Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Racconti di
Giuseppina D'Isanto
IL CORAGGIO
 
Greta era una strana bambina, veramente tanto strana. Tutti la chiamavano Selvaggia perché girava a piedi nudi per il paese e portava sempre un paio di pantalacci che le arrivavano a malapena sulle ginocchia.
Greta non aveva amici, passava il tempo da sola sulla riva del fiume a giocare con i pesci. Li pescava, li accarezzava e poi li ributtava in acqua. Era veramente buffa. Tutti ridevano di lei anche i miei due migliori amici Davide e Mattia.
Quel giorno, eravamo andati anche noi al fiume a pescare, ma a pescare per davvero, non alla maniera di Greta.
- C'è Greta -dissi, quando arrivammo.
-Bella novità, c'è sempre!- esclamò Mattia con un sorrisetto ironico sulle labbra.
Ci sedemmo sugli sgabelli pieghevoli che ci eravamo portati da casa, a poca distanza da quella strana bimba.
Lei, all'improvviso, cessò di pescare, posò la sua lenza accanto a sé ed iniziò ad osservarci.
- Cosa vuole?-disse Davide infastidito.
-Chissà!-esclamò Mattia.
Anch'io, a mia volta, iniziai ad osservare Greta.
In fondo, era una bella bambina con quelle gote rosse e i capelli lunghi e lisci color miele che le scendevano fin sopra le spalle .
Ad un certo punto, Davide iniziò a gridare all'impazzata.
- Aiutatemi, aiutatemi, non ce la faccio a tirarlo su-.
Così io e Mattia lo aiutammo a sollevare la canna da pesca.
Tira e tira , finalmente una bellissima e grossa orata venne tirata su.
 
 
 
Ci apprestavamo a staccarla dall'amo, quando Greta ci venne vicino.
- Che avete intenzione di fare?- ci chiese con aria di sfida.
-Tu che ne pensi?- rispose Davide incollerito.
-Lasciatelo andare- continuò lei -ributtatelo in acqua, altrimenti...-
-Ehi bambina-intervenne Mattia - vattene via!- e così dicendo le diede una spinta.
Fu, in quel momento, che qualcosa scattò in me.
-Perché l'hai fatto?- scattai contro il mio amico.
-Non t'impicciare- mi rispose lui &endash;altrimenti...-
-Altrimenti cosa?- risposi.
-Altrimenti, non sarai più amico nostro.
Io li guardai e la luce cattiva che scorsi nei loro occhi non mi piacque affatto.
Non esitai un attimo.
-Non m' importa di essere amico vostro- risposi con un coraggio che non sospettavo di possedere.
Poi, mi allontanai da loro per avvicinarmi a Greta.
-Vieni- le dissi -andiamo-.
Lei mi sorrise e mi seguì docilmente.
Fu così che da quel giorno diventammo amici.

In attesa del sonno
 
Sandra si svestì, infilò il suo pigiama ed andò in camera da letto.
- Che bello!- pensò mentre si metteva sotto le coperte - poter dimenticare, almeno, per poche ore tutte le ansie della giornata.-
In quel periodo si sentiva spesso invadere da un sottile senso di disorientamento, di sgomento.
- Adesso dormirò come un sasso- disse tra sé e sé.
Ma nulla, il sonno tardava a venire. Si girò sul lato sinistro del corpo, quello che preferiva quando aveva difficoltà a dormire. Fin da bambina, pensava che gli conciliasse il sonno. Ma non ci fu verso di addormentarsi.
Inevitabilmente, cominciò a riflettere sulla sua vita, non poté farne a meno ed il viso di Gabriele balenò nella sua mente. Lui l'amava, lei lo sapeva ovvero l'avvertiva perché non c'era mai stato nulla d'ufficiale tra loro. Il loro amore era nell'aria, come il profumo di un fiore appena sbocciato. Eppure, nessuno dei due osava avvicinarsi all'altro, timorosi entrambi della diversità dei loro mondi, di quelle mille, piccole differenze che li dividevano e che costituivano un'insormontabile barriera.
Lui medico ricercatore, lei solo un'infermiera alle prime armi.
Ma che lui le volesse bene, su questo non c'erano dubbi. Come si sarebbe, altrimenti, spiegata la voce dolce e premurosa con la quale le si rivolgeva? E quell' aria, quasi d'imbarazzo, quando le doveva ordinare qualcosa? I suoi non erano ordini , ma richieste di favori.
Ma quando, per una ragione o un'altra, era lei ad avvicinarlo, a chiedergli qualcosa con un tono, forse, inavvertitamente, troppo familiare, allora, lui s'irrigidiva, si scostava da lei, liquidandola con una parola secca e, sbrigativa e Sandra se ne dispiaceva. In quel momento, le sue attese segrete svanivano, si dissolvevano nell'aria.
- Perché la trattava così? Non era più la sua infermierina ? Come, a volte, la chiamava ? Quella che stimava più delle altre?- si domandava allora.
Era un attimo, poi, quella smorfia svaniva dalla sua faccia e lei tornava a sentirsi importante, unica, ai suoi occhi.
Tuttavia, quando era sola, una strana malinconia si mesceva alla gioia che provava al pensiero del suo amore.
E se le sue fossero state solo illusioni, fantasticherie destinate a consumarsi in un'inutile attesa, a dissolversi al sorgere di una nuova alba?
Allora, si sentiva piccola ed insignificante al confronto delle tante dottoresse che lavoravano nell'ospedale. Com'erano belle, eleganti e sicure di loro! Quale avrebbe scelto lui? Il suo dottor Giuliani, il suo Gabriele, come amava familiarmente chiamarlo, quando era sola con se stessa, nell'intimità della sua casa, così per gioco, solo per gioco.
Che malinconia la prendeva in quei momenti, come avrebbe voluto andar via, fuggire in un mondo dove lui..... lui non potesse raggiungerla.
Com'era tutto assurdo, inverosimile! Proprio nel momento in cui Gabriele aveva iniziato ad amarla, anziché gridare dalla gioia, urlare ai quattro venti quell' amore folle che la sconvolgeva, non faceva altro che starsene lì cupa, solitaria a ricordarsi delle lunghe sere trascorse in solitudine o di quando, persa in una vociante moltitudine, avvertiva il peso della sua estraneità dalle altre persone che non facevano parte del suo mondo. Ma Gabriele sì che apparteneva a lei! Ed, allora, perché quella incontenibile ansia, quella profonda inquietudine che l'invadeva quanto meno se l'aspettava? Mi ama ? Si chiedeva continuamente. Ed anche se mi ama , lo farà per sempre? O lo perderò e l'eco della sua voce si disperderà lì, oltre i monti, oltre quel punto lontano all'orizzonte, dove la mente non riesce a scorgere nient'altro che azzurro, azzurro infinito.
Sandra non poteva credere che quell ' amore che sentiva in Gabriele fosse veramente destinato a lei. E questo perché non si era mai sentita veramente amata. Spesso aveva avvertito su di sé lo sguardo sprezzante del mondo.
Sua madre debole, malaticcia, ma di famiglia ricca aveva sposato un uomo d'estrazione più bassa della sua. E le sue sorelle le avevano sempre fatto pesare quella sua condizione di parente meno abbiente. Le sue cugine
sfoggiavano abiti eleganti e quasi la snobbavano e a malapena l'accettavano nel loro gruppo. Nessuno s'aspettava nulla da lei. Cosa mai poteva diventare un giorno? E suo padre, anziché difenderla, proteggerla da quel mondo, quasi aiutava chi credeva così poco in lei. Mai un complimento, una carezza, una lode e quello sguardo distratto quando le si presentava davanti con quei suoi abitini poco costosi ma così graziosi nella loro semplicità. Quanta ammirazione, invece, mostrava per le sue cugine,così disinvolte e sicure di loro. Perché si comportava così? Lei lo conosceva il motivo ormai. Come poteva amare su figlia, lui che non aveva mai accettato se stesso e che aveva trascorso tutta la sua vita a desiderare di divenire parte di quella famiglia nella quale non si era mai integrato?
Sandra, alla fine, aveva finito col rifiutare quel mondo, fino al punto da chiudersi in se stessa, in un universo distante anni luce da quella realtà, così dura, brutale.
Com'era bello starsene lì, con i suoi libri sotto il braccio, passare le ore a fantasticare, a immaginare un mondo diverso. No, allora, non sentiva dolore, ma solo un gran senso di pace, una libertà infinita, le sembrava quasi di essere una cavalla bianca, impazzita, che, a briglia sciolte, correva su prati verdi, sulle sconfinate pianure dei desideri, sola, senza nessuna altra compagnia che la sua stessa libertà.
Ed ora quell'amore, così bello, ma anche così inspiegabile. Gabriele era un uomo importante, non uno qualsiasi. Come poteva essersi innamorato di lei? Un dubbio la perseguitava. Era vero amore il suo? O un giorno, la percezione della sua superiorità sarebbe prevalsa in lui ad inquinare la gioia di un sentimento così puro? Allora, non era meglio allontanarsi prima da lui? Per nulla al mondo avrebbe sopportato un suo sguardo distratto, altero. Meglio la solitudine, ad essa sapeva come rimediare, ma contro l'arroganza no, non sapeva lottare. Si sarebbe ferita e forse sarebbe fuggita via, avrebbe lasciato il suo lavoro oppure sarebbe rimasta lì muta, silenziosa a guardarlo mentre scivolava via dalla sua vita.
Si rigirò nel letto, era ora di dormire e lei perdeva tempo in assurde riflessioni. Ma il sonno continuava a tardare. Tanto valeva continuare a pensare, ma non gli riusciva più neanche quello. Volti, mille volti vorticavano intorno a lei, volti antichi con i lineamenti del viso deformati da accessi di riso violenti o tristi che piangevano , si disperavano E le loro voci si rincorrevano e parlavano di lei, solo di lei, senza sosta.
- Brava figliola, peccato che....-
- Con quel padre e quella madre...-;
- Chissà, chissà in futuro..... cosa potrà mai diventare!-
Eccoli i loro commenti impietosi.
Ma lei era stata forte, aveva lottato con tutte le sue forze per affermarsi nella vita, per emergere dalle tenebre che l'avvolgevano. E l'aveva fatto in una maniera molto semplice, aveva iniziato a scrivere e nelle sue storie metteva tutta se stessa, le sue passioni, i suoi desideri. Le sue eroine erano belle, ma anche dolci ed appassionate. Era brava con le parole lei. Quante magiche atmosfere, scenari immaginari sapeva creare nelle sue storie! Sapeva far sognare la gente perché conosceva il suo ed il loro desiderio di sperare, di credere nel futuro.
Ma, a volte,quanta fragilità, insicurezza avvertiva dentro di sé, soprattutto in quel periodo in cui tutto era in gioco. A cosa era destinata? Ad un amore bello, forte, grande, immenso o al vuoto ed alla solitudine? Sandra sentì dentro di sé rinascere una rabbia antica, una forza che la spingeva a reagire, a scuotersi dall'apatia nella quale era caduta.
- No!- urlò dentro di sé una voce, non posso continuare a vivere così, devo fare qualcosa, qualcosa che mi liberi dalla mia angoscia. Devo prepararmi a vivere anche senza di lui. Sto diventando troppo dipendente da Gabriele.
- Ma senza di lui quale esistenza era possibile? Eppure, doveva essere forte, non consumare la sua vita nell'attesa di una sua carezza. Continuare così soltanto a sognare non era possibile.
Non vi era che un'unica soluzione, addentrarsi il più possibile nella vita, continuare sì a pensare a Gabriele , ma in una maniera meno struggente, più dolce, più compatibile con la vita stessa.
Si ricordò di Antonella, la sua vecchia amica d'infanzia. L'aveva incontrata appena qualche giorno prima in autobus. Era sfiorita e portava i
capelli avvolti in una crocchia sul capo. Si erano scambiate un sorriso e poche parole.
- Fatti sentire !-aveva esclamato lei prima di scendere.
- La chiamerò domani-pensò Sandra. Avrebbe ricominciato da lei per rifarsi delle amicizie. Insieme, forse avrebbero ricontattato altre vecchie conoscenze o conosciuto nuove persone e un giorno forse .....Gabriele le avrebbe finalmente rivelato i suoi sentimenti oppure no, ma non sarebbe stata sola lo stesso.
Sandra si sentì improvvisamente calma, serena.
- Chissà se un giorno......-pensò prima di addormentarsi.

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