LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Mariano Saturno
Ha pubblicato il libro
Mariano Saturno - Nel vento della vita



 
Collana Le schegge d'oro (i libri dei premi) 15x21 - pp. 88 - Euro 9,30 - ISBN 88-8356-706-4
 

Pubblicazione realizzata con il contributo de
IL CLUB degli autori in quanto l'autore è finalista nel concorso letterario "J. Prévert" 2003
 
 Prefazione
Poesie

Prefazione
 
 
La poesia di Mariano Saturno si nutre al "vento della vita", insegue "segni segreti" sovente celati dalle apparenze e le visioni, le illusioni e i sogni si fanno documento e testimonianza d'un uomo che cerca disperatamente di recuperare il valore delle cose semplici e le parole schiette e genuine d'un tempo.
Colpire il segno, andare in profondità, disvelare la realtà che si nasconde dietro l'infida patina dell'ipocrisia che ormai quasi tutto ricopre: un lento recupero, faticoso e dolente, di una coscienza di sé per ridare vita alla capacità di sognare. Per fare ciò lo strumento non può che essere una poetica vibrante, ardente ed autentica.
Non a caso si avverte la volontà di un tenace recupero memoriale riscontrabile in diversi passaggi e solo per citarne alcuni è sufficiente riportare le sensazioni che suscita quell'insolito refolo di vento/ che s'aggira tra il vetro rotto del pagliaio/il rame del tempo sulla vanga/ed il relitto della madia accanto al forno" e poi ancora il "ricordo di sudate zolle smosse all'alba, le file di fiaschi impagliati, le sere davanti al fuoco ad ascoltar avventure improbabili.
Sfilano davanti agli occhi del poeta le immagini della memoria, i ricordi della propria terra, le suggestioni di un personale angolo di mondo, i sogni infranti, le immancabili illusioni, gli stupori di un fanciullo. Ed in questo lembo di terra/ai confini del tempo/sconnesso dai fili del finto progresso/ padrone di questo ritrovato silenzio ecco il vento della vita che soffia tra l'ulivo, il lentisco e la rucola selvatica e fa vibrare le corde del cuore. La vecchia strada di terra battuta, sinuosa come un fiume dove i ricordi han preso il posto dell'acqua, riporta alla mente le immagini d'un tempo, gli odori che si impregnarono sulla pelle per sempre, gli occhi spalancati dei bambini ed i racconti dei vecchi: ormai le favole sono da riporre nell'archivio delle illusioni.
Siamo con le spalle al muro e rendersene conto è già un successo: prigionieri che non possono far sentire la loro voce, testimoni silenziosi di un'amara constatazione che nulla è più come prima.
Desolante è constatare che ora si prospetta davanti agli occhi un mondo assai diverso, ridotto ad un arido deserto dove regna il totale disincanto e la fredda indifferenza: ecco allora che emerge prepotente la consapevolezza che è una nuova illusione voler aprire una breccia in questo muro di pietra.
Capita così che a volte la parola sommessa diventa grido di rabbia, richiesta pressante di verità, desiderio di scrutare all'interno le emozioni e i sentimenti: il poeta lancia "una rinnovata sfida della parola/ai limiti dell'uomo/che la speranza di un mondo migliore/ a dir poco lascia senza parole".
Ci troviamo di fronte ad una confessione dell'animo che utilizza frammenti d'una vita recuperati in un brumoso mattino di settembre, all'ombra d'un carrubo, lungo un sentiero antico e, passo dopo passo, il tempo scorre inesorabile, il cuore malfermo vede invecchiare i muri, il piccolo orto ormai non produce più i profumi ed i colori d'una volta ed è perduto lo sguardo rivolto a fantasie d'azzurro: ciò che resta è solo un cartello "vendesi", crudele fotografia del presente.
Ma il poeta non s'arrende mai, il poeta scava e forgia parole sudate per rammentare scorci di vita con la speranza che il cuore non smetta mai di far da timone alla ragione.
 

Massimo Barile

 

Note critiche
 
 
È la poesia che si rivela un autentico messaggio sociale contro l'ipocrisia e le ingiustizie.
Invita alla riflessione, all'autoanalisi con versi chiari, vibranti, intensi. È un appello alla coscienza in tempi caotici come i nostri. Il nostro Autore rifugge le apparenze "ampollose", cerca una dimensione umana in cui ci sia spazio per il sogno e l'autenticità dei sentimenti.
Ognuno dovrebbe lasciare un'eredità di onestà e d'amore e cercare un porto sicuro... La poesia, a tal fine, diviene impegno sociale, testimonianza dei valori umani intramontabili.
 

Tina Piccolo, 2002

(poetessa e critico letterario)


 
Alterna poesie di pochi versi, quasi dei flash, ad altre di più lungo respiro; nell'un caso e nell'altro, Mariano Saturno si dimostra autore autenticamente presente e partecipe dell'oggi, delle tante necessità e problematiche che riguardano la società attuale ovvero dell'usa e getta. I versi sono asciutti ed immediati, quasi delle frecciate, delle folgorazioni. Un esempio: "Un'agenda di fuoco / ormai la vita / che ne sfoglia i giorni con foga / e li brucia".
Evita le apparenze ed i giri in tondo, Mariano Saturno, preferendo andare al cuore delle cose e delle piccole-grandi verità anche perché i giorni non fanno altro che evidenziare la nostra impotenza, il frantumarsi di attese, di ondate di gioia. Si accosta così al dramma di tanti ragazzi "messi con le spalle al muro / dalla scelta forzata se optare ad "arruolarsi volontari nelle fila dei ruffiani" oppure "restare prigionieri di un incubo feudale". Sono versi talmente attanaglianti, questi, che non possono non farci riflettere e mettere in movimento segmenti di rabbia ed urlanti rassegnazioni. È un invito, il suo, ad andare oltre l'apparenza, a recuperare dalla storia gli input per uscire da ogni tunnel che limiti il nostro raggio d'azione e le nostre intenzioni. Che dire poi dei versi dedicati al dramma dell'11 settembre 2001 se non che l'umanità che ne esce è elemento bastante per dire a trecentosessanta gradi che Mariano Saturno sa interpretare alla grande i momenti della vita... Sì, perché è dall'indifferenza che gli equilibri del mondo diventano squilibri ed il silenzio un inopportuno assenso.
 

Fulvio Castellani, 2003

(giornalista e critico letterario)

 

Sinfonia in tre movimenti... poesia sonora... lirica visiva...
Così, nascono suoni dalle parole e immagini prendono forma di verso in verso, man mano che si legge, o meglio ci si lascia leggere dalla poesia di Mariano Saturno.
Movimenti interiori quelli del divenire e della deriva, che parlano dritto al cuore con il linguaggio della memoria, della sofferenza e del distacco lacerante dalle cose piccole e semplici, che narrano della terra natìa, quasi a tratti dipinta nella parola, con l'autenticità e la essenzialità di un uomo che guarda dentro di sé, e non solo, con occhi innamorati ed allo stesso tempo disincantati, ma che riesce tuttavia ancora a stupirsi come un bambino.
E la vita stessa scorre nel divenire del tempo con le sue contraddizioni e delusioni, come il vento che passa tra le querce ed il lentisco, portando con sé l'essenza e la poesia di una intera vita.
 

Prof. Giuseppe Lavagna, 2004

 

 
Nel vento della Vita

 

Insofferente al comando

e che non ricominci daccapo,

ma uno stile proprio innesti

sulla pianta mai morta

di Maestri del passato

 

L'Autore
 

Il divenire
 

Il divenire
 
 
Di solito, dopo un arco di assenza,
le lancette del divenire sembravano
si fossero fermate.
 
Ora, questo insolito refolo di vento
che s'aggira tra il vetro rotto del pagliaio
il rame del tempo sulla vanga
ed il relitto della madia accanto al forno,
oltre far lievitare il sospetto
che i chiodi della vecchiaia abbiano
scerpato le loro radici per sempre,
un incerto presagio di gelo
aduggia il mio cuore malfermo
che abbisognerebbe di un bastone
o magari un altro cuore.
 
Stonacati dal piccone degli eventi, con loro,
sono invecchiati pure i muri
intristito il giallo dei limoni
e più non mi sorride neanche l'orto.
 
L'odore dell'orto che ricordo
sapeva di sudate zolle smosse all'alba
intinte di domani
e dell'arcobaleno delle stagioni,
 
ma la terra a volte non perdona
riconosce nelle mani di pietra
la dedizione di chi la ama
e nelle aduste labbra
i complici silenzi che le parlano
e se ti accade di piantarla
crea scompiglio
come un amante indispettito.
 
 
 
Levando lo sguardo dei ricordi
verso il balcone donde amavo perdermi
nelle fantasie d'azzurro fra le querce,
al posto delle solite trecce d'aglio
accanto alle imposte chiuse
un cartello... VENDESI.
 

 
 
Dal fuoco riflessi
 
 
Spiragli diversi
accende il fuoco stasera
dietro lo sguardo allucinato
che insegue segni segreti
celati dai vetri
opachi delle apparenze.
 
Riflessi maculati di sogni verdazzurri
oniriche evasioni attizzano
in fiaccole d'illusioni ingiallite,
riti mistici misti a magiche parvenze.
 
Tronfia come un gallo,
la giovane fiamma,
ogni ceppo in piume
di ceneri riduce,
ma di lì a poco le sue ali abbassa
e sulla brace ceri funebri posa,
 
ma non ogni fiamma che s'eclissa
mi turba,
né il gelo d'ogni visione che si spegne
purchè non si brucino le ali ai sogni
 
e all'illusione che sotto le ceneri,
di ognuno il ricordo seguiterà ad ardere
nel ricordo di qualcuno.
 

 
Oltre le colline il sole non muore
 
 
Sulla sdraio, il pensiero non riposa
e di là delle tende del balcone
oltre il cielo più vicino
- ove il sole muore - s'invola
e all'enigmatica Natura
come mai - chiede - non ad ognuno degli eredi suoi
un'anima che li sgridi
quando ormai sfrangiato l'onesto corso
dagli argini della tolleranza
un torrente torbido di sentimenti avari straripa;
 
invece di una mente in gabbia,
nido di pensieri rapaci,
che alle rondini vieta di spiegare le ali
similmente alla vasca di una diga
che guizzi di schegge confina entro le mura,
 
e ad un'arbitraria libertà egoarchica
l'illusione infonde
di non far da cornice ad un unico Disegno
sullo sfondo di uno stesso cielo.
 
A pochi passi giù in cortile, il povero Antonino,
inchiodato su una sedia a rotelle
brontola col vile destino
per la gamba amputata
e la ruota della carrozzella sgonfiata.
 
Tuttavia, interrogando l'orizzonte
il suo cuore non avaro di Cuore
sembra voglia suggerire
che oltre le colline il sole non muore.
 

 
Dal mio angolo di mondo
 
 
Assorto ricalco i passi
di questo sentiero,
che col cuore riscrive il tempo di prima.
 
Servo sotto un altro cielo,
ma in questo lembo di terra
ai confini del tempo,
sconnesso dai fili del finto progresso,
padrone di questo ritrovato silenzio
che con le altalenanti note del vento
tra il pepe del lentisco
la rucola selvatica e l'ulivo
di un'epopea rurale i motivi ripassa
facendo vibrare le corde del cuore.
 
Tra questi sassi
echi e riflessi della vita di prima:
vecchie prediche che attecchivano come lappole
e poche bacche rosse al sole
ora inaridite dall'effimero vento della vita
che incede e nulla tralascia.
 
Dalla familiare catapecchia
incastonata ai massi
oltre le scarpate nascoste alla vista
il serpente argenteo della fiumara
perde la pelle diafana
allontanandosi a mare.
 
Messaggeri d'imparagonabili
palpiti di vita,
ma non provo più a commuovermi.
 
E tuttavia gli occhi di quest'anima rurale
faticheranno a restare indifferenti
allo sfregio dell'uomo alla natura
e alla prevaricazione dell'uomo sull'uomo
che anela alla luna.
 

La grotta marina
 
 
Sostare su uno scoglio
di questo intenso angolo di mare
e mosso da una fiumara
d'interrogativi tentare
d'intuire dove tende
l'onda della vita e del tempo.
 
Chi sa che da una distrazione nell'ordito
non possa aprirsi una breccia sull'ignoto
o quantomeno un provvidenziale paracadute
che dilati l'andar del tempo.
 
Sembra gonfiarsi dei perché
che non ispirano nulla di buono
l'onda che dopo un'apparente calma
della grotta a più a più la bocca occlude.
 
A qualche passo, di un'agave solitaria
alla terra s'inchinano le foglie,
ma di lì a poco alleviata
dalla risacca la grotta fiata
e lo scàpo coi suoi bracci
il cielo addita,
 
mentre l'onda s'inabissa
nel mistero del suo mare.
 
 

 
A generazione nosta

(dialetto del Cilento)

 
 
Picchì ricìti
ca generazione nosta è persu tuttu,
forse picchì pi vvui
nun s'è vinnutu sulu u cori,
ma puru chillu ca nun tinìamu;
 
nun sulu pani e scola
pi vi fa tutti professori,
ma qualche cosa c'ancora hrira ghint'o cori...
 
ma nu vi scurdàti ca generazione nosta
cum'a preta è tosta
e chiangi senza lahrimi.
 
Vui crirìti acchì v'è fattu viri
a luna int'o puzzu,
o a fimmini vergini prene
e viti sempi carrichi r'uva.
 
Nun abbuccàti accussì
o suli ca qualchirunu v'è prumisu
o lustru quann'è scuru
si nun vulìti fa a fine ri girasuli
prima ca si fa sira.
 
Nui pi valori e ideali
nun ntinniamu l'occhiali
griffati e capilli ngrifati
contromanu ngopp'o motorino
ca sulu singi penzu...chi paura!
...e manc'u telefoninu int'o taschino.
 

La generazione nostra

(Traduzione)

 
 
Perché dite
che la nostra generazione ha perso tutto,
forse perché per voi
non s'è venduto solo il cuore,
ma anche quello che non aveva
 
non solo pane e scuola
per farvi tutti professori,
ma qualcosa che ancora grida dentro al cuore...
 
ma non vi scordate che la generazione nostra
come le pietre è tosta
e piange senza lacrime.
 
Voi credete a chi vi ha fatto vedere
la luna nel pozzo,
o a donne vergini incinte
e viti sempre cariche d'uva.
 
Non abboccate così
al sole che qualcuno vi ha promesso
o al chiaro quando è oscuro,
se la fine dei girasoli non volete fare
prima che si fa sera.
 
Noi, per valori e ideali
non intendevamo gli occhiali
griffati e i capelli arruffati
contromano sopra un motorino
che solo se ci penso... che paura!
...E nemmeno il telefonino nel taschino.
 

 
Si pinzàti ca chisti su i miti
allura nui amu persu,
ma vui manc'avìti vintu.
 
Si v'addumandassi a unu a unu
c'aviss'addavuta ra fa
a generazione nosta pi nu perdi
vui nunn'u sapìti...
...ì u sacciu, ma è meglio si nu vu ricu.
 
Nui allimminu vulìamu cangià u munnu
e ngi chiangiti u cori pi vvui,
si pinzàti ca già è cangiatu.
 
 

 
Se pensate che questi sono i miti
allora noi abbiamo perso,
ma voi nemmeno avete vinto.
 
Se vi chiedessi ad uno ad uno
che cosa avrebbe dovuto fare
la generazione nostra per non perdere
voi non lo sapete...
...io lo so, ma è meglio se non lo dico.
 
Noi almeno volevamo cambiare il mondo
e ci piange il cuore per voi,
se pensate che già è cambiato.
 

 
Da tanto
 
 
Da tanto
non prendevo la vecchia via
di terra battuta,
che bruna e sinuosa come una serpe
fiumi di ricordi dentro agita
come un mare dentro il mare.
 
Da ogni vicolo,
dietro i vetri tutt'altro che appannati
della memoria, brevi ma intensi fotogrammi:
la vecchia scuola di sassi
ove il primo libro s'attendeva
come di un amore
il primo acerbo appuntamento
 
e la fucina in lamiera
che un tempo del fabbro sfavillava gli stenti,
mentre dalla cantina poco distante
con l'ebbra bruma e i demoni del vino sprigionati
da file di fiaschi impagliati,
in mostra come dipinti,
al vecchio ubriacone,
che della vita tutto aveva vendemmiato,
in fumo andava della ragione
anche l'ultimo barlume.
 
...Ai familiari odori
dell'ultimo tratto verso casa
mi si fa incontro un ritratto delle sere di allora:
bambini con mani e occhi spalancati
accanto al fuoco
che al racconto dei vecchi si scaldano.
 
Oh di quel tempo quanti di quegli odori
porto ancora sulla pelle e nel cuore
e com'era amaro allora intuire
che di lì a poco accanto al fuoco
sarebbe mancato sempre qualcuno.
 
Ancorché ora
i racconti dei vecchi non sono più quelli di allora
e i vecchi nemmeno
stento a commuovermi
sento solo...che dentro si agita un uomo
che da tanto non è più bambino.
 

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