Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
  Racconto di

Nino Latino
L'ARCA VOLANTE


Una calca anonima di persone, aspettava da tutta la notte davanti la tipografia Fruciano, all'angolo della strada maestra, quando all'improvviso, alle ore 6,43 del sette di Aprile, mentre il sole si alzava dal mare di Punta Izzo, ne uscì fuori correndo, un uomo secco e sparuto, stravolto in viso, con i capelli non coltivati, che strillava con voce forte ed intonata, ma che detonava come una esplosione.
- 'U CURRIERI D'AGOSTA! -
Si fermò un momento, appena per prendere fiato e subito continuò con tono più elevato ed eccitato, mentre si allontanava abbracciato alla carta stampata.
- NUTIZZI STRABBILIANTI CA RIGUARDUNU 'U NOSTRU PIANETA TERRA! -
Mi affrettai a prendere una copia del notiziario e l'avvicinai agli occhiali. Sotto la testata del giornale, l'articolo, stampato a grossi caratteri del tipo incunabulo, che il tipografo tirava fuori dalla vecchia cassettiera quando aveva notizie fresche e importanti, e questa era una di quelle notizie CA FACJA ARRIZZARI I CAPIDDI.
L'articolo si svolgeva in sei colonne che prendeva tutta la facciata della prima pagina e tinniva così:
Dai calcoli del professor Armando Intrepido, matematico di conosciuta fama, pare che il nostro pianeta Terra sia in serio pericolo, poiché, essendosi nei milioni di anni talmente appesantito di rocce sedimentarie, ed esseri viventi, che nel prossimo allineamento dei pianeti rischi un collasso, al punto da cadere attratto da altri pianeti o addirittura essere risucchiato dal Sole fondendosi ad una temperatura di seimila gradi centigradi.
L'articolo si dilungava in altre spiegazioni e continuava ancora, dicendo:
Proprio giorno quindici del mese di Maggio, tutti i pianeti che ruotano intorno al Sole si allineeranno, dopo ventiseimila anni, periodo in cui l'inclinazione della Terra varia secondo un ciclo detto "ciclo della precessione degli equinozi", mettendosi in fila, in uno stretto giro di gradi che, a dire del matematico Intrepido, diventerà fatale per la nostra Terra e potrebbe originare una catastrofe cosmologica.
Senza perdere tempo, il giorno otto di Aprile, di buon mattino, si riunì il consiglio degli anziani e dei maggiorenti del paese di Agosta.
Si presentarono puntuali in piazza duomo, sotto il grande orologio della chiesa madre, dove padre Pino pregava in ginocchio davanti al crocifisso del Cristo, assieme a una folta schiera di devoti col viso vicino al rosario.
Il professor Antonino Tringali, letterato e studioso di lingue antiche, si presentò sul pianerottolo della chiesa per parlare a tutti i convenuti in quella affollatissima piazza, dove stavano nella proporzione di due persone a cubito quadrato, che moltiplicato i cubiti della piazza, compreso le strade, la scalinata e il pianerottolo, complessivamente contavano settemilasettecentotrentasei cubiti. Risultava quindi che nella piazza c'erano quindicimilaquattrocentosettantadue persone.
Il professor Tringali , si portò il megafono alla bocca e cominciò a parlare con voce chiara e suadente:
DOVETE SAPERE CHE I PIANETI, IN REALTA', SONO SEMPRE ALLINEATI NEL CIELO E SI MUOVONO LUNGO UN GRANDE ARCO NELLO SPAZIO CELESTE. QUESTA ECLITTICA, NEL PROSSIMO MESE DI MAGGIO, SARA' ALLINEATA IN MODO STRETTO, PER CUI I PIANETI: MARTE, GIOVE, SATURNO, URANO, NETTUNO E NATURALMENTE ANCHE LA NOSTRA LUNA, LA PIU' VICINA A NOI, SI ALLINEERANNO ENTRO UN ARCO DI 6,7 GRADI. -
Finite queste parole, si congedò, passando parola.
Si avvicinò il professor Giuseppe Messina, valido scrittore ed intellettuale del paese, che continuò a parlare sulla stessa linea del professor Tringali, con l'intento anche di calmare gli animi:
- RIGUARDO ALL'APPESANTIMENTO DELLA NOSTRA TERRA, STIAMO FACENDO ALTRI SONDAGGI E CALCOLI PER VERIFICARE QUANTO SI E' DETTO. NOI TUTTI, VI ESORTIAMO A NON FARVI PRENDERE DAL PANICO E A SEGUIRE IL PROGRAMMA CHE STIAMO METTENDO IN ATTO, CON L'APPORTO DELL'ARCHITETTO TULLIO MARCON, VALENTE PROGETTISTA ED ESPERTO IN ARGOMENTI MILITARI. -
Alla riunione, erano presenti anche i fratelli Salerno, studiosi di arte antica e collaboratori del padre, che era stato, per un lunghissimo periodo, il Podestà del paese di Agosta. Erano presenti anche il professore di lingue morte, Giovanni Satta; il professor Intrepido, che stava portando avanti dei calcoli matematici sullo spazio celeste e il professor Benedetto Alcalà, conoscitore di progettazione meccanica e dinamica.
Si presentò al megafono l'avvocato Elio Salerno, uomo di rispettosa età, con i capelli tutti bianchi come il latte e lunghi fino alle spalle, che, con voce calma e moderata, cercò di spiegare la gravità del fatto, che riguardava anche altri paesi ed il mondo intero.
Parlò così:
- IN TUTTI I PAESI E CITTA', SI STANNO ESCOGITANDO DEI SISTEMI DI SALVATAGGIO, UNO DIVERSO DALL'ALTRO. ABBIAMO SAPUTO, DA FONTE CERTA, CHE NEL NOSTRO VICINO PAESE DI SIRACUSA STANNO ATTREZZANDO TUTTI I NAUTILUS CHE HANNO A DISPOSIZIONE, PER METTERE AL RIPARO PIU' PERSONE POSSIBILE. -
Si fermò, dando tempo che finissero le esclamazioni della folla e continuò:
- RIGUARDO A NOI, DEL PAESE DI AGOSTA, L'ARCHITETTO MARCON HA GIA DELLE IDEE CHIARE SUL DA FARSI. -
L'architetto si avvicinò pieno di entusiasmo, spiegando al pubblico che stava preparando un piano di salvataggio e che stava mettendo a punto un'idea geniale. Cominciò a dire:
- VI ASSICURO CHE, FINITA QUESTA RIUNIONE, NON APPENA CI CONGEDIAMO, GIA' DA SUBITO, MI METTERO' AL LAVORO, ASSIEME AL MIO COLLABORATORE PROFESSOR ALCALA', PER METTERE SULLA CARTA LA GRANDE IDEA CHE HO IN MENTE. -
E completò così:
- E CHE IDDIO CI AIUTI. -
Ci fu un batter di mani che si spezzò presto, lasciando nell'aria un certo sconforto e incertezza, misti comunque alla speranza, la quale era l'ultima a morire.
L'architetto e il suo collaboratore lavorarono tutto il giorno otto pomeriggio e otto notte, il giorno nove e nove notte, fino alle ore tredici e trenta del giorno dieci.
Lo stesso giorno, di pomeriggio, l'architetto portò il progetto, da lui ideato, nella sala grande del Comune, dove già aspettavano tutti i maggiorenti del paese e altre persone di riguardo, compreso il Podestà. Quando il Marcon srotolò il disegno, in rapporto uno a duecento e lo spiegò sul tavolo grande di noce, con i piedi a zampa di animale, ci fu un'esclamazione di meraviglia. Tutti ci avvicinammo con gli occhi posati su quel disegno, mentre l'architetto spiegava con voce ricca di orgoglio.
- ABBIAMO PROGETTATO UN VEICOLO A FORMA DI SFERA, PENSANDO CHE SIA LA FORMA PIU' SICURA E CONGENIALE PER LO SCOPO A CUI DOVRA' SERVIRE. SARA' COSTRUITO INTERAMENTE IN METALLO, USANDO UNO SCHEMA INTERNO IN ACCIAIO AL CARBONIO, PER ESSERE MOLTO RESISTENTE E ALL'ESTERNO RIVESTITO DI UNA LEGA LEGGERA DI ALLUMINIO, CHE HA ANCHE LA CARATTERISTICA DI ESSERE RESISTENTE AGLI URTI. INFATTI, L'ALLUMINIO NON SI ROMPE, CASOMAI SI PIEGA. SEMPRE ALL'ESTERNO, PRESENTERA' DEGLI AMMORTIZZATORI-RESPINGENTI CHE SOMIGLIERANNO MOLTO A QUELLI USATI PER LE LOCOMOTIVE E I VAGONI DEI TRENI. TUTTO INTORNO SARANNO FISSATI UNA SERIE DI OBLO', ALCUNI DEI QUALI SARANNO RIVESTITI DI UN PRODOTTO TESTATO, DELLA FAMIGLIA DELLE MICACEE, PER RISULTARE TRASPARENTE E MOLTO RESISTENTI ALLA TEMPERATURA. INOLTRE, SARANNO IMPIANTATE DELLE ALETTE, PER MANOVRARE LA SFERA. ALL'INTERNO, IN CORRISPONDENZA DELLE ALETTE SARANNO COLLOCATI DEI TIMONI, CON UNO STRANO MARCHINGEGNO, CHE SERVIRA' A POTER DIREZIONARE LA GRANDE SFERA. IL VEICOLO DI SALVATAGGIO, SARA' RIPARTITO IN PARATIE RAGGIUNGIBILI CON UNA SERIE DI SCALETTE REALIZZATE IN GRIGLIATO LEGGERO. OGNI PARATIA, POTRA' CONTENERE VENTOTTO PERSONE E AVRA' IN DOTAZIONE UN IMPIANTO DI AEREAZIONE, CHE SARA' MUNITO ANCHE DI UN IMPIANTO MANUALE PER POTER TIRARE ARIA DALL'ESTERNO, CON DELLE POMPE ANALOGHE A QUELLE USATE PER AERARE GLI SCAFANDRI DURANTE LE IMMERSIONI. SARANNO ANCHE SISTEMATI DEI MEGAFONI SOFFIANTI, PER POTER COMUNICARE CON LE PARATIE. INFINE, TUTTO L'ESTERNO, SARA' RIVESTITO DI BIGLIE REFRATTARIE DI ALLUMINA PER AVERE UNA BUONA STABILITA' TERMICA. -
Così dicendo, rotolò il disegno, lo mise in uno astuccio di spesso cartone con coperchio e si congedò dando appuntamento l'indomani sul luogo di costruzione.
Giorno undici, tutti gli addetti alla costruzione erano presenti sul posto, scelto e studiato nei minimi particolari dall'architetto Marcon, "la contrada Terravecchia", che presenta una vasta pianura confinante col mare Xifonjo. "CHE SICURAMENTE, SE SIAMO FORTUNATI, CI SARA' UTILE NEL MOMENTO CULMINANTE". Diceva il Marcon.
Tutti gli operai già lavoravano, compresi i saldatori specializzati nella saldatura ad arco, che avevano fama di essere tra i migliori nel loro mestiere e che erano contesi anche in paesi stranieri. Centinaia di carpentieri in ferro e in legno, tubisti di eccezione, addetti ai lavori di meccanica di ogni tipo, fabbri di conosciuta bravura, anche maniscalchi e braccianti di ogni tipo ed età. Prendevano parte anche tutti i militi dell'Arsenale Marittimo di Agosta, compresi tutti i dipendenti di Marinarsen, centinaia di volontari e i pompieri del paese. In tutto: saldatori specializzati, 58; carpentieri in ferro, 102; carpentieri in legno, 66; tubisti di mestiere, 41; meccanici di ogni tipo, 72; tutti i fabbri del paese, 24; maniscalchi, 19; braccianti, 100; volontari, 215; militi, 213; dipendenti Marinarsen, 191; pompieri, 20; contavano, 1121.
Nei giorni: dodici, tredici e quattordici del mese di Aprile, fu realizzata, dai carpentieri, una impalcatura in legno, a forma sferica, come da disegno, del diametro di mezzo miglio.
Giorno quindici mattino, i saldatori cominciarono a saldare, all'interno della sfera, un fascione di scatolato, per tutto il diametro della sfera, creato a forma di croce greca.
Il giorno dopo, il sedici, fu saldato un altro tipo di scatolato più leggero a forma di X, che, aggiunto alla croce greca, si aveva la sensazione di vedere, verso l'orizzonte del mare Jonio, una gigantesca rosa dei venti.
Il diciassette di Aprile, i saldatori cominciarono ad accostare all'impalcatura delle lamiere in alluminio, della misura di una canna quadrata, saldandole col cannello, col sistema ad arco, dall'interno e dall'esterno, tenendo presente di saldare i respingenti a distanza come da progetto, in modo che, in qualsiasi punto avrebbe urtato la sfera, potevano ammortizzarne il colpo.
Il lavoro di saldatura delle lamiere, durò sette giorni, il diciassette, il diciotto, il diciannove, il venti, il ventuno, il ventidue e il ventitré di Aprile.
Nei giorni ventiquattro e venticinque, furono saldati gli oblò nei punti stabiliti, in maniera che in ogni paratìa ne corrispondesse uno, da potersi chiudere dall'interno. Inoltre, furono praticati dei boccapòrti, come passaggi generali.
Nei giorni: ventisei, ventisette e ventotto, furono completate le paratìe, ognuna di ventotto posti, che, moltiplicato per il numero delle paratìe, che erano novecentosessanta, dava come risultato che si sarebbero potuti salvare ventiseimilaottocentottanta persone, cioè tutto il paese.
Nei giorni ventinove e trenta, ultimi giorni di Aprile, gli operai tubisti impiantarono le tubazioni per gli autoprotettori in serie, completi di boccàgli a gruppo di ventotto, compreso le tubazioni per i megafoni soffianti e le pompe a mano di scorta, per creare altra aria all'interno, casomai ce ne fosse stata la necessità.
Era gia il primo di Maggio, avevamo solo tredici giorni per finire la nave di salvataggio ed essere pronti per il quindici.
Lo stesso giorno, fortunatamente arrivò l'allumina per completare la superficie esterna.
Nei giorni: due, tre, quattro e cinque, con l'aiuto delle grù e con degli speciali spruzzatori, gli operai cominciarono a rivestire la smisurata superficie della sfera della salvezza, col materiale alluminico sotto forma di biglie leggere, della grandezza media di una nocciola. Questi venivano spruzzati assieme a una colla speciale, resistente a qualsiasi temperatura ed urto, inventata dallo speziale del paese.
Nei giorni: sei, sette, otto e nove, tutti gli addetti alla costruzione della sfera, lavorarono ininterrottamènte, dalla luce del mattino, fino a tarda sera. C'era nell'aria un dubbio che non si arrivasse a finire in tempo.
Si riunirono ancora: l'architetto Marcon, il professor Alcalà, il professor Satta, il professor Tringali e il professor Messina, i quali decisero, seduta stante, di reclutare, tra i paesani, altri volontari. Il lavoro urgente era quello di spostare tutti i sacchetti contenenti allumina fino al punto di fissaggio. Si organizzò una catena umana, alla distanza di una canna a persona, che risultò lunga quasi un miglio. La catena umana era di ottocentonovantanove individui, che spostavano i sacchetti di allumina facendo passamano.
In solo tre giorni, il dieci, l'undici e il dodici, tutta l'allumina fu trasportata a destinazione e saldata, con la straordinaria colla, su tutta la superficie della sfera.
La grande sfera era là, pronta, realizzata come da progetto, grande quanto una Luna. Vederla era uno spettacolo di incomparabile soddisfazione. Quell'enorme, smisurata sfera chiara, con tutte quelle alette, quegli ammortizzatori, quegli oblò, lasciava pensare all'arca di Noè.
Era il giorno tredici del mese di Maggio, solo due giorni ci separavano all'appuntamento con gli astri.
Nel paese di Agosta, tutte le persone erano in fermento e con una grande agitazione.
Il mattino del quattordici, con l'aiuto dei militi e dei pompieri, che consegnavano per ogni paratìa, una grossa borraccia piena di acqua, molte persone cominciarono a salire, arrampicandosi alle scalette per prendere posto nella sfera.
Ore 5,52 del quindici di Maggio, il sole si alzo' sopra Punta Izzo, L'àrca era pronta con tutto l'equipaggio. Solo gli oblò erano da chiudere. Una grande ansia faceva fortemente battere i nostri cuori, mentre i piloti, timoni in mano, tenevano un'attenta guardia vicino agli oblò.
Ore 11,42, sul golfo Xifonjo transita la Luna. I nostri cuori sussultarono. Sapevamo che la Luna ha più forza dei pianeti ad alzare la marea.
Passarono con quest'ansia diverse ore. Quando, nel pomeriggio, alle ore quindici e dieci, il mare s'increspò, cambiando anche colore, mentre il cielo diventò di piombo, all'orizzonte apparve netta una striscia scura, che man mano si ingrandiva, fino a mostrarsi come l'onda più gigantesca mai vista. I militi, con la loro esperienza, la catalogarono come "onda anomala".
Uno di loro gridò, con voce impàvida:
- UN'ONDA DI OLTRE CINQUANTA CANNE, SIGNOR COMANDANTE, A UNA VELOCITA' STIMATA DI SESSANTA NODI!
La voce dell'architetto Marcon, ordinò.
- CHIUDERE GLI OBLOO!!! -
L'onda anomala investì l'àrca, che tumultuosamente si sollevò galleggiando e ruotando sulla cresta di quell'onda smisurata, che la trasportò a infrangersi nei contrafforti dei monti Iblèi. L'impatto fece deviare l'àrca verso Nord, mentre i timonieri, con a capo il comandante De Geronimo, con l'aiuto dei timoni con tutto il loro marchingegno, raddrizzarono la rotta verso la cima dell'Etna.
Dal cratere dell'Etna, usciva una colonna eruttiva piroclastica, spinta dai gas magmatici dal centro della Terra. La montagna si mosse, si sconquassò, facendo tremare tutta la Trinacria. L' arca fu alzata dalla colonna eruttiva, mentre dal cratere, ne uscì fuori, dopo millenni, TIFEO, (gigante che causa cataclismi tellurici ed eruzioni vulcaniche, figlio di Gea, nato da solo nell'abbisso dell' oscuro Tartaro, mostro di smisurate dimensioni da poter toccare le stelle e quando allarga le braccia raggiunge i confini del mondo. Irato a Zeus, che dopo una guerra combattuta a colpi di rocce e fulmini, finalmente lo getta sotto l'Etna) che sollevò con rabbia ancestrale la navicella, così in alto, quanto era la sua antica rabbia. Con quella spinta disumana, la navicella volò tanto in alto, che si mise in orbita attorno alla Terra come un satellite.
L' arca aveva preso un' inclinazione di circa novanta gradi rispetto all' equatore, sorvolando i poli terrestri in un' òrbita ellittica, all'altezza calcolata di quattrocentocinquanta miglia. La prima òrbita intorno alla terra richiese centoventi minuti primi, la seconda òrbita fu coperta in soli novantanove minuti primi, la terza òrbita in settantotto minuti primi.
I maggiorenti, nella loro paratìa, si consigliarono. L'architetto Marcon, disse:
- NON AVEVO PROGETTATO QUESTA SFERA, PER VOLARE IN ORBITA INTORNO ALLA TERRA.-
E aggiunse:
- METTERE IN FUNZIONE LE POMPE A MANOO!!! -
Detto questo, si zittì, non sapendo, in quel momento, cosa altro potesse dire.
Il professor Intrepido, ancora illeso, afferrò il megafono soffiante e cominciò a spiegare a tutte le persone dell'arca:
- STIAMO SORVOLANDO ALL'ALTEZZA MEDIA DI QUATTROCENTOCINQUANTA MILGLIA DALLA TERRA, FORTUNATAMENTE, CI SIAMO ACCORTI, DOPO IL TERZO GIRO, CHE L'AZIONE FRENANTE DELL'ATMOSFERA E L'ATTRAZIONE TERRESTRE, CI OSTACOLANO IN MODO EVIDENTE. INFATTI A OGNI GIRO CI ABBASSIAMO DI QUOTA. I NOSTRI CALCOLI MATEMATICI, CI LASCIANO PENSARE CHE NEL GIRO DI CENTOVENTI ORE, CIOE', CINQUE GIORNI, ED ESATTAMENTE GIORNO VENTI DI MAGGIO, ALLE ORE QUINDICI E DIECI, TOCCHEREMO TERRA. SEMPRE CON L'AIUTO DI DIO. -
Il cuore dell'equipaggio si rasserenò. La speranza aveva preso posto alla grande paura. Si sperava che l'àrca resistesse al rientro e che potessimo trovare delle terre emerse per ricominciare.

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Agg. 17-09-2008