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LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
  Poesie di
Luigi Capozza
Ritorno a Santa Severina
 
Percorro stasera baleni di vita,
icone disperse lungo vie
al tempo collegiale e giovanile.
Raccolgo sulle ali
bianche della luna
incerti arcobaleni di memoria.
E danzano ancora per il Campo nuovo
palpiti di nomi, dita intrecciate di chimere.
Come una volta di stelle inusuali
risplende il cielo e rievoca leggende
sulla melanconia febbrile di stasera.
Tormenta ancora l'aria - mio ricordo irreale -
il vento gelido del nord
e di nuovo sugli spazi ricamati
degli aranci dorati e dell'ulivo
fingo fantastici destini.
Non avevamo Padri allora
che ci facessero amare questa terra
e i ricordi li struggemmo altrove.
Ma dai bastioni naturali di sud-est, pur nei tuoi
straniati silenzi, nelle rade cadenze del tempo,
lo scintillio nel Neto
sembrava rimandare come stasera
alle risalite di leggiadre navi
e alle elusive vie itache del mare.
Voglio dirti stasera come a madre,
nell'esile nitore delle luci,
che lo scoglio su cui sorgi era per noi
viatico di vita nella difficoltà di vivere, civile
acqua lustrale, forse non mito.
 

Tratta da Lo scorrere del tempo - Libroitaliano World, 2002, Ragusa

 

La storia
 
L'ultima traccia misteriosa
sfuma silenziosa:
splendore sofferto
d'aurora antica.
Resto a capire
ogni cosa o il nulla
rappreso e rarefatto
nei suoi quotidiani,
nel domestico lavorio.
La Storia?
Perle e perle di sudore sanguigno,
lembo di sacra veste, madre,
bandiera di colori,
indicibili,
d'ogni colore pervasa.
E sono ovunque se entro in quella trama.
Storia.
Ma tu, Storia, lasci che ti parli,
separato, lacerato, avvilito,
dell'innocente fiore,
del sole dell'infanzia mia
e sarà il tuo petto l'altare cui porrò
ogni cosa: echi profondi,
lontani, infiniti.
Cieco è colui che non vede
l'anima mia nel magma del tuo fluire
(altra ferita nelle piaghe della Storia).
Infanzia: tepore solare,
inverno ancora,
antica primizia primaverile,
dono degli uomini e mattini
che furono sacri al poeta,
suburbio,
miserie di periferia,
sporca acqua piovana,
trafigurate
in argento trasparente.
La Storia?
Quella luce nel cuore,
nel pugno mio infantile
che stringe la moneta,
domenicale festa,
col nulla nella mente,
col bacio della madre cui non pensi
in un vago programma di messa mattutina.
 

Tratta da Deserto e parola - Club letterario italiano, 1997, Latina

 

Giochi d'amore
 
Il silenzio nervoso
dall'alta valle ai monti si distende
a misura della propria esistenza,
placa
la condanna della dissociazione
e tutto si calma e divien forte,
apre le porte
dell'equilibrio e della misura
(che furono sogno e conversazione)
un momento solo,
risultato che il fluire poi
rimette in discussione.
Chi giudicherà?
Chi si farà forte
di opaco giudizio in questa notte
adombrata di desiderio e di morte?
Tu, nel momento
di liberazione,
entra da quelle porte:
allora echeggierà per te questa parola
e sarò capace di offrirti giochi d'amore
per l'inusitato silenzio della notte.
 

Tratta da Il canto dell'uomo - l'Autore Libri Firenze, 1994, Firenze

 

Santa Severina
 
Ho amato la tua notte nelle mie
fughe dissipate tra le strade
opache di pietra e di selciato
allor che mi prendeva dell'animo il danzare
feroce tra le case e senza pace.
Ed il tuo tempo amavo
- capivo all'improvviso -
che aveva steso il suo velo secolare
nell'atmosfera magica e sottile
della luce degli antichi lumi
scossi dal vento della tramontana.
Suonavano dalla cattedrale
ore di anima e d'attesa
mentre respiravo
l'incanto d'un balcone, d'una mano
stesa a far l'amore ed ammaliare.
Dolci notti sognate nelle ore
distratte del mattino e poi cantavo
le sospese attese e le speranze gaie.
Ho amato la tua notte tra i palazzi
ubriaco in stralunate vie e fuggitivo
alla ricerca d'un senso della vita.
 

Tratta da Quaderni siberenensi - Ursini, 2001, Cosenza/Santa Severina


Ascoltare me stesso questa notte
 
Ascoltare me stesso questa notte
come una triste arpa o un pianoforte
che come si dice si perde nella notte.
Ascoltare me stesso qui che prego
sotto il peso di giorni e di parola,
che non traluce ormai significati.
Ah vorrei che questo suono
che avverto e lagrime segrete
scioglie in questa notte,
vorrei che questo suono
trovasse una via musicale ora
lieve e leggera verso il grande cielo.
Che peso, questa notte, che sospiri
pesanti e usuali e antichi.
Ah, stasera,
potessi amarti come ho sognato
un giorno in cui credevo nell'amore...
Vorrei ascoltare me stesso questa notte
come violini che ondulano suoni,
eterei come ali d'angelo in volo,
che accompagnino il soffrire d'ogni volta,
il mio andare che non so capire,
disorientato dal mio stesso grido.
Ah potessi credere
- anche se so che il credere
è l'unico regalo che è concesso all'uomo -
potessi credere che l'alba annuncia il sole,
che le stelle annunciano splendore
e che le nubi sono vento passeggero.
Ascoltare, questa notte...
V'è bisogno di carezze questa notte,
di stendere la mano, che qualcuno
stenda la sua mano in questa notte
in cui la città fetori invia come cappa,
che l'insonnia stringe della mezzanotte,
mentre solitario come un gatto vado
contando le pietre che, deformi specchi,
i secoli rimandano di una storia,
che più non trova pace né memoria.
Ascoltare la tua anima stanotte,
che con gli occhi di gatto guardo trasalito,
mentre scuoti la chioma sotto l'arco
di trionfo della Roma avita,
orrenda e preferita,
alla ricerca, chissà, di un amore
e guardi felpato e poi irrigidito
nella posa della statua antica
mentre vedi una macchina importante e tu l'aspetti
e poi contratti lo sfiorarsi delle mani,
un bacio sulle labbra imbellettate,
un brivido alle curve della schiena.
E poi t'arrabbi,
e poi sali e scompari in questa notte.
E io mi chiedo, mentre incerto vado
e spengo i miei occhi lucidi di gatto,
perché oggi Cristo se stesso incarnerebbe.
Ascoltare questa notte musica celeste
per amare mentre vago alla ricerca.
 

Come fiori di glicine il ricordo
 
Come fiori di glicine il ricordo
e salice l'animo piegato
sulle tue membra di piacere e di sogno.
Viole di rugiada raccolgo all'aurora
con le dita che carezzarono il tuo volto,
piegando le tue labbra gentili
al gesto d'amore e al sorriso.
Respiro,
nell'aria tersa dei monti mattutina,
il tuo respiro
e non stelle e comete
né raggi di luna
né splendori di soli
né storia
né sentimenti umani che si dice
possono davvero dire
l'amore che ci avvolse come un filo
nel nostro verecondo gioire.
 

Tratta da Lo scorrere del tempo, Libroitaliano World, 2002, Ragusa

 
Il vaticinio di Tiresia
 
Giunti ancora non siamo in terra senza sale
là dove il remo vien preso per la pala
del biondo e alto e nutriente grano
e con l'oblio s'acquieta per mari il navigare.
Eterna ancora è la fuga e la potente brama
dolce del ritorno, ma non placa
il fluire la dea Mnemosine
delle sue torbide sorgive e dall'abisso
scavano inquieti stordimenti nell'apparente Lete
sulle soglie del tempo, senza conoscenza.
Chissà se fu vita la nostra - se lo è ancora -
o selvaggio andare, però essa ritorna
nel bosco in cui s'aggira come foglia
traslucida al balenio del mattino mentre sprofonda
poi precipitando a valle e qui risale
col sapore di miele dell'acacia e fiori
del sambuco bianco, fresco ed aurorale,
e nuove lune sorgono e nuove stelle
ma di sghimbescio nuovamente tutto appare.
E non basta l'essersi amati
alle notturne spiagge, negli odorosi antri
della ninfa del loto e della maga.
Non basta per dimenticare e riandare.
Ondeggia il passato che trapassa
nell'erba di muschio del liquido carnale
e non trova pace poiché oggi
tentacoli s'avvinghiano al futuro
con la malìa del Mito che fu culla,
pozzo profondo dell'esistenza umana ed al fondo
scende come lacrima di gemma ogni orma
e voci echeggiano in delirio di eco senza meta.
Io (o tu, o tu ed io, o noi?) parole ascolto e tento
impossibili ricomposizioni (il segreto non è nelle parole.
Dove?).
Soffiano i venti e con gialle fresie ascende
l'attesa dell'inverno come preghiera:
silenzio. Aspetteremo.
S'alza intanto il vento di sudest nella stagione
e non sappiamo il riso e il pianto di chi scende
con cesti, assetato, di rose selvatiche e lamponi
all'ara dei fiumi e dei laghi per sentieri
diruti e un'ombra invade il percorso amaro
che in silenzio l'accoglie come destino
poi che molti furono i segni ed oggi sono
di fuoco e d'acqua, la memoria
del giardino dell'Eden senza spada, ma tale
non è la vita, non lo è ancora, il tempo
inforca l'arco e la freccia o in girotondo
danza se stesso come una corolla:
per il mito che viene, per l'eterno ritorno.
E nuovi mari, e nuove navi, e nuovo sale
forse verranno, smarriti al mistero incarnato trinitario,
fino al settimo sigillo disvelato un giorno.
 

Amico caro
 
Amico caro
se tu ora vedessi i miei occhi
non troveresti più lo sguardo
di chi
- serrato il cuore -
tenta remoti
possibili
angoli
- feritoie impietose.
Allora inventavo il tempo
e ritrovavo giochi di bambino.
Impervio - troppo -
è
Il crinale della terra
- scivolosa volontà di resistenza.
Ma io dico:
il cielo non ascolta le grida:
mute le bocche
semmai
sorrisi stereotipati
guidati da scontentezza
e un'indecente pietà
che non coglie l'essenza.
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Ins. 24-02-2003