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Testi vincitori del concorso Ottavio Nipoti ed.1997
Paolo Zampetti 1° classificato
 
Se mi chiederanno
 
E se mi chiederanno
cos'è per me Pavia dirò:
è la casa di Viale Matteotti
nido di tante ore liete e notti serene
dall'infanzia;
è il suo Fiume dall'acqua che canta;
è la chiesa del Carmine
e del suo rosso cangiante
con le stagioni;
è il suo cielo fiammeggiante
in Ottobre o caliginoso in Novembre;
è l'ovatta della nebbia ed il suo odore;
è il disincanto ironico della sua gente;
è l'Università, sogno fugace
e forse irrealizzabile;
è l'acciottolato di tante strade
che portano a solitari orti
o a cortili sconosciuti
è il silenzio nelle ore del primo
quieto meriggio;
è lo scampanio delle tante chiese
che si chiamano fra loro
la domenica;
è il freddo malandrino che si insinua
nei corpi a Gennaio;
è la Storia che ti prende per mano
voltato l'angolo più rumoroso;
è la malinconia sottile
che sempre mi prende
per qualcosa di indefinibile
quando la vedo;
è la mia essenza, il porto sicuro
che rigenera il mio spirito stanco.
 

Mario Nurchis 2° classificato
 
Staffetta
 
L'atleta
si produce
in un ultimo sforzo.
 
Consumando
le residue energie
consegna finalmente
il testimone
al compagno successivo
 
Così un poeta
respirato
lo spirito di un fratello
che lo precede
brucia se stesso
ansimando
per consegnare
al successore
la sua essenza
il trasparire
dell'essere
il respiro
del mondo.

Marco Ferraresi 3° classificato
 
Essere per la morte
 
Quel che sarà di te,
se manchi domani,
non altro resterà
che sensazioni
da me provate.
Rimarrà il tuo aroma
forte a solleticare
le mie narici,
e pensare di te
sarà libarsi di eterno.
E io non vorrò che
rispettare il tuo buio,
perché la tua oscurità
sarà la luce del mio intelletto,
e il profumo si sente
più intenso
quando chi seco lo porta
già s'allontana.
E allora passa,
mio fiore
o non ti potrò
cogliere;
svelta tu passami innanzi,
perché al vento che muove
i capelli
seguirà per me la scia
del tuo corpo odoroso.
Perché conoscere,
e amare
e volere,
è sempre un vivere
ciò ch'è già morto.
 
 

Sergio Barbieri 4° classificato
 
La breve favola
 
C'era una volta un Tempo benigno
- quando mi a nonna vegliava su me.
 
In quell'epoca - con occhi socchiusi -
contava i Rosari che avrebbe recitato
- per proteggere con la sua Fede -
i miei occhi colmi di sogni
che osservavano il mondo stupiti e increduli.
 
Forse enumerava anche le tante notti di primavera
che sarebbero entrate dalle finestre spalancate
con le lune che avrebbero reso d'argento i boccoli dorati
di quel suo bambino fiducioso.
 
Solo lei aveva capito il Tempo: che sarebbe
fuggito veloce - ma che avrebbe anche rallentato
la sua corsa - per far durare un attimo in più
il tepore di una piccola mano liscia - stretta
avvinghiata all'altra piena di rughe antiche.
 
E quell'attimo in più sarebbe divenuto l'eternità
di una vecchia - che si aggrappava ad una giovane vita.
 
Quell'istante sarebbe stato la estatica immortalità
di un bambino che si rifugiava entro il battito sereno
di un vecchio cuore - colmo di Fede e di Speranza:
come se - con la loro breve favola d'amore e dedizione -
avessero fermato il Tempo - nei loro pensieri fioriti.
 
Così si ferma il presente con le tante immagini nostalgiche
del loro Passato - insieme - in quel balcone dai grandi vasi
di gerani con tutti i colori dell'arcobaleno.
 

Vittorio Arrigoni 5° classificato
 
Coma AmaVa
Gelati ai pesticidi nutella sull'ostia
L'amore coi cactus i bikini su maglioni della nonna infeltrita
Strapparsi le ciglia per esprimere desideri
Comparire sulla soglia della Vergogna
Anfibi animati sui piedi molluschi d'estate
I colori giallo acido e viola livido
Come brucava l'erba più verde del Vicino
Tubava con la figlia del portiere che pensavano tutti fosse maschio
(100 chili di sudore sono duri anche per te amico...)
Ma diceva che la carne tanta carne lo calmava
Cavalcava (volentieri) comete suicide negli atomi incalliti
Ripeteva che le cose non erano i nomi
I Nomi che la grande Menzogna Divina aveva impressi loro
Morì meglio di Cristo con un Jacky in mano
Seduto sul suo palmo di bambino aveva lasciato scritto:
"per noi che il bicchiere non è mai mezzo vuoto né mezzo pieno
c'è soltanto (echesoltanto aggiungo io) c'è solo da bere
e ora lasciatemi attaccare il mio rabbocco in santa PeCe".
 

Fabrizio Guarneri 6° classificato
 
In campagna
 
È un ritmo monocorde quello dei campi
che si alternano alle fila di pioppi,
il volo della piana lo spezza
e lascia un senso di infranta armonia.
 
Il salice curvo si piega sull'acqua
e disegna un mondo tremulo e capovolto,
il guizzo del luccio lo attraversa:
è come se la vita si svolgesse su una scena fantastica.
 
Sono attimi di totale abbandono...
poi, fermo la mente ed il cuore...
e mi sento parte
di un perfetto, equilibrio, naturale.
 

Angela Fullone 7° classificato
 
Mia terra
 
Mia terra...
tanto t'amo e tanto t'odio,
tanto ti cerco e ti rinnego.
Pazzia, sofferenza,
dramma dell'anima mia.
Mi mandasti,
scatola di cartone
alla deriva,
in un mare cupo,
profondo, ignoto,
senza spiaggia
e senza sponda,
a vagar...
con le piume
e con le fronde.
Non c'era pane
tra pietraie arse dal sole?
Non c'era acqua
per spegnere l'arsura?
Arde il cuor mio
in questa pena
di un desiderio senza fine,
troppo t'amo, troppo muoio,
ti cerco e ti rinnego
senza scampo alcuno.
Mia terra lontana,
in questo delirio
di giorni e di notti
mi scioglierò come candela accesa,
maledicendo e benedicendo
l'ascesa che porta all'oblio
col rimpianto d'averti...
per sempre perduta.
 

 
Giovanna Chiapuzzi 8° classificato
 
Divenire
 
Si è schiuso un bocciolo
perché ne uscisse un fiore
e l'oggi è nato
sulle ceneri di ieri.
 
Ogni secondo muore
ciò che c'è stato prima.
 
Ma l'Io reale
è davvero ciò che muta?
 
Dalla matassa dei ricordi
ho dipanato un filo:
quel che sono, quel che ero.
 
E mi riscopro ombra
in un'Ade senza pace.
 
Tutto muore perché muta
o tutto muta perché muore?
 

Marco Simonelli 9° classificato
 
Fiori di carta
 
Ed ero nell'abisso d'una rosa bianca
scalando petali di lino tonale
venato di sottile polvere stanca
 
E il cielo sereno mi mandava lampi
rossi di tormento
turbando arrabbiato
lo stelo d'un sentimento
 
E non c'era niente alla mia vista
e il cielo era fatto d'ametista
e non mi restava altro che cantare
mistici echi d'un canto tribale
 
E mentivo nel barbaro disegno
drogato, malefico,
disperato ingegno
per fuggire, ferito
un tremendo tradimento
 
E il lume violento d'oriente
all'ovest lontano
portava sei semi di carta
in un palmo di mano.

Annalisa Piano 10° classificato
 
Una lettera sgualcita
percorsa da un vento leggero,
palpita
di parole, di addii.
 
 
 
Affondo la mia mano nell'anima
frugo cercando semi d'amore,
non ne trovo; terra arida
e gelata da brina di dolore
non genera frutto, ma arbusti
spinosi di triste rovina.
 

Maria Luisa Ferraris Castelli 11° classificato
 
Affresco
 
Camminavo nel contado,
mollemente immersa nella calura estiva,
quando mi ritrovai ad un tratto dinanzi
ad un affresco,
che il respir mi tolse all'improvviso.
I campi grevi di messi gonfie che alzavano il capo fiero
quasi a dir al contadino:
"Le tue preci e il tuo sudor
la strada giusta hanno trovato
e noi di frutti e gioia ti ricopriam".
Un'improvvisa tramontana
tutto l'ardor di colpo raggelò
e i nembi scuri preser la parola:
"Ma che dite oh sciocche spighe,
se non avessimo pianto amaramente tutto il nostro dolor
che avreste bevuto per rinvigorir così le vostre chiome?"
Si fece allora largo il sole a reclamar la sua,
occhieggiando giocondo tra i nembi inviperiti:
e la scena ingentilendo con mille nastri di color:
"Se non vi avessi donato tutto il mio splendore
col vigore dei miei raggi,
che tinta smunta avreste mai, oh ingrate!?"
...L'insieme parea uscito dal pennello di un pittore,
maestro tra maestri
e io, timorosa di rovinar il tutto,
alfine in punta di piedi me ne andai
con quel trionfo di colori in core.
 

Maria Tosti 12° classificato
 
Autunno
 
Il cielo piange le sue lacrime
in questo giorno d'autunno,
ogni goccia è un ampio lago
dove annega il mio dolore
e piove sul mondo
dei miei dolci ricordi
bagnando il mio cuore
d'intramontabile tristezza.
Il vento si alza furioso
a spaventare ogni riparo,
due alberi protendono i loro rami
l'uno verso l'altro fino ad unirsi
in un incoraggiante abbraccio.
Le fronde sbattute sono anime in pena
straziate dai tumulti della vita
in attesa della sospirata quiete.
Le prime foglie ingiallite
cadute e smosse dal vento
sono ora vortici di sogni funesti
che planeranno sulla nuda terra desolata
del mio essere.
Piovono ancor copiose lacrime amare
dalla grande cupola plumbea
a scolorire il mio amore
mentre in te regna
un'autunnale indifferenza.

 

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