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Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Valeria Palmieri
Ha pubblicato il libro

Valeria Palmieri - Il destino bussa tre volte

 
 
 
 
 
 
 
 
Collana I salici (narrativa) 14x20,5 - pp. 96- Euro 10,10 - ISBN 88-8356-507-X

Prefazione
Incipit

PREFAZIONE
"Il destino bussa tre volte" è il secondo romanzo di Valeria Palmieri che dimostra ancora una volta di essere autrice capace di esternare la sua grande passione per la scrittura ed è amorevole nel descrivere le immagini e nel sottolineare i veri sentimenti che erompono dai protagonisti con interessanti illuminazioni e deliziose divagazioni a volte drammatiche altre volte divertenti.
Nel raccontare questa storia d'amore tra Sascia ed Emanuel, così travagliata, sofferta e densa d'imprevisti, ritroviamo sempre il sottile filo conduttore del destino che sembra indirizzare ogni evento, anche il più inaspettato, verso un felice epilogo. Tutto pare legato al destino umano che ognuno porta con sé e, ancor più, pare rendere evidente che si può plasmare con le proprie azioni, con la forza di volontà, affrontando la propria vita senza arrendersi mai.
La storia d'amore che fluttua tra incanti appassionati, gioia d'amare, estenuanti attese e strazianti sofferenze è così accattivante da farsi leggere tutta d'un fiato anche grazie alla capacità dell'autrice di raccontare con linearità ogni vicissitudine dei protagonisti e far crescere, pagina dopo pagina, un convincente romanzo. A questo riguardo è importante ed interessante la figura del giovane Jesse, sempre con la battuta pronta ed il sorriso sulle labbra, che si trova assurdamente coinvolto in una brutta storia dalla quale riuscirà a liberarsi anche grazie all'aiuto di Sascia: tra i due nascerà una meravigliosa amicizia che li porterà ad aiutarsi reciprocamente nelle pazzesche situazioni che si troveranno ad affrontare.
Dall'altro lato le alterne vicende e le peripezie di ogni sorta che sembrano ostacolare il grande amore tra Sascia ed Emanuel non riescono a scalfire la loro voglia d'amarsi: a nulla servirà doversi incontrare di nascosto, vivere in un continuo sotterfugio, fuggire lontano da tutto e da tutti con la speranza di dimenticare, trovarsi a dover superare momenti drammatici, affrontare i dolori e convivere con il tormento per l'amore negato. Niente riuscirà a fermare i due innamorati.
L'intensità del loro amore è tale da non poter farne a meno, da non riuscire a sottrarsi al magico richiamo, così forte da mettere in subbuglio tutto l'organismo e far disperare per non poterlo vivere alla luce del sole: un continuo bruciare per questo amore unico e sublime capace di far superare ogni ostacolo.
Valeria Palmieri incanala intelligentemente il suo racconto sul piano della favola d'amore sempre attraversata però dagli eventi della crudele realtà della nostra vita che costantemente offre momenti di felicità e al contempo estenuanti tristezze: riporta fedelmente i brividi d'amore che scaturiscono dai protagonisti, anima di luce le raffigurazioni e le descrizioni dei paesaggi naturali, infonde grande forza rappresentativa ad ogni episodio, suscita emozioni e con una una ricognizione incessante e decisamente coinvolgente offre al lettore una certezza: il trionfo dell'amore.
 

Massimiliano Del Duca


Il destino bussa tre volte
 
Il letto disfatto dopo una lunga notte d'amore, metteva in evidenza l'ebbrezza dell'alba appena spuntata. L'ebbrezza stagliava l'immagine del quadro romantico. La natura, un arazzo appeso, nell'azzurro profondo, lasciava fluire colori stupendi.
Ormai, alla fine dell'estate, l'autunno già reclamava, bussando alle porte. Voleva l'esclusiva. Una strana simbiosi gemellò la stagione a quella primaverile. Un che di simile, di uguale, eppure lontanamente diverso si andava accumulando nell'aria. Emanuel, non ricordava di aver mai amato così.
Guardò Sascia rivestirsi. La sua bellezza senza limiti, le scaldava il cuore. Troppo contrastato il loro amore, troppo tartassato. Eppure tanto profondo.
Feriva vederla prepararsi per andar via. Di lei rimaneva un lontano sogno nel cassetto. Emanuel indossò i pantaloni bianchi e la camicia di seta a fantasia. Quella camicia era un suo regalo, donatogli, il giorno del compleanno. Sentiva ancora la mano sfiorarlo lungo il corpo, un tocco delicato e penetrante. Le dava una particolare sensazione quel tessuto, diceva Sascia, mentre continuava ad accarezzarlo. E, da allora, lui, non se l'era tolta quasi mai. Ad eccezione del bucato.
Aprì la porta per lasciarla passare, restando a fare da cavaliere, sull'uscio. Come una sentinella. La sentinella al silenzio e al cuore svuotato della sua presenza. Aspettando di nuovo un casuale incontro, magari per vederla solo di sfuggita, solo per un attimo. Era stanco di tutti quei sotterfugi, la voleva tutta per sé. Ed anche lei lo desiderava. Il solo pensiero bastava a sconfiggere la bruttezza della vita. Bramava i suoi baci, come un bimbo brama le braccia della mamma.
Camminava leggera, Sascia, lungo la strada, assorta nei suoi pensieri. I suoi passi parvero sospesi nell'aria, ma il cuore pulsava pesante. Come un blocco da portare a fatica. Da quando amava Emanuel? Da tanto. Tantissimo. Da sempre. Fin da quando le sue pupille erano state aperte all'amore. Perché dunque, quel loro sentimento, così bello, da tenere costantemente nascosto? Quanti giorni trascorsi a pensare a lui, a lui soltanto. Giorni che si erano trasformati in stagioni e le stagioni in anni. Ma ormai, tra loro due c'era un insormontabile ostacolo: Paola.
Perciò restò di malumore, quando lei l'invitò a cena, il sabato sera. Il desiderio di vedere lui, la rendeva felice, ma con lei di mezzo... Avrebbe potuto inventare una scusa per non andare, ma sapeva bene che non poteva. Non poter nemmeno alzare lo sguardo, per guardarlo negli occhi, sarebbe stato un martirio.
Dal balcone di casa sua, seppure in lontananza, vedeva Emanuel, affacciato al suo. Quello per loro era un prezioso appuntamento segreto. Se ne stavano per ore ed ore lì, in contemplazione a parlarsi col pensiero. Mentre sotto di loro i passanti, spesso, frettolosi, andavano e venivano, fino a scomparire del tutto e il silenzio, ormai padrone della notte, rimandava il battito dei loro cuori solitari.
Il suo monolocale, nel bel centro di Firenze, distava dalla lussuosa casa di Emanuel, poco più di cinquecento metri, ben pochi in realtà, eppure erano così tanti! E lui irraggiungibile... Sempre più irraggiungibile.
Paola, cucinava bene. Benché Sascia non poté mangiare poi molto. Un nodo alla gola le impediva di mandare giù il cibo.
Emanuel, s'alzò per servirla: "Ti prego mangia qualcosa."
Lo sfiorare della camicia di seta, sulla sua pelle la fece ribollire. Il calore sprigionato dal suo corpo la mandò in visibilio.
"No, grazie. Non ho proprio appetito."
Ma lui stava lì, e non si spostava. Un amplesso silenzioso li legava. Il cibo preso dalle sue mani diventò afrodisiaco e presto ebbe fame. Dopo sarebbe tornato il vuoto per lei, la solitudine. Unica compagnia: Sascia, il silenzio e il dolore. E le lunghe serate al balcone.
Ma adesso la sua presenza la esaltava. Le dava carica. L'amore platonico di una volta, si era trasformato negli ultimi tempi, in un amore completo. Completo di anima e corpo. Dove i sensi travolgono. Forse per compensare l'astinenza della sua lunghissima assenza. Assenza durata un lasso di tempo eterno. Si erano ritrovati per puro caso e da quel momento era stato come se una bomba improvvisa, fosse esplosa dopo un lungo e obbligato letargo. La goccia penetrante dei sogni quotidiani, repressi per tanti anni, aveva riempito la misura, ed ora essa traboccava da tutte le parti.
Emanuel, continuava a starle a fianco, muto. Mai, tanto silenzio fu così prezioso. Lontanissimo dall'assomigliare a quello della sera, quando era costretta ad evocare il suo ricordo. Il silenzio, adesso, parve avere una forma propria, una personalità propria. Ognuno dei due poteva penetrare i pensieri dell'altro. Simili come due gocce d'acqua. E, quelle due piccole gocce continuavano a riempire la misura, sempre più traboccante, fino a straripare.
Paola, con uno scatto determinato, prese il vassoio dalle mani di Emanuel.
"Non farà mica i complimenti! O è forse una bambina da imboccare?"
Sascia restò di stucco, arrossendo mortificata. Il nodo alla gola s'andava sempre più ad ingigantirsi, tra poco neanche il respiro sarebbe sceso giù. Lui cercò di riparare, sdrammatizzando:
"Ho proprio la sensazione che stia facendo i complimenti. È nostra ospite, non possiamo farla morire di fame!"
"Ma no, ho mangiato a sufficienza. Non preoccupatevi per me."
Parole banali per togliere dall'imbarazzo. Inutili e formali.
Le persone si amano e poi si odiano e questo accade da sempre. La convivenza influisce sul rapporto di coppia. L'amore assoluto, indissolubile, una chimera lontana, per molti, per troppi. Chissà come sarebbe stato se loro due un lontano giorno, anziché perdersi si fossero sposati. Tutto sarebbe scivolato nella banalità, nella monotonia, oppure affogato nei battibecchi quotidiani? O sarebbe restato saldo, passionale come nelle favole?
Le favole non esistono, c'è la realtà con cui ci si scontra tutti i giorni, con cui bisogna fare i conti. E il quotidiano uccide. Per questo molte coppie si sfaldano.
Paola, aveva sparecchiato quasi con rabbia, e lei si sentiva proprio di troppo.
No, se si fossero sposati, ne era certa non sarebbe stato così. Sarebbe stato un grande amore.
S'alzò per andarsene e lei non fece nulla per trattenerla. Si ritrovò ancora una volta sola nella strada come sempre. Le lacrime le scendevano giù oltre le gote. Lei e la strada. La strada e lei. D'altronde si nasce soli e si muore soli. Echeggiavano i suoi passi nel silenzio della notte. S'affrettò. A quell'ora tarda aveva un po' di timore a percorrere quel tratto, per fortuna breve. Doveva decidere a non andare un'altra volta, magari inventare una scusa. Una persona equilibrata lo avrebbe fatto.
Troppo spesso le capitava di essere invitata, benché sapeva bene, non era molto gradita la sua presenza. Si sentì umiliata e le lacrime continuavano a cadere giù a catinelle.
Tirò un sospiro di sollievo quando fu davanti al suo portone. No, non doveva andare proprio più. Tante volte il telegiornale aveva dato cattive notizie sulle donne sole che circolavano di notte. Emanuel desiderava di certo accompagnarla, ma sapeva bene che non poteva. Si limitava a guardarla dal balcone. Ciò le infondeva coraggio e solo per questo era andata.
Si asciugò gli occhi arrossati, mentre infilava la chiave nella serratura. Non appena fu dentro, andò a lavarsi nel bagno. Lo specchio le rifletté la sua bellezza, matura, ma ancora fresca. La carnagione bruna come gli occhi, ne rispecchiava la bellezza mediterranea. Il fisico, di media statura, asciutto e atletico, sculturato da lunghe ore di palestra. Unica sua concessione. Anche lui amava la palestra. Che coppia perfetta sarebbero stati! Chiuse gli occhi e il suo sorriso le irradiò la mente. Con quei baffetti e i capelli castani un po' lunghi se ne stava scolpito come un quadro nel suo cervello. Domani... domani l'avrebbe rivisto, proprio lì, in palestra. Il suo insegnante preferito... l'unico insegnante... Passavano ore a torturarsi con i macchinari, a scambiarsi lunghi, interminabili sguardi. Proprio per lei, per starle sempre a fianco, era diventato un istruttore di ginnastica; obbligandosi a un corso specifico.
La freccia di Cupido era andata a centrare un bersaglio sbagliato. Loro due non ne avevano colpa. Era accaduto e basta. E per non languire nel dolore e attutire la piaga sul cuore, avevano fatto della palestra un punto d'incontro segreto. Un posto di ritrovo. Lì si parlavano senza parlarsi, si amavano senza amarsi. Il suo sguardo luminoso emetteva piccoli raggi di luce intensa, simili a tanti spicchi di luna che illumina nel pieno delle notti buie. Un'intensità profonda quasi a ricordare l'immortalità. Perché c'è l'immortalità. Nulla mai muore per davvero. Soprattutto l'amore non muore. Anche se si estingue con la vita delle persone stesse di cui si è impadronito, rinasce, rinasce sempre. Sotto altri volti e esistenze nuove, ma risorge. Risorge come l'alba al mattino, come la luna di notte. Il tempio dell'amore non conosce fine.
Emanuel, si era scoperto così, casualmente un abile massaggiatore. Chiunque fosse stato trattato da lui, vantava grandi benefici. Un amore che dava frutti, donando altro amore. Le sue mani manipolavano artrosi, gonfiori,vertebre; alleggerendo il fardello del dolore, fino a farlo scomparire. In breve tempo fu indispensabile la sua presenza fissa in palestra. Un'attività iniziata per gioco si rivelò fondamentale e tanto utile; anche Sascia si sottopose alle sue mani. Ma per lei, il tocco fu qualcosa di magico, qualcosa di supremo. Volava leggera come una piuma. Una piuma bianca, spinta dal vento, armoniosa e soffice. Una piuma folle, come folle era il loro amore. Tanto folle da sconfinare nell'irrealtà. Più gli veniva impedito di esprimersi e più trovava svariati sbocchi per fiorire, per non appassire mai. Perché l'amore vero non si atrofizza, non conosce ostacoli. È. Si ritrova dovunque e ovunque.
"Sascia, ti amo!" Le sussurrò dolcemente, un attimo in cui furono soli "ti amo tanto!" Il cuore le batteva forte e lei ebbe paura di poter venire tradita da esso, che qualcuno passando potesse ascoltarlo, di rivelare il suo segreto, di essere allontanati. Di perderlo di nuovo. Quasi svenne a quel pensiero. Si comprimé la mano sul petto, per azzittirlo. Alzò lo sguardo su di lui e fece appena in tempo a rispondergli con un sorriso che subito arrivò una bella signora a reclamare le sue cure. Pervase la gelosia, ma lui, di rimando le strizzò l'occhio, per rassicurarla. La solarità e la profonda simpatia che sapeva infondere, attirava l'attenzione di un elevato gruppo femminile. Quando fu per chiudere la porta della stanza dei massaggi, si voltò di nuovo verso di lei, sorridendo malizioso. I suoi baffetti, che lei amava tanto, si alzarono lievemente dall'apertura della bocca. Sapeva di poter stare tranquilla. Ma avrebbe preferito averlo accanto a sé, senza doversene separare mai.
Lui, per farsi perdonare quando uscì dalla palestra indossò la sua camicia preferita. Quella a fantasia di seta.Un desiderio immenso di corrergli incontro e di abbracciarlo l'invase. A fatica dovette reprimere quel suo desiderio. Purtroppo anche per questa volta il loro incontro era già giunto al termine; dovevano attendere ancora l'indomani per ritrovarsi. Quante ore! Tante ore da trascorrere nella monotonia, ma il domani sarebbe giunto.
Sascia tornò a ripercorrere con tristezza il solito tratto di strada. La palestra era vicina alle loro abitazioni, ma ogni volta, al ritorno, quel breve tragitto, sembrava interminabile. Provò rabbia, aveva una gran voglia di piangere, di urlare. Quella solitudine le pesava come un fardello. Un fardello che la vita avrebbe potuto risparmiarle. Si nasce urlando e piangendo, ma solo di rado si muore nel pianto. Quasi la vita fosse una violenza imposta. E, adesso in quel particolare momento buio, avrebbe desiderato compiere una follia. Sentì su di sé, lo sguardo accusatore di Paola, intuì i suoi pensieri. No, non era vero, non era una poco di buono lei, no, non poteva pensare questo. Le faceva male tutto ciò. Paola non poteva capire... In fondo lo amava da molto prima che lei arrivasse.
Avvampò di rossore dalla vergogna e dal desiderio. Il pensiero di lui la mandava in fiamme, incendiando il cuore e l'animo. Cancellando presto ogni cosa, ogni logica. Aveva bisogno di Emanuel, come Emanuel aveva bisogno di lei. Non potevano più vivere separati. L'idea si riempì di colori variopinti. Un arcobaleno varcò il cielo, scintillante. Forse domani... domani. Un domani che non arrivava mai la perseguitava. Sarebbe mai veramente giunto? Un domani fatto di poche ore, sì, soltanto quello l'aspettava, non di una vita.
Ma quel domani costruito da attimi preziosi sarebbe di nuovo spuntato Doveva accontentarsi, non poteva pretendere oltre. Centellinare ogni minuto rendeva più vivo il loro amore.
La violenza continua della vita sulla vita, marchiava le leggi degli uomini per gli uomini.
Sarebbe stato così bello fuggire lontano, insieme a lui! Dimentichi di tutto e di tutti. Vivere in assoluto quell'amore. Ma anche loro stessi si violentavano, rispettando senza ribellarsi, le leggi degli uomini, fatte per gli uomini. Una legge che li condanna a restare e a torturarsi. Separati. Un supplizio. Un continuo nascondere la testa sotto la sabbia, per non vedere, per non udire... Una morte dell'anima che salva il corpo. Ma cosa serve allora il corpo? Un pupazzo inanimato... L'amore è la molla del mondo, senza di esso tutto sarebbe nullo. E lei si sentiva proprio una nullità. Passò una notte insonne, pervasa da strani pensieri.
Tirò un sospiro di sollievo a veder sorgere l'aurora. S'alzò dolorante, quasi non riusciva a mettere in piedi le sue povere ossa. Non aveva voglia di andare nemmeno in palestra; l'indomani tanto atteso era giunto. Ma a cosa serviva, ora? Non lo voleva quel domani fatto di sotterfugi, quel domani che l'umiliava, come fosse una sgualdrina. Sì, questo pensava Paola. Lo sentiva.
 
 
Non servì poi a molto il suo assenteismo, da sotto la sabbia un filo magico intrecciava disegni stupendi. Il pupazzo inanimato prendeva forma. Ed era bello avere la testa nascosta tra la sabbia un filo magico intrecciava disegni stupendi. Si vedevano tante cose che agli occhi della luce venivano nascoste. Quasi un mondo a sé si rivelasse a pochi. No, non era andata in palestra, ma lui era lì, davanti a lei.
"Sascia!"
"Emanuel!"
"Sascia, ma cosa hai? Perché non sei venuta in palestra?"
"Non ne avevo voglia."
"Come puoi dire ciò?" Lui intuì i suoi pensieri: "Oh, Sascia amore mio! Non ti devi porre troppi problemi. Non puoi. Non puoi e non devi togliermi il piacere di vederti tutte le mattine. Non farlo mai più!"
Le loro labbra s'intrecciarono come il filo sotterraneo. Fu una mattinata sublime, fatta solo d'amore. Loro due soli, senza essere disturbati da alcuno.
"Sascia, ti porto via con me, per una settimana intera, vuoi?"
Lei lo guardò meravigliata: "Mi porti con te..., dove?"
"Ho un'idea. Organizzo una gita per la palestra e ce ne andiamo fuori, lontano da tutto e da tutti."
"Ma è meraviglioso."
A lei parve di toccare il cielo, traballò dalla felicità: "Ma come faremo?"
"Non ti preoccupare, penso a tutto io. Tu preparati, per il resto affidati a me."
"Sì, Emanuel."
"Oggi stesso ti farò sapere quando potremo partire. Comunque presto amore, presto. Non vedo l'ora di poter stare con te. Anche se una settimana mi sembrerà poco, perché vorrei averti per sempre. Per tutti i giorni che mi restano della mia vita."
"Anche per me è la stessa cosa."
"Ti amo, Sascia. Ti amo."
"Anch'io ti amo tanto, Emanuel."
I suoi occhi verdi, s'illuminarono come due lampade, simili a un immenso prato verde al primo sorgere del sole. La forza dell'amore li rendeva unici, speciali. Come speciali erano i suoi adorati baffetti, di cui lei ostinatamente ne aveva impedito il taglio. Chissà perché marchiavano il sorriso di un qualcosa di particolare, donandogli un che d'indescrivibile, di magico. Poteva mai esistere amore più grande? Scivolava, ora, nel verde lussureggiante dei suoi occhi, esso era tappeto e manto insieme. Amore e dolore. Tormento e delizia. Paradiso e inferno. Una settimana intera tutta per loro! Non poteva credere alle sue orecchie. Ma quel verde brillava più luminoso che mai.
"Sì, Emanuel. Sì."
"Ed allora, mia dolce creatura, penso di poter organizzare il viaggio per il fine settimana, non posso aspettare oltre."
"Tra cinque giorni..."
"Oh, amore, amore mio, sarà grandioso."
"Adesso vado. Così vedrò subito il da farsi."
Le diede un lungo bacio, quindi uscì, portando con sé quella bella notizia. Sascia restò in subbuglio, felice. Era la prima volta che avrebbero potuto trascorrere tutto quel tempo insieme. E, chissà... dopo di quella ne sarebbero potute seguire delle altre di settimane così... Sognava già con la fantasia. Lo squillo del telefono la risvegliò presto alla realtà. Ma fu una realtà migliore del sogno. Emanuel le confermò quello promesso. Il cuore le pulsava forte, si sentì come un'adolescente al suo primo incontro. Già, come allora... Nulla parve cambiato. Il loro primo incontro! Ancora ne assaporava di quei momenti. Si rivedeva con chiarezza, mentre erano seduti in quella panchina di legno, lì nel chiosco del parco... Ricordava il sapore di quel bacio rubato al tempo. Il suo primo maldestro bacio! La voglia di donarsi si macchiava di felicità e di paura. Una paura infondata. Cinque, dieci minuti al massimo dovevano essere restati lì, abbracciati, ma l'intensità del momento sarebbe restata scolpita per sempre. Mai più nulla in futuro avrebbe avuto lo stesso sapore. Pochi in realtà furono i loro innocenti incontri. Una breve storia, ma così vera da bastare per andare avanti del solo ricordo per il resto della vita. Ed ora a distanza di tempo anziché estinguersi essa si completava! Una settimana per amarsi... E Milano era la città prefissa. Sarebbe stato un gioco perdersi tra la gente, dove nessuno li conosceva. Mischiarsi tra volti anonimi.Chi mai li avrebbe riconosciuti? Nessuno. Anche perché il resto del gruppo era destinato in periferia, lontano da loro. Emanuel aveva ben programmato ogni cosa, nessuno sapeva di lei. Una gran voglia di ballare, di cantare, di fare follie, s'impadronì di Sascia. Ecco, ogni cosa veniva debitamente restituita. Ma questa volta la parcella sarebbe stata salata, si pretendevano anni e anni di addietrati.
Tutto era pronto per la partenza, ma nel cielo stellato, una stella, la più grande, anziché brillare di più, parve la più buia, la più cupa. Un'aquila rapace volteggiava minacciosa, fino ad offuscare l'azzurro, fino a far piombare la notte nel bel mezzo del giorno. Un'eclissi. Un'eclissi totale. E fu buio. Non si distingueva né il cielo né il bel prato verde dipinto nei suoi occhi di smeraldo.
Paola venne a sapere, misteriosamente, della sua partenza. E fu un pandemonio. Vani furono i tentativi per farla ragionare, per farle capire che andavano tutti quelli del gruppo. E nel gruppo c'era compresa anche lei, volente o nolente. Per non creare ulteriori problemi, fu costretta a rinunciare. Partirono tutti, tranne lei, che restò sola e mortificata a casa. Il cuore ormai trasformato in un ammasso di pietra, vedeva solo nero. L'eclissi s'era fatta duratura, eterna. Divenne cattiva persino con se stessa. Avrebbe voluto punirsi per amare l'uomo sbagliato. Per aver desiderato sempre e solo lui. Quando l'allora adolescente, di appena quattordici anni, in segreto gli aveva donato il suo cuore e la sua mente. E non c'era più stato verso di riprenderseli. Ancora adesso non poteva fare a meno di lui. Mai più ne avrebbe potuto fare a meno. Lo sapeva. In quel tempo remoto, suo padre l'aveva ostacolata in mille modi. Troppo piccola diceva, non era ancora giunto il momento, diceva. Non voleva proprio la loro unione e le impedì di frequentarlo. Ma loro due, continuarono a vedersi di nascosto... Finché un maledetto giorno qualcuno dovette fare la spia. E furono guai, guai seri. Tanto da venire divisi. Proprio come ora.Quasi una maledizione li perseguitasse. Restò immersa nei ricordi, per vari giorni, più che mai depressa. La polvere sui mobili, confermava chiaramente l'apatia in cui stava sprofondando. Non ce la faceva proprio più a sopportare tanto dolore. A martellarla ulteriormente fu ancora Paola. Non le bastava averla già ferita voleva proprio ucciderla.
Soffiava un vento di tempesta, la sua bocca sprizzava veleno, si apriva e si chiudeva solo per lasciare uscire parole come proiettili, pronti a colpire. Cercò di restare calma, plasmando un poco l'atmosfera. Ma non era poi tanto abile come artista. Comunque andava aveva sempre torto.
"Potevi venire anche tu, allora se proprio ci tenevi, Paola."
"Lo sai bene che non potevo per via del bambino."
Ah, già il bambino. Solo per lui, sopportava, solo per lui. Per quella tenera creatura bionda, dagli occhi verdi... Verdi esattamente come quelli di Emanuel. Paola spaziava con lo sguardo dovunque, la polvere rifletteva una verità che in quel momento avrebbe voluto tenere in gran segreto. Perché, dunque non se ne andava? Cos'era venuta a fare? A confermare la sua vittoria? Anche quando la invitava a casa loro, lo faceva per sfida. Sapeva di avere il coltello dalla parte del manico.
Il bambino..., ripensò anche al suo di bambino, in un tempo lontano... No, il bambino no, non si può far soffrire, non è giusto. Non diventa poi un adulto cattivo? E la società che società è se formata da adulti inaspriti? I bambini vanno protetti, aiutati. Lo sapeva bene Paola, di vincere la sua battaglia, ma perché andare fin lì, per torturarla?
Lei, proprio come suo padre... E quel pianto antico si accomunava. Sempre una divisione, sempre qualcuno tra di loro. Qualcuno a cui non si può disubbidire. Ma perché il destino li aveva fatti ritrovare ancora con un ostacolo?
Si sentì tanto inquieta e infelice che nei giorni futuri sbarrò le porte di casa. Staccò il campanello e il telefono e se ne restò quasi segregata, andando solo a fare la spesa per acquistare lo stretto necessario, non voleva vedere né sentire nessuno. Nemmeno lui, che di sicuro la stava cercando. Ormai dovevano essere tornati. No, non andò nemmeno in palestra. Odiava, ora la palestra, sì la odiava. Agli amici più intimi aveva lasciato credere che sarebbe andata a trovare un'amica fuori città. Ma Emanuel non ci cascò. Ed era lì, fuori la porta che bussava, bussava ripetutamente. E lei da dietro piangeva in silenzio, furiosa. Desiderava che se ne andasse, perché era venuto, perché insisteva?
"Sascia, ti prego, apri... Lo so che ci sei."
Nonostante tutto, trovò la forza di non rispondere a quella suppliche, finché fu costretto ad andarsene. Però, non si arrese completamente, restò a passeggiare lì sotto casa sua, finché fu buio pesto. Si voltò più volte nella direzione della finestra. Lei lo vedeva attraverso il riflesso delle sue stesse lacrime. Come uno specchio le rimandavano l'immagine. Il desiderio di chiamarlo la soffocava più dei singhiozzi che contro la sua volontà non accennavano a calmarsi. La ragione voleva che se ne andasse, ma il cuore ardeva di lui, di un suo contatto, di un suo abbraccio, dei suoi baci passionali. E lui, continuava a restare lì sotto, convinto che prima o poi si sarebbe tradita. Magari sul tardi avrebbe acceso la luce...chissà. Come un segugio avvertiva la sua presenza. Sascia restò in silenzio in quel buio denso, non si mosse dalla poltrona, piazzata proprio dietro la finestra. Finché stanca si assopì. Doveva essere oltrepassata l'una di notte, quando si scosse.
L'autunno ormai faceva sentire i suoi freddi e a quell'ora tarda l'aria doveva proprio pungere, senza un maglione sulle spalle. Emanuel indossava la solita camicia leggera. Lo vedeva perfettamente. In qualsiasi attimo gettasse lo sguardo fuori, lui era lì. Infine, esasperata aprì le ante. Lui sorrise felice. Sapeva che ciò sarebbe avvenuto. Sascia si pentì subito, ma ormai era fatta. In un lasso di tempo indescrivibile lo sentì bussare di nuovo: "Apri, ti prego."
La mano tremava, ferma sulla serratura, indecisa se farla scattare o meno.
"Tanto butto giù la porta, se non apri. Lo sapevo che c'eri. Apri non fare la bambina."
Per fortuna abitava in un attico e all'infuori di lei non c'era nessun'altro. Ma se insisteva avrebbe svegliato quelli al piano di sotto.
"Sascia, ti vuoi decidere?"
"Ma perché sei venuto perché, non dovevi." Ansimò. Dovette fare un respiro profondo per proseguire: "Se Paola sapesse..."
"Paola è fuori, ad una cena di lavoro e dopo va a dormire a casa di una sua amica questa notte."
"E il bambino?"
"Il bambino è con lei, non preoccuparti."
"Non dovevi venire, non dovevi venire. Dobbiamo chiudere assolutamente la nostra storia."
"Mai. Mai e poi mai te lo permetterò. Apri Sascia, mia dolce Sascia. Non possiamo sottrarci al nostro amore. Non è giusto."
La serratura scattò e la porta venne impetuosamente aperta. Lui l'abbracciò senza che potesse replicare, posando le labbra sulle sue.
"Non mi mandare via, ti prego... fammi restare..."
Le possenti braccia l'avevano chiusa in un'isola da cui pur volendo non poteva più sfuggire, in un mondo tutto suo. "... Fammi dormire stanotte sul tuo cuore... Fammi riposare in te, non mi scacciare. Dimmi che posso restare... dimmelo..."
"Sì... puoi..." La frase le uscì in automatico, senza che poté farci nulla. Ciò bastò ad infiammare di più il suo ardore: "Il fuoco che mi brucia dentro è un vulcano incandescente. Tra poco mi soccomberà con le sue fiamme. Ti amo."
"Oh, Emanuel mio!"
"Sì, tuo, solo tuo. La mia anima ti desidera, ti cerca. Ti cerca fin da quando eravamo poco più che due adolescenti. Forse anche da prima. Da sempre. Anch'io come te provo a resistere, ma non mi riesce di farlo nemmeno per un attimo. Se ci siamo incontrati è stato il destino, non possiamo sottrarci."
"Ma tutto è e sarà contro di noi."
"Lo so, lo so, ma noi due siamo e saremo in eterno una cosa sola, come si può vivere separati? Non ci può essere un addio se i nostri cuori sono fusi uno nell'altro. Baciami Sascia, baciami. Adesso che ti ho ritrovata non permetterò nemmeno al destino di allontanarmi da te."
Ora, l'abbraccio s'era fatto di dolcezza, posò di nuovo le labbra sulle sue in un sussulto simile al delirio. Tutto ancora una volta venne annullato e la notte tornò di magia.
"Adesso, preparati: Tra un'ora ti voglio in palestra. Devi recuperare per tutti questi giorni che hai poltrito. Chiaro?"
"Come faccio a dirti di no? Mi dai qualche possibilità di poterlo fare?"
"No, non te ne dò. Nemmeno una, sbrigati. Non permetto ritardi. Un solo minuto perduto è un'eternità per me."
"Va bene capo, faccio in fretta."
Lo guardò allontanarsi gioioso e allegro. Le sembrò proprio che il tempo si fosse fermato e lui, il ragazzo diciannovenne di allora. Il cuore tornò ad incendiarsi al solo ricordo. Il ricordo che ora stagliava il presente e lo fondeva. Svanì la paura e i sensi di colpa. Lo amava e lui l'amava. Questo rischiarò ogni cosa.
Accadde tutto all'improvviso, un paio di giorni dopo, proprio mentre se ne stavano beati in palestra. Paola arrivò come un razzo e li colse quando lui le stava dando un innocente bacio sulla guancia Si poteva ben dire che li stava spiando e di sicuro da un bel po'. Fece una scenata di gelosia davanti a tutti. A Sascia, la vergogna le impedì di discolparsi, quell'imprevisto le toglieva onore e dignità. Emanuel cercò di placare le acque, sdrammatizzando l'accaduto: "Suvvia, Paola... siamo amici da tanto tempo, è stato solo un bacio per salutarci! Non essere ridicola."
Ma non ci fu verso e maniera di schiodarla dalle sue idee. Quello per Sascia fu il massimo. No, nessuno l'aveva trattata così prima di allora, non poteva permetterlo. Umiliata, chinò la testa e uscì decisa più che mai a risolvere definitivamente quel problema. A porre fine a quel sentimento miscela da sempre d'amore e di dolore. Presa da un'irrefrenabile desiderio andò a casa e incominciò a riempire un'enorme valigia. Buttò giù tutto quello che le capitò davanti, fu costretta a fermarsi solo quando s'accorse che dentro non c'entrava più assolutamente nulla. Chiuse con forza e restò in silenzio, con lo sguardo umido perso nel vuoto. Doveva a tutti i costi staccare la spina dal mondo. Ma dove, dove andare? L'indomani mattina avrebbe deciso. L'importante era scappare via da lì, il più presto possibile. Contò le ore e persino i minuti e finalmente alle prime luci dell'alba tirò un sospiro di sollievo. Era giunta l'ora. L'ora di andare. Il resto lo fece il fato.


 
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Ins. 11-07-2003