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LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
  Poesie di
Giuseppe Paganetti

Valentino
 
Romba il motore in pista con tutto il gas aperto,
di chi cavalca il bolide del nome sono certo.
La sua moto sfreccia, lontano è già un puntino,
senza mani, di traverso, è proprio lui: è Valentino!
 
Dalla centoventicinque alla duecinquanta,
sempre da protagonista il tuo stile incanta.
Anche su cinquecento nessuno a te è pari,
in curva e in rettilineo sorpassi gli avversari.
 
Come Valentino di piloti non ce n'è,
nel mondo dei centauri tu oggi sei il Re,
e tutt'intorno ti fan solo da paggi:
Barros, Checa con Ukawa e Biaggi.
 
Pur se da quel che sei: un campione,
guadagni soldi e onori come zio Paperone,
hai le battute pronte un po' da birichino
ma con la semplicità e la simpatia di Paperino.
 
Prendi pure in giro, ma non cadere mai in difetto,
ai tuoi antagonisti mancare di rispetto,
ché pur se sei il Boss dei motori spinti,
non esiste vincitor se non esiston vinti.
 
Con la tua quattrotempi "number quarantasei",
sempre primo ad ogni gara veder io ti vorrei,
e assieme a tutt'i tuoi fans coi cuori a te vicini,
ad emular le gesta del mitico "Agostini".
 
Vola sul traguardo la tua magica Honda mille,
oltre la bandiera a scacchi come folgore fa scintille,
e sul più alto podio innalzi verso i cieli,
di GiPì Mundial Trofei, all'Inno di Mameli.
 

17-07-2002

 

 Samurai
 
Il Samurai non accetta mai tenzone,
ma conoscendo la sua forza e il suo valore,
cerca d'evitar, con l'uso della sua ragione,
provocazioni in tutti giorni, in tutte l'ore.
 
Ma non può continue offese, evitar ognòr.
Solo come verba volant, egli conto non terrà.
Se vorranno il corpo suo violar, sol d'allor,
il fisico integro di lui, salvaguardàr dovrà.
 
Come il click che l'interruttore accende,
la mente s'apre lesta al combattimento,
con prontezza, di cui anch'egli si sorprende,
frutto d'anni di costante e di duro allenamento.
 
Il combattimento non vuol dire litigare,
insultare l'avversario, strappandone il vestito.
Ma la consapevolezza del colpo che si vuol portare,
di vincer prim'ancor, che lo stesso sia partito.
 
La mente vuota da pensieri, libera e leggera,
il cuore freddo e puro, uguale ad un diamante,
la tecnica sferrerà, come fosse un'arma vera,
più veloce ancor, della frazione d'un istante.
 
L'antagonista, con un colpo sol crollar dovrà,
ciò la marziale arte insegna: è il tecnico obiettivo!
L'arto sciolto, come una freccia in volo scoccherà,
senza indugi né pensier, pronto a morir o restare vivo.
 
Il fendente scuote l'aria, che sia col pugno o con il piede,
vibran il corpo e l'anima compressi, uniti dentro il Kiai!
È arrivato, ha colpito, ha distrutto e nessun lo vede.
Il mortale colpo, il colpo vincente, il Tokuiwasà del Samurai!
 
Il Bosco Fatato
 
Quando il sole stanco va a riposare,
e la luna nel cielo inizia a brillare,
nel folto del bosco s'accendon le vite
di mille creature dal nulla sortite.
 
Corpi leggiadri con ali multicolori,
si rincorron, volando e scherzando, tra i fiori.
Mischiando danze e giochi con i dispetti,
sì, son proprio loro: i Folletti!
 
Sotto un cappello a punta di color rosso,
c'è lo Gnomo che lavora a più non posso,
col naso a patata e la barba bianca,
è sempre di corsa e mai si stanca.
 
Arrivano gli Elfi, grandi allegroni,
suonando e cantando gioiose canzoni,
portando con loro il buonumore,
facendo baccano, chiasso e rumore.
 
Ci son le Ninfe dei boschi e delle montagne
di Gnomi, Elfi e Folletti dolci compagne.
Rarefatte e abili nelle magiche arti,
non si vedon, ma sono da tutte le parti.
 
Tra soffice muschio e di funghi profumi ed aromi,
si prendon per mano Folletti don Elfi, Ninfe con Gnomi,
e in riva al laghetto poco profondo,
iniziano a fare un gran girotondo.
 
Raganelle e grilli ferman il loro cantare,
e affascinati se ne stanno a guardare,
assieme alla luna riflessa nel lago,
lo spettacolo che sembra creato da un Mago.
 
Ma pian piano la luna impallidisce,
tutta questa magia di colpo svanisce.
Con l'alba Folletti, Gnomi, Elfi e Ninfe van via,
rimanendo di grandi e piccini nella lor Fantasia.
 
 
Coraggio
 
Risorge il sole col nuovo mattino,
ognuno di noi rilotta per il proprio destino.
Sul lavoro, a scuola oppure in viaggio,
sarem sempre soli col nostro Coraggio.
 
Coraggio di dare ad altri l'amore,
che spesso teniam prigioniero nel cuore,
di dare a chi soffre il nostro sostegno,
del dono della vita esserne degno.
 
Coraggio di essere un uomo d'onore,
guardare le stelle e parlare d'amore,
cercar d'esser sempre un uomo vero,
e come il buon vino esser sincero.
 
Coraggio di lottare contro i soprusi,
che in ogni dove sono diffusi.
Mai chinar il capo alla superiore casta.
Saper dire no! Saper dire basta!
 
Finisce il giorno, il sole va via,
finisce anche questa poesia,
finisce il lavoro, la scuola e il viaggio.
"In quanti domani avrem ancora Coraggio?"
 
 Curtii du 'na volta
 
Un dì, ca gù sentü la Teresa di Legnanés,
ca la parlava dui regòrdi dei vécc curtii,
m'è vegnü in ment 'na curt dul mè paés,
ul curtìl in dùa a sun nassü mi.
 
La gà faseva nom "Curt di Stalàsc",
i so gent s'avütavan tra da lùr,
i porti vèrti, g'avevan mai serà sü 'l scarnàsc
e i bagaij giügàvan, sémpar alègher tücc i ùr.
 
Ul Giüsèpp l'è dré nàss, vùsa l'Enrica la levatrìs,
e la ciàma a dà manfòrt tütt'i dònn visìn,
la Carlòta, la Richelina e la Romilda da boni amìs,
e la Fortünada, ca la g'aveva 'pen' avü l'Aldìn.
 
I me regòrdi a vùgan, a vànn ind'ul temp'indrè,
quand giügand in sü la lòbia, cunt'i me fradèj,
tra ringhér da legn e quei fài dul ferè,
sun vugà giò a pirlà, tütt i dudàs basèj.
 
Gamb e bràsc a tegnémm fèrmi,
tütt dutùr, anca senza scoli,
pa fam passà ul màl di vèrmi,
a m'han dai da bé ul petròli.
 
Una vorta a setimana, ul dì al regòrdi pü,
'rivàva ind'ul curtìl anca ul sciùr Runchétt,
cal vendéa früta e verdüra, cunt'i barbìs in sü,
ul capèll in cò e l'asnìn tacà 'l carétt.
 
La sciùra Lüisina, fursi al'era la püssé végia,
dul curtìl a mi la ma paréva la paròna,
quand faséi'j disprés, la ma ciapàva par 'nurégia,
ma la mà vuréva bén e mi la ciamavi nòna.
 
Ma regòrdi ul dì da quand l'è morta,
pür sa séri alùra, amò tant piscinìn,
par l'ültima volta sunt'entrà in du la sò porta
e cunt'un gròpp in gùra, a gù dai un basin.
 
Mò ul curtìl l'è pien da furesté,
i genti tra da lùr a se pàrlen pü,
e sa fù par mètt nèla curt un pé,
ma senti furesté nel curtìl ca sun nassü.
 
Cunt i to cassìn e la to ringhéra,
o me vécc curtìl, a te sé dré murì,
cunt i to petégul e la to rüdera,
cunt'u la to storia ca l'è finida chì.
 
Ma l'è una storia ca la finirà mai par mì!
Par i vìv e par i mort, ca'l Signùr a j'abia in gloria,
ul regòrd da chi gent, da chi vùs di chi dì lì,
sarànn sempar ind'ul me cor e ind'ula me memoria.
 
 Ragno
 
Ragno, dal corpo di perfetta creatura,
irradi otto gambe che con efficienza,
artistico inganno per sopravvivenza,
crean magnifica tela di giusta misura.
 
Nella rete mortale, la trama inventata
dall'armoniosa sublime tua mente,
immobile, fiducioso aspetti paziente,
che la preda rimanga dentro impigliata.
 
Accetti la preda qualunq'essa sia,
una mosca, una farfalla o un calabrone.
Non desta in te la preoccupazione,
ciò che non s'impiglia e vola via.
 
Nell'accoppiamento il maschio non creda,
di rimanerti accanto come compagno.
Il destino crudele del maschio del ragno,
è anche lui per te diventar una preda.
 
Intessuta la tela coi tuoi fili fini,
non vai a cercar vane avventure,
ad ingaggiar guerre a tue par creature.
Non pensi ad espander i tuoi confini.
 
Di 'sto mondo dell'uomo sei convivente.
Hai superato indenne ere ed estinzioni,
eruzioni, terremoti, incendi ed inondazioni.
In boschi, in prati e in case sei tra la gente.
 
Inferiore o superiore sia la tua casta,
importanza invero per te non c'è.
Dio t'ha creato e non chiedi il perché.
Tu sei solo un ragno e tanto ti basta.
 
 Mistero della Vita
 
Quando cominciai a usar la mia ragione
e seppi quanti omini prim di me ci furon stati,
mi posi già d'allor a risolver la questione:
come abbiam fatto tutti quanti ad esser nati?
 
Qualcun m'ha detto che ci ha portati la cicogna,
altri che siam nati sotto un cavolo in giardino.
Perché a dir la verità tutti hann vergogna,
quando a porre la domanda l'è un bambino?
 
Or che son'omo e son cresciuto,
la domanda me la pongo pure adesso,
ma non per l'estro che da tutti è conosciuto,
che sia chiamato amore oppure sesso.
 
C'è chi dice d'esser nato per regnare
e che altri invece devono soffrire,
sottostando al loro comandare,
ubbidendo fino al lor morire.
 
Ma il Vangel, insegna a noi mortali,
che tutti dalla polvere veniamo
e anche se tra noi non troviamo due uguali,
di carbonio, azoto, idrogeno ed ossigeno fatti siamo.
 
Io invecchio, ma la risposta ancora mi sfugge.
Credevamo d'esser cosa nuova appena nati,
ma se nulla si crea e nulla si distrugge
vuol dire che siamo tutti oggetti riciclati!
 
 Ragazza di strada
 
Mentre guidavo lungo la via isolata,
con le tue campagne ti sei voltata.
Con un sorriso, non so se sincero o forzato,
i tuoi occhi intrigano coi miei hai incrociato.
 
Hai forse voluto che mi fossi fermato,
per usare il tuo corpo dopo averlo pagato.
Ma non potrei e non fartene una meraviglia,
fare sesso con chi potrebbe esser mia figlia.
 
Ti avvicini al fuoco cercando calore,
ma la fiamma tremante non scalda il tuo cuore,
solo inganna il colore della tua pelle,
qualunque esso sia, siete tutte sorelle.
 
Un destino crudele ti ha maltrattata,
ti ha fatto finire sulla strada sbagliata.
Sognavi fortuna in terra lontana,
sei invece finita a far la puttana.
 
Per alcuni uomini sei stata il primo amore,
per alcuni vecchi rimani l'ultimo fiore,
per brutti e storpi sei un bene sociale,
per le donne perbene l'eterna rivale.
 
A nessuno confidi il tuo dolore,
mentre per poche lire regali il tuo amore.
Amor che Gesù non negò a Maddalena:
dei suoi peccati Egli, ne provò pena.
 
Non sempre Stato e Chiesa ti sanno aiutare,
e a volte con la tua stessa vita, pegno devi pagare.
Solo discriminazione e offese di scadente cristianità,
esiston per chi fa il mestiere più antico dell'umanità.
 
Visto che il Dante mise Papi all'inferno,
a bruciare perenni nel fuoco eterno,
io che com'Illo sono un poeta,
mi elevo ad esser di Dio un Profeta.
 
Donna che dai al prossimo tuo gioia e dolcezza,
al maschio, che ingrato poi ti disprezza,
per te, che nel tuo futuro vedi solo sfaceli,
si apriranno le porte del Regno dei Cieli.
 
 
La Bistèca dul Magütt
 
Ul Magütt,
'rivà sül post da laurà,
al tò giò tütt i misür,
par pudè incumincià
a fa sü 'n bèll mür.
 
Quadrèll süra quadrèll
tütt al mür a l'è finì,
cuma la mòlta ind'ùll sidèll
e l'è già 'rivà ul mèzdì.
 
Sa sèta giò süra ul scagnìn,
mètt giò ul fratàzz e la cazzöla
e cunt'un litròzz da vin,
al mangia pàn e gurgunzöla.

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Agg. 15-10-2003