :
"parte superiore del fiume";
-
- K40 : TE : particella
sospensiva del verbo;
-
- K41 K42 : TAZUNE
MOTOME(TE) : "andare a cercare", verbo
composto;
-
- K43 K44 : NOBORI IK(I) :
"risalire", verbo composto;
-
- K45 : BA : particella
con valore consequenziale;
-
- K46 K47 : OKINA : "uomo
vecchio";
- K48 : TO :
"e";
-
- K49 K50 : OMINA : "donna
vecchia";
-
- K51 K52 : FUTARI : "due
persone";
-
- K53 : AR(I) :
"esserci";
-
- K54 : TE : particella
sospensiva del verbo;
-
- K55 K56 : WOTOME :
"ragazza giovane";
-
- K57 : OKI(TE) :
"stare";
-
- K58 : NAKA : "in
mezzo";
-
- K59 : NAK(ERI) :
"piangere".
-
-
- Inoltre:
-
- WA : particella segna
soggetto;
-
- TO IU : "detto,
chiamato".
-
- NI : particella di luogo
"in", "nel".
-
- NO: indica sempre la
particella di specificazione "di" (anche articolata), sia
quando espressa in kanji (K10) sia quanto
sottintesa.
-
- K2, particella
passivante del verbo, utilizza un kanji che ha la stessa
funzione in cinese e viene letta secondo la lettura e nella
posizione adatta alla lingua giapponese.
-
- K5 è un
kanji che in cinese veniva utilizzato come congiunzione
e in giapponese viene usato e letto come particella sospensiva
del verbo.
-
- Considerazioni:
-
- Le integrazioni
riguardano per la maggior parte due elementi:
-
- 1. Le particelle che
sono quasi sempre secondo la sintassi cinese, o assenti e
integrate (NO, NI, WA) o quando indicate precedono il nome a
cui si riferiscono e vengono lette posposte
(YORI).
- 2. Le declinazioni
verbali (o aggettivali, assenti nel brano riportato). Nel testo
viene indicato solo il kanji del verbo che corriponde
alla forma non declinata. Le declinazioni (tempo, livello
onorifico, modo) sono integrate.
- 3. La forma onorfica
(verbo TAMAHU) è sempre sottintesa e integrata nella
lettura.
-
- Per quanto riguarda il
riordino delle parole, a parte qualche costruzione alla
giapponese (voluta o svista?), è necessario ricostruire
l'ordine giapponese da quello cinese, secondo alcune regole
fisse.
-
- L'uso dei kanji
avviene &endash; in questo brano &endash; in tre
modi:
-
- 1. Con il corrispondente
semantico giapponese. Per es. K23 per "fiume", cioè
usando il corrispondente semantico in lingua giapponese
(lettura kun, alla giapponese);
- 2. Usando i kanji
per rendere foneticamente nomi di località giapponesi
(per. es. IZUMO e TORIKAMI) o nomi propri (per es.
HI);
- 3. Decodificando
elementi sintattici e grammaticali cinesi nel corrispondente
giapponese. Per es. K2, particella passivante cinese resa con
la forma passiva giapponese adeguata, o K5 che sta per la
particella sospensiva verbale giapponese.
-
- Da quanto sopra si
evince che la lettura giapponese del testo del Kojiki
avveniva attraverso strategie multiple. Nei secoli successivi
queste strategie verranno codificate, soprattutto con la
tecnica del kanbun kundoku, ma già a
partire dal Kojiki che è il testo più
antico di dimensioni estese, si possono riscontrare in embrione
le strategie fondamentali che poi verranno perfezionate e
sistematizzate. Di fatto, l'uso del kanbun o cinese
classico in Giappone, come lingua colta (si pensi al latino in
Europa, per avere un paragone), in varie forme, pure o
contaminate, continuerà ancora per molti secoli. La
capacità di attuare una decodifica organizzata ed
efficace del cinese ha permesso al kanbun di diventare
una forma stabilmente impiegata nei contesti impegnati
(Buddhismo, Confucianesimo, studi storici e del pensiero) e in
contesti ufficiali.
-
- Per un popolo che non
aveva mai conosciuto la scrittura fonografica, non era
difficile considerare la lingua scritta e la lingua orale come
due forme linguistiche su piani diversi e con differenze
strutturali anche profonde. Questo fatto ci obbliga a fare una
chiara distinzione tra lingua scritta intesa come espressione
linguistica grafica (nel Kojiki in caratteri ideografici
cinesi), lingua orale, la lingua yamato parlata a quel
tempo e lettura (o realizzazione orale) della lingua scritta. A
sua volta la lettura può essere intesa in due modi
diversi: pronuncia delle singole parole del testo e
ricostruzione orale del testo. Il primo caso è quello
della scrittura fonografica in cui le discrepanze possono
trovarsi a livello di corrispondenza o meno tra singolo segno
scritto e la sua pronuncia codificata. Nel caso di scritture
ideografiche, in cui l'aspetto semantico è più
rilevante dell'aspetto fonetico, ci si può trovare di
fronte, come nel caso del Kojiki, alla necessità
di una "ricostruzione del testo scritto" in lingua orale, ossia
l'attuazione di strategie non solo fonetiche, ma anche
sintattico-grammaticali ricostruttive, come riposizionamenti e
integrazioni.
- In generale, quanto
più una scrittura è di tipo analitico, tanto
più la lettura di un testo scritto dipende dai segni
grafici. Inversamente, quanto più una scrittura è
di tipo sintetico, tanto più la lettura sarà
indipendente dal segno grafico. È chiaro che i segni
analitici sono quelli che come l'alfabeto, sono il risultato
dell'analisi (scompositiva) della lingua orale, mentre i segni
sintetici sono quelli che, come i pittogrammi e in parte gli
ideogrammi, sono il risultato della sintesi grafica di
ciò per cui stanno10.
- La pregnanza del
significato e la labilità della lettura dei
kanji, accentuate dall'adattamento a una lingua
straniera, ha reso possibile considerare la lingua scritta come
una lingua strutturalmente diversa dalla lingua orale, e
considerare una lingua scritta straniera (il kanbun, o
cinese classico) come un codice decodificabile nella propria
lingua attraverso una serie limitata di strategie ad
hoc. Questo modo di intendere le relazioni tra le varie
forme della lingua non è usuale in occidente in cui ha
predominato la tradizione analitica, ma era corrente laddove
predominava la tradizione
sintetica11.
- Di fatto, questa
frattura tra lingua scritta e la sua lettura occuperà
molto spazio e molte energie nei secoli successivi in Giappone
e solo dal periodo Meiji (1868-1912) grazie al movimeto del
genbun itchi (lett.: "unione tra lingua scritta e
lingua orale") che propugnava una maggior aderenza della lingua
scritta alla lingua orale, si è giunti a eliminare la
necessità della "ricostruzione testuale". Ora, la lingua
scritta giapponese moderna detta kanji kana
majiri (scrittura ibrida di kanji e kana)
viene letta com'è scritta. Solo il problema della
lettura dei kanji, entro serie di letture codificate,
rimane, ma esso riguarda il livello della pronuncia delle
parole del testo.
-
- Infine, rimane solo da
citare un fatto linguistico interessante che però esula
dallo scopo di questo studio, ma può essere di stimolo
per approfondire ulteriormente questo tema. Il Kojiki
è composto linguisticamente di tre parti: una
introduzione in kanbun, il testo narrativo in
hentai kanbun, del quale ho fornito sopra un
esempio, e, infine, alcune poesie. Queste ultime sono scritte
utilizzando i kanji per scrivere la lingua
yamato. I kanji sono sempre dei
man'yôgana utilizzati per il solo valore fonetico
a mo' di alfabeto. Il fatto interessante è che fin
dall'inizio dell'uso della scrittura in Giappone, si è
distinto tra prosa (sanbun), che utilizzava vari stili e
varie strategie di scrittura e di lettura con una presenza
più o meno marcata di kanbun, e poesia
(inbun) che è sempre stata scritta in lingua
autoctona.
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