LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Stefania Leaci
Ha pubblicato il libro

Stefania Leaci
Pensosità




 

 

Collana I gigli (poesia)
14x20,5 - pp. 50
Euro 5,50
ISBN 978-88-6037-4271
 


In copertina e all'interno
illustrazioni di Alberto Leaci


Prefazione

Poesie


Prefazione

La «pensonite», la «pensosofia», la «pensofilia» o la «pensosità», ovvero il piacere o il morbo del pensiero, la passione o la condanna del pensare, insomma. Questa condizione, questa predisposizione mentale, si percepisce nella raccolta di poesie di Stefania Leaci, che ha voluto intitolare, appunto, «Pensosità». L'esercizio del far funzionare il pensiero si manifesta principalmente nelle riflessioni che compongono la lirica che dà il nome all'intera raccolta poetica dell'autrice salentina. Considerazioni intime, descritte con schietta franchezza, che affondano la loro origine nelle paure e nelle angosce del vivere quotidiano. Nel riuscito componimento in versi la scrittrice, al suo primo libro, va alla ricerca della pace interiore, che non vuol dire necessariamente riposo arrendevole, ma meta da raggiungere tra tante difficoltà da superare.
Come in una galleria di quadri Stefania Leaci, nel corso delle composizioni, adopera una scrittura poetica minuziosa, anche con l'ausilio di ossimori, soffermandosi spesso sui paesaggi salentini, oggetto di ispirazione e meditazione, ricorrendo al simbolismo applicandolo alla madre natura. Similitudini personali che rimandano alle immagini dei ricordi, calate nel lungo tempo della memoria, dove si incontrano i rimpianti per gli anni passati, per le liete e spensierate giornate da adolescente. Non a caso, al termine dei componimenti, ha sentito la necessità di riproporre il brano Il fanciullino di Giovanni Pascoli, che rammenta quel bimbo che è in noi, noi che cresciamo mentre lui resta piccolo, occupando un angolo dell'anima, noi che da giovani sdegniamo la sua ricerca di conversazione, che non amiamo più interloquire con quel lontano Io.
In filigrana, nelle opere della Leaci, traspare una vena di saggia riflessione verso l'attualità, che è lieve pessimismo ma intento d'attesa per una gioia sognata e sin troppo auspicata, che attraversa le parole libere sulla pagina; sono le problematiche sociali sulla vita, la famiglia, sul tunnel della disperazione, sugli sfollati, sugli anziani soli, in generale sulla disgregazione contemporanea in contrasto tra ricchi e poveri, di tutto.
Alcune volte la abbagliante desolazione dei luoghi dell'antica Terra d'Otranto, troppo spesso triste e abbandonata dal lavoro dei contadini, fa emergere la solitudine tra tanti volti e tante voci, senza occhi e senza suono. Sono pennellate che evidenziano l'ineluttabilità dello scorrere del tempo che trascina con sé anche le più immediate speranze, le più incantevoli illusioni del futuro sognato e che invitano alla ricerca di una serenità individuale, alla prospettiva di una vita in un mondo migliore, alla certezza che non ci si dovrà mai sentire appagati delle momentanee luci, dai bagliori tra il buio continuo della crisi dei valori e dei sentimenti.
L'autrice ricorre alla natura, agli astri, alle stelle, al cielo ma anche alla terra abitata da uomini e da animali, uomini molto spesso privi di bontà, di mitezza, che si scagliano con cattiveria sul resto del creato e pure sui propri simili, infliggendo pesanti dolori; mentre spera che la giustizia non sia solo quella finale, quella con la «G» maiuscola, quella dell'ultimo giorno, ma che si possa credere in qualcosa di più vicino agli stessi uomini alla ricerca di una improbabile gioia terrena.
I sentimenti buoni, sani, puliti la cui generosità commuove anche solo attraverso la riflessione sugli avvenimenti quotidiani di vita familiare e sociale, la semplicità dei piccoli gesti di anime sempre più rare proprio perché coraggiose, il cuore tenero che stilla gocce di emozione, ritornano con la memoria al passato, alla bellezza della incontaminata natura, alla pienezza del silenzio, alla sincera onestà, alle parole pregate col pensiero e rivolte al Dio degli uomini.
La vendetta della natura che si ribella e che si abbatte sulla violenza dell'uomo che si scontra con l'armonia del creato, i peccati dell'oggi, l'arrivismo, il cinismo, l'indifferenza, il personale star bene da se stessi, le inquietudini dell'infanzia, riaffiorano nella notte dei lontani inverni freddi; ma c'è sempre l'alba, quella di ogni giorno, che fuga le pene e fa sperare in un nuovo giorno, lungo quanto una vita.
Le manifestazioni ambientali si interiorizzano e contro di esse la scrittrice invoca clemenza e abbraccia la speranza come àncora di salvezza futura, attraverso le bellezze e la bontà classica delle tenere carezze dei bambini in un mondo irreale, paragonabile solo al frutto del pensiero più alto.
Il ricorso a metafore, a similitudini come la nave in un mare terso, la libertà degli uccelli, il cielo e le nuvole, tutto confluisce nel rappresentare la vita, non nascondendo attimi di paura, di smarrimento, alla presenza della notte e delle ombre contro le quali si erge dirompente la forza dell'indecisione, il ritorno su posizioni prese, la tristezza per il mancato raccolto, il cuore gonfio di dolore per aver vissuto come foglia al vento, sospinta e respinta, innalzata e poi abbattuta, infine accartocciata e sfinita, prima del lungo riposo che darà nuova vita.
Lo stile narrativo discorsivo, concede la giusta importanza alla testimonianza come indiscusso tesoro d'insegnamento per la vita, il racconto del passato resta utile per affrontare il domani del futuro. Chiaro esempio è il dolce ritorno a casa, alla propria quiete, alla sicurezza protettiva delle quattro mura domestiche sebbene trafitta dalle immagini di morte, di disperazione, di distruzione e di guerra che raggiungono la coscienza, l'animo tranquillo che, con difficoltà, riprenderà il corso lineare di una vita forse insignificante se non vissuta con giuste prospettive d'amore.
La musicalità di alcuni versi ripercorre con nostalgia l'infanzia remota la cui ingenua serenità vorrebbe conservare anche per il futuro, mentre si affaccia anche qualche tema religioso come quello del Natale per consegnare nelle mani del divino, quasi fosse comune mortale, i tormenti dei giorni che viviamo, eterni come il tempo che è già stato.
La vita, come le stagioni, passa voltandosi indietro, verso il passato delle larghe primavere in attesa dei rari mesi della ri-nascita e della ri-fioritura. E poi appare l'inverno, giunge luttuoso, freddo e umido, che pur annuncia l'imminente primavera, l'annuncia come sussurro negli orecchi, come profumo leggero; primavera dalla quale ricomincia il ciclo delle stagioni dell'uomo, delle periodiche scadenze, perpetue eppure ancora così attese, come la tragica mancanza dell'amore che si ripercuote su cose e persone, travolgendo la vita e l'esistenza stessa delle relazioni interpersonali e di convivenza con il resto del creato.
Una filastrocca scritta per il sonno di un bimbo, una ninnananna per agevolare il passaggio dal reale al fantastico, dal concreto all'immaginario, dalla triste vita vissuta alla gioia infinita dell'irreale, dell'onirico, riporta l'attenzione sull'atteggiamento proprio di un piccolo infante che ancora poco sa di tutto quanto gli accadrà. Bambino che da adolescente resterà incantato dai fiocchi ghiacciati della neve che coprono il paese, tra la gioia degli altri fanciulli alla vista di quel bianco di luce forte, ai giochi, alla spensieratezza che dura troppo poco, che non appaga la lunga attesa, quella della speranza per l'arrivo della neve, comunque, inaspettata.
Che ogni alba sia il ricordo di un giorno felice, è un augurio, un auspicio per una data da ricordare, perché bella e utile e migliore di tante altre, che aiuta a vivere una vita come unica alternativa positiva per uscire dal buio della sofferenza interiore, dalla triste rassegnazione, per volare più in alto delle nuvole di cenere, nei pezzi felici del passato.
La pressante richiesta di sincerità, di partecipazione emotiva e sentimentale allo scorrere della vita, tra gioie e dolori, per alleggerirne lo spirito, per alimentare la speranza nella lunga attesa, giunge sino alla richiesta d'amore, al sentimento che solo pone a freno lo spirito galoppante e rovente, dal passo veloce, sotto il sole che illumina la via del domani.
L'umile figura, la modestia della madre, mamma che rasserena il figlio piccolo, come la prima stella della sera e l'ultima a sparire al rifiorire dell'alba, si contrappone alla vanità, vista come una fitta ragnatela che ferma il volo dell'anima leggera, un'anima con due ali, quante ne ha l'amore dei due fidanzatini che si tengono per mano sul sentiero della felicità futura.

Prof. Dino Levante
Accademia di Belle Arti di Lecce
Novoli (Lecce), giugno 2007


Pensosità

Ai miei genitori


 
Mare mio
 
Le dune dorate e alte
ti fanno da cornice.
Il tramonto, in un tripudio di sfumature e colori,
si veste di rosso per te.
Mare mio, simbolo di una terra amata e cara,
te ne stai lì sicuro
col tuo intimo segreto che nascondi negli abissi.
Le antiche spumeggianti risacche con il loro ruggito
rispondono alle domande mute
di chi ti contempla,
assorto nel profondo orizzonte,
accarezzato
dalla docile brezza.
 

Vecchi ricordi

E guardo al ricordo del mio passato
che trema come l'acqua del pozzo,
profonda
da non poterla oramai toccare,
tremula
come le tenere campanule
che chinano il dolce capo al venticello di marzo.
E più mi espongo per meglio osservare
e lì ritrovo un pianto di bambina
e poi un sorriso di ragazzina.
Ma come uno specchio infranto
da un veloce sasso
si deforma in breve lasso
e scorre via.
 

Gioire?

Come possiamo noi gioire
se ci pieghiamo
per uno spillo in mezzo al cuore
confitto dalla freddezza e dalla sofferenza
che fanno amaro il giorno.
Come possiamo noi danzare
se scivoliamo sulle piazze di antiche città
insanguinate.
Come possiamo noi cantare
se il canto è stonato dai lamenti
dei nostri figli ogni giorno crocifissi e uccisi.
Forse tempi migliori verranno,
attendiamo.

Poesia semplice

Potesse un canto leggiadro
placare le anime indomite,
cullare bambini mai nati alla vita
perché nascosti da atroci realtà.
Bastasse una poesia semplice
a far luce per chi cerca nel buio,
a incoraggiare chi con speranza attende...
Potesse un solo verso
scaldare l'inverno che viene
che, pur candido di neve,
perseguita chi la casa non ha.
Bastasse una sola poesia
a far compagnia
a due poveri vecchi
che dopo un'esistenza di tribolazioni
per gli amati figlioli,
si accingono a dire addio alla vita
da soli.

 
Malinconia

E sentirsi stranamente soli
pur camminando incontro ad un sole che abbaglia,
ascoltando tra le affollate e strette vie della città vecchia
parole senza senso
di persone senza volto.
E inspiegabilmente sereni
osservare assorti
dal finestrino di un vecchio treno del sud-est
le desolate pianure dell'adriatico
interrotte solo dalle secche braccia
dei numerosi olivi
che mi fanno cenno da lontano.


Tempo

Tempo
sei abile costruttore di castelli di sabbia
che poi butterai giù.
Disinvolto col tuo mantello porti via
nebbie, angosce... dolori.
Edifichi popoli, miti,
pensieri.
Ma lasci in eredità
il profumo estasiante delle rose,
la brina pura dell'aurora,
il ritorno delle rondini a primavera
e la luna eburnea che tutto contempla
ma risposte non da.

Pensosità
 
Pensosa e
a passi svelti
fuggo spesso il saluto delle genti.
E vado a cercare
chi in silenzio
accogliermi può dentro al petto.
Testimone muto,
fido confidente
senza inganno
accetta e prende
tutte le mie angosce e i quotidiani patimenti,
che ogni giorno nascondo
...e perché poi?
In un ingannevole sorriso.

Certezze non ho

Certezze non ho
ma ho provato a cercare.
So che domani canterà l'usignolo,
volerà la rondine,
splenderà la luna con le sorelle stelle.
Ho cercato nel buio e nel mistero,
nel silenzio
quando il giorno più si stanca,
e lo sguardo come un felino scandaglia
e la mente accorta indaga.
Ho cercato nella luce con l'anima vispa e serena,
quando l'azzurro si mostra libero e aperto,
e il gelo che abbiamo nel cuore si disfa
al tepore del sole.
Certezze non ho.

 
Una specie umana

Fervida
La mano umana sa donare abissale dolore
Oscuro,
Non esita ad infierire su un tenero belante agnellino
Legato
Bendato.
Gelida, trafigge e calpesta anche ciò che di più mite
Innocente
Rallegri il mondo.
Oh figli di una natura fatalmente maligna,
Dove il perdono?
Giustizia farà la Falciatrice degli uomini,
La quale, giungendo al vostro cospetto,
Vi schiaccerà nel vorticoso ricordo di quelle
Spregevoli gesta,
Rivedute allora, non come gloria,
Ma
Come aborto di una vile vita fallita,
Indegna.

 
Anime rare

A tutti quelli che,
anime rare e coraggiose,
ancora si commuovono per una vecchia foto
restituita dal passato.
A tutti quelli che
riescono ancora ad assaporare nel silenzio
l'inizio di un crepuscolo
dal balcone del loro palazzo.
A tutti quelli che
tra frastuoni e colori
s'inginocchiano ancora a pregare il loro Dio.
A tutti quelli che
senza maschere sul volto
anche in un italiano stentato
hanno parole buone
per le persone sole.
A tutti quelli che
hanno il coraggio di riemergere
come goccia di rugiada di mattina
da un nero mare di petrolio.

 

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Ins. 16-11-2007