LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti

 

 
Francesca Simonetti
La gioia e il lutto di Paolo Ruffilli
Una voce solitaria nel frastuono della contemporaneità, la voce paca ma penetrante di Paolo Ruffilli, che osa, nel poema La gioia e il lutto, affrontare una tematica piuttosto minata e sfruttata per finalità non proprio poetiche.
Il nostro autore prende spunto dalla peste moderna per cantare la vita e la morte come autori del nostro passato hanno cantato la giovinezza e l'amore in periodi di guerra e malattia, che in apparenza, mal si prestavano al canto: eppure da sempre l'uomo ricostruisce sulle rovine, solo se da esse saprà trarre linfa vitale, poesia da questo caso, tragica alla maniera greca dove la coralità delle voci diventa liberazione della schiavitù del lutto-dolore, ineluttabile percorso della vita dell'umanità in ogni epoca ed in ogni circostanza. Nessuno può consapevolmente affermare che il lutto e la morte si possano aggirare con l'inganno , sia ignorandoli sia fuggendo da essi in luoghi fantastici dove vivere nella perenne gioia; più passano i secoli, più la tecnologia avanza, di più il male infierisce contro l'uomo, anzi con forme più sottili di crudeltà il dolore penetra nelle viscere del mondo, smarrendo le menti più solide e per chi fugge verso paradisi artificiali, in luoghi ameni e gioiosi, in questi ultimi tempi ha dovuto fare i conti con le catastrofi ambientali o con la crudeltà delle menti disumanizzatesi.
La gioia e il lutto di Ruffilli ha visto la luce nel mese di febbraio del 2001, quando ancora l'uomo nutriva speranze di pace e ricatto dalle aberrazioni inquietanti del 900 e credeva che il terzo millennio dovesse cancellare i ricordi delle sconfitte dell'uomo, vittima delle violenze della storia, mentre una fiduciosa speranza pervadeva gli spiriti, in realtà il poema del nostro autore s'inseriva, ma con prudenza, in questo contesto mentale di pacato ottimismo; ma essendo la tematica del male descritto, dolorosissima, si poneva in quella indagine poetica-filosofica che è propria della sola poesia possibile nel terzo millennio, che non può più permettersi il vuoto delle banalità roboanti e senza strutture portanti pur nella levità del pensiero poetico.
Il poema la gioia e il lutto ha in sé una forma nuova, l'asciuttezza dell'haiku la completezza del sonetto ma con una forza indagatrice profonda che incalza procedendo sul campo delle verità ossimoriche (gioia-lutto) e duna lentezza da saggio orientale e una determinazione che appartiene ormai al futuro: la verità è che nascendo o morendo/non c'è in fondo/nessun rispetto/per la dignità della vita/nel mondo: un enunciato tragico (come incipit) che si nasconde quasi per evitare una deflagrazione devastante nel cuore di chi legge per capire e infatti la frase è pronunciata da una figlia, da tutti i figli del mondo, possiamo aggiungere, innanzi ai fatti che scorrono crudeli sullo schermo del nostro quotidiano.
Nella rappresentazione fantastica ma pur reale della morte per Aids &endash; corale canto sul dramma-tragedia della peste moderna senza scendere mai nel banale o nella lamentela blasfema &endash; niente si tace con la narrazione che ha i toni del sacro dove riecheggiano, per l'orecchio attento, i motivi del dialogo drammatico della lauda alla maniera di Iacopone da Todi, che la rese strumento di originale potenza espressiva &endash; il tutto reso oggi da Ruffilli in chiave attualissima, forse ancora da scoprire... per quel che riguarda, soprattutto, le due visioni antitetiche della gioia e del lutto.
Il male consumandolo/gradino per gradino/lo ha eroso e/via accorciato/riportandolo allo stato dipendente di bambino./.......... si potrebbe procedere all'infinito per ogni verso del poema fino a riscrivere un trattato di un'aberrante cronaca per quanti vedono nell'Aids una maledizione divina ma dove c'è l'arte si annida la pietas innanzi all'ineluttabile senza via d'uscita &endash; perché ormai la medicina non ha più potere nello stadio finale ma soltanto qualche lenitivo placebo per placare il dolore fisico, evitando la disperazione nella dissoluzione atroce della materialità che si assottiglia. Paolo Ruffilli ci ha narrato qualcosa che solo il cinema americano di qualità avrebbe reso credibile e questo poema potrebbe essere rappresentato, ma soltanto da un grande regista!
Infatti nel poema di Ruffilli la poesia salva il sensibile attraverso la parola sensibile e qui mi sembra opportuno richiamare l'immagine dell'istrice sull'autostrada che suggerisce Derrida in Che cosa è la poesia aut aut n. 235 &endash; 1990, pp. 123 &endash; 124 ... chiuso a riccio, irto di spine, vulnerabile e pericoloso, calcolatore e inetto (si espone all'incidente proprio perché, sentendo il pericolo sull'autostrada, si appallottola).
Non c'è poema senza incidente, non c'è poema che non si apra come una ferita, ma anche non c'è poema che non ferisca.
Le parole di Derrida possono, a io avviso essere una chiave di lettura ulteriore per il poema La gioia e il lutto, in quanto nessuno può negare a questi versi scarni e perfetti una forza che s'insinua con i suoi aculei sottili da bisturi nella coscienza di chi legge ma in modo tale da estirpare l'altra forma di male sottile, l'indifferenza. L'autore supera la barriera dell'isolamento in cui il condannato dall'aids si trincera, e quasi apre un sipario per conoscere gli attimi dell'addio senza violare i momenti di umanità attraverso la pietas e un nuovo amore che è poi la compassione nel senso etimologico del patire &endash; con il sofferente e per dire (pag. 40) mi sono spaventato a contatto con il suo dolere/temendo di non essere/capace affatto/ a reggere il confronto/con lui disfatto e spento/in giovinezza,/e aggiungendo angoscia/al mio violento stato/di sgomento.
Mai come in questo momento la letteratura e la poesia ha l'esigenza di essere sincere svelando nei limiti del possibile, la verità pur nelle sue forme più atroci: nella poesia di Ruffilli si riscopre la realtà della vera vita, la gioia e il tormento, la morte nella sua grandiosità maligna che si riduce ad un soffio su una candela accesa, che si spegne solo in apparenza poiché in altra dimensione, che ancora non ci è dato di scoprire, si riaccenderà, e nessuno può negare che si avverta questa dimensione misteriosa! Altrimenti saremmo animali e sconosceremmo il pensiero speculativo, conosceremmo, si, la sofferenza che pure le bestie avvertono, in quanto anche loro sentono la solitudine e la mancanza di amore ma tutto si fermerebbe lì, e sappiamo come una carezza, una scodella di cibo acquieta il più feroce fra gli animali, ma all'uomo non basta, per lui c'è dell'altro, c'è quell'afflato di divinità che lo rende soprannaturale e nel bene e nel male che altro non è se non la ribellione alla disarmonia dell'universo dove basta un nulla per scatenare una tempesta: venti che s'incrociano, livelli che si scompensano, ambiente che s'inquina... così nel cuore dell'uomo. Ma quando la poesia vera s'insinua nella mente d'un essere umano il suo spirito è pronto ad abbracciare il mondo con i suoi misteri e le sue gioie e i suoi lutti: nel suo poema Ruffilli riesce a superare la barriera che ci divide dai nostri simili.
Ma in ogni tempo, la diffidenza verso il poeta porta alla cecità spirituale o alla formulazione di nuovi dispotismi con mezzi e tecniche all'avanguardia: sappiamo come pure Platone nutrisse diffidenza per la poesia, e il poeta in particolare, in quanto ne temeva il potere irrazionale che possiede, infatti la poesia affonda le sue radici nel più profondo dell'umano sfiorando lo spirito che s'interseca con l'infinito: questa congiunzione sfugge allo stesso filosofo non ispirato dalla musa, ma può accedere, che il poeta sia anche filosofo, sfidando le stese leggi della poesia e della filosofia per come tanti grandi del nostro novecento hanno fatto (da Montale fino a Luzi); certo le polemiche sulla poesia-non poesia esisteranno finché esisterà la vita e la poesia che ad essa si lega come la morte alla nascita. I tempi ormai hanno raggiunto la saturazione del male e aggiungerei che il bene dovrà trovare altre strade per ritornare nella coscienza dell'umanità, che sembra essersi assopita nell'espandersi ottuso della tecnologia fine a se stessa: per fare un esempio pratico potremmo osservare il diffondersi dei cellulari che possono si salvare la vita nelle emergenze e in circostanze di pericolo (e che ben ci siano!) ma possono assopire l'intelligenza di quanti se ne servono per sterili messaggi fine a se stessi.
Tutti gli scritti del nostro irretiscono la mente e il cuore di chi legge per la semplicità e competenza, sia nella poesia sia nella prosa ed in modo particolare qui ci si riferisce ai racconti di Preparativi per la partenza (settembre 2003 Marsilio) racconti che testimoniano oltre all'arte, l'integrità mentale dell'autore che mette a foco i cardini dell'esistenza di ogni tipologia umana in modo quasi pirandelliano e poi personalissimo, infatti ogni racconto coinvolge il lettore che ritorna nei meandri del suo passato e ne ripercorre i tracciati ma in questo cammino a ritroso non si è soli, perché altrimenti sarebbe un risultato angoscioso tornare da soli sui luoghi delle sofferenze che tutti più o meno abbiamo conosciuto ed anche se non condividiamo le scelte dei personaggi, perché spesso sono le nostre stesse scelte che critichiamo e che abbiamo rifiutato in passato, assaporiamo a posteriori la nostra antica libertà maturatasi nei tragitti contorti o deviati da quel destino che ancora nessuno è riuscito a spiegarci.
Questo autore così sobrio ma così ricco di tematiche e di poesia, senza ostentazione &endash; pare che alzi il sipario sulle cose oscure che ci opprimono come potrebbe fare uno psichiatra con i suoi pazienti.
In Ruffilli la poesia è struttura portante di tutti i suoi scritti, e le numerose pagine di critica che da empo conoscevo ne sono pervase, ma dopo la lettura dei tre libri (Camera oscura, La gioia e il lutto, Preparatevi per la partenza), si avverte l'esigenza di conoscere tutti gli altri suoi scritti del passato e oso aggiungere del futuro. Molto ancora avrà da raccontarci questo autore e in poesia e in prosa e in tutte le altre espressioni della letteratura, poiché è già un grande: nel suo poema La gioia e il lutto non solo dell'Aids sembra aver raccontato, ma con quel suo modo originalissimo e toccante per come su ho già scritto, di tutte le sofferenze e le gioie della vita così legate fra di loro.
 

 
Tremilaottantaquattro
di Francesca Simonetti
 
Giro-giro tondo com'è grande il mondo, ma è pure cattivo perché... noi non possiamo sapere una cosa... ma siamo nel 3084 aggiungeva una bellissima bambina bionda ed altissima dai lineamenti quasi irreali, naso leggermente aquilino, occhi verdastri, capelli ricci e crespi come se un parrucchiere avesse commesso un errore nell'eseguire un'arricciatura come erano di moda nella prima parte del secolo XX; alle proteste di alcuni, una ventina fra maschi e femmine, il cui sesso s'intuiva appena dalle inflessioni della voce più che dai tratti fisici, si aggiunse una vocina di un ragazzone alto e robusto che si lamentava per essere stato riportato nel laboratorio per un aggiustamento della sua voce. I miei fattori mi volevano con una voce di cantante rock, perché avendo una discoteca da condurre mi volevano più adatto al loro lavoro, ma che ci posso fare se la mia voce è risultata così esile? Ora mi toccherà restare nel laboratorio per qualche anno di prova e poi quando tornerò nella grande villa, mi toccherà pure studiare e studiare tutti i suoni degli strumenti senza poter toccare un libro di quelli di carta che io amo tanto, aggiunse piagnucolando il ragazzone; intanto un altro allampanato ed esile si unì al cerchio per dire la sua: io lo so come si facevano i bambini una volta, l'ho letto di nascosto nel libro del mio fattore che di mestiere fa il dottomecca: racconta, racconta dissero in corso le ragazzine che pare ne sapessero qualcosa in più, come è sempre successo nel corso del tempo che le ragazze fossero più informate sulle cose della vita, ma se ci sentono ci mettono nelle cellette da soli... aggiunse un'altra ragazza dall'aria apatica ed annoiata che si divertiva a tirare sassolini in un laghetto artificiale asettico e pulito dove neppure una farfalla si posava sui fiori enormi e carnosi che sbucavano ai bordi della grande vasca.
Dalla finestra aperta giungevano suoni stranissimi e sibili di macchine in funzione, ogni tanto una donna dai rossi capelli e con un aspetto d'amazzone, impartiva qualche ordine al gruppetto dei ragazzi che giocavano nell'atrio; il luogo era circondato da un silenzio irreale e carico di elettricità in quanto ogni tanto qualche lampo squarciava il candore dell'alba di colore lattiginoso, erano le prime ore del giorno che si prospettava lungo e pieno di attività: verso le nove si andava nella sala ristoro per un controllato pasto, ognuno aveva una cartellina che consegnava al controllore di turno, vi era segnato ogni tipo di notizia adatta alla prima colazione di ciascun ragazzo che temeva soltanto un certo tipo di piatto servito freddo ed avvolto in un tovagliolo rosso, era il pasto necessario per chi soffriva di turbe nervose, per cui tutti si sforzavano di comparire più controllati, per non soccombere a quell'atroce sapore di mucillagine lattiginosa che aveva in realtà un potere benefico sul sistema nervoso toglieva infatti ogni voglia di fare baldoria o di opporsi agli ordini dei superiori che da scrupolosi scienziati cercavano di migliorare la specie attutendo ogni senso di ribellione o di rivalsa o peggio di curiosità per sapere ciò che non era consentito conoscere.
Da qualche tempo circolava una curiosità insana, fra i tanti ragazzini, di conoscere i contenuti dei pochi libri rimasti negli archivi dei controllori e che parlavano dell'antica specie umana, quando essa si riproduceva per via naturale con tutti i rischi che nascessero bambini deformi e brutti, lontani dal canone della bellezza perfetta richiesta ormai in ogni settore della vita.
Qualche notizia ogni tanto trapelava su certe isole antiche dove all'ombra di angeli vigilanti gli esseri umani vivevano, come all'inizio del tempo, ma trattavasi di oasi protette per non perdersi la memoria della specie; mentre circolava qualche altra notizia trapelata attraverso l'incursione negli archivi di qualche giovane curioso, che rifiutando o sputando la colazione lattiginosa, riusciva a conservare l'interesse sulle cose del passato della specie umana.
Le notizie passavano da gruppo a gruppo ed invano i maestri scienziati preparavano arringhe sui pericoli che la specie umana corresse per un disastroso ritorno al passato, nelle scuole-laboratorio di ogni ordine e grado era proibito lo studio della filosofia e specialmente un nome si temeva, Gian Battista Vico; certo la proibizione acuiva la curiosità in qualche giovane sfuggito al programma della cancellazione di ogni desiderio di conoscenza, di saperne di più, ma lo si zittiva con una promessa, che tutto avrebbe potuto conoscere all'università; ma all'università accedevano soltanto quei figli di maestri scienziati che avevano giurato fedeltà al silenzio e alla conoscenza senza freni, per cui talvolta una certa tentazione aleggiava pure nelle segrete stanze del potere scientifico, un'altra notizia inquietava i giovani che aspiravano ad una conoscenza senza divieti, sia grazie alla loro esigua casta, sia perché il programma di vaccinazione della mucillagine ammanata nella prima colazione dai laboratori di controllo della specie era stato ad arte eluso: era una notizia che sconvolgeva e che faceva nascere nei cuori dei giovani sentimenti sconosciuti di vendetta; si sussurrava che gli scienziati più esperti ogni tanto partissero per delle ispezioni nelle oasi protette della specie umana e che andassero per fare antiche esperienze di riproduzione naturale e che inoltre per guadagnarsi la precedenza all'accesso fossero pure pronti ad eliminarsi a vicenda con i mezzi più indolori e segreti.
Intanto i ragazzini del girotondo continuavano nei loro giochi asettici, sognando nelle loro notti, sfuggite al controllo, una festa antichissima ed in disuso da oltre cinquant'anni, quando ancora qualche comunità usava preparare una scena con antichi pastori trovati nelle soffitte di qualche nostalgico nucleo familiare, che osava rischiare forme di vita ormai in disuso nascondendosi in luoghi reconditi del pianeta.
 
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Il ragazzino allampanato del primo corso per adulti, sedici anni appena, era riuscito a sfuggire alla terapia della Gelatina restando impassibile ad ogni imprevisto-lode, rimprovero, gioco, sonno veglia, cibo privazione, tecniche di controllo naturale usate dagli aguzzini dallo sguardo glaciale, freddo ed impassibile che riuscivano ad irretire la volontà di tutti i ragazzi del corso con ogni mezzo, aggiungendo, quando era necessario, castighi con derisione e sarcasmo, giammai con mezzi fisici, troppo pericolosi per quei meccanismi che si reggevano su tessiture fragili ma efficace in quanto nella quasi totalità ogni forma di volontà veniva irretita dalla speranza malata che il mistero del loro futuro si svelasse negli anni universitari; in proposito si proiettavano brevi filmati con immagini e slogan picchianti, che promettevano ogni sorta di benessere e di divertimento: il ragazzino allampanato dal nuovo nome Buber (il suo Martin non doveva essere più usato) sembrava essere il più obbediente e il più remissivo: in realtà Buber (Martin) era riuscito a sfuggire alla generale programmazione per quegli scherzi che la natura può fare in ogni circostanza a tutti i programmatori di male che sono sempre esistiti in ogni tempo; ora si trattava per il ragazzo sfuggito alla terapia, con astuzia rara, di impossessarsi di alcune carte che contenevano formule chimiche si tentava l'annullamento delle differenze fra uomo e donna, ma solo per le masse, quel ceto sociale che era riuscito ad alzare la cresta dopo le battaglie sindacali degli anni settanta, anni ricorrenti in ogni secolo della storia, come un appuntamento segreto, forse, con se stesso. Dopo due secoli che le ideologie di stampo diverso sembravano essersi fuse per il bene dell'uomo, mentre in realtà nessuna fusione era avvenuta in quanto ognuno restando saldo nel bene e nel male nella sua identità profonda, si prestava al doppio gioco della fratellanza soltanto per ottenere favori senza riconoscere i diritti dell'altro; fu così che venne fuori una nuova classe dirigente, fiorita sul degrado degli antichi poteri, che temevano soltanto una sola cosa le forti identità, le unità, la coerenza col tempo e con la natura umana stessa che presenta sempre il conto da pagare, in qualche modo, a chi di essa si beffa. Era necessario quindi correre ai ripari per la nuova classe dirigente che pose mano a quegli esperimenti di creazione in vitro di un uomo perfetto, per togliere a quello sconosciuto Essere supremo il privilegio della creazione, spesso pure difettosa e imperfetta...
 
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Si pose mano alla creazione-clonazione, secondo le nuove tecniche nei laboratori segreti settoriando per classi e ceti, scegliendo le caratteristiche fisiche per accontentare le richieste delle nuove aggregazioni sociali, grosso modo corrispondenti alle vecchie famiglie, ma senza quei legami noiosi che portavano gli esseri umani a manifestazioni aberranti e stucchevoli di amore-sacrificio per la crescita della prole, non essendo più accettabile da parte degli Stati la spesa per l'assistenza, si omologava ogni cosa, pure il sesso del nascituro che col tempo sarebbe potuto diventare neutro-andorgino-intercambiabile-cosa anticipata nei film di fantascienza di qualche secolo precedente.
Buber essendo figlio di due intelligentissimi medici, ricercatori dell'area umanamente tradizionale, uccisi mentre svolgevano una missione di recupero per bambini portatori di handicap, in quanto troppo dispendioso risultava il loro impegno e soprattutto il loro obiettivo di recuperare e lenire il dolore, educando e rendendo sopportabile la vita dei meno fortunati; si tornava alla rupe Tarpea degli Spartani, alla selezione della specie in modo più terrificante della già triste selezione per vie naturali, auspicata nel periodo del nazismo.
 
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Fu così che alcuni medici integri ed incorruttibili cominciarono a diventare scomodi per il nuovo potere, infatti la carriera era aperta ed in salita per quanti si prestavano alle nuove tecniche di manipolazioni e misfatti per l'aggiustamento della specie, secondo i dettami della moda, ma resistevano quei medici fedeli al giuramento di Ippocrate: per essi la vita era diventata molto difficile e così partivano per il luoghi ancora incontaminati dal potere perverso, dove trovavano uomini bisognosi delle cure più elementari per la sopravvivenza, li infatti si prodigavano per lenire e curare, assistendo i più bisognosi e nelle epidemie e nelle catastrofi.
Buber aveva un suo obiettivo, impadronirsi delle tecniche più avanzate della medicina, diventare medico come i suoi genitori fingendo di stare al gioco del nuovo potere per poi fuggire in quelle terre nascoste dove ancora esistevano uomini semplici e veri che si prodigavano a lenire le sofferenze del prossimo. Il ragazzo attingeva forza dall'esempio lasciatogli dai suoi genitori e dalle lettere che rileggeva in segreto... poi anche la rabbia lo sosteneva nei momenti più difficili, ma la rabbia da sola non poteva bastare, fu l'amicizia a salvarlo! C'era infatti nel corso delle poche ragazze, ammesse all'Università, un certa Marta (ora divenuta Minerva secondo le nuove direttive) dai tratti decisi ed indecifrabili &endash; un misto di incroci fra i suoi antenati ma ancora non aveva quell'aria androgina, così prediletta dal nuovo potere, anzi sprizzava femminilità, rara parvenza nel 3084 tremilaottantaquattro! Buber intuiva come fossero necessari questi esemplari di ragazze sia per la conservazione della specie sia per contrastare il potere dominante che sperava di modificare totalmente la specie con la seduzione del denaro e con la violenza di ogni tipo./ (vessazione o torture).
 
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Si narra nelle favole circolanti che queste poche donne avessero sviluppato una tale forza di carattere ed astuzia, legate alla intelligenza, ne si potessero irretire con l'inganno o le seduzioni: la saggezza e l'intelligenza erano al massimo, insieme alla dolcezza che nascondeva una determinazione ed una forza fisica esercitata in segreto nelle palestre, con tecniche di autodifesa veramente all'avanguardia. Erano le nuove vestali della specie umana rispettate ed amate dai pochi veri uomini rimasti!
Buber e Minerva s'incontrarono nel giorno della laurea s'intesero e tacquero e fu così che iniziò il loro progetto di futuro che avrebbe sfidato il tempo ed il male con un progetto d'amore tenerissimo.
Dopo la laurea incominciarono a frequentare i laboratori segreti del potere: s'ignoravano Buber e Minerva per scongiurare sospetti sulla loro intesa ormai indissolubile. Un giorno Buber ebbe modo di ascoltare una conversazione provenire dall'ufficio privato del Rettore Magnifico sulle ricerche più avanzate.
<<Se noi riuscissimo ad annullare le differenze della specie riducendo al massimo la procreazione naturale, potremmo far fallire il progetto di questo osannato Essere Soprannaturale, che tanto fastidio ha dato nel corso della stria, nonostante l'antipotere si sia opposto in ogni modo e con ogni mezzo, in ogni epoca, ricorrente in ogni secolo nel corso della seconda metà, come un appuntamento segreto che il tempo rispettava sia in difesa dei poteri perversi che si mescolavano, per confondere i deboli, sia per iniziative buone ed umanitarie!>>
Il rettore proseguì il suo discorso con enfasi <<saremmo noi a ripopolare la terra per clonazione ed altri mezzi ancora più avanzati, che col tempo ci potrebbero portare all'immortalità!>> Buber sentì allora il tonfo della porta che si chiudeva ed il suo cuore ebbe un sussulto, ma restò fermo ed impassibile al suo posto, salutando, dopo un poco, con un sorriso i due che uscivano dalla sala della Presidenza.
 
 
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Ancora scosso per quanto aveva udito, Buber si dileguò silenziosamente dirigendosi verso le scale al piano inferiore per rientrare nell'aula dove appunto un docente medico stava dissertando sulle varie tecniche di procreazione e di riproduzione da sperimentare direttamente sugli esseri umani, con progetti di gravidanza in ambo i sessi, <<come nei film americani del 2000 rise qualcuno>>, ma fu zittito senza alcuna gentilezza e con toni piuttosto rudi.
Il docente continuò con più enfasi sulla opportunità delle gravidanze maschili essendo gli uomini meno esigenti delle donne &endash; una voce nel pubblico osò contraddire, Minerva sussultò nascosta com'era nelle ultime file e intenta a prendere appunti, non aveva visto il suo Buber impassibile e taciturno, e quindi per un attimo ebbe paura: chi altri avrebbe avuto il coraggio di ribattere? Si accorse con sollievo che era stata una bravata d'un gruppo di ragazzi vicini al potere, ragazzi che spesso ricevevano viaggi premio per le isole sperdute nel pacifico, dove pochi esemplari di esseri umani venivano conservati, come scimmie nelle riserve per non perdersi la memoria della specie.
La ragazza ebbe paura, per un attimo, poi il suo amore ed il suo coraggio prevalsero e restò immobile nell'attesa di alcuni gruppi di volontari, ancora umani ed incorrotti, la sera avrebbero portato notizie di altri gruppi operanti in altre università e che cercavano nuove vie e nuovi mezzi per abbattere, senza violenza, il potere aberrante dei pochi.
 

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Ins. 26-11-2006