Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
racconto di
Enzo Bazzoli
 
IL SOGNO
 
Siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio. Ma potrebbe essere anche il contrario, se non fosse per la fede. Anzi, dalle scempiaggini che escono dall'umanità intorno a questi argomenti, la seconda ipotesi è la più accreditata. Qualcuno dice che sono in Tipo Strano. "..Sarebbe?" chiedo io." Boh?.. Non lo so. Così...così." mi rispondono.
Avevo un'acquisizione quasi mnemonica di capitoli, paragrafi, versetti di tutte le sacrosante scritture. "Vado" in chiesa la domenica e qualche volta prego. Preghiere truccate per lo più. Come tanti ( non dico tutti), io penso che Dio non se ne accorga, (ma più spesso sono del parere che la pensi come me). Anzi, mi sono convinto che, da sempre, una delle cose più truccate al mondo, sia proprio la preghiera e le religioni. Quale che sia il dio che debba sopportarne i trucchi.
Provate a pensarci.
 
Io mi considero un credente medio. Questo non vuol certo dire che io creda davvero. Oh Gesù!..
"Credere conviene. Se Di Là non ce niente, neanche te ne accorgi. Se c'è, e non sei stato credente, beh... allora sei fottuto". Lo diceva Pascal.
Mi sembra di vedere un Dio calvo e barbuto, con una spalla appoggiata allo stipite della porta del Paradiso, che dice al mio inseparabile amico ateo, con un ghigno di vendetta che gli storce il viso maestoso." Cu-cu.. Sei fregato!" E a me, credente pinzochero :" Che fai lì bacchettone! Entra, dai... c'è il bucato dei cherubini da fare oggi, su dai!".
 
"Dio nessuno l'ha mai visto". Così sta scritto. Perciò io me lo immagino a mio piacimento.
Se non fosse per la diversità di religione, non notereste nessuna differenza tra me, un indù, un parso, o un animista. O un ateo.
Sarebbero quasi tutti migliori di me, ne sono sicuro. E non lo dico per umiltà, oh no, ..io me ne frego dell'umiltà. Gran parte delle virtù che mi si attribuiscono, sono abili giochi di prestidigitazione morale. Finirebbero come legna sul fuoco se non potessi mostrarle a qualcuno. Per lo stesso motivo, so celare con affettazione i miei vizi.
Ciò che conta per me, è essere considerato un uomo "Come-ce ne-vorrebbero-tanti", ma preferisco la traslitterazione "Come-ce-ne-sono-pochi". E' più elitario. Più incisivo. Più dominante.
Io sono essenzialmente un ipocrita. L'ipocrisia è come acciaio temprato dentro il basamento dei miei vizi, ma anche il sipario di morbido velluto che nasconde tutti gli altri.
I motivi che mi spingono a elargire beneficenze, non valgono gli elogi che me ne vengono. Ma anche la beneficenza ha la sua importanza nel mio vitae ratio, il mio personale stile di vita.
Il mio punto alfa è il Profitto. Il mio omega il Potere. Quale non importa. Mi sembra giusto: sono un uomo concreto, non un etereo idealista.
E' essenziale che conosciate queste mie... diciamo, caratteristiche, per capire quanto mi abbia toccato il sogno che ho fatto.
Molto sommariamente... io sono fatto così.
Ero così.
Adesso non so più neanche come sono. Men che meno come sarò. Forse..
Lo psicologo accademico è perfettamente libero di non prendere in considerazione i sogni.
Io incomincio a credere invece che sul film delle nostre visioni oniriche sia racchiuso un potente valore simbolico, che traduce - per chi le sa leggere - le ansie, le angosce, le paure, dell'uomo moderno. I suoi impulsi e le sue inibizioni.
Io ero ( sono?) superstizioso e ne sono rimasto impressionato. Turbato.
Mia moglie attribuisce il tutto alle troppe energie mentali e fisiche che dedico al lavoro.
Io non la contraddico, ma non è vero; non sa cosa dirmi e ha paura per me perché sono diventato cupo e parlo poco. Le avevo parlato del sogno, ma in termini molto vaghi. In un primo tempo non mi aveva creduto. Poi, alla fine, cambiò idea.
Sono passati tre mesi da quando mi capitò quella "cosa", ora siamo a dicembre, ma non riesco a dimenticare.
Per tutti questi giorni, il sogno è stato il mio martellante ordine dl giorno. E dire che, il suo simbolismo, era più che evidente.
Ero un tipo allegro fino a qualche mese fa, forse anche simpatico
Ora tanti mi evitano. Mi fa piacere; mi risparmiano l'onere di farlo io.
Sono diventato antipatico anche a me stesso.
Attualmente sono disoccupato perché ho mandato al diavolo il mio datore di lavoro. Ha settantacinque anni e non è cattivo. Sono io un po' stamburato di questi tempi.
Mi ha detto che se ho le paturnie, è meglio che me le faccia passare. Io gli ho risposto di non rompermi le palle, di andare a farsi fottere e che è una testa di cazzo. Poi ho rovesciato la scrivania con su il computer e me ne sono andato, incrinando il vetro della porta. L'ultimo ricordo che ho di lui, è la sua pancia che sussultava per un principio di soffocamento per la bile che gli era andata di traverso.
Poveretto! dopotutto non ha che i soldi... Io, nemmeno quelli e non m'interessa di averli.
Lo psicologo, da cinque sedute, mi ripete la formula standard. Dice che soffro di una forma depressiva derivante da stress. Finge di non credere ai sogni perché non sa spiegarli né vi coglie simbolo alcuno. Mi chiedo se capisce il senso di quando uno dice "credere ai sogni".
Riesce a mostrare la sua imbecillità persino a chi va da lui per farsela curare.
Ho smesso di andarci: mi è stato almeno utile vedere che c'è gente che sta bene perché non sa di star male. Come quel contadino che era contento di fare il contadino perché non aveva nessun trono da rimpiangere.
 
Visitai le torri del Word Trade Center il 4 settembre 2001 in occasione di una vacanza in compagnia di mia moglie. Dal tetto, per un attimo, mi sentii pervaso da un senso di potenza. Puerile potenza.
Le persone sotto di me, erano formiche pervase da una sorta di ridicolo moto continuo. Dal Gran Canyon, la mancanza di vita sotto di me, mi aveva fatto sentire una formica immobile in un mondo senza moto, statico e illogico e incredibilmente stupido.
E questo è il sogno.
 
Il tetto di una delle torri gemelle è avvolto in una cupola di nebbia. Ho la sensazione di trovarmi in una sala absidata di una chiesa romanica. Al centro del padiglione , io sono seduto su un sgabello di legno. Indosso un sanbenito, il saio fatto indossare ai penitenti al tempo dell'Inquisizione. Il rozzo sacco è tutto cosparso di cenere e contraddistinto da due croci gialle, una davanti e l'altra dietro. Il pavimento è di marmo bianchissimo, in contrasto con il maestoso coro di legno nero disposto a semicerchio sul fondo del padiglione di fronte a me. Magnifici stalli con intarsi zoomorfi raffiguranti mostri mitologici, fanno da cornice a un banco posto al centro, pure di legno nero. Dietro il banco, al centro del coro, si stagliano nitide delle figure. O piuttosto, delle abominevoli mostruosità.
Un enorme cartellone a forma di mezzaluna con una stella racchiusa al centro, con la scritta INQUISIZIONE SANTA in caratteri gialli, oscilla sulle loro teste come una scure minacciosa. Dietro il banco, a partire dalla mia sinistra, su una sedia nera, vedo un polipo gigantesco. Dal punto dove convergono i tentacoli, si erge una maestosa testa di leone con i canini che si estendono fuori dalle fauci, fino a formare due zanne a forma di scimitarra. Nella figura nuda che siede a gambe incrociate accanto al mostro, riconosco la dea Kàli, il cui idolo vidi più volte in un tempio indù. La sua figura è tanto orrida quanto sensuale. Le sue quattro braccia ondeggiano eleganti. Le mani bellissime volteggiano sinuose come ali di un fenicottero in volo. Il suo viso è splendido e spaventosamente crudele. Dalla bocca le fuoriesce una rossa lingua insanguinata che si allunga per tutta la lunghezza del padiglione fino a toccarmi il viso. Io cerco di schivarla inorridito, ma allo stesso tempo trovò piacere al suo contatto. Un coniglio con la testa umana, siede accanto alla dea; è grosso come una capra. Noto che ha sei zampe simili a quelle dei ghepardi. Sulle due zampe anteriori, porta un paio di calzari alati. Il quarto degli inquisitori, l'ultimo, è un grosso serpente acciambellato sul banco. Dalla pelle viscida, cosparsa di pustole, fuoriesce un liquido giallo oro che la dea lecca avidamente. E' la figura più inquietante. La sua testa è umana. Nel suo viso riconosco i lineamenti di Ghandi. Il Mahatma Ghandi.
Io tremo di paura. Non posso staccare lo sguardo dalla faccia del serpente che si sta rizzando sul banco. Dalla bocca senza denti, esce ad intervalli la lingua biforcuta. Sento che mi sta per dire qualcosa. Mi stanno condannando.
" Questo è l'ultimo giorno! Cadrà la Torre! e tutti con lei!" sibila la voce del serpente col viso umano. " Quanta sabbia hai venduto, tu, spacciandola per calcestruzzo? La sua voce è un sibilo. Io ho la sensazione che tutti i serpenti "parlino" in quel modo.
Succede una cosa strana. Mentre parla, mi accorgo che lui sta diventando me. Ora non è più il mostro a parlare. Al banco degli inquisitori, al suo posto, ci sono io.
La visione che ho di me è speculare, come se mi vedessi nello specchio. Seduto sullo sgabello c'è lui, il ripugnante rettile con la faccia deformata da un ghigno beffardo. Con la lingua biforcuta si strappa gli occhiali e li ingoia. La lingua sibila di nuovo, la infila fulminea nelle cavità orbitali e, uno dopo l'altro, si strappa gli occhi e li ingoia. La lingua di Kàli saetta repentina leccandogli avida i liquidi che scendono copiosi dalle occhiaie vuote.
" Tu sei L'Ipocrisia. Hai sempre distribuito carezze, ma dentro si celavano coltelli; baci con dentro veleno!" Sono l'inquisito e l'inquisitore. Sento la mia voce imperiosa che accusa e il peso del giudizio su me stesso. A questo punto il serpente svolge le spire avvolte tutt'intorno allo sgabello, si alza in volo e sparisce avvolto nella cupola di nebbia.
Mi rivedo seduto sullo sgabello. Kali si alza, mi fissa con occhi fiammeggianti e, mentre la sua lingua cremisi si avvicina minacciosa alla mia faccia, la sento dire qualcosa in hindi che, nel sogno, io riesco a comprendere: "Quanto cemento hai sottratto, lasciando solo sabbia?". E' lei che incomincia a parlare, poi di nuovo mi rivedo al banco degli inquisitori.
La diabolica divinità la vedo sullo sgabello dove prima sedevo io.
La sensazione e la stessa della precedente: mi vedo parlare e nelle forme della divinità indù.
"Tu sei L'Avidità" sentenzio io, " hai bevuto sangue senza mai dissetarti e mangiato carne senza mai saziarti. Il popolo dei Senza-Sangue e degli Scarnificati vuole vendetta".
Vedo il bel viso della dea trasformarsi in un sorriso terrificante, le sue membra incominciano a sciogliersi affastellandosi in un mucchio di arti e poltiglia sanguinolenta.
Stessa scena con il coniglio dalla testa umana con sei zampe da ghepardo
Io sono sullo sgabello. Il coniglio si erge sulle gambe posteriori dallo stallo dietro il banco.
Le quattro gambe anteriori ciondolano inerti come pezzi meccanici dotati di giunti cardanici. I suoi occhi mi guardano vuoti e insulsi, come acini d'uva schizzati dal guscio. Le sue labbra leporine si muovono senza tregua. D'un tratto spalanca la bocca: è' come una breccia dentro un muro. Nel buco orale, come sequenze di proiezioni in dissolvenza, vedo gente che fugge, mentre altra invoca di essere aiutata, prima di venire ingoiata in baratri che si aprono nella terra.
Mi dice: " Tu lo sapevi che c'era solo sabbia! Lo sapevi! E' stata la .." " ...paura. Paura!" Sono io, nelle mie sembianze umane, a pronunciare le ultime parole. Il coniglio-mostro è accoccolato sullo sgabello. Allungo il braccio e punto il dito accusatore: " Tu sei la Viltà! Ti definisci un uomo di pace! Ma dentro la pace nascondi la tua vigliaccheria! Manifesti pace per paura della guerra, non per amore della pace! Quanti hanno combattuto al tuo posto per te che scappavi? Vivi con la vita di coloro che sono morti al posto tuo!
Lo vedo alzarsi e fuggire velocissimo a testa in giù con le sole due gambe dotate di calzari alati.
Un rombo, simile al rullare di un tamburo va diffondendosi in un pauroso crescendo. Mi sembra di vivere in un atmosfera simile a quella descritta nell'Apocalisse. Cori di voci intonano arie che si fondono in una cacofonia tremenda.
Il suono diventa insopportabile. Le orecchie incominciano a sanguinare: sento che sto soffocando. Tutto il mio corpo è stretto in una morsa. Ora il suono del tamburo è diventato insostenibile. Il padiglione è invaso dagli strepiti dei cori. Mi stanno stritolando; voglio urlare ma non posso; la voce mi è schizzata fuori dai polmoni assieme all'aria. La mezzaluna con la stella oscilla minacciosa a pochi centimetri dalla mia testa.
E' lui, il mostro con il corpo di polipo e la testa di leone zannuta, che mi sta uccidendo.
Mi avvinghia nei suoi schifosi tentacoli e stringe, stringe; le mie ossa scricchiolano come borsine di plastica strizzate tra le mani; il sangue mi esce a flotti dalla bocca. Sto morendo. Sento la colonna vertebrale rompersi con il rumore di un bastone secco che si spezza. Mi affloscio; il mostro mi avvolge la testa nelle sue fauci. Avverto un odore di cadavere mentre le sue zanne mi penetrano lentamente nel cranio. Sento il suo sibilo. Le sue parole che rintronano alte nella cupola: " Io sto in Alto e in Basso;" sento che sto per morire "...domino da aurei troni e umili sgabelli.." continua il mostro. " Ogni mio atto è violenza. Ogni mia violenza è un atto di potere. Io, sono io, il Potere.!" Fa una pausa: E con voce isterica urla. " Ora la sabbia è asciutta! L'ora è giunta!"
Il cuore mi batte forte e sudo abbondantemente. Lo avverto quasi a livello conscio. Mi sento sprofondare in una sensazione di vertigine sulla Torre che si affloscia lentamente in un fragore indescrivibile. Polvere , fumo, rombi e urli di morte mi scuotono. Ghignanti sopra di me che precipito, vedo i mostruosi inquisitori che danzano nell'aria come folletti. Ognuno tiene una pergamena, e su ognuna vedo una scritta. Sulla pergamena del serpente leggo " IES UT". Su quella del coniglio " OMOU NU". Sulla pergamena della dea " ARREUG ID".
Mi sveglio. Mia moglie accanto a me è Kali. Lo spavento per il mio agitarsi le aveva reso il viso simile alla dea del sogno.
 
Io non ho mai posseduto una grande memoria. Stranamente ricordavo però le parole che avevo visto nel sogno e le trascrissi in stampatello su un foglio bianco 4x4 che tenevo dentro il comodino.
Mi chiedo ancora oggi come ho potuto ricordare. Avrei potuto memorizzare due, forse tre parole nella mia lingua o anche in una lingua straniera che conoscevo, ma nelle sconclusionatezze linguistiche che io avevo visto nel sogno, non vi era alcun nesso con nessuna delle lingue parlate sul pianeta.
Mia moglie disse che forse potevo tentare di scoprire una chiave per tentare una vincita al lotto.
Furono quelle parole a mettermi in crisi. Non quelle di mia moglie. Quelle dei mostri.
 
Io sognai la notte tra il 10 e l'undici settembre 2001.
Il pomeriggio dell'11 settembre, finito il pranzo mi misi sul divano.
Era l'una e un quarto. Ero stanco per la tribolazione della notte.
Il foglio stava lì davanti a me. Mia moglie sorseggiava la consueta tazza di caffè del dopo pasto. Con la mano libera mia moglie prese il foglio, se lo pose davanti agli occhi osservando la scritta con blando interesse, tra un sorso di caffè e l'altro. La luce proveniente dalla finestra dietro di lei incideva sul foglio e si rifletteva sul suo viso, illuminandolo. Fu allora che capii.
La scritta mi appariva chiara sul foglio illuminato. Chiara, perché, vista in trasparenza, come io la vedevo, le parole apparivano al contrario. Si leggeva: " TU SEI - UN UOMO - DI GUERRA".
Fu questo che mi sconvolse. Questo, e i cinquemila "vivi" dentro le Twin Towers che di lì a qualche minuto sarebbero stati "giustiziati".
Il tripudio, l'esultanza e la pubblica resa di grazie a Dio, da parte di interi popoli, per aver aiutato i suoi fedeli nella buona riuscita del massacro di cinquemila persone, mi ha lasciato indifferente.
Nulla al mondo è più truccato della preghiera e della religione.
Provate a pensarci.
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14-05-2002