LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti

 

Racconto di

Monica Paggi


ASSOLO
 
È tutto così normalmente strano in questo angolo buio nascosto da tutti, nascosto agli occhi del mondo. Tutto solo per tenermi nascosto a me stesso, nessuno ha mai voluto dirmelo, ma ora voglio sapere chi sono.
Certo i medici e gli infermieri gentili che mi circondano giorno e notte qualcosa mi hanno detto. Ma non ci credo.
 
Sono orfano, lo sapevo già da prima che un vecchio prete mi spiegasse cos'è la morte e perché a volte il suo Dio ci toglie le presone che amiamo.
La mia famiglia adottiva era composta da tanta brava gente. Lo dicono loro.
A scuola ero un bimbo distante. Dicevano loro.
Ho ucciso quindici persone. Lo dicono loro.
 
 
***
 
(1)
Roberto, un metro e ottanta di altezza per ottanta chili di peso, fisico atletico, capelli castani tagliati a spazzola, occhi neri e sguardo malizioso, passeggiava da ormai due ore aspettando Marta, la sua nuova fiamma, conosciuta due sere prima nel più grande night club della città.
Finalmente la ragazza si affacciò al balcone ed emise un gridolino di gioia. Aveva indossato l'ultimo baby - doll che aveva acquistato con un reggiseno in pizzo intonato, e non vedeva l'ora che l'uomo che l'attendeva ormai impazientemente, glieli togliesse. In fondo non c'era da stupirsi se i ragazzi con lei corressero così tanto, a lei piaceva essere guardata e un'avventura ogni tanto non le avrebbe di certo fatto male, anzi, di sicuro l'avrebbe aiutata ad uscire dalla patina di apatia che l'aveva assalita dopo la morte del suo ragazzo e di tre amici in un incidente stradale sulla tangenziale, mentre stavano andando a prenderla per una notte di fuoco in discoteca.
Sono due ore o forse più che sto aspettando quella piccola sgualdrina, si illude che sia qui per lei, per renderla felice, pensa che io saprò amarla, ma non è facile. No, non è per niente facile. Lei non immagina nemmeno quello che le farò, come si sentirà fra pochi minuti, ammesso che la smetta di farmi moine dal balcone e si decida e scendere.
 
Finalmente soli in macchina, non ne potevo più di quel via vai di suoi amici dentro e fuori dal bar, fermarsi ogni cinque passi per salutare qualcuno, per presentarsi a qualcuno, per fingere di provare interesse per tante vite tutte uguali, tutte piatte e così simili alla mia da far paura.
Stiamo viaggiando da quindici minuti, il centro della città non è da molto alle nostre spalle, ma il rumore del traffico è già scomparso e la moltitudine di gente che mi angosciava sembra aver dimenticato che esiste anche la periferia e la campagna per trascorrere il proprio tempo in ozio o in produttivo relax. Cerchiamo un posto tranquillo dove appartarci; questa non volta non voglio essere frettoloso e irruento. Mi avvicino piano a lei, le sfioro la guancia e scosto i capelli lunghi che le coprono il collo, la bacio e non posso fare a meno di accarezzarla, vorrei farla mia adesso, ma sento che non è ciò che vuole. Con calma arriviamo al momento più bello della passeggiata, e lei che decide cosa fare ed il ruolo passivo mi incuriosisce.
Ad un tratto tutto cambia e non posso fare niente per fermarlo.
È tutto così pesante, la mia testa, il mio respiro, mentre lei ansima sopra di me. L'eccitazione cresce dentro me, non perché la sto possedendo, ma perché so che voglio impossessarmi della sua frivola vita e distruggerla. Le mani corrono lungo i fianchi, arrivano al bianco collo e indugiano: i nostri sguardi si incontrano. Ecco di nuovo quella luce. E una voce che insiste.
No, lo sai che non voglio farlo, non posso farlo!
"..."
Hai ragione, devo farlo.
Un urlo. Un graffio nel buio vuoto di questa sera estiva di città.
Niente più.
 
(2)
E' martedì, ci hanno messo tre giorni a trovare il suo corpo.
Poveri illusi, anche questa volta vagheranno a vuoto per almeno tre mesi prima di archiviare le indagini.
Non si sono ancora accorti che li vedo e che li sento, posso addirittura osservarli per ore. Non sanno che gli sono sempre vicino, anche quando non ci sono, no, davvero. Non lo sanno. Ma è così.
Questa volta li ho osservati sempre, giorno e notte, senza tregua e non si sono accorti che ho spostato ed irrimediabilmente danneggiato un paio di prove "fondamentali" mentre fingevo di guardare una vetrina lì a fianco.
Non si sono accorti che la matita con le mie impronte prima ere verde con righe blu ed ora è tutta verde, non si sono nemmeno resi conto che il portafogli della vittima era aperto ed io invece l' ho chiuso.
Hanno dato la colpa ad un giovane sottotenente appena arrivato; gli hanno fatto solo una paternale, niente provvedimenti disciplinari: mi sarei sentito in colpa.
Mi sono guardato bene dal cambiare aspetto come le altre volte, loro sanno che uscivo con Marta, quindi con i capelli ancora lunghi e con il look leggermente differente pensavo e speravo che mi avrebbero notato e riconosciuto, quindi fermato e interrogato. Sì fermato, fermato le mie mani intendo.
Intanto che il mio sguardo continua a percorrere la via in lungo e in largo loro continuano i rilevamenti e il tempo passa.
... Li guardo da tre ore, ho fumato quattro pacchetti di sigarette, ho bevuto già tre birre e mi gira la testa, ma non mollo.
Ad un certo punto mi accorgo che sta arrivando un'altra auto, la sesta sul luogo del delitto. Sono convinti che l'abbia uccisa qui. Dall'Alfa blu scendono l'autista e una donna in jeans e maglietta attillata, distinta e carina. Modi sicuri ma cortesi. So già che è lei che volgiamo, vero? Le voci non rispondono, ma ho indovinato, ormai non sbaglio più.
Questa volta sarà davvero un'impresa.
 
(3)
Abbordare una poliziotta. Come cavolo ti verranno in mente certe idee! Comunque questa notte ci penserò.
Se ne stanno andando, meglio seguirli. Devo iniziare ad imparare le abitudini della prossima preda.
Maledizione. Si sta mettendo a piovere e non ho neanche la giacca. Se entrerò in commissariato bagnato fradicio mi noteranno tutti, se poi qualcuno mi riconosce cosa dico? Non fare lo scemo e vai. Tanto chi vuoi che ti noti in mezzo a tutto il casino che c'è sempre in quel limbo? Se poi proprio succedesse puoi dire che volevi rilasciare qualche dichiarazione spontanea sulla relazione che ti legava alla povera, piccola Marta.
Che diabolica peste sai essere a volte.
Sempre.
 
(4)
Tutto procede secondo i piani, non un imprevisto, non un interrogatorio, a parte quel ridicolo colloquio semi-formale che chiamano interrogatorio.
Che volevano che gli dicessi? Che mi mettessi ad urlare istericamente in lacrime che sì, ero stato io, ma che lo avevo fatto solo ed unicamente per amore? Beh, si sbagliavano. Già. Proprio così.
Ancora una volta me li sono giocati a mio piacimento e ancora una volta non hanno riconosciuto in me l'indiziato n° 1 dell'omicidio precedente.
Poveri stupidi.
Poveri illusi.
Poveri, piccoli uomini.
 
(5)
Ogni volta è uguale. Ogni volta è come prima, più di prima. Questa voce che sale dentro me e mi dice cosa fare, quando farlo e con chi. Questa voce che non mi lascia mai, nemmeno quando sta zitta.
Non riesco a capire chi sia e da dove venga, ci ho provato mille volte, l' ho fermata e riascoltata all'infinito, ma non ci riesco.
Perché ha scelto me? Perché vuole tutto questo?
 
 
(6)
Esco, devo muovermi, sentire la città che vive intorno a me.
Cammino dritto in avanti per cento metri di luccicanti vetrine e chiassosi bar, svolto a destra, un piccolo vicolo che sbocca nella piazza al centro della contrada. Anche qui vetrine e tavolini di bar con gli ombrelloni multicolori aperti.
Devo scrollarmi tutto di dosso, devo dimenticare quei volti, quei nomi e quelle voci, quello che ho detto e quello che ho pensato.
Mi ci vorranno un paio di giorni.
Poi sarò un altro me stesso, con un nuovo volto, una nuova mente e una nuova casa. Già la casa, dovrò anche pagare l'affitto e iniziare a cerarmene un'altra.
Cammino. Non vedo, non sento, non parlo, non sono, ma cammino.
(7)
E' tutto buio qui. Non c'è nemmeno la luce gialla e arancione dei lampioni che filtra dalle inferiate attaccate all'alto soffitto. È anche umido, sembra che la nebbia del mattino sia entrata come una ladra, senza farsi sentire, ed abbia deciso di stabilirsi al mio fianco. Ma al mio fianco questa notte non c'è che la mia ispettrice di polizia. Sono stato vicino a lei tutta la notte, ho visitato insieme a lei ogni angolo della città e mi sono stupito con lei quando gli indizi l' hanno totalmente depistata; infatti un tizio che avevo incrociato quando stavo con Laura, mi ha descritto come un tipo alto uno e ottanta, capelli biondo cenere e occhi blu, con un piercing sul sopraciglio destro: non ricordavo di essere mai diventato così. Alla fine, rassegnata e stanca, si è infilata in un bar a pochi metri da piazza Verdi, vicino a casa mia, si è seduta al bancone, ma visto l'insistenza degli sguardi di due ubriachi si è alzata ed è uscita a prender posto ad uno dei tavolini laccati di blu all'aperto. Quegli occhi azzurri così vivi e attenti, la bocca carnosa che si apre in grandi sorrisi e si contrae quando medita, i capelli lunghi e riccioli che ricadono sulle spalle in lunghe ciocche rosso-fuoco gli conferiscono un'aria così altezzosa ed umile allo stesso tempo, che mi è impossibile distogliere lo sguardo dal suo corpo.
Ad un tratto, come se si fosse appena svegliata da uno stato di trance, si è accorta delle mie occhiate stupite ed avide, si è avvicinata e si è presentata:
"Buona sera! Sono Giuliana Rossi, Ispettore Capo della Squadra Mobile. Sbaglio, o ci siamo già visti?"
"Sì, due mesi fa ero sul luogo di uno di quegli orrendi delitti su cui sta indagando. Inoltre ero il ragazzo di Marta. Mi è sempre interessato il mondo del delitto, passione perversa ma ricca di affascinanti sfaccettature. Non mi sono presentato, sono Roberto Livornesi, studente al quarto anno fuori corso di legge. Credo di averla incontrata anche in facoltà qualche anno addietro. Sbaglio? "
"Dammi pure del tu. E no, non ti sbagli. Anch'io sono stata una studentessa non proprio modello e fuori corso."
L' ho invitata a bere qualcosa e la sua sorridente risposta è stata:"Con piacere!".
E il piacere poi c'è stato, con molto alcol in corpo e con qualche buffo imprevisto.
Gli imprevisti. Quello più grande è che mi sono innamorato dell'Ispettrice Giuliana Rossi, l'altro è che, ubriaco perso, mi sono lasciato sfuggire particolari che solo il killer poteva sapere e che solo un'abile detective può riuscire a mettere insieme. Quel che non riesco ancora a capire e se l' ho fatto di proposito o se il mio inconscio ha agito di suo pugno.
 
(8)
La giornata è cominciata inaspettatamente bene. Non credevo che nella vita ci fossero così tante emozioni differenti per minime sfumature, che si scatenano al solletichio di mille altre piccole sensazioni. Tutto è così grandiosamente normale. Non c'è più la voce che mi spaventa e mi tiene compagnia, niente più lunghe notti di veglia, niente più bisogno di nascondersi. Loro non sanno. Lei non sa.
Questa mattina il trillo improvviso del telefono e il suono dolce della sua voce mi hanno svegliato. È stato così bello e rassicurante scoprire la naturalezza di quei gesti quotidiani che tante volte ho visto alla tv: alzarsi, fare la doccia, mettere la moka sul gas, poi vestirsi e uscire a comprare il giornale. Ed in mente nient'altro che lei.
 
 
(9)
Sono uscito a comprare un paio di cose per la colazione: la dispensa era praticamente vuota e le ho detto che è per via del fatto che mangio quasi sempre al bar dell'università, il che è vero visto che lì le voci si assopiscono, assorte nello scovare nuove pulsazioni vitali da annientare.
Appena uscito in piazza ho visto due poliziotti in borghese che si sono incamminati sui due lati della strada e mi hanno seguito per due isolati. Uno di loro per dare veridicità alla messinscena si è anche fermato ad osservare due vetrine di articoli sportivi che esponevano vistosi cartelli di sconti e di liquidazioni. Svoltato l'angolo ecco che ne appare un altro. Appena mi ha visto ha chiuso il giornale piegandolo in quattro, ha estratto il pacchetto di sigarette e per mezz'ora mi ha seguito fumandone una dietro l'altra: se non voleva farsi notare ci è riuscito benissimo.
Al mio rientro a casa lei era sotto la doccia. Lo scrosci caldo dell'acqua arrivava indisturbato ad invadere il silenzio del piccolo appartamento al quinto piano di un vecchio palazzo ottocentesco ormai scrostato e decadente, che nessun imbianchino stanco ha voglia di resuscitare.
Ho appoggiato la spesa sul tavolo in cucina e mi sono appostato dietro la porta del bagno per porgerle una rosa, appena fosse uscita. Volevo stupirla.
Ma appena appoggiato l'orecchio alla porta per sentire i suoi rumori e capire a che punto è, sento una voce prudentemente bassa che dice :" E' rientrato da poco, credo stia riponendo la spesa in cucina. Fra cinque minuti esco, mi vesto e con una scusa lo mollo. Poi vedo che fa. Cosa dici? No, non ti preoccupare, sto sempre attenta io. E poi lo sai che non ho tempo da perdere, ho un serial killer che non molla e che sembra uno spirito per le poche tracce che ci ha lasciato. Adesso devo proprio andare. Sì, ci sentiamo, un bacio. Ciao. "
Il "bip" del cellulare che si spegne e lo sbuffo elettrico dell'asciugacapelli si seguono nello spazio di cinque secondi. Con chi poteva essere al telefono? Non iniziare proprio adesso ad essere prevedibile e sciocco. Non sono fatti tuoi. Togliti quelli frasi dalla testa, non ti riguardano.
Dieci minuti e lei esce dalla camera ancora con jeans e maglietta, ma con un profumo di mughetto che non avevo colto ieri sera.
La colazione è in tavola.
Mangiamo silenziosamente di buon umore, poi mi saluta e mi ringrazia per la bella serata. Le chiedo se le va di ripetere l'esperienza; sembra colta di sorpresa, ma accetta subito decisa e sorridente. È cos' che mi piace. Ci salutiamo con un bacio.
Prima di uscire mi chiede cosa farò oggi, le rispondo che ho qualche lezione da seguire. Andrà bene per tutti e due trovarci direttamente qui alle otto.
 
Sono arrivato in anticipo. Salgo piano le scale. Non c'è fretta.
Arrivato alla terza rampa di scale sento la sua voce. È di nuovo al telefono, in piedi, davanti all'entrata di casa mia e con voce stanca conversa con qualcuno per cui nutre evidente rispetto e amicizia. Dice: " Non ci sono tracce, non ci sono impronte e non ci sono perché. Quel bastardo le ha strangolate e squartate senza un briciolo di umanità. Quel maniaco pervertito non può avere né coscienza né un briciolo di sentimento. " . Poi parlano di altri casi minori e del più e del meno, alla fine riattacca e si accende una sigaretta.
Io aspetto trenta secondi poi la raggiungo.
Non riesco a trattenere lontano dal mio volto un'espressione stancamente stupita e indignata. Non credevo potesse provare certe cose nei confronti di un essere umano. Credevo fosse superiore a certe manifestazioni di rabbia ed alla sensazione di impotenza di fronte alle brutture della vita. Non pensavo si prendesse così sul serio.
Appena mi vede non riesce a reprime una domanda:
" Cos' hai? Sembra che ti abbiano appena preso a calci!"
" Niente, rogne con un assistente del prof di diritto penale, niente di che. Com'è andata la giornata? "
" Non male. "
" Perché non mi parli mai del tuo lavoro? "
" Ti annoieresti. "
Non abbiamo più toccato l'argomento.
Dopo cena ci siamo addormentati sul divano.
 
 
(10)
Era tutto così dannatamente semplice. La mia folle vita, costellata di perché mai risolti e domande mai poste, prima che Lei comparisse, prima che la mia mente iniziasse a sciogliersi dalla torbida nebbia che la raggelava, prima che imparassi che cos'è l'amore.
E adesso cosa faccio? Come faccio a dirle chi sono veramente, che cosa ho fatto fino ad ora e che sono io l'uomo che sta cercando?
Come faccio a dirle che l'uomo che le sta accanto è un maniaco perseguitato dalle voci dell'aldilà, che non si sa fermare davanti alla propria vittima e che ha già sognato come sarebbe ucciderla nel sonno o mentre facciamo l'amore. Come posso farlo. Che diritto ho di spezzare i suoi sogni, il suo incantesimo. La sua vita.
Ma non posso andare avanti, devo dirglielo anche se mi detesterà e mi detesterò per il resto dei miei giorni, anche se le conseguenze sono ovvie ed inevitabili. Devo. Per lei devo.
E state zitte Voi la dentro, non riuscirete a stravolgere i miei piani anche questa volta, come l'altra notte quando mi avete costretto a sentire la sua telefonata sulle indagini.
Ha detto quelle cose cattive sul killer perché non sa che sono io, altrimenti non lo avrebbe mai fatto. No, non riuscirete a convincermi che non mi ama, adesso che l'ho trovata nessuno me la porterà via, nemmeno voi. Andata via! Lasciatemi in pace! Zitti, fuori dalla mia vita!
 
Sbatto la porta e corro via, ma dove credo di andare, Loro mi troveranno, ci riescono sempre quando hanno bisogno di qualcosa e sento che presto vorranno un favore da me.
Poi torno al suo fianco.
Dopo una notte insonne passata guardarla mi sono reso conto che non l'ho mai osservata e mi sono ritrovato a scoprirne il disegno elle sopraciglia, le rughe lasciate dai sorrisi e la pelle che a volte sulle guance si ritira per dar vita a due splendide fossette.
Non mi era mai capitato nemmeno con altra persone di aver prestato così poca attenzione ai dettagli del volto, di solito sono molto selettivo.
Nel frattempo i pensieri e le voci, si contraddicono e poi mi danno addosso. Mi giro e mi rigiro, finisco per svegliarla e nel preciso istante in cui apre gli occhi decido di dirle tutta la verità, quella mia, quella delle voci, quella che vorrebbe sentirsi dire, ma che non vorrebbe mai ascoltare.
Ha scosso la testa, ha pianto, ha riso, ha urlato e mi ha persino picchiato; alla fine si è addormentata fra le mia braccia.
 
 
(11)
Questa mattina si è alzata e vestita, silenziosa e scrutatrice, era come se non conoscesse quelle pareti, le nostre foto sparse sul tavolino del salotto, i miei occhi e il mio volto.
Tutto di questa pesante atmosfera ci avvolge come un mantello di lana grezza.
Si avvicina, mi accarezza una guancia, indietreggia di un paio di passi, mi scruta, poi avanza di nuovo e questa volta mi bacia.
 
Oggi ha una giornata di riposo, dovevamo trascorrerla insieme e andare al lago, ora non so cosa voglia fare.
 
Mi abbraccia e mi trascina verso il divano, mi fa sdraiare con il viso appoggiato alla sue gambe, inizia accarezzandomi i capelli, poi solletica il collo ed inizia a parlare. Io l'ascolto e non replico, adesso non servirebbe, finiremmo col litigare e non voglio ferirla di nuovo.
Dice che non gli importa ciò che ho fatto e che io non sarei mai capace di farlo con lei perché le ho dimostrato troppo amore e rispetto; non vuole lasciarmi da solo e vuole che mi curi. Conosce un professore di psichiatria dell'università e può farmi avere i primi aiuti. Mi farà fuggire per proteggermi e svierà le indagini che stanno palesemente portando verso di me. In effetti è vero, tutti i giornali ormai parlano dell'imminente arresto del killer delle studentesse strangolate).
Come non credere a quegli occhi e a quelle mani così calme nonostante la batosta che le ho inferto nemmeno sei ore fa?
 
(12)
sono passati due giorni di apatia e solitudine, lei sta cercando di farsi trasferire ad altri casi meno impegnativi che le diano il tempo di preparare la nostra fuga.
Le voci se ne stanno stranamente zitte. Il panico mi sta assalendo, anche la paura si sta impossessando del mio cuore. Non voglio perderla. Per fortuna questa sera ci sarà lei a consolarmi.
 
Abbiamo parlato, ma non ho resistito a lungo prima di chiuderla nel mio abbraccio.
Al risveglio ha deciso che partiremo domani, c'è già una casa disponibile a quindici chilometri da qui, abbastanza lontano per sviarli un paio di giorni e darci il tempo di pensare.
Siamo partiti alle cinque, quando siamo arrivati il sole stava tramontando; la giornata che ci siamo lasciati alle spalle è stata intensa, piena di impegni e di acquisti. Ci siamo concessi regali e pranzo in un romantico ristorante con terrazzo sul mare.
La casa è spaziosa, ma non esagerata. Ci sono due camere, un bagno con una bella vasca, il salotto e la cucina uniti da un bel terrazzo che da sul giardino.
Da qui si può vedere la città, ma non ci arrivano i suoi rumori.
 
(13)
Sta sorgendo il sole, ci stiamo di nuovo unendo in baci e carezze, quando sento dei rumori dal terrazzo: sarà il vento.
Continuo la danza dell'amore con la mia principessa, ma le voci si fanno sentire:
"Ti ha mentito, ti ha ingannato...i suoi amici sanno dove siete. Presto ti troveranno e ti porteranno via da lei. Per sempre! Lei non ti cercherà nemmeno. Non sa farsene di te!".
Le imploro di star zitte, ma la loro insistenza riecheggia nelle tempie. Dicono di ucciderla, di trattarla come una qualunque. Non voglio ascoltarle, ma qualcuno sta buttando giù la porta. Lei è sotto di me, non sembra farci caso e mi invita continuare. "Allora è vero, lurida troia!" le urlo, "Tu lo sapevi!".
È un attimo e mentre un ultimo calcio scardina la porta, lei si rilassa per sempre tra le mie braccia.
 
Ho conosciuto l'amore e per la prima volta anche l'odio, quello vero, quello che solo un estremo amore può portare.

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Agg. 18-10-2005