Le antologie
dei concorsi de Il Club degli autori

Antologia del Premio Letterario
M° Raffaele Burchi Biblioteca di Tromello 2008

 

Indice

Ida Acerbo Rossi - Vincenzo Argese - Pietro Baccino - Babbocorso - Giuseppina Barzaghi - Elisa Bassi - Giovanni Buccellato - Daniela Ciampali - Sonia Teresa Ciccolini - Stefania Colizzi - Fabio De Mas - Luigi Di Legge - Mauro Domenella - Yuri Fenili - Anna Maria Ferrari - Armando Garbarini - Eleonora Gherardini - Silvia Goi - Carlo Grigioni - Emilia Iannone - Riccardo Landozzi - Manuela Lecis - Claudio Malatini - Marta Marchese - Fulvia Marconi - Roberto Marsiglia - Mauro Montacchiesi - Silvana Montone - Maria Piera Pacione - Gianluca Paladino - Annamaria Pambianchi - Serena Panaro - Calogero Parlapiano - Gaetano Pastorelli - Bernardino Perrone - Augusta Potestà - Rina Ravera - Adriano Scandalitta - Mariannina Sponzilli - Emanuele Tagliafichi - Stefano Tonelli - Petra Trivilino - Lenio Vallati - Giovanni Vanni - Debora Viola - Michela Zanarella - Gino Zanette - Antonio Zannino - Assunta Daniela Zini - Piera Zucchella
 

 
Antologia del Premio Letterario Maestro Raffaele Burchi Biblioteca di Tromello 2008 - 14x20,5 - pp. 66 - Euro 18,00 - ISBN 9788860376749
 
Come avere l'antologia
Presentazione
 
Ancora una volta la partecipazione entusiasta di molti poeti al nostro concorso, ci ha coinvolti ed emozionati.
Con vivo compacimento ed estremo interesse abbiamo piacevolmente letto e commentato rime delicate e commoventi, profonde ed appassionate.
Testimonanze queste di un costante interesse verso la poesia in una civiltà moderna dove il culto dell'immagine ha spesso il sopravvento. Questa situazione e il buon livello delle opere presentate hanno reso particolarmente impegnativo il nostro compito.
 
La Commissione giudicante
Premio M° Raffaele Burchi - Biblioteca di Tromello
 
Albo d'Oro

Premio M° Raffaele Burchi Biblioteca di Tromello 2008

 
 
Questi i risultati della quinta edizione del Premio di Poesia organizzato dalla Biblioteca Comunale di Tromello (PV) con il patrocinio del Comune di Tromello e con la collaborazione tecnica del Il Club degli autori
 
La Giuria della Sezione Poesia in lingua italiana composta da: Michela Avanzino, Patrizia Buttino, Mariangela Strozzelli, Antonio Celada, Paolo Verlucca, ha stabilito la seguente graduatoria:
 
  • 1° classificata Elisa Bassi, Collecchio (PR).
  • 2° classificato Vincenzo Argese, Tromello (PV).
  • 03° classificata "Difficile vivere", Marta Marchese, Bressanone (BZ).
  • 04° class. "La mia patria...", Pietro Baccino, Savona
  • 05° class. "Sorda ascoltatrice", Serena Panaro, Acqui Terme (AL)
  • 06° class. "Nostaglie d'infanzia", Carlo Grigioni, Tromello (PV)
  • 07° class. "Di questa strana vita", Riccardo Landozzi, Siena
  • 08° class. "Gabbiani", Annamaria Pambianchi,Chioggia (VE)
  • 09° class. "Giornata autunnale", Silvana Montone, Acropoli (SA)
  • 10° class. "Scintille", Augusto Potestà, Messina
La Giuria della Sezione Poesia in vernacolo della provincia di Pavia composta da:Maria Farina, Giancarlo Bindolini (Assessore alla Cultura del Comune di Tromello), Carlo Alberto Capra, Pierangelo Colombani Marisa Dondi ha così stabilito:
  • 01° classificato vernacolo "Quant a cumanda al cor", Piera Zucchella, Pinarolo Po (PV)
La premiazione si è tenuta presso la Sala Nautilus di Tromello (PV) nell'ambito dello spettacolo musicale del 1° maggio 2008.

VINCENZO ARGESE
 
 
Sezione in vernacolo pavese
 
La me Lumlina
 
Che bela c'lera la me Lumlina
quanda sera un fiulin,
cun i ogg sarà am ricorda che ad not
andiva a ciapà i ran cun la citilena e dal dì
andiva a pascà i pas cun i man.
A go in ment che andiva par fons in ti vign
e cui ogg sarà a sentiva al cantà di usè,
sentiva al "melodico verdone",
al "variopinto cardellino", al meral
e al "minuscolo pettirosso".
Che bela c'lera la me Lumlina quand a sera un fiulin,
cun i ogg sarà am venan in ment
che i marsid i prufumivan ad erba frasca in primavera
e ad fen cald in istai.
Am ricorda i doss, quarcià ad buscatt ad rubin
e quanda a ghiva sed a ghera sempar un bicer
a renta un funtanil d'acqua surgiva.
A go in men i mundin
cun i gamb squarcià in ti riser:
i so cant impinivan l'aria d'alegria.
Am l'era bella la Lumlina quanda sera un fiò.
Adess ca so gnù vegg
a von pù ad not a ciapà i ran cul carburo
a von pù a tanà parché, i disan che al prugress
la fai murì i ran e anca i pes.
Adess caso gnu vegg a von pù in ti vign a ciarcà i fons,
parché al "verdone" al canta pù
al "cardellino" al meral e al "piccolo pettirosso"
a ien sparì:
i disan che al "progresso" a ia fai tuc murì.
Adess che so gnù vegg
E senta pù al prufum ad l'erba frasca in primavera
e dal "fragrante" tarsò in pina istai,
i rusp ian spianà i doss,
sa gò sed ghè pù al bicer a renta al funtanil ad surgent.
I disan che al prugress
l'a fai sparì i doss e i funtanil
la fai sparì anca i mundi di casin.
 

 
 
La mia Lomellina (traduzione)
 
Che bella che era la Lomellina quando ero un ragazzino,
con gli occhi chiusi mi ricordo che di notte
andavo a prendere le rane con la citilena, (lampada alimentata a carburo per la
[pesca notturna)
e di giorno andavo a pescare i pesci con le mani.
Mi ricordo che andavo per funghi nelle vigne
ed a occhi chiusi ascoltavo il canto degli uccelli;
ascoltavo il melodico verdone, il variopinto cardellino,
il merlo ed il minuscolo pettirosso.
Che bella che era la Lomellina
quando ero un ragazzino,
con gli occhi chiusi mi ricordo
che le marcite profumavano di erba fresca in primavera
e di caldo fieno in piena estate.
Mi ricordo i dossi,
coperti da piccoli boschi di rupinie (acacie)
e quando avevo sete vi era sempre un bicchiere
vicino al fontanile d'acqua sorgiva.
Mi ricordo le mondine,
con le gambe scoperte nelle risaie,
i loro canti riempivano l'aria di allegria.
Come era bella la Lomellina
Quando era ragazzino.
Adesso sono diventato vecchio
e non vado più a prendere le rane col carburo
non vado più a tanare (catturare i pesci con le mani nelle loro tane)
perché dicono che il progresso
ha fatto morire le rane ed anche i pesci.
Adesso che sono diventato vecchio
non vado più nelle vigne a cercare funghi
perché il verdone non canta più,
il cardellino, il merlo e il piccolo pettirosso sono spariti,
dicono che il progresso li ha fatti tutti morire.
Adesso che sono diventato vecchio
non sento più il profumo dell'erba fresca in primavera
e del fragrante fieno in piena estate,
le ruspe hanno spianato i dossi
così hanno fatto sparire anche i boschi
e se ho sete non c'è più il bicchiere
vicino al fontanile d'acqua sorgiva.
Dicono che il progresso ha fatto sparire
i dossi ed i fontanili.
Adesso sono diventato vecchio e
Il progresso ha fatto sparire anche le mondine dalle cascine.
 

BABBOCORSO
 
 
Stupore d'autunno
 
Sotto gli archi dell'Hotel de la plage
sera cupa d'Ottobre
 
Pioggia forte, battente
portata da raffiche di vento
muove passi di danza
cola per rivoli confusi
si mischia al mare
 
Rue de la Marine
strada che sale leggera
luci color di Corsica
case vuote sole spente
 
Del mare solo la voce
la pioggia copre tutto
riflette l'ocra chiarore di lanterne attonite
 
L'asfalto mosso disegna
percorsi fantastici all'acqua
 
Non toccate nulla per favore
lasciate che ancora
un'altra volta
la poesia possa compiersi
 
 


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STEFANIA COLIZZI
 
 
La Goccia
 
Goccia trasparente d'acqua
chiara, limpida, scivola su gote brunite
cotte dal sole.
Scivola su occhi giovani e su pensieri audaci.
Pioggia leggera e poi man mano tenace,
pioggia che copre tutti, belli e brutti
avvenenti e tristi cappotti sagomati,
passi frettolosi o negligenti senza tempo
e passanti senza fretta...
Pioggia che scorre uguale per tutti
e, tutti bagna, poeti, senzapatria,
spie del cuore e degli umori...
spie del mondo, della vita,
invadenti osservatori ed immodesti attori...
Goccia, dopo la pioggia...
su foglia, discendi, in occhi indiscreti
ti perdi, su terre aride ti arrendi, ti sperdi,
raccogli i pensieri del mondo,
e poi ancora scendi, discendi,
ti insinui, pulisci le tracce del giorno e della notte,
cancelli i passi frettolosi e lenti,
avvolgi in abbracci audaci corpi bagnati tremanti,
di belle e procaci passanti.
Pioggia del cielo, pioggia di sereno,
di mare in burrasca o, di fine stagione.
Pioggia dall'odore di terra bagnata,
trasparente, chiara, fredda, limpida goccia...
Goccia d'acqua sul mio viso bagnato,
goccia di pioggia che sa di lacrima di sale...

LUIGI DI LEGGE
 
 
Forse
 
Forse l'amicizia è una rosa semplice
te la ritrovi tra le mani
così
meravigliosamente inutile.
 

 
Rozzano
 
Legioni di uomini perduti
nelle strade
abbandonate alla notte
sotto i portici le ultime luci
sulle serrande la faccia di un dio.
 
Geometriche case
torreggianti
implorano al cielo
nude e modeste.
Ferraglie.
Riflettono perfette.
 
Segmenti di tempo sparpagliati
ogni uomo, ogni donna
li brandeggiano
da sprovveduti guerrieri.
 
Inumana desolazione della mente
Il cuore si strugge
insopportabile è l'amore
che non può amare.
 
Rozzano è un posto senza senso.
 
E ci sono i pioppi
dietro casa.
Alti e frondosi.
 



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YURI FENILI
 
 
Estate Parigina
 
All'angolo di una strada
il suono distrae dai
cocci d'urina.
V'è un'ombra laggiù
che al vento dissuade
accortasi appena.
 
La notte siede
- per poco che importi -
ai femori adunchi
di un uomo qualunque,
che veste i miei panni
e porta il mio nome,
un nome qualunque,
che l'alba aggredisce e il
vento divora.
Ed il sole non osa
ancora per poco
sciacquare quegli occhi
d'ofidi spenti,
attenti alla gente
e ai baveri lisi
e non fosse un cane
al suo fianco,
nemmeno avrebbe fiato
il suo cuore.
 
Oggi,
la dove Parigi mostra il suo petto,
ha deciso la notte lasciare
un barbone e il pianto di un cane.

ANNA MARIA FERRARI
 
 
Piccola tigre
 
Addio
mia piccola tigre argentata
dagli occhi smeraldo.
La clessidra
che segnava il tuo tempo
è già vuota
mentre
al pensiero di te,
lacrime di salsedine
mi sciolgono il cuore.
 

 
Bagliori d'eternità
 
Nella notte dell'anima,
bagliori d'eternità
rischiarano il cammino.
Fiammelle vibranti
indicano l'uscita
dal nostro inferno interiore.

 


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SILVIA GOI
 
 
 
Sezione in vernacolo pavese
 
I avi
 
I avi par quel sì
queì pusè brusch
 
i éràn bràv àvi
 
Ma i àltr' a l'Ustéria
dal Canaràs
 
cul so tòsigh adré
 
i's tacavan atàch
tàch al sucar mustus dal fòn' d'i tàs...
 
E, ciciàra ciciàra, vula i ur
e rèsta l'àvia,
cui so du àl sucrént
cui samp int' l'aria, ciuca
 
- un po' da fa spavént
 

 
Le api (ma anche: gli avi traduzione)
 
Gli avi, per quello, sì
quelli più bruschi
 
eran bravi avi
 
Ma gli altri all'Osteria
del Canarazzo
 
con il loro veleno appresso
 
si appiccicavano
al pastoso zucchero del fondo delle tazze.
 
E, ciarla ciarla, le ore volano
e l'ape resta
con le sue due ali inzuccherate
a zampe all'aria, ubriaca
 
- un po' da far spavento.

 


SILVIA GOI
 
 
La sirena
 
Nelle notti di mareggiata
le onde gettano a riva,
tra le conchiglie,
una giovane sirena,
sulla quale i marinai
esercitano il loro bisogno di consolazione
con incerto effetto.
La sirena fa due tiri
Alla sigaretta, tenta la fortuna
Presso il biliardo dell'osteria locale,
lasciando in pegno
qualche stella marina e un'oloturia.
L'oste le appende a seccare attorno
alla stufetta,
che accende con le alghe ogni mattina.
Raramente accade che dorma sull'assito
tra le aragoste e i coralli da smerciare.
Si tuffa all'alba.
Capita che si trovino attardati,
sulla spiaggia, bracciali di
frammenti azzurri e chele,
vetrini di vecchissime bottiglie,
anche tappi rugginosi -
persino, a volte, perle scaramazze.


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MARTA MARCHESE
 
 
Opera 3a classificata
 
 
 
Difficile vivere
 
Non c'è carezza
che giunga
fino all'anima.
Tiepido
come il palmo di una mano
il viso di un bambino
che ti lava il vetro.
Ma tu non vedi
il tremore
della sua paura.
Per lui
ogni ruga
un istante
che non tornerà,
la nuvola di un volto
lontano.
Un sorriso
può accarezzargli l'anima.
 


MAURO MONTACCHIESI
 
 
Una liturgia mistagogica
 
Nel mio labirinto di specchi si rifrange il glissando di una cetra orfica!
La mia scettica acatalessia non mi comporta, invero,
di comprendere se sia lo stesso, mitico aedo Orfeo, col suo plettro,
a blandirne le corde! E laggiù, in quel mio diorama,
in quella mia grande tela di scene dipinte,
dove giochi di luce tutto fanno sembrare reale,
ma dove tutto è una Fata Morgana, laggiù,
nei penetrali, nei plessi più reconditi del mio labirinto,
avverto, senza vedere, una liturgia mistagogica che mi centripeta,
che mi coopta, ma che poi mi centrifuga verso l'ascetica anagogia,
verso la catarsi dell'anima, unici egressi dalla reclusione della materia!
 

 
Un sofocleo atelantropo*
 
Tra utopia e chimera,
tento un'endoscopia del mio labirinto
e lì mi vedo come una stella nana,
compagni di viaggio
di una stella che non ha mai brillato!
E lì mi vedo come la deflagrazione
Di un Big Bang che non si è mai espanso!
Sentimenti, pensieri, volontà:
sono elementi alieni al mio labirinto,
forse mai geneticamente immanenti!
E lì mi vedo, come Kirk,
il Comandante di un'Enterprise mai costruita,
che naviga, senza navigare,
in un cosmo mai generato,
che naviga, senza navigare,
nelle psichedelie di un metempirico quid,
che ha fatto di me un sofocleo atelantropo!
 
 
 
 
 

* atel = imperfetto antropo = uomo uomo imperfetto

 

 



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GIANLUCA PALADINO
 
 
Il senso...
 
La candela
è fatta per accendersi
e poi spegnersi.
A lei tocca dare la luce,
a noi non sprecare la cera.
 

 
E ora lasciatemi morire
 
E ora lasciatemi morire
nell'oceano di persone
che io chiamo solitudine;
poiché non so vivere
in compagnia,
poiché non riesco a vivere
da solo.
I miei sbagli torturano
il mio spirito,
la colpa trafigge
il mio animo,
e assieme
dolgono il mio corpo.
E il cuore batte,
e il cuore piange.
Dal cuore nascono
le mie lacrime.
E il corpo non conta
lo puoi mortificare
ma il dolore sarà una piuma,
goccia nel mare.
E così, lentamente,
voglio addormentarmi dimenticato.
Piango.


GAETANO PASTORELLI
 
 
Immutabile
 
Strano pensare che
il vecchio che un giorno mi sostituirà
sarò comunque io.
 
I capelli e la barba bianca,
la schiena curva
saranno sfondo di qualcosa di immutato:
l'anima.
Immortale e tremendamente bella
l'anima.
 
I pensieri e i sentimenti non cambieranno
ogni cosa verrà concepita ancora da me.
E quando un giorno mi guarderò allo specchio,
non vedrò un vecchio,
oserò cercare più a fondo
ed allora troverò la mia anima,
ancora giovane
ancora quella.

Arcobaleno
 
Dove te ne stai?
Nascosto dal mondo.
In silenzio ad aspettare.
Lontano dagli occhi tristi della gente.
Che imperterrita aspetta il tuo ritorno,
il ritorno della gioia.
La tristezza mista felicità che t'accompagna.
Gli occhi sbarrati a chi è dato vederti.
Eppure,
da gioiello prezioso appari raramente.
Forse vuoi lasciare noi,
nel dubbio della tua scomparsa.


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PETRA TRIVILINO
 
 
Il Cavallo
 
Un lampo,
e l'energia si è scatenata nel vento
ed ha infuocato
tutto quello che era nei suoi occhi.
Un lamento nel felino
e nel cuore,
un ridere di rabbia
e l'agonia nella terra
che aspetta di vibrare.
Salto deciso contro quel muro
e folle il mio occhio contro il suo.
Ho visto una scintilla.
Si piegava e scattava via.
Un livore contro il mondo
e mai il teschio di un animale vivo,
di quattro capelli nel vento
di dna diverso.
Lasciatemi passare.
Lasciatemi andare,
come un vecchio che rivuole
la sua giovinezza.
Lasciatemi spaccare le gambe.
È l'ultimo raggio
prima dell'esplosione finale.


GIOVANNI VANNI
 
 
Passeggiata
 
Nel giaciglio di nebbia
dorme la brughiera
della valle verde.
Connessione di nuvole
spolvera i fianchi
alla periferia
e chiude gli occhi
alla decadenza.
 
Una nota di concerto
accompagna
il piacere del vento.
 

 
Crepuscolo
 
Porta il vento d'idillio
oltre confine
 
solitudine.
 
Muove l'estasi
la luce che muore.
 
Nel buio del giorno
respiro di brezza
saluta
l'abbraccio di stelle.
 

 
Una visita
 
Torno stasera
senza di me
senza lamenti
nello spazio presente
a rivedere
 
cose dimenticate.
 


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DEBORA VIOLA
 
 
 
 
 
Sogni di carta
 
Voglio sognare, per avere lo specchio
dei miei pensieri.
 
Raccogliere e declinare ogni sogno
in un'anfora per scegliere
e sciogliere la luce, di riflesso.
 
Ora si può sognare di vivere
la notte dei ricordi
ed immaginare il suo viso negli occhi,
ancora una volta di carta.
 
La luce degli occhi marrone
brilla acuta, dà fiducia. Rassicura,
e vibra nell'aria, come il trofeo di questa stanza levata in alto,
ed è puro, lo sguardo,
tocca il viso scolpito, pare quasi dal Canova.
ANTONIO ZANNINO
 
 
 
La casa abbandonata
 
C'è una casa al crocevia,
è una casa diroccata,
non si sa più di chi sia,
una volta era isolata.
Era forse d'un pastore,
un soldato, un contadino;
era circa a un paio d'ore
il villaggio più vicino.
C'era poca, poca gente,
anche lupi nei dintorni
da mangiare quasi niente.
Ma passavano bei giorni
sia d'estate che d'inverno,
tra cicale e tante rane
e sembrava tutto eterno;
da lontano le campane.
C'era il grillo saltatore,
l'usignolo canterino,
se passava un oratore
lo invitavano al camino.
Ora è lì, messa in risalto
tra le case popolari,
tutta immersa nell'asfalto.
Sembra quasi che separi
tra moderno e mondo antico,
che racconti la sua storia,
io non so perché lo dico
a chi ha perso la memoria.
Chi la guarda un po' distratto,
c'è chi sbuffa, chi commenta,
chi di corsa come un matto.
Lei... chissà se si lamenta!
con quell'edera attaccata...
È una casa al crocevia.
Chiusa dentro, desolata,
c'è qualcosa... c'è qualcuno...
c'è la sua... malinconia!

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