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Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
"Nata la notte delle stelle cadenti"
di Maria Grazia Catanzani
Edizioni Era Nuova srl, via Grazia Deledda, 8 - 06074 Ellera Umbra (Pg)
 

 
La luce di un nuovo giorno filtrava dalle persiane, era già mattino e ad Angelica sembrava quasi impossibile. - Mmmh, non ho voglia di alzarmi! - disse fra sè. Si rigirò nel letto e si riaddormentò. La sera precedente era andata a letto molto tardi perchè aveva festeggiato il suo compleanno, anche se con un giorno di anticipo: aveva fatto un pò come si fa per capodanno, aveva aspettato che scoccasse la mezzanotte per festeggiare. La notte, come accade sempre in Agosto, aveva dormito poco perchè faceva molto caldo e l'aria fresca del mattino presto le aveva conciliato il sonno. Angelica quel giorno compiva venti anni: all'età di dodici anni anche lei era stata resa consapevole del fatto di essere stata adottata dai suoi genitori. E da due genitori meravigliosi. - Buongiorno signorina, buon compleanno. - I genitori, Chiara e Francesco consideravano Angelica, anche a venti anni, la loro bambina, così come fanno tutti i genitori che però, per la ruota della vita, a volte si sentono e si vedono scivolare dalle mani l'affetto dei loro figli. Questo però non era il caso di Angelica, anche per il fatto che lei ha ottenuto una famiglia dopo la sua nascita, non come gli altri figli con i propri genitori naturali. La coprirono di baci e di abbracci e le diedero il suo regalo. - Questo è per te. - le disse il papà porgendole un pacco con gli occhi luminosi dalla gioia. Angelica lo aprì e dentro vi trovò un grosso pupazzo di peluche: proprio quello che aveva visto qualche giorno prima in una vetrina di un negozio e che le piaceva tanto. Intanto li aveva raggiunti anche la zia Veronica che era venuta da Roma proprio per festeggiare il compleanno della sua "nipote preferita". - E questo è da parte mia. - disse la zia abbracciandola insieme ai suoi figli Marco e Celeste. Lei aprì il pacchetto e vi trovò dentro un diario dalla copertina a grandi fiori rosa con tanto di lucchetto e chiave. Ringraziò affettuosamente la zia per il regalo. Dentro di lei però, rimase un pò delusa: dalla zia era abituata a ricevere ben altri regali, per esempio l'anno precedente le regalò una catenina d'oro con un ciondolo. Tutto sommato però quel diario le sarebbe servito per scriverci tutto quello che voleva senza che nessuno ci andasse a "ficcare il naso". La zia Veronica era la persona cui Angelica era più affezionata, dopo i genitori, naturalmente. Dopo una giornata densa di festeggiamenti con tutti i parenti, la sera, una volta rimasta sola in camera sua, prese il diario e lo aprì. Quelle pagine bianche le fecero quasi un pò paura, ma da quella sera si propose di scrivere qualcosa ogni giorno sul suo diario.
 
Giovedì 10 agosto 1980.
 
Caro diario, a dire il vero non so proprio come e da dove cominciare, comunque, cominciamo a "rompere il ghiaccio", io ti darò del "tu" come si fa con un amico e ti racconterò tutto, o per lo meno ci proverò. Mi sei stato regalato nel giorno più importante dell'anno per me: il mio compleanno, quest'anno poi è speciale per me: sono arrivata a un quinto di secolo! E tra l'altro stanotte era la notte di San Lorenzo, la notte delle stelle cadenti. Visto? Anche i miei genitori forse hanno espresso il desiderio di avere una figlia la notte delle stelle cadenti, ed eccomi qua! Ah, che maleducata! Non mi sono neanche presentata: mi chiamo Angelica, sono nata a Roma ma vivo a Spoleto, una ridente città famosa in tutto il mondo per il Festival dei Due Mondi. Al di là di questo io ci vivo molto bene. Giusto mi serviva un amico al quale raccontare tutte le mie cose, dalle più frivole alle più segrete. Tu saprai tutto di me, non ti nasconderò nulla, i miei sentimenti, buoni e meno buoni, le mie sensazioni, le mie paure e le mie gioie, i mie sogni belli e brutti, i mie incubi, i miei stati d'animo, insomma, tutto quello che ad una persona "normale" non potrei dire perchè troppo intimo e personale, neppure a mia madre, che è la mia migliore amica e confidente, che pure adoro. Sarai un segreto tutto mio, da custodire con cura, una confessione con me stessa. Scriverò sulle tue pagine solamente quando sentirò veramente il desiderio di scrivere, ti dirò tutto quello che sento nell'animo, i miei pensieri più nascosti, il rapporto splendido che ho con mia madre che si arricchisce di giorno in giorno di fatti nuovi, i miei sogni, le mie gioie e, anche, perchè no? Le mie delusioni e i miei dolori. Sarai la valvola di sfogo della mia anima, un modo per fissare i ricordi e i sentimenti più profondi della mia vita. Scriverò su di te quando sentirò il bisogno di affidare alle tue pagine il segreto del mio cuore. Insomma diario, preparati a sentirne di tutti i colori! La tua fedelissima. Angelica.
P.S. Ti porterò sempre con me ovunque vada!
 
Venerdì 19 agosto 1980.
 
Caro diario, continua a fare un caldo infernale, per distrarmi voglio ripercorrere con te questi miei primi diciannove anni di vita, il ventesimo comincia adesso, pieni di belle esperienze, anche di qualcuna meno bella, però, si sa, la vita non è fatta solo di cose belle. Voglio cominciare subito a parlarti della città che mi ha visto nascere e alla quale sono molto legata: Roma, detta da tutti la "città eterna", per me è la più bella del mondo anche perchè ha una storia millenaria e io, girando, posso ancora vederne le testimonianze. Entrando a Roma si rimane subito colpiti dalla folla e dal movimento di questa metropoli, io ormai, andandoci molto spesso, ci sono abituata, è così ricca di angoli dove il tempo sembra essere fermo da secoli eppure le due cose convivono perfettamente. Roma è ricca di tanti bei monumenti, è una bella città moderna, ma alla periferia, purtroppo, non mancano le baraccopoli che mostrano la povertà di tanta gente: questa è l'unica cosa che non mi piace perchè vorrei che tutti fossero felici come me. Anche se vivo in un piccolo centro di provincia, Roma è e sarà sempre nel mio cuore e faccio il possibile per tornarci ogni volta che ne ho voglia. Ogni volta che ci vado, quando vado a trovare la zia Veronica, non vorrei più ripartire e molte volte è capitato di rimanere là per qualche giorno "marinando" piacevolmente la scuola. Per me la zia è come una seconda mamma e i suoi figli, Marco e Celeste, sono come fratello e sorella che non ho. Per stasera ti ho già detto molte cose e credo proprio che sia arrivato il momento di dormire. Domani sera scriverò di nuovo, buonanotte.
Angelica.
 
Sabato 20 agosto 1980.
 
Caro diario, ti voglio raccontare la storia della mia vita così come me l'ha raccontata mia madre. La nostra è una famiglia normale, due persone che lavorano: il mio papà è impiegato in una azienda che produce forniture idrauliche, la mia mamma invece fa la commessa in un negozio di abbigliamento. Poco dopo il matrimonio i mie genitori si rendono conto di non poter avere figli, da qui nasce un vero e proprio dramma. Loro desideravano molto un figlio, ma, vista la situazione, decisero che Veronica, la cugina della mamma, era per loro l'unica speranza. Lei infatti, oltre ad essere parente, era anche psicologa, e quindi in grado di valutare la situazione nel modo migliore e proporre una soluzione. Infatti accadde che la zia Veronica gli propose la soluzione di adottare un bambino: naturalmente lei li avrebbe aiutati per tutto quello che riguarda il fatto burocratico, pratiche e il resto. La zia Veronica a Roma era una persona molto conosciuta, potente e anche molto ricca e stimata anche negli ambienti di più alto rango: ministeri, Vaticano. Per la mamma e il papà si aprì uno spiraglio di luce alla fine di quel tunnel di disperazione in cui erano entrati. Domani continuerò il racconto. Ciao.
Angelica.
 
Domenica 21 agosto 1980.
 
Caro diario, oggi è festa, e aspetto sempre i giorni di festa perchè la mia famiglia può stare insieme, cosa che molto spesso non succede durante la settimana perché i miei genitori lavorano ed io sono a scuola. Continuiamo in questo "viaggio" alla scoperta della mia vita: sono nata il 10 agosto del 1968 e sono stata lasciata dalla mia vera mamma appena venuta al mondo a causa della grave malformazione alle gambe con la quale sono nata. Rimasi ospite, fortunatamente per molto poco tempo, dell'ospedale pediatrico in cui ero nata e poco dopo fui dichiarata adottabile. I miei genitori, dopo aver chiesto aiuto alla zia Veronica, videro che lei aveva già disposto perchè i bambini ospiti della clinica potessero essere visti dagli "aspiranti" genitori perchè ne scegliessero uno. Il giorno stabilito, la mamma e il papà, un pò emozionati, si recarono nella clinica che ospitava questi bambini e girarono fra le culle. A questo punto la mamma, quando mi ha raccontato questo episodio aveva le lacrime agli occhi. La mamma voltò lo sguardo attratta dalle urla di un bambino, che poi era una bambina, che piangeva e si agitava, così tirò il papà per un braccio e lo portò verso quella culla. Quando la bambina, perchè c'era un fiocco rosa, incontrò lo sguardo di quella donna, smise di piangere: aveva visto nel suo viso qualcosa di rassicurante. La mamma, profondamente colpita da quella reazione decise, concorde con il papà che quella sarebbe stata la loro figlia. Quando i miei genitori comunicarono la decisione di prendere proprio quella bambina, l'infermiera che accudiva tutti i bambini gli disse che forse la loro scelta non era stata molto felice: la bambina aveva una grave malformazione congenita alle gambe e quindi non avrebbe potuto camminare. Li consigliò anche di sceglierne un'altra. Inizialmente i miei genitori furono presi dal panico, ma poi decisero che quella sarebbe stata la loro figlia, ad ogni costo! Anche chi era meno fortunato doveva avere una famiglia. La mamma poi rimase colpita dal fatto che la bambina, appena la vide per la prima volta, non solo smise di piangere, ma accennò anche un sorriso: lei aveva bisogno di una famiglia più di chiunque altro. Quella bambina ero io! Il seguito alla prossima puntata ... domani sera. Ciao.
Angelica.
 
Lunedì 22 agosto 1980.
 
Caro diario, eravamo rimasti che quella bambina ero io. A quel punto, esaurite tutte le pratiche per l'adozione, grazie anche alla zia Veronica, il 9 gennaio del 1969, dopo una grande festa in clinica organizzata da tutto il personale per salutarmi e augurarmi buona fortuna, venni accolta con indescrivibile felicità in casa dei miei genitori. I miei neo - papà e neo - mamma mi amano come se fossi la loro figlia naturale. Infatti hanno sempre detto, e io lo condivido in pieno: "Non c'è un figlio più desiderato di quello che si adotta!" Questo perchè il fatto di non poter avere figli provoca un desiderio incontenibile di averne uno. Mi misero nome Angelica perchè dicevano: - E' bella come un angelo! - L'euforia di quei giorni di festa, prima in clinica, poi a casa della zia Veronica a Roma, per non parlare poi degli altri parenti: ero l'unica bambina della famiglia, sono stata coccolata fino all'inverosimile! Ora però era il momento di tornare alla realtà, ora veniva forse il momento più difficile: quello di affrontare le cure per far sì che io potessi camminare. Ciao.
Angelica.
 
Martedì 23 agosto 1980.
 
Caro diario, continuiamo con il racconto: dunque, eravamo rimasti al momento in cui si dovevano affrontare le cure perchè io guarissi. Soprattutto grazie all'aiuto della zia Veronica, i miei genitori mi fecero visitare da uno specialista importante, un medico russo che operava a Roma, il dottor Eugeni Assenov che, senza false promesse, gli disse che avrebbe fatto tutto ciò in suo potere per guarirmi. Naturalmente i miei genitori e gli altri parenti nutrivano molti dubbi sulla riuscita della cura e non mancarono anche momenti di sconforto e di profonda sfiducia nella medicina. La lastra che mi fecero prima di decidere l'intervento, a dire il vero, lasciava poco spazio alla speranza: metteva in evidenza il fatto che il femore era staccato dal bacino in entrambe le gambe, soprattutto in quella sinistra. Comunque mi fu applicato un apparecchio che fungeva da ingessatura per permettere alle ossa delle gambe di tornare al proprio posto. Questa situazione durò per circa due anni tra dubbi e brutti momenti. Un giorno d'estate in cui faceva molto caldo la mamma mi tolse per un momento l'apparecchio per farmi stare più libera e mi mise su un grande tappeto sul pavimento. Lei giocava con me e aveva in mano un pupazzo di peluche col quale giocavo sempre, faceva finta di farlo camminare sul tappeto e io, attratta dal pupazzo, puntai a terra le mani e mi sollevai piano piano sulle ginocchia e, gattoni, andai verso il pupazzo. La mamma ebbe una reazione incredibile: potevo appoggiare le gambe. Chiamò subito il papà e io, sempre attratta dal pupazzo, andai gattoni anche verso di lui. La mamma mi dice che quando è accaduto questo, ha visto piangere il papà per la prima volta. La gioia era divenuta incontenibile, lo seppero tutti i parenti e insieme facemmo una grande festa anche se la strada da percorrere era ancora lunga. La mamma era terrorizzata dall'idea che io non potessi muovermi, ma nella parte più profonda del suo animo sperava ancora in una sorta di "miracolo", avendo anche una fede in Dio molto radicata, aveva pregato molto affinché ciò che sperava un giorno si fosse realizzato. Questo è stato il momento più bello della mia vita, anche se io ero troppo piccola per poterlo ricordare ora. Buonanotte.
Angelica.
 
Mercoledì 24 agosto 1980.
 
Caro diario, continuiamo in questo viaggio nella storia della mia vita. Ti parlo del luogo dove abito. Ti ho già detto che vivo a Spoleto, beh, non esattamente, il mio paese si chiama San Giacomo: è a sei chilometri da Spoleto, ma è un paese meraviglioso, o almeno io ci vivo benissimo. Ho una bella casa singola con tanto verde intorno. Per il resto il paese, quando io ero bambina era piuttosto piccolo: il nucleo centrale era la piazza con la chiesa e il castello. Nella piazza io ho trascorso i momenti più belli della mia infanzia. Oggi, ripensando a quei momenti e vedendo la realtà attuale, penso che quei valori che ci sono stati "trasferiti" dai nostri genitori, non esistono più: parlo della famiglia, l'affetto per i genitori, gli zii, i nonni, cose che oggi hanno, a mio parere, un valore molto relativo. Quando ero bambina, accanto a casa c'era un campo immenso e c'era una vigna, d'estate diveniva dorato per il grano che vi era seminato. Ricordo che più di una volta infilavo la mano tra la rete metallica (avevo le mani talmente piccole che ci passavano senza problemi) e coglievo le spighe del grano per regalarle a mia madre. Mia zia aveva un forno in piazza, oggi è di mio cugino Tommaso, suo figlio. E' di quel posto che conservo i ricordi più belli e significativi della mia vita. La maggior parte del tempo la trascorrevo lì dentro in mezzo a dolci di ogni tipo, anche se quando io ero piccola non c'era tanto assortimento come oggi. In ogni caso erano i momenti che trascorrevo lì dentro anche perchè di dolci non sono poi così golosa. A questo proposito ti voglio parlare dell'affetto che provo per i miei tre cugini, Sara, Lucia e Tommaso, con loro ho condiviso tutti i momenti belli e brutti dell'infanzia: ho mangiato, dormito, sono uscita con loro, mi viziavano, mi riempivano di attenzioni anche perchè ero l'unica bambina della famiglia. Con loro ho mantenuto e mantengo tuttora uno splendido rapporto. Voglio raccontarti due fatti. Quando avevo circa sei anni ho avuto la cosiddetta "tosse convulsa" e stavo molto male. La notte, durante una delle tante crisi che avevo, mi hanno dovuta portare d'urgenza in ospedale per curarmi perchè non potevo più respirare. Io volevo che Lucia fosse vicino a me, così la mamma le telefonò, lei si alzò in piena notte e insieme ai miei genitori mi portò in ospedale. Durante tutto il tragitto mi tenne per mano ed anche in ospedale non mi lasciò mai. Ricordo anche che la zia Veronica, che in quei giorni era venuta a trovarci, mi chiamava "il suo asinello" perchè la mia tosse assomigliava al raglio di un asino. Poi fortunatamente guarii in fretta. Certo quella volta, che ricordo molto bene, l'ho passata veramente brutta. Invece, all'età di sette anni, i miei genitori mi fecero la cameretta nuova e ancora non ero abituata a dormire da sola perchè, per ragioni di spazio, fino ad allora non era stato possibile farmi la cameretta. Una delle prime notti in cui ci ho dormito, rigirandomi nel letto, caddi e battei la testa contro l'angolo del comodino che era a fianco del letto. Mi alzai e dissi alla mamma e al papà cosa era successo però apparentemente stavo bene e la mamma mi disse di mettermi accanto a lei perchè un pò di paura l'avevo avuta. Mi misi a letto vicino a lei e poggiai la testa sul cuscino, poi per sistemarlo, alzai di nuovo la testa e vidi il cuscino macchiato di sangue. Presi dal panico i miei genitori mi portarono al pronto soccorso non prima di aver chiamato Sara che doveva accompagnarmi insieme a loro. All'ospedale mi misero della colla per le ferite e fui subito dimessa, anche qui sempre presente una delle due cugine. Tommaso, l'altro cugino, cui ero e sono affezionatissima, giocava con me quando andavo a casa sua. La sera spesso, io e i miei genitori andavamo a casa della zia Sofia, la madre di Sara, Lucia e Tommaso, nonchè sorella di mia madre. Quando andavo da lei, Tommaso mi faceva giocare con lui: lui si metteva sul letto e io facevo il cavallo sulla sua schiena, poi mi raccontava delle storielle che mi facevano tanto ridere. Ricordo che una volta ero sempre a casa di zia Sofia che in quel periodo aveva a casa le galline e una sera portò in casa un grosso scatolone e lo mise vicino al camino della cucina. La cucina era proprio l'espressione delle vecchie cucine di una volta dove, come mi racconta mia madre, mia nonna, che purtroppo non ho conosciuto, usava preparare i pasti sul fuoco in un grosso "caldaio" di rame e pentole di terracotta. Mi disse di aprirlo perchè c'era una sorpresa: lo aprii e brulicava di piccoli pulcini gialli, grigi, insomma, mi fece veramente felice, li prendevo in mano, ci giocavo, li lasciavo a terra. Comunque c'è stato anche un momento non troppo bello che ricordo di Tommaso. Quando lui era poco più che un ragazzino volle che i suoi genitori gli regalassero una moto e così fu. Un giorno però ebbe un incidente in cui riportò numerose ferite al volto e fu ricoverato in ospedale. Qualche giorno dopo, non ricordo esattamente quanti, anche perchè ero piccola, Sara mi portò in ospedale a far visita a Tommaso. Di quel giorno ricordo soltanto il volto di Tommaso divenuto irriconoscibile. Ero in braccio a Sara e, alla vista del viso di Tommaso tuffai la testa sulla spalla di Sara e scoppiai a piangere. A me sembrò di vedere un mostro. Mi chiamava e mi diceva di andare in braccio a lui, ma piangevo sempre più forte perchè pensavo che Tommaso sarebbe rimasto sempre in quello stato, tanto che Sara mi dovette portare via. Certo no mi rendevo conto di cosa fosse successo e allora dicevo a Sara che ormai Tommaso era diventato brutto e non gli volevo più bene. Poi lei mi spiegò che quelle erano solo piccole ferite che poi sarebbero andate via e che Tommaso sarebbe ritornato bello come prima. Ripensandoci adesso fu proprio così: anzi, è diventato più bello di prima. Veramente ho passato dei momenti splendidi. Adesso vorrei quasi ritornare indietro per riviverli, nella vita però bisogna guardare avanti senza comunque rinnegare il passato. Ciao.
Angelica.
 
Giovedì 25 agosto 1980.
 
Caro diario, il caldo continua e io continuo a raccontarti la storia della mia vita. Stasera ti voglio parlare dello splendido rapporto che ho e che ho sempre avuto con mia madre. E' chiaro che lei mi ha sempre voluto un gran bene, certo, qualche volta abbiamo modi diversi di vedere le cose, ma ognuna rispetta le idee dell'altra, senza imposizioni da nessuna parte. Sento molto spesso parlare di figli che litigano con i genitori e credo che sia una cosa molto brutta. Io infatti non sopporto i "musi lunghi" in casa. Anche tra la mamma e il papà a volte c'è qualche scambio di idee, ma sono sempre io quella che riporta la serenità in famiglia. Infatti la mamma è quella che tiene di più il "muso" quelle rarissime volte in cui succede, io devo fare da "paciere" tra i due contendenti per riportare la serenità in casa quanto prima. Voglio molto bene anche al papà che per me "stravede" letteralmente. Non mi ha mai fatto mancare nulla, però mi ha fatto anche capire quale sia il sacrificio che a volte nella vita si deve sostenere. Per esempio da diversi anni non andiamo più in ferie: all'inizio mi è molto dispiaciuto perchè negli anni precedenti lo avevamo sempre fatto e ritrovarmi d'un tratto da tanto a niente mi ha un pò amareggiata e ha provocato in me un cambiamento di carattere. Infatti, mentre quando ero più piccola adoravo andare a mangiare al ristorante, ora mi provoca i cosiddetti "disturbi da attacchi di panico" che non sono altro che disturbi di stomaco che mi impediscono di mangiare. Di questo certo non posso dare la colpa a nessuno, è stato un cambiamento che è venuto da sè, forse è un modo con il quale riesco ad esternare questa cosa che mi ha fatto molto dispiacere. In passato spesso ero io che chiedevo ai miei se andavamo a pranzo o a cena fuori, ora, se capita di doverci andare per una qualsiasi occasione ho io il timore di andare perchè si ripresenta questo disturbo. Cercherò comunque di superarlo con tanta forza di volontà. Ciao. Angelica.

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Agg. 11-11-2003