Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Francesco Falanga

Lettera agli uomini di scienza ed ai politici affinché l'umanità non perisca.

Premessa
 
Con la ragione che ci vantiamo di possedere, non siamo in grado di capire noi stessi e tantomeno l'Universo in cui siamo forzatamente immersi; pertanto, per tentare di afferrare almeno una parte di un aspetto della nostra esistenza dovremmo semplificare al massimo ciò che ci appare complesso e, al minimo che ne deriverebbe, dovremmo applicarci ininterrottamente, con tutte le forze e con tutte le capacità che abbiamo, non dimenticando mai che la nostra vita passa veloce come un giorno e, come un giorno, ha un'alba, uno svolgimento ed un tramonto.
***
Com'è noto, ognuno di noi è costituito da circa 100.000.000.000.000 (centomilamiliardi) di cellule e che ogni cellula, a sua volta, è costituita da innumerevoli tessuti e organi che le permettono di esplicare tutte le funzioni necessarie per continuare a mantenere la sua forma, per sopravvivere e per riprodursi.
Adesso supponiamo di esaminare una sola cellula e, della stessa, di prendere in considerazione un solo elemento. Il suddetto elemento, grazie alle sue proprietà e alla struttura e alle proprietà degli elementi che lo circondano, si può presentare in tantissime forme e in più funzioni.
A questo punto dobbiamo osservare che il nostro semplicissimo ragionamento ha già messo in luce tantissimi fattori, per cui possiamo concludere che di quella cellula sappiamo ben poco, cioè qualcosa: un qualcosa che ci spinge a porci un'infinità di interrogativi ai quali non siamo in grado di rispondere; pertanto, se di una sola cellula abbiamo capito pochissimo, come possiamo giungere a capire l'Universo, che è pari al "micro" elevato ad una potenza ennesimamente inimmaginabile? Ne consegue che abbiamo solo una certezza: quella di essere capaci di non capire niente! Per dimostrare tale affermazione, è sufficiente pensare che la nostra Scienza non è in grado nè di costruire la più semplice delle cellule né di scomporla e poi ricomporla nella sua precedente funzionalità.
Tenuto conto di quanto sopra, possiamo mai continuare a seguire e a sostenere una Scienza per la via che sta percorrendo da millenni? Ovviamente, no! Perché chi la segue inizia con l'immergersi in un mare di miliardi di conoscenze, ignorate totalmente, per poi finire con l'annegare, con un grave danno suo e per l'Umanità. Ma l'Umanità non può essere danneggiata: deve essere aiutata affinché sopravviva!
Adesso spostiamo la nostra attenzione sulla parte di noi che è riuscita a concepire i sopra detti ragionamenti: cioè sulla nostra ragione, la cui scomposizione delle funzioni, in questo momento, ci appare inopportuna perché finirebbe con il complicare di più le cose, senza farci arrivare ad alcun risultato. La nostra ragione, dunque, dobbiamo proporla a noi stessi e a tutto l'Universo come un complesso di sensibilità reattive, che paiono concepite per due soli fini: mantenerci in vita e fare in modo che l'ambiente esterno non ci danneggi o annulli.
Si presenta, quindi, come un sistema di ricezione e di adeguata reazione. Poiché tutto l'organismo è alle sue dipendenze, ne consegue che lo stesso è una conseguenza delle sue innumerevoli sensibilità.
Tutte le teorie che non ammettono questo trinomio: ambiente esterno+ragione+organismo (o lo prevedono solo in parte) devono essere accantonate! Le cause di quello che succede a tutti gli esseri viventi, dobbiamo solo e sempre vederle in funzione dei seguenti due parametri: ambiente esterno e sensibilità; pertanto, cambiando l'ambiente esterno, anche l'organismo cambia, in tempi ben precisi. Se poi l'ambiente esterno cambia improvvisamente, possiamo avere un rapido cambiamento solo della sensibilità, ma non dell'organismo, che sarebbe costretto a subire.
Ai suddetti ragionamenti è necessario aggiungerne un altro e cioè che la realtà da noi percepita è solo una parte della realtà esistente: pertanto, nel caso in cui il cambiamento dell'ambiente provenisse dalla realtà da noi non percepibile, l'effetto sul nostro organismo giungerebbe innavertito e, quindi, non controllabile. In conclusione, noi siamo costituiti da una complessità che non abbiamo voluto, che non capiamo nella sua interezza e che dipende sia dell'esterno che del nostro interno. Con queste premesse, quanta strada riusciremo ancora a percorrere prima di essere annullati? Sì, perché l'eventualità di essere annullati è certa.
Ma adesso passiamo alla nostra Scienza e alle sue sempre eccezionali scoperte.
La via che da millenni ci siamo aperti con la nostra Scienza, in apparenza luminosa ed appagante, in realtà è la peggiore, che non riuscirà ad evitare la nostra fine. Il continuare il cammino iniziato, pertanto, non è più concepibile: quindi, ne dobbiamo intraprendere un altro. Ma quale può essere il nuovo cammino? Per tentare di rispondere, dobbiamo semplificare al massimo ciò che per noi è complesso e poi applicarci al minimo che ne deriva. A noi, in fin dei conti, di ogni cosa interessa solo l'effetto pratico, vale a dire: solo il risultato che ci è utile e non i lunghissimi e cervellotici studi con i quali qualcuno ha capito qualcosa, dopo i lunghissimi e cervellotici studi che avevano già compiuti tanti altri prima di lui. Il problema non possiamo forse risolverlo meglio tentando di raggiungere subito il risultato che ci interessa? E "subito" vuol dire anche raggiungere il risultato dopo mille e più tentativi, che, di certo, ci farebbero impiegare meno tempo di quanto ne impiegheremmo con la Scienza dalla quale ci facciamo ormai dominare. Non è quindi un'assurdità formulare una teoria che potremmo chiamare: "Teoria del risultato del tentativo", che, grazie ai risultati incrollabili ai quali giungerebbe in breve tempo, diventerebbe: "La legge del risultato del tentativo"!
Ma adesso continuiamo il nostro ragionare intraprendendo un'altra via che ha, come base di partenza, un organismo unicellulare (cioè formato da una sola cellula) quindi, semplicissimo, anche se per noi è incomprensibile.
Per un organismo semplice non è difficile vivere e riprodursi in condizione estreme. La conferma ci viene continuamente dalla nostra Scienza, con i suoi strepitosi comunicati, come il seguente: "Alcuni microbi sono capaci di sopravvivere, crescere, prosperare e moltiplicarsi in acque a temperature superiori ai 400 gradi centigradi o anche radioattive o contaminate di arsenico, piombo, cadmio, ecc. ecc." Man mano che gli organismi diventano più complessi, però, le condizioni a loro esterne sono meno estreme ma più complesse, altrimenti non sarebbero favorevoli: ora, poiché non vi sono dubbi che l'organismo più complesso sia quello dell'uomo attuale (e lo sarà ancora di più quello dell'uomo futuro), possiamo concludere che, per lui, le condizioni di vita diventeranno sempre più difficili, fino a portarlo all'estinzione.
Affinché l'umanità non perisca, ma progredisca, sarà pertanto necessario individuare o confezionare ambienti che sono idonei alla sua esistenza, sopravvivenza e riproduzione, ambienti che sono attualmente inesistenti sulla Terra.
L'uomo, pertanto, tenendo conto dello sviluppo intellettuale a cui mira, dovrà concepirsi non più come una conseguenza dell'ambiente in cui è nato e vive, ma come il risultato di un'evoluzione voluta da se stesso, che lo allontanerà sempre di più dalle condizioni esterne al suo organismo.
L'uomo, pertanto, mirerà a equiparare e identificare la meccanica del suo organismo e della sua ragione con quella dell'Universo, giustificando l'esistenza dell'Universo con la sua stessa esistenza e arrivando a mete che attualmente possono essere solo inimmaginabili. Ma oggi qualcuno è convinto che l'uomo finirà per distruggersi con le armi che è capace di costruire. A questa convinzione, rispondiamo con una possibilità. Com'è noto, l'atomo è la più piccola frazione di un elemento in grado di conservare le sue caratteristiche chimiche e fisiche ed è composto da un "nucleo" e da particelle che gli ruotano intorno chiamate "elettroni". E' altresì noto che con il termine "fissione" intendiamo il processo che si concretizza nella scissione del nucleo atomico in due o più parti, con produzione di un quantitativo di energia che può essere anche notevole. Di conseguenza, più pesante è il nucleo, maggiore è la quantità di energia che sarà prodotta.
La quantità di energia prodotta da fissioni non controllate è alla base della bomba atomica.
A un certo punto, però, anche la fissione "non controllata" si ferma. La causa, ovviamente, è da ricercarsi nell'esaurimento che l'ha originata: nulla toglie, però, che detto esaurimento possa avvenire anche per cause esterne, cioè per cause esistenti nell'ambiente in cui l'esplosione si è verificata. (Esempio: Scoppia un incendio. Lo stesso si spegne o dopo che gli elementi che lo alimentano si esauriscono oppure per cause esterne, come la pioggia). Inoltre, si sviluppa solo se c'è "l'elemento" che gli permette di svilupparsi. (Il fuoco "vive" perché c'è l'aria, mentre "muore" in mancanza della stessa). Ne consegue che, qualsiasi energia può manifestarsi se e fino a quando c'è l'elemento che glielo permette: in mancanza di detto elemento, la stessa rimane in uno stato di immobilità o di non manifestazione.
E' facile concludere che anche la bomba atomica (come qualsiasi fenomeno naturale o artificiale) può manifestarsi solo se c'è l'elemento che glielo permette: nel caso contrario la sua energia rimane immobile o non riesce a svilupparsi. Privata dell'elemento che le permette di sviluppare l'esplosione, anche la bomba atomica non produrrebbe alcun effetto. E' pertanto possibile realizzare una reazione "antiatomica" o privare l'ambiente dell'elemento che permette la "fissione". Ad ogni causa non corrisponde alcun effetto, se si produce un'anticausa o si elimina l'elemento che può portare all'effetto. Quindi, fra la causa e l'effetto interviene un elemento che è già presente nella causa e sarà presente nell'effetto e, pertanto, in tutte le manifestazioni che dalla causa portano all'effetto. Non volendo fermarci qui, rappresentiamo meglio il modo in cui la Scienza dovrebbe iniziare a svilupparsi, se vuole salvare se stessa e chi l'ha concepita. Tutti sappiamo che il ghiaccio è lo stato solido di aggregazione dell'acqua che viene raggiunto a zero gradi centigradi, alla pressione di un'atmosfera. Sappiamo anche che dal ghiaccio passiamo all'acqua e dall'acqua al ghiaccio un numero di volte che possiamo ritenere indeterminabile. Siamo inoltre convinti che, nelle varie trasformazioni, nulla cambia degli elementi che partecipano alle stesse (
H2 O). Questo fenomeno, che è sempre stato sotto gli occhi di tutti, che è stato capito e spiegato senza destare particolari interessi scientifici, rispecchia totalmente (anche se molto semplicemente) la legge di Lavoisier o di conservazione della massa e la legge di Proust o delle proporzioni definite. Quindi, a certe condizioni, dall'acqua si può passare al ghiaccio e dal ghiaccio all'acqua. Si hanno quindi, una reazione e una controreazione, che non modificano la massa iniziale dell'acqua nè il numero complessivo degli atomi che la costituiscono.
In considerazione di quanto sopra, è come se all'acqua non succedesse mai niente. (E' comunque impossibile che i suoi elementi siano perfettamente identici a quelli precedenti ogni reazione). Noi adesso ci chiediamo se la detta reazione-controreazione non sia possibile per qualsiasi massa e per tutti gli elementi che la compongono. La risposta non può essere che affermativa. Se, verificandosi le condizioni, il ghiaccio può ritornare ad essere acqua e viceversa, "Tutto può ritornare ad essere com'era e viceversa".
La Scienza, per giungere al suddetto risultato, avrebbe dovuto imboccare un'altra via, che l'avrebbe portata a mete che oggi noi consideriamo assurde. (Una, ad esempio, sarebbe stata la possibilità di ritornare a far rivivere un essere vivente dalle sue ceneri, tenuto conto che le sue ceneri sono il risultato di reazioni durate decenni, alle quali non è mai stata applicata alcuna "controreazione"). Fondamentale, quindi, per la Scienza, sarebbe stato realizzare il metodo della "controreazione", che, di certo, avrebbe già portato all'immutabilità del mondo non vivente e all'immortalità di quello vivente. La Scienza, nonostante abbia operato incessantemente, con grande e ammirevole fatica per migliaia di anni, in realtà è riuscita solo a muovere un passo in una sola direzione: quella sbagliata.
E' soltanto un'illusione pensare che la Terra possa conservare a lungo o illimitatamente le condizioni che permettono all'Umanità di sopravvivere: ed è solo un danno per l'Umanità continuare ad illudersi di potere esistere per un tempo indefinito. L'Umanità, dunque, è destinata a perire, a meno che non sviluppi la sua Scienza nella giusta direzione e trovi sempre un modo per sopravvivere a qualsiasi imprevisto, senza danneggiarsi e senza fare soffrire nessuno.

Pesaro, 6/3/2005.


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Agg. 18-04-2005