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- Ritorno a Santa
Severina
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- Percorro
stasera baleni di vita,
- icone
disperse lungo vie
- al tempo
collegiale e giovanile.
- Raccolgo
sulle ali
- bianche della
luna
- incerti
arcobaleni di memoria.
- E danzano
ancora per il Campo nuovo
- palpiti di
nomi, dita intrecciate di chimere.
- Come una
volta di stelle inusuali
- risplende il
cielo e rievoca leggende
- sulla
melanconia febbrile di stasera.
- Tormenta
ancora l'aria - mio ricordo irreale
-
- il vento
gelido del nord
- e di nuovo
sugli spazi ricamati
- degli aranci
dorati e dell'ulivo
- fingo
fantastici destini.
- Non avevamo
Padri allora
- che ci
facessero amare questa terra
- e i ricordi
li struggemmo altrove.
- Ma dai
bastioni naturali di sud-est, pur nei
tuoi
- straniati
silenzi, nelle rade cadenze del
tempo,
- lo scintillio
nel Neto
- sembrava
rimandare come stasera
- alle risalite
di leggiadre navi
- e alle
elusive vie itache del mare.
- Voglio dirti
stasera come a madre,
- nell'esile
nitore delle luci,
- che lo
scoglio su cui sorgi era per noi
- viatico di
vita nella difficoltà di vivere,
civile
- acqua
lustrale, forse non mito.
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Tratta
da Lo scorrere del tempo - Libroitaliano World,
2002, Ragusa
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- La
storia
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- L'ultima
traccia misteriosa
- sfuma
silenziosa:
- splendore
sofferto
- d'aurora
antica.
- Resto a
capire
- ogni cosa o
il nulla
- rappreso e
rarefatto
- nei suoi
quotidiani,
- nel domestico
lavorio.
- La
Storia?
- Perle e perle
di sudore sanguigno,
- lembo di
sacra veste, madre,
- bandiera di
colori,
- indicibili,
- d'ogni colore
pervasa.
- E sono
ovunque se entro in quella trama.
- Storia.
- Ma tu,
Storia, lasci che ti parli,
- separato,
lacerato, avvilito,
- dell'innocente
fiore,
- del sole
dell'infanzia mia
- e sarà
il tuo petto l'altare cui
porrò
- ogni cosa:
echi profondi,
- lontani,
infiniti.
- Cieco
è colui che non vede
- l'anima mia
nel magma del tuo fluire
- (altra ferita
nelle piaghe della Storia).
- Infanzia:
tepore solare,
- inverno
ancora,
- antica
primizia primaverile,
- dono degli
uomini e mattini
- che furono
sacri al poeta,
- suburbio,
- miserie di
periferia,
- sporca acqua
piovana,
- trafigurate
- in argento
trasparente.
- La
Storia?
- Quella luce
nel cuore,
- nel pugno mio
infantile
- che stringe
la moneta,
- domenicale
festa,
- col nulla
nella mente,
- col bacio
della madre cui non pensi
- in un vago
programma di messa mattutina.
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Tratta
da Deserto e parola - Club letterario italiano,
1997, Latina
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- Giochi
d'amore
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- Il silenzio
nervoso
- dall'alta
valle ai monti si distende
- a misura
della propria esistenza,
- placa
- la condanna
della dissociazione
- e tutto si
calma e divien forte,
- apre le
porte
- dell'equilibrio
e della misura
- (che furono
sogno e conversazione)
- un momento
solo,
- risultato che
il fluire poi
- rimette in
discussione.
- Chi
giudicherà?
- Chi si
farà forte
- di opaco
giudizio in questa notte
- adombrata di
desiderio e di morte?
- Tu, nel
momento
- di
liberazione,
- entra da
quelle porte:
- allora
echeggierà per te questa
parola
- e sarò
capace di offrirti giochi d'amore
- per
l'inusitato silenzio della notte.
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Tratta
da Il canto dell'uomo - l'Autore Libri Firenze,
1994, Firenze
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- Santa
Severina
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- Ho amato la
tua notte nelle mie
- fughe
dissipate tra le strade
- opache di
pietra e di selciato
- allor che mi
prendeva dell'animo il danzare
- feroce tra le
case e senza pace.
- Ed il tuo
tempo amavo
- - capivo
all'improvviso -
- che aveva
steso il suo velo secolare
- nell'atmosfera
magica e sottile
- della luce
degli antichi lumi
- scossi dal
vento della tramontana.
- Suonavano
dalla cattedrale
- ore di anima
e d'attesa
- mentre
respiravo
- l'incanto
d'un balcone, d'una mano
- stesa a far
l'amore ed ammaliare.
- Dolci notti
sognate nelle ore
- distratte del
mattino e poi cantavo
- le sospese
attese e le speranze gaie.
- Ho amato la
tua notte tra i palazzi
- ubriaco in
stralunate vie e fuggitivo
- alla ricerca
d'un senso della vita.
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Tratta
da Quaderni siberenensi - Ursini, 2001,
Cosenza/Santa Severina
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- Ascoltare me
stesso questa notte
-
- Ascoltare me
stesso questa notte
- come una
triste arpa o un pianoforte
- che come si
dice si perde nella notte.
- Ascoltare me
stesso qui che prego
- sotto il peso
di giorni e di parola,
- che non
traluce ormai significati.
- Ah vorrei che
questo suono
- che avverto e
lagrime segrete
- scioglie in
questa notte,
- vorrei che
questo suono
- trovasse una
via musicale ora
- lieve e
leggera verso il grande cielo.
- Che peso,
questa notte, che sospiri
- pesanti e
usuali e antichi.
- Ah,
stasera,
- potessi
amarti come ho sognato
- un giorno in
cui credevo nell'amore...
- Vorrei
ascoltare me stesso questa notte
- come violini
che ondulano suoni,
- eterei come
ali d'angelo in volo,
- che
accompagnino il soffrire d'ogni
volta,
- il mio andare
che non so capire,
- disorientato
dal mio stesso grido.
- Ah potessi
credere
- - anche se so
che il credere
- è
l'unico regalo che è concesso all'uomo
-
- potessi
credere che l'alba annuncia il sole,
- che le stelle
annunciano splendore
- e che le nubi
sono vento passeggero.
- Ascoltare,
questa notte...
- V'è
bisogno di carezze questa notte,
- di stendere
la mano, che qualcuno
- stenda la sua
mano in questa notte
- in cui la
città fetori invia come
cappa,
- che
l'insonnia stringe della mezzanotte,
- mentre
solitario come un gatto vado
- contando le
pietre che, deformi specchi,
- i secoli
rimandano di una storia,
- che
più non trova pace né
memoria.
- Ascoltare la
tua anima stanotte,
- che con gli
occhi di gatto guardo trasalito,
- mentre scuoti
la chioma sotto l'arco
- di trionfo
della Roma avita,
- orrenda e
preferita,
- alla ricerca,
chissà, di un amore
- e guardi
felpato e poi irrigidito
- nella posa
della statua antica
- mentre vedi
una macchina importante e tu
l'aspetti
- e poi
contratti lo sfiorarsi delle mani,
- un bacio
sulle labbra imbellettate,
- un brivido
alle curve della schiena.
- E poi
t'arrabbi,
- e poi sali e
scompari in questa notte.
- E io mi
chiedo, mentre incerto vado
- e spengo i
miei occhi lucidi di gatto,
- perché
oggi Cristo se stesso incarnerebbe.
- Ascoltare
questa notte musica celeste
- per amare
mentre vago alla
ricerca.
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- Come fiori di
glicine il ricordo
-
- Come fiori di
glicine il ricordo
- e salice
l'animo piegato
- sulle tue
membra di piacere e di sogno.
- Viole di
rugiada raccolgo all'aurora
- con le dita
che carezzarono il tuo volto,
- piegando le
tue labbra gentili
- al gesto
d'amore e al sorriso.
- Respiro,
- nell'aria
tersa dei monti mattutina,
- il tuo
respiro
- e non stelle
e comete
- né
raggi di luna
- né
splendori di soli
- né
storia
- né
sentimenti umani che si dice
- possono
davvero dire
- l'amore che
ci avvolse come un filo
- nel nostro
verecondo gioire.
-
Tratta
da Lo scorrere del tempo, Libroitaliano World,
2002,
Ragusa
-
-
- Il vaticinio di
Tiresia
-
- Giunti ancora
non siamo in terra senza sale
- là
dove il remo vien preso per la pala
- del biondo e
alto e nutriente grano
- e con l'oblio
s'acquieta per mari il navigare.
- Eterna ancora
è la fuga e la potente brama
- dolce del
ritorno, ma non placa
- il fluire la
dea Mnemosine
- delle sue
torbide sorgive e dall'abisso
- scavano
inquieti stordimenti nell'apparente
Lete
- sulle soglie
del tempo, senza conoscenza.
- Chissà
se fu vita la nostra - se lo è ancora
-
- o selvaggio
andare, però essa ritorna
- nel bosco in
cui s'aggira come foglia
- traslucida al
balenio del mattino mentre sprofonda
- poi
precipitando a valle e qui risale
- col sapore di
miele dell'acacia e fiori
- del sambuco
bianco, fresco ed aurorale,
- e nuove lune
sorgono e nuove stelle
- ma di
sghimbescio nuovamente tutto appare.
- E non basta
l'essersi amati
- alle notturne
spiagge, negli odorosi antri
- della ninfa
del loto e della maga.
- Non basta per
dimenticare e riandare.
- Ondeggia il
passato che trapassa
- nell'erba di
muschio del liquido carnale
- e non trova
pace poiché oggi
- tentacoli
s'avvinghiano al futuro
- con la
malìa del Mito che fu culla,
- pozzo
profondo dell'esistenza umana ed al
fondo
- scende come
lacrima di gemma ogni orma
- e voci
echeggiano in delirio di eco senza
meta.
- Io (o tu, o
tu ed io, o noi?) parole ascolto e
tento
- impossibili
ricomposizioni (il segreto non è nelle
parole.
- Dove?).
- Soffiano i
venti e con gialle fresie ascende
- l'attesa
dell'inverno come preghiera:
- silenzio.
Aspetteremo.
- S'alza
intanto il vento di sudest nella
stagione
- e non
sappiamo il riso e il pianto di chi
scende
- con cesti,
assetato, di rose selvatiche e
lamponi
- all'ara dei
fiumi e dei laghi per sentieri
- diruti e
un'ombra invade il percorso amaro
- che in
silenzio l'accoglie come destino
- poi che molti
furono i segni ed oggi sono
- di fuoco e
d'acqua, la memoria
- del giardino
dell'Eden senza spada, ma tale
- non è
la vita, non lo è ancora, il
tempo
- inforca
l'arco e la freccia o in girotondo
- danza se
stesso come una corolla:
- per il mito
che viene, per l'eterno ritorno.
- E nuovi mari,
e nuove navi, e nuovo sale
- forse
verranno, smarriti al mistero incarnato
trinitario,
- fino al
settimo sigillo disvelato un
giorno.
-
- Amico
caro
Amico
caro
se tu ora
vedessi i miei occhi
non
troveresti più lo sguardo
di
chi
- serrato il
cuore -
tenta
remoti
possibili
angoli
- feritoie
impietose.
Allora
inventavo il tempo
e ritrovavo
giochi di bambino.
Impervio -
troppo -
è
Il crinale
della terra
- scivolosa
volontà di resistenza.
Ma io
dico:
il cielo non
ascolta le grida:
mute le
bocche
semmai
sorrisi
stereotipati
guidati da
scontentezza
e
un'indecente pietà
che non
coglie l'essenza.
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