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LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
  Poesie di
Clelia Tomaselli

Da "Sull'asprezza del crinale"



Incerti trampolieri
i ricordi
sul crinale del tempo
urtano
fragili verità
Lame di dubbi trapassano le certezze
Serrate le valve
la mente
delusa trattiene
sdruciti lembi di ieri




Un sabba di elementi
nella notte
a convito sul vulcano
scosso dal ribollire
cupo del ventre
Acerbe bocche si dischiudono
a vomire l'ardore
su imprevedibili valloni
Fumano
i fianchi arroventati del monte




Evanescente l'ombra
del dissolto antico incanto
si fa rimpianto
Nella vischiosa nuvola del sogno
con diversa parvenza lo disegna l'assenza
rammemorando aromi e luci e suoni
Condense di emozioni
Iridescenti spume sopra l'onda
Fatue fiammelle
impalpabili
nella fugacità dell'essere




Si distendono i giorni
a segnare il mio tempo
caduco
come bolla iridescente
Condensa e vapore
Impalpabili quanti peregrini
saranno vento
a carezzare fronde
sfiorare la pellicola del mare
Questo Io minuscolo e immenso
a stento il corpo trattiene
ardendo
Tassello inconsistente del puzzle
inintelligibile
Vibrazione impercettibile
dell'infinito eterno




Ma quando a cerchio
si volge il cammino
capestro che blocca il respiro
collassando il pensiero
colano
dalle labbra illividite
incollose di silenzi
frammenti sfatti di parole
sfuggite
ai ceppi logori della ragione




Immobile la notte
mentre scivola
la luna
sul circolo del tempo
L'Uomo emerge dall'Ombra
Dissipate illusioni
si disperdono
Illusori i colori
Varca l'inconscio
la distanza
che lo congiunge all'Io

 
Da "Caotiche evidenze"


Improvviso lo snodarsi di eventi
a cerchio involve te
punto dolente d'innesto
di segmenti di tempo
Nell'assillo del silenzio
un dibattersi d'ala
in ragnatele di nequizie
filate dalla bocca livida del ragno
Tra contrasti irrisolti e scoramenti
Ineluttabilmente oscilla l'Io




Non ondeggiano nel vento
vedovato di zirli
fronde attorcite
Fumano inceneriti
ceppi di esistenze
Nel cielo denso di grigiore
rintoccano cupe
campane kosovare alluttate




Slegata dal violino
fugge la melodia
affiorata
dagli abissi dello stupore
Vibrano nelle pieghe del silenzio
ora i pensieri
E non vacilla l'anima
sul ciglio dell'ineffabile
aggrappata alle illusioni




Ora immoto
sosta il dolore
sul ciglio del cratere
Nell'abbaglio d'incendi lontani
va rivoltando nuvole
il grido sfuggito
ai legacci della paura
S'annerano di sangue rappreso
sconsolate macerie
Occhi allunati nello spasimo
della resa
volgono al cielo
l'estremo saluto




Sgrani versi nel nappo opaco
della memoria
nell'arsura del giorno
Pedinando ubriache nuvole
in ressa con le ombre
bevi l'ultima luce
Ora ha sussulti il sole
ragnatele di squarci le argille
E' cinabro la resa




Nel silenzio aggrumato
rimembranza
dipinge sulle tenebre notturne
stuporoso il tuo viso
il sorriso
sospeso alle labbra distese
la mano levata
al saluto
richiusa tosto
ad afferrare i sogni

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Agg. 29-03-2008