Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Racconti di
Dionisio Del Monte
 
Solitudine
 
Lo spaventava la solitudine, poiché era introverso e difficilmente tralasciava di riflettere sulla sua non brillante situazione, quando era solo.
Rimpiangeva soprattutto le innumerevoli occasioni perdute con le ragazze a causa della sua eterna timidezza, per quanto almeno una volta avesse avuto rapporti sentimentali con Assunta conosciuta a Formia durante una sua lunga degenza in una clinica privata di cui ella era la cuoca. Era stato lui a lasciarla, in quanto venne a sapere che era stata fidanzata di un altro degente prima di lui e quando la possedette la prima volta gli aveva detto: "Non mi importa se non ci sposiamo!"
Si paragonava con gli altri uomini più fortunati di lui, con i giovanotti disinvolti e brillanti, non solo quelli visti al cinema o alla televisione, ma anche nella vita. Invidiava in particolare un professore calabrese di matematica, che era con lui nella stessa pensione e che, dando lezioni private di matematica a una bella ragazza studentessa in una stanza messa a sua disposizione dalla signora Elvira, la padrona della pensione poteva anche, volendo, baciarla e abbracciarla di tanto in tanto, per quanto avevamo saputo da qualcuno che li aveva evidentemente veduti.
Chiunque può immaginare quanto fosse triste e vuota la sua vita, specie nelle domeniche quando difficilmente andava al suo paese distante oltre novanta chilometri.
Poiché la vita non gli sembrava degna di essere vissuta così, più di una volta ebbe la tentazione di farla finita. Per fortuna però la superò sempre, volendo vedere come sarebbe andata a finire. Non si rassegnava infatti a pensare che solo per lui non ci fosse prima o poi un po' di felicità.
 
tratto da "I miei 22 racconti" (Il romanzo della mia vita), Gabrieli Editore, Roma, 1997
 
 
 
 
Sapori antichi
 
In una trasmissione di Raidue che va in onda la mattina alle ore nove circa e che si intitola 'Pantera Rosa' la conduttrice Patrizia invita gli ascoltatori a telefonare e raccontare in diretta la loro testimonianza in fatto di sapori e odori della propria infanzia, del loro luogo d'origine o che comunque siano rimasti particolarmente impressi nella loro memoria.
Un'ascoltatrice ha raccontato che da bambina la nonna le faceva il pane e zucchero con un po' di vino (il pane raffermo va inzuppato con l'acqua).
Un'altra ascoltatrice ha parlato dei 'Rametti' che si facevano a Canicattì e così via.
Io avrei voluto raccontare la mia esperienza in diretta in fatto di sapori e odori antichi, ma essendo in vacanza in Calabria nella nostra seconda casa sprovvista di telefono non ho potuto. Né posso farlo quando rientro a Brembate di Sopra dopo le ferie, poiché la trasmissione va in onda in un'ora in cui io sono già andato al lavoro.
Ecco allora che affido a queste pagine la mia testimonianza sui sapori e sugli odori della mia infanzia o sui ricordi in fatto di cibi, alimenti o ricette che mi sono rimasti particolarmente impressi.
Una cosa che ricordo con particolare intensità è la fetta di pane con la mortadella che compravamo da Arturo Del Monte con 50 centesimi dopo il catechismo e prima di andare a scuola elementare alla Madonna delle Grazie che dista molto dal paese e che noi raggiungevamo a piedi, tagliando attraverso una scorciatoia molto scoscesa per non arrivare tardi a scuola.
Anche adesso spesso e volentieri chiedo panini imbottiti - o meglio pane casereccio campagnolo - con mortadella Bologna, quando capita di dover mangiare fuori casa.
Un altro aroma che mi è particolarmente caro è la mentuccia (o menta romana) che mia madre mi mandava a cercare sotto l'orto di casa nostra o nei dintorni, quando doveva cucinare le lumache alla romana, in cui è indispensabile la menta romana o mentuccia, detta altrove mentastro o menta selvatica o nipitella.
Una cosa a me particolarmente cara e che mi ricorda l'infanzia sono i tagliarini (o tagliatini) e le lasagne fatte in casa con o senza le uova. I tagliarini si facevano per lo più con i fagioli o in brodo ed erano un piatto quasi giornaliero.
Le lasagne si facevano più raramente, quasi esclusivamente nei giorni di festa e durante la festosa e faticosa mietitura. In particolare ricordo un piatto di lasagne fumanti che, per gioco, dovevamo mangiare fuori casa con forchette di legno improvvisate da ciascuno lì per lì. Io me le facevo con dei rametti a forcina tratti dal nocciolo che erano a portata di mano, giacché questa pianta non è molto alta e ne potevo raggiungere i rami bassi, senza dovermi arrampicare.
Sapori rari, sapori antichi.
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Inserito il 27 aprile 2000