LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Cristiano Comelli
Ha pubblicato il libro
Cristiano Comelli - Ruscelli di emozioni



 Collana Le schegge d'oro
(i libri dei premi)
14x20,5 - pp. 112 - Euro 9,50
ISBN 978-88-6037-5452


In copertina «Cascate della Sciaffusa»
fotografia dell'autore

Pubblicazione realizzata con il contributo
de
IL CLUB degli autori in quanto l'autore
è 4° classificato nel concorso letterario
«Città di Melegnano» 2004 sez. poesia

Prefazione
Poesie

Prefazione
 
"Penso dunque sono" affermava il filosofo René Descartes, padre della filosofia moderna e della geometria analitica. Il pensiero è in effetti il nostro respiro invisibile eppure così presente, quello che, durante la giornata, ci ricorda tutta la magia racchiusa nell'essere uomini che non si lasciano avviluppare da frenesie, qualunquismi, indifferenze e accettano di sdraiarsi su un prato dorato di inespresso. E che, a contatto con quell'inespresso, finiscono per subirne il fascino, fino a voler tentare di esprimerlo. Il bello è inesprimibile per definizione, è come una tangente che non arriva mai a toccare la curva sul piano cartesiano. Ma proprio in quanto inesprimibile lascia lo spazio a mille differenti manifestazioni di pensiero, cosicché esce dallo stato di indefinitezza in cui si trova per ricevere, ogni volta, una multiforme compiutezza. Sono contento di avere accettato, ormai diversi anni fa, l'invito a cena di una piccola parola chiamata poesia. Come una vera amica, che nulla mi chiedeva se non di offrirle me stesso in tutta la mia autenticità e senza infingimenti, mi ha preso la mano e mi ha sussurrato: "se vuoi conoscere la bellezza della realtà, vorrei che mi concedessi di essere il tuo lume discreto, silenzioso ma sempre presente, io sarò quel lume, poi la direzione la decidi tu". Ma pensate quanto sia bello pensare che, per cogliere il pieno di ogni giornata, basti accendere quel lume che regna in ognuno di noi. Non è immaginazione, è la realtà. Ed è bello anche pensare che, grazie a quel lume, un angolo nascosto di noi stessi o di quanto ci circonda, giorno dopo giorno, possa essere meno misterioso perché pienamente scoperto. Così nasce "Ruscelli di emozioni" che si affianca ai quattro fratelli venuti prima di lui in un'ideale comunione di intenti, in una continuità di pensiero e di sentimento a cui tengo con ogni spicchio di cuore. Nella consapevolezza del fatto che la poesia è "una spada di zucchero che fende ombre ignote". I concetti che sono espressi in queste poesie hanno tutti dei padri che desidero ringraziare di tutto cuore. Padri che si chiamano persone incontrate per via, magari una volta soltanto, ma capaci di trasmetterti quella magia che solo sa essere la compiutezza di ogni individuo, ma padri che si chiamano anche pensieri venuti a visitarmi nello spazio di un battito di ciglia. Come a volermi dire: noi ti abbiamo dato un segnale, un suggerimento, adesso non lasciarlo cadere nel vuoto. La raccolta la dedico in particolare ai miei nonni, materni e paterni. Quando guardo il cielo, vedo sempre una scia di luce che mi porta direttamente a loro. E li ringrazio di continuare a esistere in qualche stella.



"Che cosa è la poesia? Non chiedermelo più, guardati allo specchio, il poeta sei tu". Ho voluto trarre questa frase da un film di Roberto Benigni perché la considero l'essenza più pura del comporre versi. Forse davvero per fare poesia bisogna in primo luogo avere un grande desiderio di conoscersi. Se desideriamo conoscere il mondo, non possiamo esimerci prima dal conoscere noi stessi. Così avremo un alleato saldo alla scoperta di quanto è ignoto, e l'ignoto ci spaventerà meno. Credo che in ognuno di noi si nasconda un poeta, intendendo con questo termine innanzitutto un porsi alla vita con l'eterna, rinfrescante, godibile, irrefrenabile gioia della scoperta. Di quel "gnoti seauton", ovvero "conosci te stesso" che il filosofo greco Socrate seppe incarnare così bene con la propria esistenza. Conoscersi è, potrei dire, la massima forma di altruismo. Perché aiuta a comprendere quanto ci si può dare agli altri e ad aggiustare continuamente il tiro su questo concetto di rilevanza centrale. E ci si conosce anche attraverso le parole. Parlando mi spiego con me stesso e posso spiegarmi meglio al mio prossimo. Così mi metto in condizione di amarlo e lo metto in condizione di amarmi. La poesia sa che non riuscirò mai a saldare il debito di riconoscenza che ho nei suoi confronti. La poesia è talmente vasta da saper perdonare anche la debolezza del mio essere uomo. La poesia ha una tale apertura d'animo da lasciarmi libero di reinventare la realtà attraverso i miei sensi e le mie parole. La poesia è il paio di occhiali che inforco quando la mia superficialità non sa vedere davvero le cose. Per questo le dico grazie per esserci, ed esserci così.
 
Ruscelli di emozioni

 
1.


Guarda nonno
il pallone che i tuoi piedi
accarezzavano quando eri un timido ragazzo
sorride appagato
dinanzi ai tuoi maestosi capelli bianchi.
Vuol farti comprendere
quanto lo facesti sentire importante
spingendolo in porta
mille e mille volte
migliaia di piedi se lo contesero
e lo possedettero
ma i tuoi seppero anche amarlo.
Ora il tuo sguardo rivestito di stelle
sta dicendo a quello stesso pallone
di insegnare a tuo nipote
a scorgere le autentiche emozioni
racchiuse nella conchiglia dello sport.
I suoi piedi, le sue scarpette appena acquistate
profumano dei tuoi ricordi di sportivo vero.
Guarda, ha indosso la tua maglietta
che il colore
nonostante il veleggiare irrefrenabile dei giorni
non ha abbandonato.
È il suo modo per ricamarti un grazie
per averlo condotto al sentiero del calcio
e avergli insegnato
che ogni partita
insegna il valore cristallino
dello sfidarsi per crescere.



2. A DON ORESTE BENZI


Dio mi ha donato dita fragili di cristallo
per plasmarvi carezze profumate
del Vangelo che non tradisce
Dio mi ha regalato
respiri instancabili di passi
per rincorrere e rimuovere
il dramma delle donne
il cui corpo è divenuto
un carcere di carne
per uomini indegni
di indossare la pelle degli uomini.
Dio ha mandato
dinanzi al mio semplice sguardo
un fascio di pennelli
ammantati di eternità
da affidare alle dita rattrappite
di poveri, sofferenti, orfani di speranza
perché disegnino sulla lavagna dei loro giorni
la sagoma seducente d'una vita nuova.
Dio mi ha reso
mondo del suo mondo
perch'io potessi essere
davvero nel mondo
a raccogliere i fiori spuntati
da lacrime di bimbi abbandonati
per accendere in loro
l'orgoglio di un'identità divina
tutta da scoprire e da gustare.
Dio mi ha dato ora
l'ombra rinfrescante di un riposo
da cui posso sussurrare agli uomini
che la vita ha senso soltanto
se saprai essere sorriso
per chi non ha mai potuto sorridere.



3.


Cammino in un concerto
ricamato da sfuggevoli battiti
di farfalle rivestite
di argentea pioggia.
La mia identità
mi chiede tremebonda
di potersi fermare
dinanzi alle lacrime di un ruscello
per scoprire per sempre
la soavità dello specchiarsi.
Una brezza ansimante
mi ruba una ciocca di capelli
e stringendo la sua mano d'avorio
a un sole che gemeva
per avere smarrito la luce
cesellò
con l'incerta certezza di un pittore
l'ombra della donna
che sempre amai senza conoscere.
Il prato si libera
dalle catene pesanti delle mie suole
e concedendosi in sposo
a fruscii mattutini
raduna le primule
in una danza senza tempo.



4. NAPOLI


Napoli
serenata di perle
disegnate dai respiri della magia
fiera figlia
cesellata dal ventre di Partenope
ti concedi sorridente
al mare che ti chiede in sposa
e ti regala il golfo
come sfavillante, dorata casa
del vostro amore imperituro.
Napoli
culla di passi sempre bimbi di Pulcinella
veste di seta finissima
ricamata da versi di timidi poeti
sorgente dell'acqua pura della musica
da cui si dissetano gli animi eletti.
Strizzi l'occhiolino
a una lingua di vento
incarti il Maschio Angioino
tra due nuvole di cristallo
e ne fai strenna al mondo
mentre i tuoi vicoli
come esili libri di storia
custodiscono il profumo inebriante
delle note di un mandolino.



5. A IVAN GRAZIANI


La chitarra ruggiva
come una spavalda ma dolce signora
sulle note di metallo
che le tue dita le concedevano in spose.
Voce protesa
verso l'ultimo strato del cielo
tra i fasti profumati
della storia di Firenze
e l'ondeggiare palpitante
del lago di Lugano
abbracciato in un addio.
I disegni di canzoni
coccolati dalla brezza
e Agnese che sul manubrio sedeva
a intonare nenie delicate
come cristalli di Boemia.
Il sogno della musica
e gli occhi vestiti d'amore di Anna
poi un mostro deforme
che mai ad alcuno si rivela
invase le tue membra fiere
fino a spezzare il tuo ultimo suono.
e tu salisti
sull'ascensore per il blu
dolce Ivan
laddove una processione di cherubini
ha messo sulla tua musica
il timbro dell'eternità.



6.


Non so sottrarmi
allo sguardo magnetico che promana
da quel minuscolo crocifisso vitreo
che coccola e custodisce
lo scomposto destino degli uomini.
La sofferente nudità di Cristo
disegna il mio desiderio di rinascere
invitandomi a scorgere in lui
il porto sicuro
per la mia lacerante incompiutezza.
La corona di spine
a scoprire mi esorta
la mia verità di uomo
tra i pezzi di vetro della sofferenza
che talora calpesto
con i piedi nudi
Mi invita a benedire
il dolce esilio del perdersi
per poi sapersi sempre ritrovare
inebriati da carezze di fede
che inondano la vita degli uomini
senza lasciarli annegare.
La scia di luce
di un esile astro
dà forma a una mano dorata
che mi dona il corpo di Cristo
e mi svela
lo splendore dell'eternità.



7.


Una brezza di nascente primavera
addormenta i miei pensieri di vetro
e ad aprire mi esorta
quella valigia di sogni incompiuti
che da sempre porto
in giro per il mondo.
Uno di essi si librò in volo
e, appoggiandosi su una nuvola di cera
mi chiese di dedicare
una serenata sublime
a una pioggia timida e insicura
che temeva di concedersi
alle braccia di una natura indifferente.
Per una notte intera camminai
un albero ormai consunto dal tempo
mi chiese di donargli l'illusione
di una vita non macchiata dalla morte.
Fui per lui ramo, foglia e linfa
e scoprii quanto inebriante fosse
amoreggiare con i palpiti della natura.



8.


Mi lascio imprigionare
dall'inquieto ma impalpabile rumore
d'un gladiolo che sta
per regalarsi all'esistenza.
Il suo suono sublime è un cancello
di cui non possiedo la chiave
per aprirlo e farvi entrare
i miei acerbi pensieri di fanciullo
nel regno immobile ma sempre nuovo
di un inesprimibile inespresso.
Ma il gladiolo mi mostra
il suo calice dorato e sottile
che racchiude il pane della natura
che solo sa sfamare
le anime immacolate.
Da esso esce
lo zucchero filato di una nuvola
che seduce le mie non più rassegnate labbra
esce un bagliore di sole
ormai schiavo del tramonto
che trasporta come su una carrozza
la foto più preziosa
del mio primo amore
escono quegli impauriti baci
rimasti intrappolati
nella ragnatela delle mie intenzioni
esce l'essenza di un esistere
che non saprà liberarsi di me.



9.


Un ruscello ammantato di ruggine
tende le sue braccia rattrappite
a una montagna che più non lo ama.
mentre i millenni che lo bagnarono
preparano la sua tomba
in un prato disadorno.
I rami degli allori
si flettono per accarezzarlo
e più non trovano ormai
che il corpo di una rondine d'argento
il cui volo fu spezzato a morte
dal tremulo gracidare
di una doppietta.
Ma tutto si rituffa
in un azzurro gemito d'armonia
quando una farfalla rinchiude le ali
in una piccola teca di cristallo
e le consegna orgogliosa al cielo
perché vi plasmi
un'esistenza nuova.



10. DEDICATA AI CARABINIERI


Ancora batuffoli, sospinti da respiri inconsapevoli
nel nostro cortile povero e spoglio
ci innamorammo della stessa donna
negli impeti adolescenziali
la disegnammo nei sogni
con i primi ciuffi di barba
che fiorirono sui nostri visi
la stringemmo forte nella mano.
Il suo nome inebriante era giustizia
e ci volle possedere entrambi
per preservare e diffondere la pace
tra le ombre dei nostri simili.
In un Natale
che fece l'amore con la neve
decise di cucirci sulla pelle
due luccicanti divise
ci strinse in un abbraccio senza tempo
e sulle nostre labbra così scrisse:
"Camminate per il mondo con aspetto fiero
vi darò per compagno mio figlio dovere
che da quando da me nacque
protegge e benedice
l'anima di ogni carabiniere".



11. INCANTESIMO DI INDIANI


Un tenue fuoco
intona nella sera
una nenia d'amore
per le lacrime di cristallo
di un pellerossa
mentre la luna
ancella trasportata
dal carro di una preghiera
gli si concede in sposa
abbracciandolo
e gli si offre come tenda
per far riposare
le sue membra di velluto.
Una stella regala
la sua ombra al lago
e gioca a rimpiattino
con i respiri delle montagne
mentre una carezza
ricamata dai tamburi
gli ricorda la tribù
che partorì il suo sangue e il suo respiro.
Solo un graffiante canto di lupo
sembra squarciare il velo
di un'atmosfera tra reale e onirico
ma dal tenue fuoco
emerge imperiosa
l'immagine di un Dio a lungo negato
e sale in passerella
la dissolvenza dei contrari
rivestita d'armonia.



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Ins. 17-05-2008