Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
  Racconti di
Giuseppina Giacco

Help me, Aisha
Matt è soddisfatto, la casetta costruita sull'albero è molto bella, l'ha costruita con legni trovati per strada, con chiodi presi a casa ed adesso eccola lì, bellissima e sua. Da molto tempo Matt non ha giochi che siano suoi: da quando suo padre è morto, tutto è cambiato.
Quando c'era lui i giocattoli più belli erano per Matt, che destava l'invidia dei suoi compagni, ma dopo la morte del padre sua madre, che era molto giovane, sposò Brent. Matt ricorda ancora le parole: "Piccolo mio non ce la faccio più a portare avanti la famiglia è necessario un altro stipendio e poi Brent è buono, vedrai che ti piacerà".
Ma Brent non era buono, Matt se ne accorse subito: se prima del matrimonio aveva nascosto la sua vera natura, dopo fu l'inferno, ogni scusa era buona per picchiarlo e spesso era innocente. La madre, anche se notava il cambiamento del suo uomo, non aveva la forza di intervenire: spesso lo guardava con amore, ma dopo aver guardato il marito, si allontanava, impaurita. Matt rimaneva a terra, senza forze, dopo la scarica di pugni e calci che lo raggiungeva giornalmente. Cominciò ad estraniarsi, i colpì non li sentiva più, il suo corpo era diventato insensibile, non ce l'aveva nemmeno con sua madre, povera donna, aiutandolo, di certo anche lei le avrebbe prese ed allora il suo carattere mutò: divenne scostante, cominciò ad unirsi a bande di teppistelli che la sera andavano nei vari quartieri a seminare distruzione. Egli era stato un bravo ragazzo, divenne uno sbandato: la sera ritornava nella sua casetta sull'albero, la madre non gli diceva niente, perché aveva capito che quello era l'unico modo per evitare le continue violenze da parte di Brent. Trascorrono gli anni: Matt si è trasformato ancora di più, i capelli sono lunghi, l'andatura traballante di chi sniffa colla. Brent beve e picchia la mamma da mattina a sera, poverina, che differenza con la vita che conduceva con papa! Egli non può far niente per aiutarla, come niente ha fatto lei, quando lui era piccolo. La casa sull'albero, unico ricordo della sua infanzia, non c'è più: una sera, ritornando nel suo rifugio, ha scoperto che Brent l'ha fatta a pezzi ed allora, da quella sera, è andato a dormire da un amico, pur ritornando di tanto in tanto a casa, quando Brent non c'è, per vedere sua madre. Matt ha una donna, di qualche anno più grande di lui, sua compagna di scorribande: tutto il giorno vanno in giro per la città, sulla moto che ha comprato con i soldi guadagnati rubando. Di tanto in tanto in Matt c'è il desiderio di cambiare vita, di mettere radici in una casa vera, con una donna che la sera lo attende, come faceva sua madre con suo padre, ed avere anche dei figli ai quali comprare dei giocattoli ed andare alle partite di basket. Ma l'abitudine a rubare prende il sopravvento e continua...
Nel suo gruppo, fatto di sbandati come lui, ce n'è uno che emergere: un concentrato di cattiveria e di violenza: Matt quando ruba il necessario per sopravvivere, ritorna nel tugurio che divide con la sua donna mentre Rick, questo è il suo nome, continua, prova un gusto sadico a tormentare, a violentare, anche persone inermi. Già ha litigato una volta con lui dicendogli che non è necessario infierire sulle persone, basta prendere il necessario e via... Rick l'ha guardato sghignazzando:
"Mammoletta, ma quando finirai di farmi la predica? Ma chi sei, mio padre, forse? Faccio quello che voglio e tu, se non sei d'accordo, puoi anche andartene".
Matt tace ma l'ira è incontrollabile e giura a se stesso che questa è l'ultima volta che gli consente le inaudite violenze.
Una sera, mentre passeggia con la sua donna, soddisfatto di aver derubato una coppia dall'altro capo della città, Matt sente provenire una vocina da un vicolo: "Ti prego, ti do tutto ciò che vuoi, ma non farmi del male" La ragazza è esile, pallidissima, gli ricorda sua madre, Matt rimane di ghiaccio riconoscendo la persona di spalle: è Rick, il violento: sghignazza, è già pronto ad usare l'ennesima violenza, la peggiore, per una donna. È un attimo: Matt prende Rick dalle spalle e lo butta a terra, la ragazza esile scappa, non sa quanto è stata fortunata. La sua donna invece, in un angolo, guarda la lotta che si sta svolgendo fra i due, masticando sguaiatamente una cicca, indifferente a tutto. Matt è addosso a Rick, vuole dargli una buona lezione, di quelle che si ricordano per tutta la vita, ma si rende conto che Rick ha preso un coltello: Brenda si abbassa per vedere meglio la scena, non deve perdersi alcuna fase dello spettacolo e poi, nel caso che Matt muoia, lei diventerà la donna del vincitore. La lotta continuala Matt è stato colpito al braccio, che sanguina abbondantemente e allora anche lui prende il coltello: non lo vuole uccidere ma tutto accade così in fretta.
I fendenti di Rick arrivano da tutte le parti, lui cerca di evitarli ma non riesce... l'istinto di sopravvivenza ha il sopravvento: colpisce una, due, tre volte... Rick si accascia, colpito a morte. Le mani di Matt sono sporche di sangue, ed egli si sente impazzire: non aveva mai ucciso prima, adesso è un assassino. E' lì, fermo, accanto al cadavere, sembra che una forza sconosciuta gli impedisca di scappare. Brenda è già fuggita e la sirena della polizia è sempre più vicina, vede le luci lampeggianti, i poliziotti scendono, l'afferrano, le mani dietro la schiena. Il coltello giace a terra insanguinato. Questa volta è finita, pensa Matt. Un ultimo sguardo a Rick che nella morte ha acquisito la dignità che gli è sempre mancata. Sembra quasi indifeso... Matt vorrebbe una bacchetta magica, ritornare indietro e non aver fatto ciò che invece ha fatto. Ricorda ciò che Rick stava per fare a quella povera ragazza e non ha più ripensamenti; di certo lei un giorno sarà moglie e madre, grazie a lui. Sorride. I poliziotti lo guardano: "Cos'hai da ridere? Hai ucciso e ridi?".
"Si, rido perché oggi ho reso un grande servizio all'umanità levando la vita a quell'uomo!"
"Ma che dici, sei impazzito?"
"No, non sono impazzito, quello che ho detto, è!"
Lo portano in carcere ed i compagni di cella, dopo aver ascoltato la sua storia lo rispettano perché hanno capito che se ha commesso un delitto lo ha fatto per salvare quella donna da una violenza certa.
"Amico, vuoi una sigaretta?"
"Si, grazie."
"Cos'hai?"
"Niente, ho rovinato la mia vita ma ne è valsa la pena".
"Anche di morire?"
"Perché?"
"Amico, tu sai come viene punito chi uccide?"
"Si, lo so, da noi c'è la pena dì morte, ma io non sarò condannato: ci saranno le attenuanti e la ragazza che ho salvato, di sicuro, testimonierà in mio favore, dirà cosa stava accadendo... ho agito per legittima difesa, lui mi aveva già colpito più volte... e poi, Brenda, la mia donna, racconterà tutta la storia. Lui era un violento, aveva già ucciso, per me invece era la prima volta, non lo volevo fare. I giudici capiranno...".
Viene fatta la causa e la ragazza non si presenta a testimoniare, gli appelli fatti ad eventuali testimoni cadono nel vuoto. Brenda, poi, è scomparsa... sarà a scorazzare sulla moto di qualche balordo... i giudici non credono alla sua versione. C'è stata una lite e lui ha ucciso e, da loro l'omicidio è condannato con la pena di morte e, questo, è infatti il verdetto: pena di morte mediante iniezione letale.
Intanto Matt viene mandato nel Braccio della Morte, lui lo sa, da lì non uscirà più, non da vivo. Ha dovuto lasciare gli amici conosciuti in carcere e si sente veramente solo. La cella è angusta, riesce a sopravvivere pensando all'infanzia, quando ancora c'era suo padre, quando era felice... i campi in fiore, il calore del sole sulla pelle, i bagni al mare con gli amici. Sua madre... come si sarà trasformata sua madre? Avrà qualche capello bianco oppure è ancora come la ricorda lui, giovane e bella?
"Non credo proprio" - pensa - "...con quel marito! Le botte che ha ricevuto e i dolori che io le ho causato di certo l'avranno trasformata. Il secondino è un amico, forse è l'unico che gli crede. Matt gli ha raccontato tutto ed ha visto la comprensione nei suoi occhi. Quando gli porta il cibo, è sempre gentile e gli sorride. Un prete viene tutte le domeniche mattina a trovarlo e lui lo accoglie con un abbraccio: da alcuni discorsi ha capito che lo sta preparando alla vita spirituale che lo attende...
Il suo animo è sereno, ha solo un cruccio, vorrebbe far sapere a sua madre che è cambiato, che adesso è buono, che si è pentito di ciò che ha fatto e che un giorno, libero dal corpo mortale la proteggerà, le starà sempre accanto e che nella sua vita balorda l'unica cosa bella è stata lei.
20 Aprile 1998
Ieri sera è venuto il prete, mi sono meravigliato, di solito viene la domenica mattina e non di sera, poi ho saputo il perché: domani è il giorno fatidico.
Il secondino è venuto a chiedermi cosa desidero da mangiare, se c'è un piatto particolare: io gli ho chiesto il pollo con le patate. Mi piacevano tanto, da piccolo. Sarà il mio ultimo pasto. Domani il niente, nessuno si ricorderà più di me, dopotutto sono un assassino...
Se mia madre potesse sapere che sono buono, che sono pentito...
La notte è insonne, la sua vita scorre dinanzi agli occhi come sullo schermo di un cinema e lui, unico spettatore, guarda, le lacrime gli rigano il volto.
Alle 9.00 si apre la porta ed il prete mi guarda, serio, mi batte la mano sulla spalla. Alcuni secondini entrano e mi scortano lungo un corridoio che per me è troppo breve. Penso tra me e me: "Perché non li fanno più lunghi questi corridoi?".
Intanto cammino, uno, due, sinistra, destra... le mie gambe camminano gli ultimi passi... arriviamo!
La stanza è piccola, un vetro consente di vedere dall'esterno ciò che accade all'interno, ma oggi non c'è nessuno. I parenti di Rick non sono venuti a reclamare giustizia, quella giustizia che avranno con la mia morte. Un lettino in un angolo, delle cinghie all'altezza delle braccia e delle gambe. Mi hanno detto che è una morte indolore, ma io so che non è vero: altri sono morti tra atroci dolori, spesso vomitando, mentre dall'altra parte i parenti dell'ucciso ridevano.
Almeno nessuno riderà di me! I secondini sono commossi, uno mi batte sulla spalla, mi prende per un braccio, mi fa sdraiare. Adesso sono sdraiato e il prete mi benedice. Sto male. Il nulla... poi, la Luce!
Milano, 15 maggio 1998
Aisha guarda il foglio, la penna scrive un messaggio che lei non comprende perché è in lingua straniera. Aisha è una medium molto conosciuta, di origine marocchina cresciuta in Italia, ha sposato un italiano e si è convertita al Cristianesimo.
Da tempo riceve messaggi che poi invia gratuitamente ai destinatali. Ma oggi sul foglio appare:
Help me, Aisha, help me! I'm Matt Neill...
Aisha chiama il figlio: Momi, vieni qui, so che è inglese, ma non capisco, vedi un po' tu!
Momi la raggiunge: "Si, mamma, è facilissimo. C'è scritto: Aisha, aiutami, sono Matt Neill. Di' a mia madre che mi sono pentito, sono morto da cristiano, le ho voluto sempre bene e adesso la proteggerò per sempre".
Aisha risponde: "Lo farò, Matt, che Dio ti benedica!"
Matt inizia a raccontare:"La casetta costruita sull'albero è troppo bella, l'ho costruita con legni trovati per strada e i chiodi li ho presi in casa, ed eccola lì, bellissima e mia..."


La partenza del grande saggio

Febbraio 2008, ore 17.00



Oggi è una giornata importante per me e, a differenza degli altri pomeriggi che, dopo aver completato tutti i miei impegni, mi spaparazzo sul divano, davanti alla televisione, mi vesto velocemente, non mi trucco nemmeno, il mio sguardo si posa sui miei figli, li saluto con un ciao ed un bacio frettoloso e loro ricambiano, con un abbraccio che mi lascia senza respiro...
Esco, ma dove vado? Sembro una scheggia impazzita che fa le scale a quattro a quattro e che per poco non rovina a terra. Salgo sulla mia Peugeot 206, quasi nuova, e mi dirigo verso casa tua, papà.
Attraversare la città non è uno scherzo, ogni via è una corsa ad ostacoli ed arrivare alla meta, è utopia.
Ecco, per questa volta ce l'ho fatta, posteggio sotto il solito pino marino, che rilascerà sulla capote della "pegiottina", tanta resina, che, come sempre, manderà in bestia mio marito.
Attraverso l'androne (lo so, tu e mamma mi dite sempre che è pericoloso attraversarlo e che qualche giorno un malintenzionato uscirà dal buio ed io non avrò più scampo...) e finalmente suono alla porta.
Driiin! Driiin!
Dall'altra parte, nessuna risposta!
Lo sapevo, è sempre così, ultimamente rimango spesso fuori casa perché voi non sentite, per carità non posso dire che siete sordi, semplicemente un po' distratti.
Dopo mezz'ora di scampanellate, mamma apre e giura di non aver sentito nemmeno uno scampanellio, ma dentro è tutto un fermento: a terra ci sono buste e valigie, da un angolo ammicca la solita busta di mamma stracolma di medicine. Io mi chiedo come mai quando siete in procinto di fare un viaggio, l'ora stabilita slitta almeno di un'ora... e poi non vedo papà.
Mamma è completamente nel pallone, gira per le stanze e le osserva con uno sguardo che non le avevo mai visto prima: sembra che voglia imprimersi nella mente il suo mondo, il suo regno che deve lasciare per chissà quanto tempo.
Proseguo nel mio cammino, l'obiettivo è trovare papà: percorro il lungo corridoio ed entro nel suo rifugio: la televisione è accesa, come sempre, il volume è troppo alto, ma mio padre non guarda le trasmissioni. Lui è fermo, con l'immancabile sigaretta in mano, lungo maglione marrone, immancabili jeans e magro da far paura.
Anche se la partenza è imminente, sulle spalle tiene un plaid color del sole (gliel'ho regalato io) che lo fa assomigliare ad un indiano.
Mi metto a ridere e mio padre, il grande saggio, come lo chiamo io, ricambia. - "Veloci, dico io, ma cosa state aspettando? E' già tardi, rischiate di arrivare a Palermo a notte fonda e questo non è bene... Con tutti questi pazzi che sono per strada, dovete stare attenti... vi raccomando, soprattutto agli incroci e le strisce pedonali, lo sapete che nemmeno rallentano?"
Il grande saggio borbotta a bassa voce:"In qualche modo si deve pur morire..."
Con oltre tre quarti d'ora arriva mio fratello che li accompagnerà nel viaggio. Le finestre vengono chiuse, altra visita in bagno, indecisione davanti al portone e poi, papà, che indossa ancora il plaid, ritorna indietro, lo leva dalle spalle e lo poggia con cura sul suo letto, ripiegandolo con cura.
Mio fratello è sempre più impaziente: la prima nave l'hanno già persa, tra poco perderanno anche l'altra, ma ai miei genitori non sembra importare più di tanto.
Altro scambio di sguardi tra me ed il Grande Saggio, che entra nel salone e stacca dalla parete un bellissimo quadro, di un pittore affermato e me lo regala con aria solenne:"Prendilo, sai, l'ha dipinto un pittore famoso, portalo a casa tua!"
- "Ma no, papà, me lo dai al ritorno, non ci sono problemi"
- "No, voglio che tu lo prenda adesso..."
Mia madre non mi guarda, mio fratello ha indossato i suoi bellissimi occhiali scuri, quelli che non si vede ciò che c'è sotto, ma comunque non riescono a nascondere una lacrima ribelle che, a lungo trattenuta gli scende ugualmente lungo il viso ed egli, stizzosamente, asciuga furtivamente con il palmo della mano.
Scendiamo le scale in fila indiana, carichi come muli che vanno per mulattiere ed attraversiamo l'androne (quello pericoloso) e ci dirigiamo verso la macchina.
In poco tempo vengono caricate tutte le suppellettili, ci salutiamo con sorrisi e pacche sulle spalle poi, tu, papà, siedi al posto d'onore, avanti mentre mamma, dietro, in equilibrio precario, controlla che tu abbia messo la cintura.
Iniziano le manovre di partenza ed i viaggiatori non mi guardano più... ed io, busta della spazzatura in mano, vado a buttarla nel cassonetto e poi, ritornerò a casa mia.
Ecco, sono presso i cassonetti, la busta vola dentro e mi rendo conto che la macchina dei miei mi ha appena superato: due occhi seri incrociano i miei e prima che anche i fanalini della macchina scompaiano oltre la curva, una mano scarnita si alza per salutarmi ancora una volta...
Adesso non c'è più nessuno e sono rimasta in compagnia della mia speranza...
A presto, Grande Saggio, oppure vuoi che ti chiami Papàlla?
Grazie per avermi dato la vita senza mai chiedere niente in cambio e di avermi offerto la tua spalla, su cui piangere nei momenti bui della mia vita.
Tua figlia, lo scricciolo, che per necessità è diventata un aggressivo aquilotto.

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Agg.31-05-2008