LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
  Poesie di
Umberto Fossati
Ce l'ha pure una gazzarra dentro, devastante,
la rivolta silenziosa, lacerandosi persuasa
dell'autentico mostrarsi, o venir meno
delle cose, sollevandosi a sorpresa
più assordante adesso accolta, da ogni voce
un'altra volta oltre il farnetico e lo strano,
 
... dando modo finalmente a ciascun
dei sospesi, dei sorpresi per l'incongruo
rigirarsi calpestati di continuo dalla calca
che ci esclude, di rientrare in sé ansimando,
 
- quale affronto è più grandioso
del sollecito levarsi su dai vortici, dall'impervio
ingorgo etereo provocati, fra le strida
e i larghi voli dei gabbiani...?! - fuori ancora
insieme agli altri, tutti quanti via correndo
per mai più voltarsi indietro, dai percorsi
aggrovigliati allontanandosi.
 
Ogni luce ha il cielo chiaro,
e non resta ai suoi confini
come nuvole addensatesi soverchie,
sia che fingano frequenti allo sguardo
riflessivo un presagio di catastrofe,
o davvero lo trattengano già
squarciandosi fragorose, così gonfie
al primo istante che precipita
slabbrato come un lampo poi
davanti ad uno starter sprovveduto,
dileguandosi. Troppe voci disorientano
per tenere tempi e regole,
fa ritorno la staffetta
da ogni teda che non libera.
 
Troppe braccia si protendono per strapparselo
di dosso forse un esito, ma non vale
adesso crederci, o ricredersi di ognuna
per sentirsene portare,
 
- ne percuote già la proda qui con rotte grida,
lontanando, la battaglia che trabocca concitata
da una tolda sfolgorante fra i marosi...


Et j'ai vu quelquefois ce que l'homme a cru voir!
 
Arthur Rimbaud - Le bateau ivre.


Prende il largo, dalle rive dissipate
nella noia, presto un'ansia: del vascello
sventolante, naufragato a troppe miglia
fuori dalle rotte della gloria, non c'è più
altro ritorno, che le onde...
 
Sparpagliate tutte quante, fanno insieme
un vuoto attorno di rimando le promesse
disattese, imbarazzante per la guazza
che ne ride, lo splendore disadorno
con le impronte che vi affondano...
 
e il selciato, diseguale.
 
Come l'acqua si rovescia dalle balze,
fra i dirupi scaturita ininterrotta, e i soprassalti,
dalle bocche della terra giù irruente
fino agli estremi precipizi scavallando vagabonda,
così emersa dalle chiassose dispute
la falange cristallina è degli amori più raggiante,
progredita in un frastuono, e dei colori
dappertutto turbinosa con la brezza illimpidita,
contro il gelido protrarsi della notte,
con l'orgoglio che divampa dalle piante a primavera
rifiorite, rigogliose già di brividi...
 
Se fa fronte all'inaudito la materia,
in un primato la traveste l'evidenza
naturale senza tregua: l'occasione,
fra le braccia della luce... in un respiro!
 
- non si complichi risolta nel disordine
dei simboli, né corrotta imbalordisca,
sopraffatta di certezze malinconiche.
 

L'ombra e la luce
 
Incespichi, scivoli via dal fondo
dei tuoi passi, e in giro al mondo intorno
resti a sbandierare iperboli, non salvi
che i coriandoli ai tuoi mattini
limpidi... il tempo non esiste, tu dici
e conti i giorni.
 
Ti trovi spesso a chiedere
la pioggia ai cieli persi,
azzurri e riluttanti
come una pietra splendida.
 
E cerchi l'impossibile
fra gli astri e rare sillabe,
e credi tutto facile,
lecito dare e avere:
 
l'intero indivisibile, o ciò che tu
deliberi del suo compiuto illogico,
svolti e riavvolti i fili dell'ardua
pantomima per dare l'input
all'ospite, malcerto claudicante -
 
... ribatti d'esser fragile,
scontato è ogni motivo.
 
Scombino e poi riordino
le tessere del tempo,
ma il quadro mio declina,
e lo confondono già se celebro
gli estremi al tuo consenso.
 
La data di scadenza
non l'ho centrata mai:
è come un batter d'ali,
chiusa nell'aria ferma
e poi dissolta lieve,
più breve e più
leggera del perché delle cose.
 
Smette la corsa odierna forsennata
dietro a ogni quinta, la tua peraltro
non vale un'altra replica - se solo
così di te risponde al termine, di noi
l'abbaglio di non esserci.
 
Scade reciso l'attimo, preciso e noncurante,
sterile più di quanto un puzzle
impraticabile, vertiginoso a volte, di cui non vieni
a capo, se resto dove manchi
o ti allontani, e strappo un'altra dedica.
 
 
 
 
Un flash!... e sorpresa è
per sempre l'immobile cura, l'estrema
ragione a sommo dell'onda radiosa
trasale, fra i teneri amplessi prevale
l'istante rapinoso: più rapido ancora
l'incanto profuso dal volto
variopinto della notte.
 
Non trova la strada l'orizzonte
da evadere, il destriero da cavalcare
senza l'assurdo pensiero,
il tronfio galà che determina
l'impatto senza più reggere
altro dell'estesa dimora.
 
Né ha peso il tuo incauto
procedere, la tua carica intensa
si frantuma nell'accento
inespresso: inesauribile la parola
che dilaga senza nulla proferire,
 
- dove tutto si realizza,
e rifrangersene pare fra le onde
l'ostinato riflesso a cui pure
te stessa abbacinata consenti,
o contendi l'innumerevole domani.
 
Andarsene... colmo è di te il delirio
delle quattro strade:
 
segui la prima e fai ritorno
da dove sei venuta,
- l'altra, sgomiti svolti scalmani
senza più via d'uscita;
 
s'accartoccia la terza su sé stessa - persa
tu sola intanto dietro a ogni
altro poi richiamo, fra troppe glorie
implosa come le foglie d'oro
disseccate sui marciapiedi di periferia
per la furia del vento,
da ramazzare via senza scommettere...
risale l'ultima ripida la china
affaticata, per andare poi
dove non so dire:
 
incanaglisce le giunture dislocate,
i frammenti raggianti dispersi
lungo l'aspro cammino,
rompe il silenzio e la monotonia
come un gesto sconcluso.
 
Andare via da te così,
senza respiro.
 
 
 
Resta ad offrirmi il sole, se più
non se ne inonda, che a un largo scialo di propositi
all'incanto, l'esito che
insostenibile trascorre verso il tuo lago limpido,
via dai suoi primi termini,
incoerente.
 
Le mie parole le rimetti al bando
sulla soglia, ogni silenzio è saturo di te.
Pur se mi attardo nell'interminabile,
eccola qui! - davanti a me
la vita. Spalanca il mondo intero
con una chiave d'oro...
 
Ebe leggiadra irresistibile: il cielo
è una coppa di cristallo,
e tu la stringi in un abbraccio azzurro,
e tu la mostri col suo chiassoso
abbaglio.
 
Deflagra già sui cardini la ribadita
novità, il gioioso tumulto: dialoga con i fuochi
della strada ballerini l'acqua che precipita
da mille gole frastagliate delle nuvole.
 
Furia dell'evidenza agli argini
eludi tu il frangente:
vanifichi le forme, dai agio agli alti
voli, fondo allo spasmo,
pur dal tuo proprio assunto assiduo
dilapidata...
 
prospere vele smarrite, esuberanti
nasse, esuli prode al tridente
dei lastricati rivi:
 
Ebe leggiadra irresistibile,
come agli altrove tuoi radiosi incontro,
così va il cielo imperturbabile
irrisolto
al visibilio di raffiche e sbandate.
 
Regalami anche il mondo, se non so più
di perderlo che in fondo al tuo sorriso.
 

 
Anima in ombra
 
Aspide -da prima del giorno,
se torni a disfartene, se in breve
riesca dai vortici a risolversi
il tempo, e fiato di peste non duri,
se in fondo perfino l'incauto
da ultimo ha tregua, quando stacca
infastidito dal frastuono che straripa.
 
Reclamalo per noi così di prati e nuvole
un silenzio!... deluso è all'orizzonte
ogni riguardo, pur se soltanto
strappandoti a te stessa, oltre l'estremo
tuo sigillo adesso - oggi
e domani ancora, o inascoltata,
io ti riveda e sempre,
ove s'infranga ininterrotto un improbabile
mare.
 
Ardente freschissima e bella, di tutti
i miei palazzi a cielo aperto tu,
curiosa poi m'hai dato, ridendone
di ognuno, il tuo fiore più rosso...
 
Raggiante stracolmo di sole,
ripresa ho la corsa fra rose
vermiglie, per viali remoti trascorso
e chiari mattini, e squille
argentine a ritroso, ardite
baruffe, fra dispute accolto
più ambite;
 
ché folgore o logoro lume
da sempre mi accingo a sortire
stornare ghermire,
 
increduli approdi... l'inerzia
palese dal verde ansimare
di guazza d'aprichi domini
e di macchie.
 
Già le mie notti non sono più
in vendita, anche se fingo ancora
di cadere, di crederle finite
le distanze, smarrite le mie ore
ma persuase, di sbaraccare presto
tutte quante:
 
te stessa mandi all'aria i troppi
imbrogli, da cui più non mi so dividere,
che per gridare il tuo nome!
 
E' il tuo nome che ho gridato per le strade,
ignaro stravolto
rapace, cui il trepido affanno dorato
dilapida ogni respiro.
 
E' il grido che ancora si slega dai docili colli,
severo per le diafane rive, la giostra
è di lune o di spade come l'ombra che ci invade,
la nostra stagione trascorsa
che supera il tempo, che in fondo agli sguardi
ci resta contesa; il tempo dovunque
più mia ti ritrova... di là dai confini l'apprendo,
se tutto di me si divincola
e accade, e te sempre dopo che chiamo per via.
 

 
A se stesso
 
Pure se torni, esiti o banditori
non ne intravede ancora questa corsa: così
per troppe volte è già raggiunta la tua festa,
dai ravvisati turbamenti; densità differenti
diramate si richiamano, ne brucia presto
di sé medesima ai rilievi la stessa enfasi
consueta: sfuma di noi ogni forma certa,
dietro altrettali vorticanti altrove.
 
Ho traversato le pianure
inconciliabili, dove singolari
pretese si confondono, labirinti
dell'essere, quando tumulto resta
la sola porta aperta trascurata
dall'oblio...
 
campanili si dichiarano turbinosi
e imminenti, e intraprese contrade
sui travisati orizzonti, dalle brume
solidali ricomposte, dal punto e accapo
delle ore, se persuase dentro al compiuto
soliloquio.
 
Questo... - e così è per noi dell'al di qua
il silenzio. Sorprende come già,
dei troppi tuoi dispersi mattini disancorati,
alcuni più non se ne diano gloria,
o disdetta; altri, puntuale, li riproponga intanto
qui davanti adesso di rimando, ma cavalcandone
il delirio.
 
Brevi da sempre i tuoi ritorni, se ti consentono
ogni volta agili approdi selve scroscianti
di presenze, folgorate - pesta inaudite,
esagitate dagli impossibili domini: iridi altere
accorse attonite si ricompongono alla fine
per le tue fughe più radiose, limpide incontro
proprio tutte quante aperte alle altre stelle.
 
E' l'afasia sottile che ci vincola,
e ci obbliga a durare, e quanto
ne deriva ai nostri sensi
di ubriachi d'un'acqua insieme
gelida e profonda, poi che di sillabe
d'incanto l'Universo ancora d'oro è
pulviscolo, arrubinata l'onda.
 
Ho traghettato in vista di una mera ipotesi,
strappando via da me, per riconoscerti,
le procedure del puntiglio, la sensazione
invalicabile per riaffrontarlo
in alto mare, foriero ineludibile, il tuo
trealberi stracarico, del nostro primo
tempo, delle immagini.

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