- Le
antologie
dei concorsi de Il Club degli
autori
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-
Antologia
del premio letterario
Città di Melegnano 2006
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Indice
- Presentazione
di Benedetto Di
Pietro
- Albo
d'oro dell'edizione
2006 -
Giovanni
Abramo -
Valentina Adiutori - Maria Cristina Aggio - Davide
Alpeggiani - Angela Ambrosini - Marco Angella - Davide
Apollonio - Roberta Bagnoli - Sergio Baldeschi - Elisa
Bassi - Anna Francesca Basso - Maria Luisa Beck Peccoz
- Wilma
Bertasi -
Margherita Biemmi - Vincenzo Bolia - Rita
Bonifazi -
Claudio Capponi - Gabriella
Catalano -
Antonino
Causi -
Gilbert
Cerbara -
Laura
Cervini -
Piera Maria Chessa - Silvia Cipollina -
Simona
Conte -
Margherita
Cordova -
Mario D'Alise - Massimo D'Arcangelo - Giacomo
Dallari -
Fabio De Mas - Maria Teresa Delle Cave - Mauro
Domenella - Giovanna Faro &endash; Ilaria
Fojadelli -
Giuliana Galimberti - Maria Rosa Gelli - Aldo Gelotti
- Vittorio Gelsomino - Emanuela Giozzet -
Laura
Giurdanella
- Francesco Gori - Fabrizio Gravina - Raffaele
Guerra -
Elena
Guidi -
Valentina Gullo - Biagia La Foresta - Stefania Leaci -
Lauretana Leonardi - Leonarda Letterato - Mariano
Luccero - Claudio
Malatini -
Fulvia Marconi - Gianpaolo Marcucci - Francesco
Martinelli -
Emma Mazzuca - Alessandro
Montalto -
Maria Maddalena Monti - Stefano Nespoli - Carla Noro -
Valter
Padovani -
Alessio Palmisano - Elisabetta Panico - Maria Teresa
Piccardo - Marica Piva - Luigi Polo Dimel -
Gianluca
Praticò
- Ermano Raso - Gianluigi Redaelli - Diana Renon -
Carla Ricci - Licia
Roveri Galli
- Antonio Sangervasio - Valerio
Santoro -
Federica Sciandivasci - Salvatore
Scuderi -
Jolanda Serra - Angela Sias - Diego Stefanelli - Carla
Tedde - Marco Giuseppe Toma - Stefano Tonelli - Thomas
Tonolo - Alessandro Trentini - Edio Vassalli -
Diego
Verra -
Antonio
Zannino
-
-
- Prefazione
- Albo
d'Oro del Premio
-
-
-
-
- Antologia del Premio
letterario Città di Melegnano 2006 - 14x20,5 -
pagg. 94 - Euro 18,00 - ISBN
88-6037-429-4
|
-
-
- Come
avere l'antologia
|
- Prefazione
-
-
- Può darsi
che la fonte migliore dell'ispirazione poetica sia
l'amore. Certo scrivere una poesia sull'onda delle
pene amorose è la cosa più spontanea e
più semplice. Però bisogna dire che
generalmente questa meglio si adatta all'adolescente,
rispetto all'adulto, in quanto più facilmente
coinvolgibile. Ma se ci soffermiamo sulle notizie che
tutti i giorni riempiono i giornali e i notiziari
della radio e della televisione, allora scopriamo che
anche la poesia amorosa sia un controsenso, date le
problematiche di altro genere che assediano
l'umanità. E bisogna dire pure che l'uomo
è tale fino dalla notte dei tempi e a
differenza del detto latino lupus non est lupus (il
lupo non mangia il lupo), l'uomo è un
cannibale, nel senso che non ha rispetto degli altri
uomini e crede che tutto ciò che esista
nell'universo sia stato messo a sua disposizione per
farne ciò che vuole. Assistiamo a disastri
ecologici causati dal suo comportamento deviato e alle
guerre per il possesso delle ricchezze, ma anche
delitti causati da futili motivi e, ciò che
è peggio, spesso in maniera gratuita.
Al poeta maturo ormai sfuggono i moventi amorosi,
mentre si sente più coinvolto dai fatti che
riguardano la propria patria, la propria città
e la propria comunità. Non si tratta di una
presa di coscienza parziale, ma di motivazioni che
più seriamente lo vogliono partecipe. È
consapevole che la sua voce difficilmente
arriverà ai potenti e sarà da questi
ascoltata, invece è convinto di poter essere
letto dagli individui della propria città a cui
i suoi versi potranno giungere più facilmente.
Si tratta di una sua illusione? A questa domanda non
è necessaria una risposta, in quanto il poeta
non la cerca. Ciò che invece sicuramente egli
intende fare è far giungere una protesta e una
sicura dissociazione. È nella sua natura e
vuole far conoscere il disagio del proprio stato
d'animo, che poi è anche lo scopo precipuo
della poesia. Sarebbe bello vivere tutti in uno stato
di bucolica quiete; invece ogni giorno è
necessario lottare per poter ottenere qualsiasi cosa,
sia essa grande o piccola.
Anche le poesie del Premio «Città di
Melegnano» di quest'anno, cui si riferisce questa
antologia, ce lo confermano ed in modo piuttosto
esplicito. Certo anche tante poesie amorose e
consolatorie, ma polarizzano l'attenzione del lettore
quelle generate da tematiche importanti come la
cattiva gestione della giustizia, che fa esclamare a
Emma Mazzuca «non ricordo più chi sono /
Passato prestami il tuo sonno»
(«Nemesi»); oppure i fatti orribili di
pedofilia dove «predatori d'organi e di
sesso» considerano i bambini semplici pezzi
«da macello / da smerciare al piazzista di
turno» (Sergio Baldeschi: «Angeli di
plastica»). Non mancano i poeti che sollevano
problematiche esistenziali, come Angela Sias che si
domanada «se e quanto io incida sulla giovinezza
/ e quanta parte d'essa mi appartiene»
(«...Sulla giovinezza»), ma parecchi si
pongono davanti a questioni come la vecchiaia, che
Mauro Domenella esorcizza con l'amore che «di
quel poco che rimane / di questo claudicante andare, /
soltanto l'amore, ... / rimane l'unico pretesto per
vivere» («Le perdute forme
dell'esistere») e che Fabrizio Gravina identica
come il periodo della vita da dedicare ai più
piccoli, che oggi rischiano di trovarsi orfani proprio
dei nonni capaci di raccontare fiabe creando «la
magia di quel sonno sereno» («Le
favole»). Proprio quelle fiabe che sono le
compagne naturali della poesia stessa, perché
in fondo la «vita è sogno», come
voleva Calderòn.
- Benedetto
Di Pietro
- Presidente
della Giuria del Premio
|
-
Albo
d'oro dell'edizione
2006
-
-
- La Giuria della
undicesima edizione del Premio Letterario Città
di Melegnano presieduta da Benedetto Di Pietro per la
Sezione Poesia, ha stabilito la seguente classifica
finale:
- Opera 1a
classificata «Nemesi» di Emma Mazzuca,
Latina.
- «La Poetessa,
affida a questa sua lirica l'espressione delle paure
dell'uomo del Duemila: il senso di smarrimento di
fronte al futuro che lo porta a rimpiangere il
passato, meglio identificato col sonno dell'oblio.
È una ricerca della propria identità di
fronte ai fatti delittuosi che ogni giorno ci tocca
apprendere dai mass media. L'angoscia di una morte
sempre incombente ci rende anonimi, e perfino un morto
diventa un semplice "grumo muto". La perdita
dell'identità individuale si estende alla
perdita di identità collettiva. Il codice
interpretativo è affidato al titolo "Nemesi",
la divinità personificazione della giustizia,
punitrice dei tiranni e dell'egocentrismo. Non
sappiamo se in senso ironico o
trascendentale.
- Lo scollamento
psicologico generato dalla particolare struttura della
lirica è compensato dal ritmo lento e calmo dei
versi». (B. Di Pietro)
- Opera 2a
classificata «Le perdute forme
dell'esistere» di Mauro Domenella, Castelfidardo
(An).
- «Il poeta , in
un'atmosfera da "The day after", crea uno scenario
inquietante che occupa quasi tutta la lirica.
L'andamento della natura è paragonato alla vita
dell'uomo, che nonostante una certa posizione
nichilista, vale la pena di essere vissuta grazie
all'amore "che rimane l'unico pretesto per vivere".
L'attenuazione delle storture è affidata alla
classicità del linguaggio, usato con sicura
perizia». (B. Di Pietro)
- Opera 3a
classificata «Siamo barche sul fiume» di
Ermano Ras, Racconigi (CN)
- «Il poeta,
paragona l'uomo ad una barca che la corrente del fiume
trascina. Siamo tutti viandanti senza mèta
condannati a portare il peso dei nostri fallimenti che
il tempo incombente ci mette costantemente davanti per
aggravare il nostro disagio, man mano che ci
avviciniamo alla vecchiaia. Una poesia introspettiva
in cui prevale il pensiero filosofico, almeno quella
più elementare, sul senso della vita». (B.
Di Pietro)
- Opera 4a
classificata: «La tela d'oro» di Carla Noro,
Vicenza.
- Opera 5a
classificata: «Angeli di plastica» di Sergio
Baldeschi, Montecerboli (PI).
- Opera 6a
classificata: «...Sulla giovinezza» di
Angela Sias, Lavena Ponte Tresa (VA).
- Opera 7a
classificata: «Emozioni d'un cercatore» di
Fabio De Mas, Belluno.
- Opera 8a
classificata: «Madre di mia madre» di Thomas
Tonolo, Ravarino (Mo).
- Opera 9a
classificata: «Anna» di Simona Conte,
Giulianova Lido (Te).
- Opera 10a
classificata: «Le favole...» di Fabrizio
Gravina (Cartepen), Ceprano (Fr).
- Opere
Segnalate:
- «Anime senza
anima» di Gloria Venturini, Lendinara
(Ro)
- «Congedo da
una capitale non voluta» di Alberto Tomiolo,
Verona
- «Creatura»
di Vittorio Gelsomino, Tortona (Al)
- «I nuovi
emigranti» di Laura Cervini, Bari
- «Il gregge ha
camminato» di Licia Roveri Galli, Chiavenna
(So)
- «Il mondo
sconosciuto» di Pietro Catalano, Roma
- «Koskobar-K»
di Jolanda Serra, San Mauro Forte (Mt)
- «La danza dei
cerchi» di Gabriella Catalano, Ciriè
(To)
- «Laguna
(7)» di Laura Giurdanella, Palermo
- «Tempus
fugit» di Angela Ambrosini, Città di
Castello (Pg)
-
-
-
|
- GIOVANNI
ABRAMO
- Un
sorriso
-
- Ho cercato per
anni
- una
carezza
- e al
contrario
- mi sono
trovata
- a
vagabondare
- nell'oscurità
della paura
- del
terrore.
- Nulla era
più forte del mio aguzzino
- nel silenzio
buio della notte
- ho
urlato
- fin quasi a
squarciarmi la gola.
- Nessuno mi ha
sentito
- Supplicavo
- aiuto
- pietà.
- Poi ho iniziato
a sorridere.
-
-
|
- WILMA
BERTASI
- Il borgo
- Piccole case
lasciate
- alla pace del
tempo
- nella vibrante
forza
- della
memoria.
- In te ho
conosciuto
- ogni mia
emozione,
- giovane
compagno
- delle mie
attese.
- Nei tuoi
contorni
- sopra un cielo
che mi custodiva
- ho scoperto i
colori
- delle stagioni
che si aprivano
- al sogno dei
miei turbamenti.
- Ho dormito
teneramente
- abbracciata al
cuscino della tua estate.
- Nella carezza
dell'alba
- mi sono
svegliata assopita
- nel grembo della
tua storia.
- Quando ho
l'anima
- gonfia d'amore
è il sole
- che mi sorprende
in un bacio
- rumoroso sulle
guance
- dei tuoi teneri
frutti.
- Riscopro ogni
mia libertà
- quando nei miei
viaggi
- mi affido alla
volontà del ritorno
- e la dolcezza
del tuo sguardo m'incanta.
-
|
-
TORNA
ALL'INDICE
|
- RITA
BONIFAZI
- Padre mio
- Nel momento
più delicato
- e fragile
della mia vita,
- il solo
pensiero di te
- mi
rinfranca e rassicura.
- Dolce
è per me
- ricordare
la tua possente
- e serena
figura,
- volta a
proteggere
- l'allora
mia fragile fanciullezza.
- In questo
frangente
- di palese
disorientamento
- il mio
pensiero tende
- a
divagare.
- Ma chiaro
mi è
- il
ricordo
- delle tue
tenere e delicate carezze.
- E non
consentirò al tempo
- di rubarmi
quel lontano
- e
nostalgico passato,
- che
tenacemente m'appresto
- a coltivare
in nome
- di
quell'amore che mi insegnasti
- a
propagare.
-
|
GABRIELLA
CATALANO
- Opera
segnalata
- La danza dei
cerchi
- Irridiscente,
sbalorditiva, rigenerante sensazione di
sconforto,
- di assoluta
solitudine.
- Inquietante
rigidità che grava sulla mia
schiena.
- Tra la scala di
colori amo ora sfumare il mio panico.
- Il panico di
essere per un istante libera!
- La
libertà è il disappiglio umile e
povero di abbracci.
- Non sento
più battere il mio cuore.
- Il petto si
è staccato dal mio corpo.
- Lo spazio
è ridisegnato da un susseguirsi di scene
mute
- e prive di un
senso logico.
- Dissimulo.
- Il resto di me
inizia ora la danza dei cerchi.
- Sono destinata
alla forma geometrica che vive nell'eterno
presente
- esente da
qualsiasi tipo di disguido, nessun
ripensamento.
- Solo ghiaccio,
neve fredda.
- Ne ad un inizio
ne ad una fine potrò mai far
parte.
- È che la
voce della verità ha maledettamente
perforato la mia muta
- permanenza
sotto-shok.
- La mia vita
giaceva in una frequenza apneica che impediva lo
sbadiglio del giorno.
- Il rigenerarsi
delle cellule ha reso la mia voce priva di parole
già usate.
- Il mio vivere
è ora impalpabile, sfuggevole,
sordo.
- Ho per lungo
tempo esercitato su di me una lenta e perpetua
condanna.
- Percorro la
strada dell'abbandono.
- Come l'onda mi
ritiro, eseguo poi sicura lo slancio in
avanti.
- Le braccia non
hanno riposo, la mia mano è sola nell'aria
profumata.
- Oscilliamo come
una orchestra di pendoli.
- Ci rifiettiamo
gli errori mutandone la polarità
- rivestendoli di
ardita fede e pace nella sera
luccicante.
-
|
-
TORNA
ALL'INDICE
|
- ANTONINO
CAUSI
- Abbasso la
guerra
- Abbasso la
guerra, distruttrice di amore e
serenità.
- Una madre soffre
per il proprio figlio lontano,
- per una guerra
estranea, sporca e meschina.
- Oh popolo, germe
di Dio!
- Speranza del
futuro, illumina la coscienza
- dei potenti, di
coloro che non capiscono il bene,
- la tenerezza e
l'innocenza dei bimbi, della vita
- che cresce e che
viene spezzata.
- Una pecora bela
di dolore per il suo piccolo
- agnellino
adunghiato da un lupo vorace, che
- come saetta vi
si scaglia contro.
- Oh popolo,
assennato!
- Porta tu un po'
di pace in questo mondo,
- fai tacere le
bombe e i missili di questi affaristi.
- abbasso la
guerra.
- Perché
è sempre sbagliata.
- Perché
è sempre un inganno.
- Abbasso la
guerra.
- Perché
è sempre un orrore.
- Perché
è un insulto all'intelligenza
umana.
-
|
- GILBERT
CERBARA
- La strada
prende quota
-
- Semplicemente
puoi aspettare
- quel po'
d'amore che volevi
- ancora
un altro giorno.
- Sopravvivi
per coprire
- il
castello di carte e i tuoi
dolori
- cammini
sugli spilli con la pelle
dura.
- Da un
lato un muro
- dall'altro
un vuoto senza fine,
- troppo
avanti per tornare indietro
- troppe
cicatrici per ricominciare.
- a volte
sorridi alla partita e ai
giocatori,
- alle
carte. Ai tuoi tre sette,
- non
lasci più devi giocare:
- Avvilito
sì, ma non vinto:
- bevi
sangue, ma ne sei costretto.
- Percorri
la tua strada.
- Col peso
dei tuoi errori
- allontanato
da te ogni dubbio
- e
sorridendo:
- umilmente
vai a morire.
-
|
-
TORNA
ALL'INDICE
|
- LAURA
CERVINI
- Opera
segnalata
- I nuovi
emigranti
- Solo tra
straniere trame,
- tra maglie
d'asfalto e terreno
- sotto foglie di
un altro verde.
- Sulle rive di
un'altra acqua
- è allora
che amo la mia.
- Che amo le forme
forti dei miei tritoni
- Trafitti,
agonizzanti, eppur viventi...
- È solo
con in bocca altri sapori
- arrotolando la
lingua
- intorno ad
un'altra
- baciando fonemi
stranieri
- strisciano lenta
su grafia forzata
- è allora
che sento a chi appartengo
- che ti ritrovo
nel mio letto:
- Italia di
dolore.
- Città mia
di torpore.
- Amore di
parole.
- Amante tanto
atroce.
- E' quando
indosso scarpe basse
- per non esibirmi
e per andare
- quando scelgo le
gonne da portare
- le vesti da
lasciare.
- Quando chiudo la
valigia pesante
- mai capiente di
tutta me
- È allora
che tu mi guardi
- dalla sponda del
letto
- Come cane
abbandonato
- Come amore
appena lasciato
- Come sorella
tradita.
- Italia mia
perduta
|
- SIMONA
CONTE
- Opera 9^
classificata
- Anna
- Anna era una
bambina
- e come una
bambina sognava
- Anna era una
bambina
- e come una
bambina volava
- con i fiori in
una mano
- e il guinzaglio
nell'altra
- con i fiori in
una mano
- e un amico nel
cuore.
- Anna cercava
senza sapere
- Anna rideva
senza volere
- non ricordo come
fu ma Anna finì male
- per sempre
piccoli non si può restare
- bisogna crescere
o morire
- ma lei non
crebbe a sufficienza
- e forse un po'
morì senza darlo a vedere.
- Nessuno seppe
dirle cosa c'è altrove
- quando sei qui e
non vedi lontano
- quando senti
musica e risate e suoni
- ma la festa
è di altri
- e tu sei qui con
le tue inutili parole.
- E' più
facile negare
- è
più facile copiare
- quel che
è stato sempre fatto
- tanto di
più non si può fare.
- Voci e ricordi e
volti
- amari di falsa
nostalgia
- sembrano
ciò che non sono mai stati
- sembrano
ciò che non saranno mai
- eppure tutto
ruotava in senso orario
- e sembrava
accettabile senza esserlo.
- E oggi rifiuti
ciò che non riesci a gestire
- e oggi rifiuti
ciò che non riesci a capire
- è
più facile negare
- è
più facile copiare
- ciò che
è stato sempre fatto
- tanto di
più non si può fare.
-
|
-
TORNA
ALL'INDICE
|
- MARGHERITA
CORDOVA
- Un diamante a
goccia
- Un diamante a
goccia color arancio
- una freccia con
l'anima di tritolo,
- il cuore della
gemma
- esplode in
succo,
- il getto
profumato
- cola nel calice
piangente.
- Il calice di
Socrate
- è abitato
dal filtro
- dell'immobilità
- dell'eterna
rigidezza
- del "mai
più nel caso".
- Se vivere la
vita
- è segno
di fortezza
- morir la
morte
- lo sarà,
altresì,
- di
temperanza?
- Tutti coloro i
quali partecipano
- alla crociera
extra lusso
- per i "Messi di
morte",
- organizzata dal
Tribunale di Atene,
- si precipitino a
raggiungere
- le scialuppe di
salvataggio,
- si prepara
l'alluvione del succo;
- ogni frutto
presente
- sull'albero
della conoscenza
- si è auto
centrifugato.
-
|
- GIACOMO
DALLARI
- La clessidra e la
vita
- La clessidra ha
granelli tutti uguali
- Il ritmo
dell'universale legge li governa
- Imperturbabile
cadere
- Incessante
movimento
- La vita ha
granelle e sassi e pietre
- Cadono e
rotolano, rimbalzano e s'infragono
- Illegale
fatalità
- Frenetico
incedere
- L'Esserci
- L'esserci nel
mondo
- È
così presente, persistente
- Ed è
sempre così assente, non
senziente
- L'Esserci nel
tempo
- Ci accompagna,
ci dilania
- Ci abbandona e
non si doma
- L'Esserci nel
pensiero
- È
menzognero, così vero
- Ricco di
mistero
- Gabbie
- Lo sguardo degli
altri,
- i loro pensieri,
le loro aspettative
- gabbie di
significato, prigioni di sostanza
- sentieri senza
alternative.
- Ingenuità,
assurdità, allusione e
previsione
- Il pensiero
s'inganna e noi cadiamo
- Verità,
controllo, certezza e sicurezza
- Menzogna che
dona pace
- Prime vittime
del nostro inganno,
- carnefici di noi
stessi,
- prigionieri del
nostro giudizio,
- carcerati e
carcerieri di significati menzogneri.
-
|
-
TORNA
ALL'INDICE
|
- ILARIA
FOJADELLI
- Senso
- Una linea
all'orizzonte
- più
chiara della luce,
- più
lontana della notte.
- Un punto
disteso
- sulla curve del
pensiero;
- ...una mano
trepida...
- ...una voce
spezzata...
- e un grido
celato!
- Una nebbia
all'alba
- e il profumo
penetrante del ciliegio...
- sopra
l'intensità del mare.
- Una linea
d'orizzonte
- non a
fuoco,
- non
vicina,
- ma
là!
- Solo una
linea,
- solo un
punto.
- Sospesa
- Nello specchio
di vita
- di una goccia
d'acqua
- tocco i fili del
cielo
- e plasmo la mia
parola.
- Nel respiro di
una luce inondante
- nutro la mia
gioia
- e vedo una
goccia di vita
- appendersi
- ad un
filo
- della mia
anima.
-
|
- LAURA
GIURDANELLA
- Opera
segnalata
- Laguna (7)
- Torri e
campanili obliqui
- occhieggiano
- dalle calli e
dalle fondamenta.
- Acqua di
mare
- scorre nei
canali
- ove
naufragano
- vaghe
emozioni
- e i pensieri del
the.
- I campi e la
nebbia
- leggono
- l'infinita
solitudine
- di anime
inquiete
- alla ricerca di
taverne
- ove
sciogliere
- i nodi
amari
- della
vita.
- Qui si
barattano
- i sogni
vagabondi
- con
voluttà
- colorate e
magiche.
- Frattanto
- sfiorisce il
giorno dai ponti
- in rifiessi
violabruniti
- sulla superficie
dell'acqua
- e sulle pietre
virginee
- mentre i
battelli
- scaricano
- viaggiatori
frettolosi
- delle
zattere.
-
|
-
TORNA
ALL'INDICE
|
- RAFFAELE
GUERRA
- Non districar
matasse
- Non districar
matasse
- che già
io vivo nella
- sterpaglia.
- Nei rovi ancora
brace
- si rintanano
i
- nidi.
- Nel calore scuro
del
- rifugio.
- nel buio
inquieto del
- buio.
- Adagiati su
cuori legati da secoli
- e corpi forgiati
dalla stessa argilla
- e anime unite
senza possibilità di
- slegarsi.
- ogni amore
è truce
- egoismo.
- ogni nido culla
una
- serpe.
- ogni bacio perde
i
- pulcini.
- Sterpaglia e
rami vivi
- s'intrecciano
- complessi in
trame complesse
- umani in cammini
drammatici
- forti e deboli
in destini
- tragici.
-
|
- ELENA
GUIDI
- Tommy
- Sento il tuo
strazio di madre azzannarmi il cuore.
- L'angoscia
crudele soffoca la voce che inciampa
- nella gola
rinsecchita dal dolore.
- Intorpidimento,
intontimento forzato dai medicinali ingoiati a
fatica
- per cercare di
sognarti e vederti correre felice,
- coi boccoli
d'oro e l'animo puro di un angelo,
- fuggito troppo
presto lassù tra le braccia del
consolatore
- che non consola
il mio pianto di madre
- ed il mio seno
è prosciugato dalle lacrime
- e le mie braccia
restano vuote...
- e tu piccolo mio
non toccherai più i miei capelli
- e non bacerai
più le mie guance orgogliose...
- - mamma, non
piangere...-
- Nel cielo
lontano sei volato, con ali perlacee ed
umidicce,
- come la terra
che ti copriva, come l'erba che ti
nascondeva,
- come l'acqua del
fiume che scorrendo veloce cantava
- la tua ultima
eterna nanna nanna...
- FEROCE
- terrificante la
mano traditrice che t'ha barbaramente
colpito...
- e le false
parole pronunciate al mondo
- nascondevano
l'efferata verità già
compiuta...
- ed i tuoi cari
che con fiebile voce chiedevano
pietà
- per il tuo
corpicino malato e martoriato
- e vivevano nella
speranza di rivedere
- i tuoi occhi
chiari appena aperti sul mondo,
- che così
crudele ha distrutto i tuoi giorni
- e cancellato il
caldo nido d'amore che t'avvolgeva...
- - mamma non
piangere...-
- Lassù ora
come angelo su di voi veglierò
- tra le braccia
amorevoli del padre bianco che già
m'attende.
- Nel giorno del
mio addio sono nato in Cristo,
- ed ora la mia
anima torna da lui,
- nella luce
dell'amore infinito e splendente,
- nel tepore che
da un mese aspettavo
- e che ora
purtroppo ho raggiunto lontano da
voi...
- - mamma non
piangere...-
-
|
TORNA
ALL'INDICE
|
- CLAUDIO
MALATINI
- Un amore
estivo
- Quattro ricordi
sgangherati
- che fanno
rumore
- tra gli stralli
delle barche
- abbandonate
- laddove
s'insinua il vento.
- Ferito, te ne
torni a nord,
- a cavallo di
quattro uccelli
- che hanno perso
il ramo
- e volano alto
con il cuore
- che batte in
affanno
- al ritmo
convulso delle ali.
- E ti par di
morire
- tra i murales
dei sottopassi
- e lo
sferragliare dei tram
- che svegliano la
città
- tra le insegne
rifiesse
- sui marciapiedi
lucidi.
- Quattro raggi di
sole
- che offendono il
cielo
- e non riscaldano
più.
- Ed è
sempre così,
- ogni volta ci
caschi
- e te li fai
piacere
- quei quattro
colori
- appassiti,
- preludio
d'autunno.
-
|
- FRANCESCO
MARTINELLI
- Genesi
- Scivola la penna
del maestro di parole,
- muto ascolta
echi lontani
- scolpendo
irrequiete immagini
- nel pulviscolo
in movimento
- che al soffio
del travaglio
- affannato, si
lacerano.
- Scrive il
maestro di carne
- sangue e respiri
dimenticati,
- derubati alla
storia dei nessuno.
- Recitano
ipocriti immondi la loro assenza.
- La voce
dell'Arcangelo
- Nonna, un
tempo,
- San Michele era
sul marmo,
- ti chiedevo
della morte.
- "Sentirai la
voce dell'Arcangelo".
- Ora,
Nonna,
- è sul tuo
petto San Michele,
- fa presto
sospira
- e poi
taci.
- Parla
l'Arcangelo. Si ode
- la muta musica
della luce.
- Su un vetro
appannato
- Nella pallida
materia del fiato
- ho celato il
rossore
- di una fredda
parola.
- Ho scritto,
Amore,
- su un vetro
appannato
- con un respiro
di vita
- che mi soffocava
in gola.
- Urla gocciolano
lente sul finestrino
- mentre tutto
scorre veloce.
- Asciutta dal
sole, rimarrà
- una lurida
macchia opaca
- traccia di quel
che fu.
-
|
-
TORNA
ALL'INDICE
|
- ALESSANDRO
MONTALTO
- Un canto alla
pipa
- Nella tua
fornace, dormicchia un'asola
- per origliare le
malignità degli inferi.
- Dal tizzone che
lenisci,
- trasudano fosche
caligini,
- dove ogni tuo
complice
- dissotterra
quelle fogge
- congiunte al suo
inconfessato intelletto.
- All'acquavite
del calice
- di un imperatore
esule,
- ammogli,
decorosamente,
- le tue vaporose
caravelle,
- in uno
sviolinato notturno
- di un'invernata
insonne.
- Quella tua
vera,
- fra il verbo
tartagliante e l'oltretomba,
- è
l'anello coniugale,
- fra la tua
afrodisiaca voluttà
- e il mio
tedio,
- all'epilogo
delle ore di Dio
- affidato al
canapé di vimini.
- Il lucidatore di
scarpe
- Come Cristo,
gobbo, brandisci alla tua pietà,
- coi palmi
imbruniti, gli artigli di fallaci
borghesi
- o mocassini
scostumati e allibiti dal tempo
- di un becero
plebeo, stregato da una gentilizia dama
- al cui amabile
pungiglione, da sterile, invoca un
bacio.
- Tenui minutaglie
e cere, patine e lacche da vernissage,
- nel nefasto
fagotto accantoni per il dì
nascituro
- che
accudirà gli spiccioli piovigginosi da
saccocce e
- scarselle,
- nel basco di
pelle addolorata e in fiera
mercanteggiato
- con una teca di
tintura colore caffè.
- A te è
consacrato il testamento di regnante del
sagrato,
- il cui diadema
lambisci, sugli stivali della porpora
- di crema
tinteggiati.
-
|
- VALTER
PADOVANI
- Gli amanti
- Sono stato ad
osservare due amanti,
- seduto ed
affascinato dei loro gesti,
- con la
curiosità di figlio che impara la
vita.
- Ho scrutato i
movimenti di lui nell'avvicinarsi,
- dolce,
avvolgendola in un caldissimo
abbraccio,
- carezzandole i
fianchi, seguendo le dolcissime forme di
lei,
- coprendola sino
a farla scoparire.
- L'ho visto
ritrarsi altrettanto dolcemente,
- lasciando che la
luce colpisse ciò che era
divenuta,
- con i segni
volatini e nel contempo indelebili del suo
passaggio.
- Impaurito ed
affascinato li visti lottare con
passione,
- l'uno contro
l'altro.
- Lui furioso
abbattersi senza limiti,
- colpire con
forza ciò che di lei trovava,
- con impatti
così forti che parevano volerla
distruggere,
- ma ritraendosi
dopo ogni tentativo.
- Lei, orgogliosa
e ferma, opporsi ad ogni nuovo attacco,
- mostrando il
petto fiera, ogni volta più debole ma
rinfrancata
- ad ogni colpo
respinto.
- Ho osservato gli
amanti nel loro eterno toccarsi ed
allontanarsi,
- cercarsi e
respingersi, inesorabilmente condannati ad essere
uniti.
- Mai un amore
così grande avevo visto
- come tra mia
madre,
- la
terra
- e mio
padre,
- il mare.
|
-
TORNA
ALL'INDICE
|
- GIANLUCA
PRATICÒ
- Luna
-
- La luna
è triste stasera
- e il gufo
ha smesso di fischiare
- e tu, lupo,
non cercarla,
- la luna
è sorda stasera,
- non sente i
tuoi ululati
- E
così, per noi vagabondi,
- non ci
sarà confronto,
- non ci
sarà via d'uscita.
- La luna
stasera si specchierà
- nel
bicchiere di un ubriaco,
- nel seno di
una meretrice,
- negli occhi
di un orfano abbandonato.
- Illuminerà,
con i suoi colori opachi,
- questa
terra arida
- e l'astio
delle nostre anime la
proteggerà.
- L'ho sempre
detto, luna,
- che non sei
una regina di cuori.
- La luna
è triste stasera.
- Canzone
metropolitana
- Ai bordi
del borgo voci mai liberate,
- dalla gola
strozzata, anime annullate,
- Ai bordi
del borgo rimescolando le carte
- e le parole
che poi sbarreranno le strade,
- Ai bordi
del borgo senza acqua e sapone,
- il cielo
è di fango e le facce di
cera,
- Ai bordi
del borgo, un ricatto, un
piacere,
- fra
quell'urlo profano dei rifiuti del
mondo.
-
|
- LICIA
ROVERI GALLI
- Opera
segnalata
- Il gregge ha
camminato
- Il gregge ha
camminato lungo questa via,
- ha lasciato i
prati dove sono
- che sanno
già di nebbie.
- Ha lasciato le
valli e gli arrabbiati fiumi
- e i monti che
giorno dopo giorno
- s'incappucciano
di bianco.
- Ora attraversa
di certo la pianura
- con gli
orizzonti aperti e un grande cielo.
- Passa dove i
pioppi
- hanno ancora le
foglie canterine
- e i casolari
hanno i tetti rossi
- con il sole di
fuoco all'orizzonte.
- Cammina lento il
gregge
- e arriva quasi
al mare
- dove brillano
come stelle le lampare
- dove ci sono
altri fiori altre genti
- che cantano di
sogni e stessi amori.
- E mi
pare
- di sentire le
onde
- di sentire il
profumo
- quel profumo di
alghe e pesci e sabbia
- e
risate
- e mani
strette
- e gioia di
bambina.
- Cammina il
gregge
- e s'è
portato via
- la mia anima e
il cuore.
- E mi ha lasciato
solo nostalgia
- io che devo
restare
- io che non posso
andare
- che non posso
tornare
- ad ascoltare
l'onda
- del mio profondo
mare.
-
|
-
TORNA
ALL'INDICE
|
- VALERIO
SANTORO
- Elegia
- Potessi solo
sfiorare i capelli
- lunghi biondi
odorosi
- il gentile
crine, fiuente alle spalle
- che l'aura del
mattino
- sconvolge e,
disordinata, sollazza
- spandendone
l'aroma.
- Sfiorare quelle
bianchissime gote
- tinte appena dal
sole,
- soppesare
sospirando il velluto
- che la sua pelle
espone.
- Se potessi
baciare la sua fronte
- mentre chiude i
beati occhi
- grandi, tondi,
del color della terra
- sfiorando, poi,
le palpebre
- e questo naso
levigato, appoggiandomi
- all'umide sue
labbra
- carpendo il
caldo affiato dello spirito
- assaggiando il
sapore
- acre e fruttato,
o le gambe sue snelle
- che
disinvoltamente
- muove con
leggiadro e leggero passo
- come ali di
farfalla
- le lunghe e
rosee dita della mano
- affusolate e
lievi
- che con grazia
ella gesticola, dolcissima;
- nei suoi modi
gentili
- sempre né
mai scomposti mi smarrisco
- bramandone
l'abbraccio
- ché il
suo calor scaldi anima e cuore
- e possa
addormentarmi
- sul morbido
ventre ansimante suo
- dopo aver
sussurrato
- ai lobi
tenerissime parole
- e languidi
singulti.
-
|
- SALVATORE
SCUDERI
- Pioggia senza
Voce
- Il cancello
separa il cortile
- dalla frenesia
d'un buco in mezzo la foresta
- e quel giardino
guarda noi giocare
- come biglie in
libertà
- dallo sbatter
d'ali in una piazza di favole.
- La ringhiera
stona il colore
- dal vento che
sposta le mine inespresse, inesplose
- e lì, un
nero contorna gli occhi, d'indefinibile
tenerezza
- bimbo che ruba
la guerra, palle da biliardo nelle mani
- saziano le ombre
lasciate come fossero fiabe.
- Il tunnel
allarga le strade
- ma le carrozze
vanno e vengono
- slacciano i
puledri, slegano gli zoccoli
- per far correre
nel fiume che non ha più sapore
- indifferenza,
sfibra un'anima
- in un cuore che,
combatte
- per un
passo
- che nulla ancora
intravede.
-
|
-
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ALL'INDICE
|
- DIEGO
VERRA
- La venuta del
santo
-
- Ergo viene dalle
terra natia
- con mani callose
e con voce tonante
- vive tra passi
di uomini stracchi
- e domande su chi
erano gli antichi padroni
- Ergo afferra la
preda morente
- per darla ad una
donna conosciuta lontano
- mentre scende
l'esercito dalla luce dell'est
- chiedendo
perdono per compiute malefatte
- I cavalli
smettono di battere il tempo
- il saio mostra
il volto del frate
- l'abbaio dei
cani dinanzi a quel sangue
- tra lacrime
preghiere scetticismo e risate
- Ergo tocca la
spada dell'uomo
- che cadendo
sente la vita che nasce
- la bocca
assaggia il calore e la morte
- e la bava scende
dalle labbra mastine
- trema la terra
sotto deboli gambe
- e si innalza
l'altare dell'eterno perdono
- nel baratro
cadono gli avversi soldati
- mentre spuntano
ali sulla schiena dei pochi
- Esplodono lampi
dai lati del mondo
- si spezzano lame
dal fuoco plasmate
- al mattino il
risveglio degli umani rapaci
- circondati dal
tempo che inizia la vita
- Si innalzano in
volo accecati dal sole
- sbattendo le ali
come aquile in fuga
- si sentono i
cuori che montano sangue
- svanendo per
sempre nell'abbraccio del saio.
-
|
- ANTONIO
ZANNINO
- Il vecchio e il
cane
- Vecchio
uomo!
- la barba un po'
incolta,
- in disparte,
nessuno t'ascolta.
- I capelli dagli
anni imbiancati,
- tra le gote dei
solchi scavati
- dal tempo che
scorre veloce,
- e le mani
tremanti, e la voce.
- Sempre solo, non
parli a nessuno.
- Dei compagni
è rimasto qualcuno,
- parcheggiato
vicino alla morte,
- ch è
segnata oramai la lor sorte.
- E i nipoti? Non
hanno bisogno,
- sempre attivi ed
inseguono un sogno.
- Vecchiarello!
- quell'aria un
po' stanca,
- ai giardini, su
quella panca,
- a spiegar ad un
cane fedele,
- che la vita era
zucchero e miele!
- "T'ho mai detto
di quand'ero bambino?"
- e lui attento,
ed ancor più vicino.
- La tua mano gli
accarezza la schiena,
- e ricorda e la
sente la pena.
- Era solo in
quegli anni al canile,
- e ha raggiunto
un'età ormai senile.
- Ansimando si
mette già in posa
- Di chi ascolta,
se dici qualcosa.
- "cosa vuoi,
è così che va il mondo!
- sempre a galla
finché tocchi il fondo.
- Però,
adesso lo sai che ti dico?
- Ora so che
cos'è un vero amico!"
-
|
-
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10-10-2007
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