Testimonianze e testi scientifici sugli orrori della psichiatria

 
 
CONTRO LA TERAPIA
 
Nel 1981 Jeffrey Moussaieff Masson fu licenziato dal suo incarico di direttore degli archivi di Freud, poco dopo avere dimostrato col libro "L'assalto della verità" che Freud aveva soppresso senza ragioni fondate la sua teoria della seduzione. Nel libro "Contro la terapia" Masson mostra come dall'inizio la psicoterapia sia stata creata per imporre il punto di vista del terapista, non per alleviare le sofferenze del paziente. In questo libro mostra inoltre che tutte le psicoterapie, da quelle classiche alle terapie femministe e Gestalt, sono pericolose per natura. Qui di seguito riportiamo la prefazione a tale libro.
 
Il mio obbiettivo principale è di dimostrare che la stessa idea della psicoterapia è sbagliata. La struttura della psicoterapia è tale che, per quanto una persona possa essere buona e gentile, quando diventa terapista è portata a fare cose che diminuiscono la dignità, l'autonomia e la libertà delle persone che richiedono il loro aiuto. Durante il mio tirocinio in un classico ortodosso istituto psicanalitico, fui assalito da dubbi che io pensavo fossero tipici: aveva senso tutto ciò? Stavo veramente aiutando la gente durante la terapia? Ero forse io in qualche modo migliore dei miei così detti pazienti? Come previsto dal tirocinio dovevo continuare ad andare in analisi cinque giorni alla settimana per cinque anni; i miei "pazienti" erano pure loro in analisi cinque giorni alla settimana per cinque anni. Non avremmo potuto tranquillamente cambiare posto? Riuscivo io veramente a capire i "problemi emozionali della vita" un po' meglio di chiunque altro, incluse le persone che non avevano mai fatto tirocinio? Stavo imparando niente che avesse un'applicazione pratica? C'era qualche abilità che poteva essere acquisita come imparare ad ascoltare, imparare a sospendere il giudizio e così via? E in tal caso le stavo acquisendo? Questi dubbi erano abbastanza tipici dei miei colleghi nelle fasi iniziali del tirocinio psicanalitico. Ma io avevo ancora questi dubbi dopo otto anni di tirocinio.
Vidi tre possibilità: c'era qualcosa di sbagli di trattamento obbligatorio è ancora la colonna portante della psichiatria, che si comporta a tutti gli effetti come se fosse una religione al di sopra del governo che definisce chi è buono e chi è cattivo, chi ha il diritto di vivere libero e chi no; e tutto ciò viene fatto passare per scienza. Come se la questione fondamentale fosse quella di rispettare la società piuttosto che certi valori fondamentali quali quello di essere liberi almeno fino a quando non si danneggia qualcuno o si viola una legge.
Neglato in me; c'era qualcosa di sbagliato nel particolare tipo di tirocinio a cui ero sotto posto; o c'era qualcosa di sbagliato nella terapia e nella pratica. Scelsi di credere nella seconda (...)
Andai in California per iniziare una pratica psicoanalitica. I miei dubbi persistevano, anzi aumentavano. Mi resi conto che finché non avessi chiarito quelle questioni, sarebbe stato meglio per me di non praticare. Spostai le mie energie verso la ricerca storica. Il problema che più mi affascinava era l'abbandono da parte di Freud della cosiddetta teoria della seduzione. Come studente di psicologia mi fu insegnato che Freud inizialmente credette che le donne che venivano da lui per la terapia dicessero la verità quando raccontavano che da bambine erano state vittime di abusi sessuali, spesso da membri della loro stessa famiglia. Poi fece quella che pensò essere una grande "scoperta" di grande importanza: quello che aveva sentito da queste donne non erano ricordi veri; essi erano, disse Freud, storie fabbricate, fantasie, non ricordi. O forse erano ricordi di fantasie. Esse erano, Freud credette, importanti ma non reali; esse avevano a che fare con eventi interni, non esterni. Le conseguenze di questa "scoperta"- a Freud non avvenne mai di pensare che questo era solo un punto di vista - furono enormi. Essa ha condizionato il corso della psicanalisi e della terapia in generale da allora in poi, ed ha causato sofferenze incalcolabili a pazienti che furono realmente vittime di abusi sessuali. I terapisti hanno accettato l'opinione di Freud che il miglior giudice di quello che è realmente accaduto non è necessariamente la persona interessata. In terapia, il resoconto di una persona su un evento traumatico non deve essere preso alla lettera come se si riferisse a qualcosa di reale accaduto nel mondo reale. Esso può essere nient'altro che un simbolo, un segnale che si riferisce ad un'oscura area di desideri e fantasie, un insieme di impulsi, bisogni e istinti non riconosciuti, che si dice siano nascosti nel cuore di ogni essere umano.
Per capire cos'era successo, in quest'ottica, c'era bisogno di una persona esterna, obbiettiva, cui era stata insegnata una procedura smascherante: il terapista. (...) Il terapista pensò di sapere quando i pazienti stavano confondendo le fantasie interne con la realtà esterna perché aveva come guida esperienze di pazienti già analizzate dal fondatore della psicanalisi. Molte persone credettero di aver trovato un modo per alleggerire le sofferenze dell'umanità: se la gente poteva confondere la realtà interna con quella esterna fino a scambiare un oscuro (e mai conscio) desiderio con una paurosa e vivida memoria di essere stato violentato, allora quanto ancora possono aver distorto nelle loro vite? Come si può credere che loro sappiano le vere intrigate relazioni che hanno avuto con le loro madri, i loro padri, i loro fratellastri o i loro stessi coniugi? L'idea che solo l'analista può giudicare se qualcosa è reale o semplicemente una fantasia divenne una dottrina standard e la base della terapia psicanalitica. Mi fu insegnato durante il mio tirocinio che ciò che la gente raccontava sulle proprie relazioni avrebbe dovuto essere considerato come nient'altro che una descrizione di desiderio, fantasie e proiezioni. (...)
I risultati delle mie indagini furono inizialmente ricevuti dalla professione psicanalitica in maniera poco obbiettiva. Non avrei dovuto essere sorpreso dal fatto che quando il mio libro "L'assalto della verità: la soppressione della teoria della seduzione da parte di Freud" apparì nel 1984, l'attenzione dei recensori fu focalizzata sul carattere dell'autore più che sull'esame delle problematiche. Avevo creduto che le implicazioni per la terapia psicanalitica dei nuovi documenti che avevo trovato (lettere di Freud fino ad allora non pubblicate, nuovo materiale dall'obitorio di Parigi sull'abuso dei bambini) sarebbero stati portati avanti dagli altri professionisti con un'esperienza clinica maggiore di quella che avevo io. Mi sbagliavo completamente. Al contrario, ogni volta che tenevo una conferenza, anche in Francia, Italia, Spagna e Olanda, la discussione si focalizzava sul mio aspetto fisico, il mio abbigliamento, le mie motivazioni nel riguardo delle ricerche sugli abusi dei bambini, i miei rapporti con mio padre, mia madre, il mio analista, Anna Freud e altri. (...) Ho imparato che la gente che critica i dogmi del sistema non viene ascoltata seriamente. (...)
Ma se psicanalisti, accademici ed altra gente del pubblico che supportava la psicanalisi non era preparata a trattare il problema, un'altra importante parte del pubblico lo era: le femministe. Molte donne erano interessate al materiale ed alla documentazione storica che avevo raccolto. (...) Il mio libro era in linea con numerosi recenti lavori che espongono la realtà della violenza sessuale subita dalle donne, il più recente dei quali è l'eccellente libro di Diana Russell "il trauma segreto: l'incesto nella vita di donne e ragazze". Ho ricevuto molte lettere (...) quasi tutte da parte di donne violentate da bambine, che mi hanno mostrato che molte cose che ho scoperto come risultato delle mie ricerche negli archivi erano corrette e tutt'oggi rilevanti.
La soddisfazione puramente intellettuale che ho provato con la pubblicazione nel 1985 dell' "Epistolario completo di Sigmund Freud a Wilhelm Fliess, 1887- 1904"e le critiche largamente favorevoli che ricevetti mi hanno aiutato a ritrovare un po' della mia fede nel valore della ricerca pura. Ma penso che sia stato così solo perché la maggior parte die critici non hanno visto la rilevanza di quelle lettere, che contengono la più accurata esplorazione che abbiamo sulle fluttuazioni delle idee di Freud a riguardo degli abusi sessuali nell'infanzia (...) Io credo che le lettere rendano chiaro il fatto che Freud aveva considerabili evidenze cliniche, materiale dai suoi propri pazienti, che le violenze che in seguito ripudiò come fantasie erano in verità reali. Dovevo ancora affrontare un punto importante: perché mi sarei dovuto aspettare che Freud e Fliess si fossero comportati con la loro paziente Emma Eckstein in maniera diversa da come hanno fatto? Freud l'aveva affidata a Fliess il quale le "diagnosticò" una "neurosi nasale riflessa" e condusse un'operazione sperimentale sul suo naso. La paziente fu sul punto di morire per un'emorragia causata da una garza che Fliess aveva lasciato nella ferita da lui causata. Freud in seguito disse a Fliess che l'emorragia era isterica, psicologica, e non la conseguenza dell'incompetenza di Fliess. Questo era da aspettarsi, mi disse qualche femminista, perché l'aspetto complessivo dell'intervento chirurgico sulle donne era violento. (...) Per collocare la controversia sulle violenze sessuali in un contesto storico piùampio fu necessario passare gli anni successivi per esaminare con un certo approfondimento la letteratura psichiatrica, pediatrica e ginecologica del 19° secolo. Il risultato fu "Una scienza oscura: donne sessualità e psichiatria nel 19° secolo", un resoconto degli orrori inflitti alle donne nel nome della "salute mentale". (...)
Alla fine ho imparato qualcosa sulle pretese della sapienza. Ho imparato qualcosa sulla nostra poca capacità di aiutare un'altra persona che ha problemi emozionali, e soprattutto sulla pretesa di avere questa abilità. Ho imparato molto sul potere, le gerarchie, il dominio, la giustificazione dell'abuso, e l'incapacità di molta gente a comprendere le sofferenze che causano agli altri. (...)
Quando iniziai il mio tirocinio psicanalitico, io ero uno scolaro Sanscrito che si era disilluso dall'idea che la vita potesse mai garantire un guru, una persona con una comprensione unica della vita interna delle altre persone. Pensavo che ciò fosse unico della cultura indiana, una cultura che ha causato alla gente molta infelicità, anche se senza dubbio molti asseriranno che ha pure portato molta felicità, anche gioia e beatitudine (proprio come alcune persone trattate con elettroshock dicono che tale trattamento ha fatto loro molto bene). Ho scritto un libro impopolare su questo tema nel 1980 "Il sentimento oceanico: le origini del sentimento religioso nell'antica India". E così dopo otto anni stavo arrivando alla medesima conclusione sulla psicoterapia: non ci sono guru. Probabilmente stavo toccando quella che è una delle caratteristiche dell'animale umano, la necessità di cercare qualcuno apparentemente più forte, è più saggio, migliore, più felice da cui essere guidati.
Qualcuno che ha ascoltato le mie idee è stato d'accordo con me ma ha posto una domanda. Se la psicoterapia non è più buona, cosa si può mettere al suo posto di migliore?
In risposta io noterei che, come mi ha detto un'amica femminista, nessuno pensa di domandare: Con che cosa rimpiazzeresti la misoginia? (...) è come se una volta ammesso che qualcosa esiste noi decidiamo che deve essere là per una ragione (indubbiamente vero) e poi arriviamo alla falsa supposizione che deve essere lì per una buona ragione, cosa che è indubbiamente non vera. (...) Chiunque opprima un altro essere umano invariabilmente chiede che cosa succederà una volta che l'oppressione sarà finita. (...) Cosa succederà alle donne quando smetteremo di dominarle? Cosa succederà ai non conformisti quando non li incarcereremo più nelle istituzioni psichiatriche? Cosa succederà alle mogli quando i mariti non le picchieranno più? Queste domande non hanno senso. Quello che è necessario è di spostare l'attenzione verso la gente che fa le cose, gli aggressori, non le vittime. Perché gli psichiatri torturano la gente e parlano di "terapia" dell'elettroshock? Perché gli uomini violentano? E, forse altrettanto importante, perché la società tende a biasimare le vittime per le violenze subite? Perché gli psicologi cercano ciò che pensano vi sia di sbagliato nella vittima che ha attirato l'attenzione del predatore?
Io ho qualche idea su come la gente potrebbe vivere senza psicoterapia o psichiatria. Sto pensando a gruppi di aiuto reciproco che sono senza leader e che evitano strutture autoritarie, nei quali non circolano soldi, che non sono basati su principi religiosi, e nei quali ogni partecipante ha sperimentato il problema del quale si discute. So di alcune donne che sono state violentate che sono state aiutate dall'incontrarsi fra di loro per mettere in comune esperienze, strategie di sopravvivenza, analisi politiche, e le stesse violenze che hanno subito. Quello di cui abbiamo bisogno è più amici sinceri e meno professionisti.
 
 

 

 
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 Inserito 2 ottobre 1997