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Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Alcuni passi del romanzo "Frammenti" di


Gustavo Petti

Presentazione Critico-Letteraria di Valeria Borgia
 
Una ricerca del tempo perduto che Bobo, la voce narrante, compie accanto al padre appena morto, un'analisi introspettiva fatta di scorci e flash, di rimembranze del protagonista bambino, poi ragazzo, adolescente, infine uomo, con i suoi problemi, gioie e dolori, che alla fine lascia affiorare un inquietante sospetto. L'angoscia per un terribile fantasma che prende corpo da un passato ormai lontano ma sempre troppo vicino, troppo presente... Un passato che sembrava sepolto dietro una porta pesante, ben chiusa del cervello, torna con prepotenza incontenibile alla luce, aprendosi ad una realtà sconvolgente, dove l'ombra del sospetto prende forma per diventare forse certezza. Il tormento per le cose mai dette tra il protagonista e il padre. Una terribile verità mai chiarita. Una storia tutta interiore, un intimo monologo psicologico.
Un romanzo sofferto, scritto con passione, in cui però l'alternarsi di deliziosi istanti di gioiosa goliardia, comicità e allegra spensieratezza con toccanti palpiti di terrore e,tormento, hanno la rara capacità di far scuotere l'animo e la mente di chi legge.

Leggi alcuni passi di "FrammentiÅ":

Era una fredda giornata di ottobre e l'obitorio dell'Ospedale San Francesco di Imperia era immerso in un silenzio dignitoso, interrotto da ovattati pianti di dolore. Mi avviai sconsolato nel corridoio sul quale si aprivano le porte delle stanze dove riposavano le salme e, a mano a mano che passavo davanti ad esse, si udiva il pianto crescere nell'avvicinarmi e affievolirsi nel superarle, come una sinistra musica che volesse giocare con me.............................................. .................. ............... ........................................... ...............................
Papà era lì, vestito nel suo elegantissimo doppiopetto "fumo di Londra".
Coi suoi capelli bianchi, inconsuetamente ben pettinati ,il volto
austero, la fronte spaziosa, la bocca,
.... la bocca
la sua bocca mi colpì… dapprima non riuscii a capirne il perché… poi percepii un sorriso "beffardo" sulle sue labbra, che mi turbò profondamente............................................................ ......................................................................................................................................................
................................... La guardai e mi si strinse il cuore. Sentivo un senso di colpa verso di lei.
Camminava al mio fianco con quella sua andatura caratteristica, proiettata in avanti come per
iniziare una corsa .
Ansimante per il peso enorme del suo corpo che doveva portarsi dietro.
Ogni tanto mi fissava.
Occhi tristi, malinconici.
Mi sorrise.
Un sorriso che mi fece scendere lungo la schiena un brivido.
Tutto il suo viso, la sua mimica, le sue labbra erano un sorriso, ma non gli occhi.
Occhi spenti, paurosamente assenti, in un viso che sorrideva.
Tentai di respingere i dolorosi ricordi che affioravano con l'impeto di un vulcano in eruzione dentro di me.
Ero sempre riuscito a rimandarli indietro per evitare che quei fantasmi spaventosi che per tutta la vita mi avevano perseguitato,diventassero concreti e aprissero quella porta che nel luogo più recondito del mio cervello mantenevo chiusa, pesante, con una grossa serratura.
Una porta che se aperta, mi avrebbe riportato alla realtà cruda e tremenda di quei giorni di un passato ormai lontano ma sempre troppo vicino.
Il mio respiro divenne affannoso.Una morsa alla bocca dello stomaco mi afferrava con una forza indicibile.
Dio, Dio abbi pietà, tienimi lontano da quei giorni.
Guardai Giò e i suoi occhi tristi mi catturarono. Il bianco degli occhi diventava sempre più piccolo, il nero delle pupille sempre più grande ed io cadevo dentro quel nero, buio come il male. Un pozzo senza fondo mi inghiottiva ed io precipitavo nel vuoto urlando.
I fantasmi erano diventati realtà...................................................................................
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"Pochi capiscono che il rancore e l'odio sono sentimenti stupidi."
Tornammo tutti da mio padre. Al mio braccio avevo Stefania, la guardai per ritrovare un po'di calore per il mio cuore.Mia figlia. I grandi occhi castani con dorate pagliuzze luminose ,dal taglio da
cerbiatta, l'ovale perfetto del viso, i capelli castano scuri, leggermente mossi, le labbra ben disegnate e proporzionate né sottili, né troppo carnose, la figura snella, le gambe lunghe e scattanti, tutte eredità di Beba.
Istintivamente la strinsi a me, con affetto e pensai a Micaela, la mia amatissima secondogenita
diciottenne, tre anni più piccola di Stefania, rimasta a Salerno perché impegnata con gli scrutini dell'ultimo anno liceale. Come era dispiaciuta di non poter venire a vedere l'amato nonno! Quanto ha sofferto anche Lei, passionale, che ha sempre dato tutta sé stessa nel rapporto con gli altri.
Bellissima, ma diversa da Stefania. Bionda, occhi grandi, verde smeraldo d'estate, grigio-celesti d'inverno, il naso ben disegnato, leggermente camuso ,con le narici larghe ma ben proporzionate, napoletane, volitive, le labbra carnose, passionali, la figura giunonica, armoniosa, le gambe lunghe, in giusta carne. Mi rassomiglia. I miei amici la chiamano
"il piccolo Bobo.".....................................................................................................................
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La paura! Quanti ricordi legati ad essa.
Non in senso negativo,ma come sentimento,o meglio come atmosfera che mi fa rivivere come in un film alcuni episodi significativi della mia prima infanzia e della mia adolescenza.
Il ricordare questi episodi è dolcissimo…le paure di un bimbo…ma un periodo felicissimo…
perché mia mamma era viva,era con me e mi aiutava a superare le mie angosce,le mie ansie.
La paura del buio,e mi rivedo a letto,nella mia stanza:
Sudato,immobile sotto le lenzuola,con le coperte tirate fino a circondare il mio capo.
Tra le mani stringevo una statuina fosforescente della Madonna e la pregavo di proteggermi.La mia immobilità era tale che quando spostavo anche di poco un piede,sentendo il gelo del lenzuolo non riscaldato dal mio corpo,ritornavo subito alla mia posizione originaria,sudatissimo ed incapace di muovermi,finchè il sonno ristoratore non mi avvolgeva nelle sue sicure braccia............................
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Eppure pochi anni prima avevo vissuto un'esperienza simile, con Elisa, la mia grande amica.
Ma quale dolcezza in quei ricordi, non turbamento ma complicità, non senso di peccato ma sana curiosità di un bambino che si affacciava all'adolescenza, che percepiva le sue normali prime pulsioni sessuali.
 
"Elisa, ma come è fatta una bambina in mezzo alle gambe?"
Questa era una curiosità che mi eccitava da tempo.
 
In mezzo alle gambe le bambine sono lisce, come le bambole di Giò, solo che hanno, proprio al centro, un buchetto piccolo piccolo per fare la pipì.
 
"In mezzo alle gambe c'è una fessura".
"Come fai a saperlo, te la sei vista?"
"Ma che dici, Bobo, è peccato".
"Fammi vedere, Elisa".
"Ma che, sei scemo? Non si può. Quando sarò grande, mi fidanzo con te e la vedrai".
"Va bene, ma lo sai cosa succede quando i grandi fanno l'amore e si danno tutti quei baci con i sospiri?"
"Io non lo so, chiederò ad una mia cugina che ha quindici anni e lo fa con il suo ragazzo, domani ti faccio sapere".
Trascorsi la notte eccitato per quanto mi avrebbe detto Elisa.
"Bobo, ho chiesto, tu non ci crederai, io sono rimasta allibita".
"Non tenermi sulle spine, dimmelo, Elisa".
"Mia cugina mi ha detto che lui mette il suo coso dentro la fessura, poi si muove ed è molto bello".
"Puuu che schifo, ma sei sicura?"
"Così mi ha detto, anche a me sembra strano, io ho provato ad infilarci una matita, mi ha fatto solo male. Più che brutto".
"Oh, non ci credo, mi prendi in giro".
"No. E se lo vuoi proprio sapere, mi ha detto che tutti gli adulti lo fanno così".
"Non è vero, mia mamma e mio padre non lo fanno certamente, mica sono scemi!"
"Beh già, perché tu da dove credi di essere nato, se non da lì. Mia cugina ha un'amica più grande che le ha detto che quando l'uomo mette il suo coso nella fessura, secondo come si muove, se la donna geme, la pancia si gonfia e dopo un po' nasce un bambino che viene fuori dalla fessura".
"Lo vedi che sei scema, come può un bambino uscire da una fessura".
"Non lo so, ma è così, queste sono cose per i grandi"..........................................................................................
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Stavo studiando in camera mia.
Che caldo!Tutti i miei amici erano al mare a divertirsi ed io ero lì a leggere quelle frasi in Inglese.Tra qualche settimana ci sarebbe stato l'esame di riparazione di settembre.Dovevo studiare se avessi voluto entrare in prima Liceo Classico e lasciarmi il Ginnasio alle spalle.
Immerso nello studio, percepivo qualcosa che mi disturbava, mi distraeva.
Era come un fruscio, più acuto, come un pianto, sommesso, soffocato.
Distolsi la mente dal libro e scrutai lo spazio intorno a me con le orecchie.
Sì era un pianto. Singhiozzi forzatamente smorzati nel tentativo di mantenere il pudore della propria intimità,della propria dignità.
Mi alzai e seguii il loro richiamo.
La porta di mia sorella era lì, chiusa, davanti a me.
Ora i gemiti erano molto chiari.
Rimasi lì, fermo, allungai la mano destra verso la porta, il pianto aumentò per un attimo.Ritrassi la mano.
Piano piano, la appoggiai sulla maniglia, pudica, come se aprire quella porta avesse significato violare un'intimità sacra.
Con la mano sinistra, chiusa a pugno bussai, dolcemente, poi un po' più forte, infine si fece più ardita e venne udita.
Il pianto cessò di colpo.
"Sono Bobo, posso entrare?"
Un profondo sospiro.
"Vieni, entra pure".
Giò era riversa sul suo letto col viso nascosto tra le mani.
"Cos'hai, che ti succede"
Scoprì il viso. I suoi occhioni erano lucidi lucidi, cercarono i miei come per essere rassicurati.
Le sorrisi. Ebbe un fremito. Fece un profondo respiro. Sembrò più tranquilla.
Battè con la mano sinistra sul lenzuolo, due volte, rapida ma leggera, abbassando gli occhi come per invitarmi a sedere accanto a lei.
Mi distesi accanto a lei e l'abbracciai.
"Stai tranquilla, sai che di me puoi fIdarti. Sai che mi puoi dire qualsiasi cosa, anche la più grave. Troverai sempre un appoggio in me…cosa ti affligge?"
Sentivo le sue lacrime scorrere sulla mia guancia e da lì scendere calde, cariche di dolore, sul mio collo.
Cercai di allontanarla dolcemente ma con decisione da me per vederla in viso. Oppose resistenza.Una resistenza così forte che mi stupì, che raggiunse il mio cuore e gli suggerì sentimenti di compostezza.
Non voleva essere guardata in viso, come se così avesse potuto difendere
la propria pudicizia.
"Bobo o Bobo, fratello mio non so più che cosa fare.
Ho dentro di me un'angoscia che non riesco più a trattenere. Devo parlarne con qualcuno. Sono troppi anni che porto dentro me questo peso. Ho bisogno di condividerlo con altri e con chi se non con te?"
Mio Dio cosa può essere successo .Non l'ho mai vista così.
È troppo sconvolta perché sia una questione d'amore.
Non avrà scoperto di avere qualche bruttissima malattia?
Tenendola abbracciata e senza cercare di guardarla
Non ti guardo sorellina mia. Ho capito che non vuoi. Non troveresti il coraggio di metterti a nudo all'improvviso davanti ai miei occhi…Oh Giò.
"Sfogati, piangi, liberati, confIdati con me"
Lei mi strinse forte. Le lacrime bagnavano il mio viso,il mio collo,la mia maglietta.
Tra i singhiozzi.......................................................................................................


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