LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti

 

Poesie di 
Maurizio Gregorini
 
Necrologio
 
Segni particolari... nessuno.
Controllo temperatura: effettuato.
Rigidità corporea: ottimale.
Occupazione
non pervenuta;
libido azzerata dalla lingua al pene,
sensualità irrefrenabile
dal pelo alle orecchie.
Biondo,
capelli scuri,
occhi bianchi, espressivi.
Forte, rozzo,
mani delicate, muscoli flosci,
si direbbe un musicista
con l'hobby della frusta.
Di razza negra, padrona,
eternamente schiavo
per la sua pelle chiara,
parla tre lingue
ma non ne ha in bocca alcuna.
Si dimena, si accascia, squassa,
lambisce la verità
ogniqualvolta crepa;
deceduto
circa tre volte al giorno.
Poiché da orfano
credette di esser figlio
del padre di sua moglie,
venne su storto,
deforme ed incestuoso:
un'armoniosa melma
di gobbe e desiderio.
Non ha sorelle
né tombe al cimitero,
lo puoi trovare
carponi sull'altare,
stende i suoi veli
sul ciglio d'una chiesa,
canta profano
le lodi al dio pagano.
Risse, violenze e mostri riottosi
li tiene sotto al letto
con i ricordi sfusi.
Bacia le donne
fra il cuore e l'ombelico
stringe il suo sesso
con forza sotto al corpo.
Si crede arguto,
guerriero e gentiluomo,
vive da pazzo,
feroce ed assassino.
Gli piace bere,
drogarsi, eiaculare
scrive poesie,
dolcissime elegie...
Giace nel mucchio
fra i cori delle mosche.
 
 
 
Delirio
 
Infinitesimali rumori e odori
sgranocchii, scivolii, sciabordii
emergono dalle viscere del mondo;
e insorgono fino all'apice del nulla...
oggetti caduti, pensieri mutilati,
brusii di cervelli lontani,
mormorii di reti mediatiche
tastiere che digitano,
ventricoli che suonano le fisarmoniche dell'orrore,
arterie che pulsano ed emettono voci.
Sogni che corrono furtivi nei caloriferi,
fantasmi che declinano verbi sconosciuti,
vibrazioni fra antenne di scarafaggi arguti.
Il mistero della quarta dimensione
si annida in interzone
fra dita che si toccano
ma non si toccano mai
nell'infinito enigma dei campi magnetici
nell'illusorio mondo
delle passioni umane.
 
Oh delirio,
languido vortice di libidine e scorie
mi stai trasportando lontano
mi conduci per mano.
Oltre il gradino
di questo tempo nuovo
giace il tormento,
il territorio smunto.
Mostri, draghi di fango e meteore,
teste mozzate di bimbi (decorative alquanto!)
cernie che nuotano
nel mio stomaco di pietra,
assassini grondanti saliva,
padri resi schiavi e sodomiti,
figli parricidi e uccisi,
lebbrosi smembrati
e ricomposti.
Gatti schiacciati sull'asfalto
che tornano ad essere cibo,
prelibati pasticci di carne
per le mie rosse papille.
E poi ancora avanti
morboso, assetato,
verso l'ignoto,
prigioniero della titanica
voragine inviolata.
E allora i morti,
gli essere vetusti,
i colli di bottiglia parlanti
le mani di marmo urlanti,
le coccinelle di velluto a coste,
le pantere di sale
gli orologi con occhi da lupo
le bestioline striscianti
con i muscoli nudi
senza pelle, vibranti.
Infine lui,
l'irresponsabile, il grembo,
l'architrave, l'alambicco,
l'astrolabio, il picco,
la galaverna acuta
nel bosco dei silenzi.
L'indescrivibile demenza,
la giovanile senescenza,
il condannatore condannato,
l'astronomo astrologo,
il fustigatore alla sbarra,
il cigno macchiato di sangue,
l'oltre senza null'altro,
l'altro senza null'oltre,
il gemito acuto
senza possibilità d'ascolto.
E la mente che esplode,
digrigna, implode,
titilla, sgancia, si riaggancia,
ottunde, sprigiona,
raglia, nitrisce, garrisce,
deraglia verso il limite estremo
dove non c'è più spazio,
dove resta solo,
veramente solo
acciecato dalla verità e pazzo,
assolutamente pazzo...
 
 
 
Drink, drank, drunk for the jumpin'jive
 
Tornare a casa ubriachi,
schiuma di shampoo negli occhi,
linfa di vetro sui muri.
Il cervello assordato
da fischi, guaiti, ululati
di guerci cagnacci rognosi,
i neuroni fra le mani
con le teste rasate
e le ascelle sudate,
l'ipotalamo sull'unghia,
zecca prosciugata e sgonfia,
infilzato filetto.
 
Tornare a casa ubriachi,
drink, drank, drunk for the jumpin'jive,
alle sei del mattino c'è qualcuno che sbraita,
alle sei del mattino
tu hai lo schifo nei lombi
e la boria nel mondo
tutta chiusa nel freezer
degli sporchi ricordi.
 
Tornare a casa ubriachi
roteando sulla punta acuta
del rischio fatale,
edificando ciminiere di confusione,
edulcorando microchips di passione...
e gettare nel cesso
quattro litri di whiskey,
scura morte nel sangue,
seta rossa strappata.
 
Tornare a casa ubriachi
per cercare nel fango delle rozze illusioni
e scoprire, fra un conato ed un coito,
le gole segrete, le terre bruciate,
le ribollenti lave, le ignote.
Insultarsi, picchiarsi, ferirsi
nel dar voce al profondo.
Separarsi, scoparsi, riunirsi
nell'infinita bestialità della vita.
 
Tornare a casa ubriachi
e stringersi l'uno accanto all'altra
come labbra in amore,
rumori di scambi nel cuore,
calce viva, ferro fuso e clamore.
Ascoltare il respiro unificato
dei vulcani e delle fosse marine,
e finalmente ordire
i battiti all'unisono,
concilio di stelle e pianeti,
valzer di fiabe e leggende.
 
 
 
Scrivetelo sul diario
 
"Uccidere il senso di colpa",
scrivetelo nel diario
è l'occhio cieco del fantasma
il predatore della libertà.
 
"Ho ucciso il senso di colpa",
scrivetelo sul diario.
Ora, con un gemito interiore,
nel cielo, spadroneggia il falco.
 
 
 
Parole al vento
 
Ho scritto parole
sopra fogli di carta
che ho strappato furente.
 
Ho scritto parole
sul bel corpo fuggente
della donna che ho amato.
 
Ho scritto parole
su due pagine d'aria
dissipate nel mentre.
 
Ho scritto parole
sulla pietra tombale
di un ignoto perdente.
 
Ho scritto parole
prosciugate dal sole
nel gran mare di sale.
 
 
 
Vizio
 
Ognuno corre lungo il suo fiume di pietra
libero di amare la propria schiavitù
ma prigioniero dell'essere libero
 
Ognuno corre lungo un fiume di pietra
e crogiola nel tepore del vizio
l'illusione folgorante della sua beatitudine.
 
 
 
Katartica
 
Strappati i capelli
e fanne trama
per un sudario.
 
Togliti i vestiti
e resta nudo,
unico mito doloroso.
 
Dilaniati
la pelle torturata
con le unghie
del perdono.
 
Poni droghe feroci
sui muscoli grondanti
e accieca colpevoli occhi.
 
Espianta
il tuo cuore
nell'unico gesto
degno
dell'essere "libero".
 
Prendi Dio
fra le mani
e separalo da te,
gettalo lontano
tra le bocche affamate;
e dalla tua anima grida,
finalmente grida,
l'assoluta estraneità
a questa schiavitù infinita,
la tua santità,
la tua purezza ritrovata.
 
 
 
Senzaparole
 
Cosa...
L'assassino si muove senza illudere.
Dove...
La morte colpisce come e quando.
Forse...
Il silenzio è un prologo al celebrato nulla.
Dunque...
Rimane il tempo di generare un figlio.
Mentre...
Corre la fine sul gomito dell'ombra.
Vedo...
Un cenno eroico spezzare le catene.
Credo...
Ci sia il tramonto all'alba dei misteri.
 

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Inserito il 27 giugno 2000