Scrittori italiani contemporanei
Carla Martinenghi
Ha pubblicato il romanzo

Clara Martinenghi Occhi di realtà ... e di sogno editrice Montedit, 1999, pp. 96, Lit. 16.000, ISBN 88-86957-84-X
 
 
 
 
 
Prefazione
 
Capita a volte di trovarsi di fronte una classe di studenti che al solo sentire la parola "poesia" si slogano le mascelle a furia di sbadigli. Allora si prova a dare qualche esempio, qualche definizione di poesia per far loro capire che tesoro abbiano tra le mani, se appena volessero guardare. Poi si apre una silloge fresca di stampa, come ad esempio questa di Carla Martinenghi, e una tra le possibili definizioni - ma non di quelle asettiche da vocabolario; una vera, realmente capace di dare vita alla parola - è proprio lì sotto i nostri occhi: "elevati o canto in versi pungenti / vibra nel petto appassito / fallo fremere sino a scomporlo / in brividi di gioia // e di dolore / anche. / Ma che vibri, viva, / acceleri il battito smunto, // scolorito dal consueto". Dunque la poesia è questa: sollevare un velo, magari lacerarlo, e interpretare la vita, il mondo, con occhi lucidi.
Ci è sempre piaciuta questa metafora della poesia come occhio più profondo e vivo, se confrontato all'opacità di certi sguardi incapaci di vedere, in un albero che stormisce al vento, nient'altro che questo. E ci sembra, in questo modo, di andare incontro alla nuova silloge della Martinenghi (autrice peraltro già piuttosto nota in virtù di alcune precedenti pubblicazioni) in un modo che forse all'autrice non dispiacerebbe. Non a caso l'ha intitolata "Occhi di realtà ...e di sogno", con ciò indicando subito al lettore quale dei cinque sensi viene qui messo in gioco per primo; e suggerendo anche che l'"occhio di realtà" non è sufficiente; occorre anche quello di sogno. Ossia, in altri termini, un occhio interiore, proiettato sul sé, che rielabori e trasformi l'anonima realtà, dandogli senso e significato; un occhio interiore che solo potrà trovare la cifra segreta, il sotterraneo legame che unisce gli uomini al mondo in cui nascono e muiono. Non a caso nei brevi versi che aprono la raccolta il soggetto nascosto è proprio l'umanità: "smarriti / nella provvisorietà della vita, / in vicoli ciechi / muoviamo sguardi opachi / anelando sbocchi sereni". Un'umanità percepita non come estranea, ma in cui l'autrice testimonia di essere profondamente immersa, partecipe com'è del suo cammino accidentato e della sua tensione verso uno squarcio, un'apertura che lasci intravedere la luce.
Si capisce come una poesia che muova da queste premesse non possa essere altro che lirica nel senso più pieno del termine: perciò densa di emozioni, intessuta di riferimenti simbolici, punteggiata qua e là da pennellate di colori e suoni allusivi. Si veda ad esempio "Tempo spezzato: corri / dietro al tempo spezzato / come un ramo dalla tempesta ... Pallida è ancora l'aria / sulle cime, / nascosto è il nocciolo della vita // nella foresta ammantata // di nostalgia"; o ancora la magica "Plenilunio: corolla fresca di rugiada / dona l'iride misteriosa / alla vita rinata". Sono versi che, al pari di preziosi cammei, brillano dentro liriche dalla "musicalità delicata e limpida, frutto di un'attenta scelta di iterazioni e allitterazioni; come in "I ricordi vivono nel presente: In ritardo / scolpisti il tempo / o tiranna angoscia di vivere! // In primule raccolte nel tiepido vento / scolpisti l'attesa / o dolce ansia di vivere!" dove la ferma nettezza del verbo, accentuata dalla scelta del passato remoto, si proietta sui sintagmi seguenti dando loro la pesante concretezza del marmo; salvo poi rapprendersi in un grido di dolore, o sciogliersi in un sospiro di beatitudine, rispettivamente nella prima e nella seconda strofa.
L'intensa liricità di gran parte di queste poesie si affianca, in particolare nella prima parte della raccolta, ad accenti di manifesta denuncia nei confronti di quelle che sono le vere piaghe dell'umanità: il traffico d'armi, ad esempio ("Fra tante morti / non v'è morte per le armi") o l'incapacità di avvicinarsi agli altri ("Ognuno è fratello / ognuno / è il nulla per l'altro / tragedia infinita"). Ma si tratta di parentesi. La vera cifra stilistica ed espressiva di quest'autrice resta quella che prima abbiamo cercato di individuare, e che si ritrova pienamente nelle ultime liriche, tutte costruite con riferimenti simbolici e metafore assai suggestive (come in "Giovani senza via: Brillanti di rugiada / caduti sui novelli fili / dei pensieri / perdersi senza scampo / li vidi").
La Martinenghi, dunque, prende per mano il lettore e lo induce, con delicatezza ma senza esitazioni, a scoprire in sé quegli occhi di realtà e di sogno senza i quali si è irrimediabilmente ciechi; senza i quali la nebbia resterà sempre e solo una noiosa scocciatura, non quel "paesaggio incantato", magico preludio d'eternità, grazie al quale "si stempera nell'universo l'anima".
 
Bianca Cerulli
 
 
 
INTRODUZIONE
dell'autore
 
 Mi osservo riflessa in questo specchio di tempo difficile da capire e, maggiormente, da gestire: un tempo che corre vorticosamente incontro ad un punto interrogativo.
L'osservo, e mi osservo, con la calma di colei che non si aspetta il meglio o il peggio, ma vive del presente, nella quotidianità mai scontata: nella novità dell'istante, pur se vissuto nelle mansioni consuete, con la mente protesa verso le risposte da ricercare e da collocare in ogni attimo della vita.
E il mondo gira sempre più in fretta, ansioso di realizzare il programma stabilito, senza riuscire, alfine, a coglierne l'essenza, il valore intrinseco smarrito nella vastità del non pensiero.
E il mondo si consuma in quel punto interrogativo, in quell'incognita costante che è vivere senza sapere perché.
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Inserito il 16 aprile 1999