Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Ciriaco Tiso
Ha pubblicato il libro
(dramma saggistico o saggio drammatico)
"CINEMA: ANGELI E DEMONI" (Citirg Edizioni, Roma, dicembre 1990)

PROLOGO
E l'Angelo disse al Demone
«Non fantasticherie tecnologiche o umanistiche, amico mio, ma neppure realistiche veristiche imitazioni di un reale peraltro sospetto, che non risolve comunque tutte le potenzialità dell'essere.
Queste potenzialità solo l'arte è in grado di produrle uscendo da sé ma pure restando al tempo stesso impiagliata dentro di sé.
Bisogna intendersi quando si parla di immaginario e di reale, di verosimile e di inverosimile. L'arte, e ancora di più quella del film, non deve essere certo una fuga ma uno sprofondamento o un aggirarsi, penetrante e critico, in un processo creativo che parte dal reale per uscirne, per raggirarlo, per aprirlo all'evento di un altro infinito; non fuga, dunque, ma apertura attraverso l'uscita, l'estasi, per vedere e capire meglio l'essere del mondo (e partecipare alla sua trasformazione) fatto a immagine e somiglianzà del corpo e dello spirito dell'Essere creatore e non creato.
L'arte deve realizzare il vero reale.
L'arte (lo spettacolo dell'arte e l'arte dello spettacolo) non è (lo può ma non deve esserlo) imitazione catartica del reale (natura cultura ecc.), bensì rivelazione di un immaginario che realizza il reale per poterne cogliere la verità e l'essenza, la trascendenza immanente e l'immanenza trascendente».
 

PARTE PRIMA
L'origine, il conflitto, l'incanto
Spazi interiori e contorti, nel grigiore dell'ordine e della convenzione,
dell'istituto per le trasmisisoni teleradiofoniche internazioni - Dipartimento centrale dello spettacolo e delle comunicazioni di massa - settore ente radiofonico universale.
AUTORE (tra sé) C'è una confusione indicibile, un caos di voci di passi di sospiri in una sorta di andirivieni immobile e frenetico, dallo STUDIO DI REGISTRAZIONE ai corridoi alle sale d'attesa ai gabinetti, alle anticamere vuote, ricolme di fantasmi e di creature in attesa di una possibilità di essere: un intreccio di saluti, d'insulti, di ordini, di motti di spirito, anche fuori luogo: persone, figure della storia e dell'immaginazione, corpi, spiriti, anime, angeli e demoni, satiri e ninfe e altre creature e parvenze dell'immaginario e del reale, della finzione e della perdizione, sperduti nella luce e nel buio di un luogo solo apparentemente stabile e reale e in realtà alla deriva di uno stupore multiplo che non smette di riprodursi, e di trasfigurare trasfigurandosi in un gioco di pena e di attesa, di frenesia e di paura, di 'angoscia e di maniacale sorriso. Io che, in quanto autore, osservo, narro, scrivo, detto, penso, non penso, ascolto, io sono tra loro e fuori, altrove, sono con loro per loro e contro di loro, forse. Fuori è l'azzurro del cielo, il ritorno dell'aurora, la veglia, il desiderio, il tramonto, l'incubo della notte in cui tutto s'imbroglia come nel caos primigenio, e la luce che abbaglia e produce e annienta i fremiti e gli eventi di verità impossibili nella vicinanza di un essere che si allontana quando Io sguardo lo sfiora o la mano lo tocca per un istante che il soggetto pur nella soporosa visione del dormiveglia non smette di eternare e di perdervisi dentro estasiando e immaliconendo in una alternanza di mente e di cuore e di altro, di lirismo e tragedia e epica dilacerati dalle fiamme di un desiderio che lotta spasmodicamente prima di abbandonarsi e arrendersi all'angoscia paurosa del non più desiderabile e della sua impossibilità translucida e oscura nell'alternanza di sole e di luna nel viaggio cosmico, che trascina soggetto ed oggetto nelle vertigini e negli abissi vorticosi dal nulla all'essere e dall'essere al nulla persi in un amore infedele che non da più fiducia e in un intrico di attrazione e repulsione incolmabili.
Eventi e spasimi dell'impossibile negli orizzonti intravisti e perduti di un essere che non smette di strapparsi al nulla che fondamentalmente lo costituisce. Il tempo del senso che lo spazio della finzione ancora divora e produce in una differenza uguale, da sempre, e diversa.
 

PARTE SECONDA
La fine, il naufragio, il disincanto
L'Angelo prende il posto che prima era stato occupato dal Regista-Conduttore-Autore.
ANGELO (al microfono) Un'ultima cosa, signori ascoltatori... il nostro Autore e Conduttore vacilla, non ha retto alla prova delle ninfe e dei satiri, ora ha altre prove da affrontare, altro che i suoi umorali discorsi sul cinema e l'immaginario: qui tutt'attorno riecheggia un vuoto impossibile, e questo studio sembra ormai galleggiare sul nulla, il nostro Essere sembra averci abbandonati, noi le sue creature, e l'unico pericolo in questo momento per noi risiede nella minaccia dei demoni e in queste istanze del desiderio sfrenato di satiri e ninfe e antiche divinità che sembravano essersi ritirate a favore di un qualche altro dio veniente... ma noi non smettiamo di credere che il silenzio del nostro Essere, l'abbandono, sia dovuto a una offesa momentanea, e non smettiamo di sperare che Egli voglia continuare a sorreggere, a ricostruire le fondamenta del tempo e della luce: la luce, la lumière del cinema dei fratelli Lumière e del mondo in generale... che ora però si oscura... e...
Uno spintone violento fa cadere dalla sedia l'Angelo e il Demone si siede al suo posto, prende il microfono e, nella morsa di una livida angoscia, di una sofferenza che egli si sforza di arginare e perfino di rendere gioiosa, carezzato da due Vergini Fantasie, parla agli ascoltatori.
DEMONE Ascoltate, signore e signori, soltanto la voce e i sospiri delle mie
Vergini Fantasie.
VERGINI FANTASIE (in coro)
L'incolmabile vuoto
ci assedia dall'interno
dell'essere
c'insidia e seduce
come fanciulle eliadi
e s'insedia alla fine
al centro
nel cuore del nulla
e devasta
dalle fondamenta
il castello illusorio di
corpo e di spirito
col suo bastardo destino.
DEMONE Ascoltate, signore e signori, il dionisiaco lamento.
VERGINI FANTASIE (in coro)
E se oltre l'ente
nessun superente, se oltre il mondo
di oggetti e soggetti
con i loro io e non io, es e superio
se oltre tutto questo apparire
non vi fosse nessuna sostanza,
né dio né non dio
con la loro corte di angeli e demoni,
se oltre l'ente non vi fosse
nient'altro,
ne essere ne non essere
ma soltanto proprio niente, un illimitato
nulla sterminato di niente,
non sarebbe forse in questa distesa sterminata di
non senso il primo autentico respiro di senso
di un qualche essere in formazione alla cui
crescita si tratta da parte nostra di collaborare
oppure non collaborare e dal cui evento siamo
comunque in qualche modo utilizzati?
E se invece ogni illusione di senso
venisse annullata in questa tremenda constatazione
senza ritorno oppure in inutile ritorno eterno,
o, meglio, in un vano girare su se stesso,
e in questo non senso del nulla ciascuno fosse
sballottato senza neppure un amore, una Francesca senza Paolo
o viceversa, senza quest'ultimo appiglio di desiderio,
se oltre l'ente non fosse proprio nulla,
né essere né non essere, né assenza né presenza,
dove comincerebbe e dove si consumerebbe il vacillamento
di ogni umano e disumano battello nello sterminio del
naufragio?
Un orribile boato. Sussurri e grida. Poi tutto vacilla, tutto crolla, angeli e demoni vengono come risucchiati da una luce intensa che scioglie ogni traccia di corpi reali ideali o immaginarii poi la luce manca, lo spazio si oscura in un vortice di silenzio terrificante, poi riemergono voci lontane concitate, rumori di armi, di automobili, clamori di battaglie, il vociare in un intreccio astorico di epoche disperse in un gioco di indecibili delimitazioni, un vorticare di dire di fare di essere di non essere di... in un'unica vertigine del desiderio e del nulla, o, forse, del desiderio di un nulla che vuole o tenta di essere o divenire qualcosa oppure di restare nella resistenza a restare nulla contro il tentativo di un qualche dio di farne un essere un qualcosa... Chi sa... Non c'è niente da fare...
Rimane l'abbandono, l'attesa... un qualcosa che non si lascia neppure intravedere ma che pure tenta di strapparsi al nulla oppure, forse, questo nulla stesso che è in balìa di un desiderio duplice e contrastante, essere e non essere, restare e divenire, e venire o stare, mostrarsi o nascondersi, parlare e negare... in un inestricabile mistero pauroso, vertiginoso, incolmabile, appunto... dove, quando, come, perché, qui, questo, quello, questo qui, quello là, quello qui questo là, perché come, se, come perché... che angeli e demoni sanno e non sanno, vogliono e non vogliono dell'Essere e del Cinema il primo vorticante respiro!
 

EPILOGO
E il Demone disse all'Angelo
«C'è l'inconscio dell'essere e c'è l'inconscio del soggetto, c'è l'inconscio dell'essere del soggetto e quello del soggetto dell'essere.
L'arte deve realizzare l'irreale e irrealizzare il reale. L'arte (l'arte dello spettacolo e lo spettacolo dell'arte, anche) non è (lo può, certo, ma non deve esserlo) come tu dici, imitazione catartica del reale (natura, cultura) ma neppure rivelazione pura e semplice come pure tu pensi, bensì è produzione critica, lucida, di un immaginario che, a sua volta, ha già prodotto il soggetto e l'immaginazione che adesso immaginano quello, un immaginario che derealizza il reale, lo surrealizza e lo transrealizza per poterne cogliere il movimento interno, l'emozione vera e propria e destruttura la struttura(zione) del mondo per rifondarlo su ritmi rinnovati liberati, diversi, anche nella loro eventuale ipotizzabile sospettabile probabile immutabile immobilità e uguaglianza.
Al di fuori dì questo, tutto è possibile ma si è divorati dalla palude del "reale" con le sue vallate, i suoi baratri e le sue montagne innalzate nel vuoto dell'idea e della mancanza di idea, del gratuito desolante, il disimpegno, l'arte per l'arte, o l'arte per l'impegno, il laccio micidiale, la servitù dell'arte, l'asservimento all'idea dell'uomo o all'uomo dell'Idea, all'essere dell'Idea e all'idea dell'Essere.
Il rischio del nulla, il sentiero della vertigine, lo spazio di una vertiginosa bellezza, il tempo di un estatico terrore nell'angoscia e nel desiderio più sfrenati, inquietanti o pacati e silenziosi che siano: sì, là è il bagliore di una qualche verità, là uno squarcio di cielo, un sussurro, un sospiro, un respiro, forse, il respiro.
Tu, Angelo, vuoi scavare in terra o fissare il cielo, stando al centro dello sguardo dell'Essere e del mondo che lo immagina, io, invece, voglio percorrere i bordi, gli argini, voglio aggirarmi senza fine, perdermi in erranze ma non nel centro di un fuori o di un dentro, io mi aggiro tra le rovine dell'essere e i sussulti del nulla».
L'Angelo alza la sua spada minacciosa sulla testa del Demone, che afferra la lama con la mano e la ferma.
 

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Ins. 04-10-2008