Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Racconto di
Massimiliano Testa
 
Cap. III tratto dal racconto "L'Ultimo Gigante" vincitore del Premio Scrittori Cartolandia 1999
 
Verso Malpaga!
 
Sorse l'alba gelida e nebbiosa e si portò con sé le tristi ombre che, durante la notte, avevano affollato i pensieri di tutti.
Vincenzo raccolse le sue poche cose in un sacco e si accinse a partire; la madre, rimasta sveglia tutta la notte, si era assopita allo spuntar del giorno, accanto al fuoco ormai spento.
"Madre..." - sussurrò Vincenzo poggiandole una mano sulla spalla.
La donna si destò e, guardando il figlio, chiese: "Parti?"
"Sì, madre! - rispose Vincenzo - È giunta l'ora di salutarci. Riguardatevi e non state in pensiero, tornerò presto. Addio e qualche volta pregate per me."
Poi si gettò tra le sue braccia e pianse come un bimbo.
"Coraggio figliolo - esclamò Severina - nessuno può opporsi ai disegni del destino. Sii forte e vedrai che il buon Dio saprà aiutarti a tornare sano e salvo. Addio Vincenzo, abbi cura di te e non cadere mai nello sconforto, perché altrimenti avresti già perso in partenza. Ora va e non indugiare oltre."
Qui la donna tacque; il giovane l'abbracciò nuovamente e poi uscì, mentre Severina lo osservava allontanarsi nella gelida coltre di nebbia.
Forse, in cuor suo, la donna già presagiva che non l'avrebbe più rivisto.
Vincenzo, dopo qualche minuto, raggiunse la scuderia, pagò il garzone dello stalliere, montò a cavallo e partì a spron battuto alla volta di Malpaga.
Uscito da Bergamo Alta si diresse verso la pianura, ma qui la nebbia lo costrinse a tenere il cavallo a passo d'uomo, per non rischiare di finire in una delle numerosissime rogge che, all'epoca i cui si svolgono i fatti, costellavano le strade.
Tutt'intorno non si vedeva anima viva, solo la tristezza e la desolazione del paesaggio facevano compagnia a Vincenzo in quella tetra mattina di Dicembre.
Lasciarsi alle spalle tutti i sogni costruiti in compagnia dell'amata fanciulla per imbracciar l'armi: tale è il destino di chi esule dalla propria patria è chiamato a difendere l'onore e il prestigio.
Questi e molti altri pensieri, di natura ancor più cupa, affollavano la mente del giovane milite che cavalcava verso l'ignoto.
Col sorgere del sole anche la nebbia si diradò e il viaggio poté proseguir più tranquillo.
Era ormai quasi il tramonto quando Vincenzo giunse in vista del castello di Malpaga, la maestosa dimora di Bartolomeo Colleoni.
Tutt'intorno si vedeva un gran movimento: carri, cavalli, soldati che entravano ed uscivano dalla corte, musici e giullari che suonavano e ballavano.
Più che i preparativi di una guerra sembravano quelli di una festa in onore di qualche potente personaggio.
Vincenzo scese da cavallo, lo affidò ad un ragazzetto che gli si era fatto incontro e si diresse verso il posto di guardia, dove consegnò l'editto ad una sentinella.
Questa lo accompagnò immediatamente in un cortile interno del castello, dove si trovavano parecchie persone: giovani e meno giovani, storpi e mendici, tipi dall'aspetto distinto e signorile e altri che sembravano aver visitato tutte le prigioni esistenti sulla terra.
Di tali soggetti Bartolomeo Colleoni e i suoi graduati dovevano fare un esercito in grado di vincere la battaglia che si profilava all'orizzonte come un temporale estivo.
Vincenzo buttò il suo sacco in un angolo libero e vi si sdraiò sopra, mentre il sole tramontava e il freddo si faceva più intenso col calar della sera.
Nessun rappresentante di quel variegato campionario umano fiatava o schiamazzava; chi taceva perché addormentato oppure perché, in cuor suo, meditava su ciò che aveva lasciato e su ciò che l'attendeva.
Il giorno dopo sarebbe, infatti, iniziato il lungo periodo di addestramento in preparazione alla battaglia e, certamente, nessuno avrebbe avuto il tempo di pensare a progetti e rimpianti; ormai lasciati all'esterno del pesante ponte levatoio che chiudeva l'ingresso del castello.
 
 
Alba di pioggia
 
Gelido soffia tra le ferite il vento
quando del risveglio l'ora s'appressa;
di lontano sorgono nembi oscuri
e dal cielo scende lieve la pioggia.
 
Scende silenziosa e fioca,
scende malinconica e cupa,
scende e bagna quest'alba desolata.
 
Bagna gli oscuri pensieri,
bagna le stanche membra,
bagna della vita l'attimo fugace.
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Inserito il 8 settembre 2000