LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
  Poesie di
Antonio Rossi
IL VENTO DEGLI ANGELI BIANCHI
 
 
Lascia che il vento degli angeli bianchi sfiori la luna dei gigli colomba,
sarà una luce immensa e molti cavalli del mare potranno vestirsi di cielo,
lascia che venga il sogno con mille arcobaleni e rondini di sole,
sarà la gelosia di un tango misterioso a perdersi nei fasti di Granada.
 
Lascia che l'ermellino vaghi dolce nel bosco della regina piuma,
siediti sulle onde di questo mare lieve che insorge nella neve,
siediti e non alzarti, rimani ad ascoltare la voce dei cipressi ,
lascia che la tua ombra si ponga alla sinistra della conchiglia destra.
 
Siediti sulle onde di questo mare lieve, siediti e non parlare,
lascia che sia la morte a prendere la vita,
lascia che sia la vita a prendere la morte,
siediti sulle onde, cantami una canzone.
 
Cantami una canzone con fiori e melograni fra le mani,
con usignoli e rane, verdi rane che siano rane verdi,
come l'erba dei prati dei calamari spugna,
come la primavera di una gardenia adulta.
 
Come un agnello rosso, rosso come un corallo,
splendido come un gallo che ha visto Biancaneve,
come una semibreve che ha perso la laringe,
splendido come il tempo di un alamaro lince.
 
Lascia che il vento degli angeli bianchi sfiori la guancia del diavolo perla,
sarà una stella immensa a perdersi nel lieto perdurare di questo lungo sogno,
lascia che tutto il vuoto s' innalzi mestamente nel cuore di un gitano,
sarà la melodia di una chitarra gialla a fare impietosire il corvo nano.
 
Cantami una canzone con bocche di leone e di viole,
con girasoli e fiabe, fiabe e discorsi veri che siano vere fiabe,
come il senso profondo di un crisantemo biondo,
come un silenzio ingordo, come un violino sordo.
 
Siediti sulle onde di questo mare lieve, siediti e non parlare,
lascia che sia la morte a prendere la vita,
lascia che sia la vita a prendere la morte,
siediti sulle onde, cantami una canzone.
 
Cantami una canzone con fiori e melograni fra le mani.
 
 

FIABA D'ARGENTO
 
 
Fiaba d'argento nei capelli artistici del vento sperduto nell'aurora,
due rondini che volano in silenzio nel cielo delle nuvole cadenti,
il vuoto maledetto dalla luna che urla delicate melodie,
la morte che tutto riscalda e avvolge i passeri verdi.
 
La morte che tutto divora e imbratta le stelle di sangue,
il falco che perde le piume e strappa gli artigli alle lontre,
le ombre che insidiano il bosco e umiliano i raggi del sole,
la vita che insegue l'amore nel senso profondo del male.
 
La morte che tutto divora e ingrassa le pance dei cani,
le rose che sbocciano pigre nel petto dei gatti randagi,
la mente che genera granchi nell'estasi gialla del miele,
il canto sommesso di un bimbo nel limbo dei gigli scarlatti.
 
Due rondini e due galli bianchi nel pane dell'Ultima Cena,
la falce che taglia la luce e allarga i percorsi obbligati,
il nido di un'upupa d'oro nell'orto dei dolci flicorni,
il lungo delirio di Giuda tradito da Ponzio Pilato.
 
La morte dell'Uomo Risorto, la morte che imbratta il Creato,
la morte che genera fiori e ragni di carta soave,
le schiave che vendono anguille nell'omero delle conchiglie,
le grandi cascate di perle che inondano i campi dei grilli.
 
La morte che tutto divora, la morte che splende di mais,
la morte che gira le giostre e balla nei tanghi spagnoli,
i vecchi usignoli smarriti nei pallidi autunni sconvolti,
i volti dei ladri di versi riflessi nel lago dei cigni.
 
Due rondini e due galli bianchi nei campi dei teneri Ebrei,
la falce che taglia la gola al figlio dell'alce viola,
la vile parola che inganna la calma dell'urna bucata,
la gioia infinita che toglie la morte e dona la vita.
 
La vita che insegue l'amore nel senso profondo del male.
 
La vita che tutto divora e dipinge i colori del mare.
 
 

 
 
NEL CUORE DELLA NOTTE
 
I passeri di Parigi avevano piumaggi verde oro e ingelosivano la luna,
adagiata come un gatto arancione sui palazzi marrone di Pigalle,
il gallo rosso del vento beveva salamandre nei verdi coralli della Senna,
il tempo era lieve e scaltro e incatenava i sensi alla follia.
 
E la follia si rivestiva di ghiandole di mitili voraci emarginati lentamente,
dentro la mente bionda di un'amanita bianca sedotta dall'autunno,
nel breve cigolare delle foglie sfiorate dalle doglie di un armonio,
nel palpitare astratto della vita sbocciata sopra i mandorli imbiancati.
 
Nei prati le ciliegie delicate schiacciate dai poeti maledetti,
nei prati il tuo sorriso luminoso velato dall'aurora spaventata,
nei campi la tua carne sbrindellata dai vermi colorati di turchese,
nel cuore della notte una colomba perenne come il fiume della morte.
 
Nel cuore della notte una farfalla violacea come un angelo del sole,
nell'anima dei rospi un aquilone dipinto di rugiada soffocante,
nei vecchi cimiteri le ghirlande intente a copulare con le croci,
le fauci di un coniglio incrudelito nel bosco delle rose spettinate.
 
Nel cuore delle fate una mimosa gelata come il piede di una sposa,
nell'epopea tremenda delle scimmie voraci di clochard di Notre-Dame,
nelle ricerche inutili del seme piantato dentro l'orto degli ulivi,
nei rantoli giulivi dei ladroni costretti a prostituirsi in paradiso.
 
Nei prati il tuo sorriso eterno più dell'ultimo tramonto,
nei campi gli avannotti dei salmoni cosparsi di molecole di cloni,
nel mare le conchiglie senza perle amiche delle stelle riciclate,
le linci sopra i meli intirizziti cosparsi dalla neve di Natale.
 
Nel cuore delle fate il male estremo avvinto ai biancospini addormentati,
i lunghi pipistrelli orizzontali mangiati dai maiali occidentali,
i carnevali storti di Venezia intrisi dai peccati di Lucrezia,
nell'orgia spaventosa delle mele sbucciate dalla mano di Mengele.
 
E il fiele del Calvario variopinto di lacrime di anemoni sanguigni,
i cigni naufragati dentro il lago dei sol bemolli azzurri di Stravinsky,
i links dell'Home Page di Maometto storpiati dall'impulso più segreto,
il generale Custer crocifisso nelle trincee dei fanti indemoniati.
 
E gli usignoli amianto stupefatti nei nidi delle tortore di Allah,
un toner musulmano dentro il fax dei grandi musicisti senza sax,
nell'inguine del cane inviperito smarrito nel giardino di Al Fatah,
nel dramma di un bambino senescente piangente nella grotta di Betlemme.
 
Nel cuore della notte una colomba perenne
come il fiume della morte.
 
 
 

ALMA DELLA VERDE LUNA
 
 
Il celeste angelo dei sensi cadde dalla nuvola più alta e ti baciò le mani,
mentre dormivi, Alma della verde luna, fra le mazurche in fiore,
Alma della verde luna che avevi dentro il cuore l'aurora all'infinito
e tutti i sogni bianchi lasciati copulare nel cielo dei pinguini.
 
Alma, com'eri dolce e stanca, in quel fosforescente rospo giallo,
nel sole d'oro appeso all'universo delle colombe rigide di fango,
nella più strana origine di un merlo accovacciato dietro un crocifisso,
come un felino ingordo surreale avvinto dentro il genere maschile.
 
Com'eri dolce e stanca, in quella spettinata primavera di magnolie,
nella potenza estrema della morte arrampicata a un muro di lenticchie,
nelle scattanti anime dei gigli periti nel duodeno dei conigli,
nel tempo dei magnifici violini avvelenati dai bemolli scalzi.
 
Com'eri magra e ingrata nel generare antiche melodie,
nel vezzeggiare il gufo senza lingua eternamente avido di sangue,
nel compensare il vuoto dell'amore immensamente logico di neve,
nella più breve recita dell'anima sdraiata nel testicolo di Hitler.
 
E alto fu il tuo canto fra le stelle donato ai sogni dei neonati Ebrei,
un canto biondo e magico di rose che sprigionava spore di armonia,
nella poesia stupenda della morte che venerava il colon della vita,
nella ferita aperta e mai richiusa del neo romanticismo traditore.
 
Com'eri dolce e stanca, in quel giardino delle meraviglie,
dove la mente gravida di odio avvalorava il clone del demonio,
nel dromedario Bancomat di Allah che trasportava l'asino felice,
nella lussuria trendy dello Stige dove D'Annunzio violentava il Duce.
 
Com'eri grassa e rossa , in quella resistenza inviperita,
nella potenza estrema della vita arrampicata all'albero dei vinti,
nel traboccante orto dei misteri insaponato di architetti neri,
nella mattanza facile dei sensi innamorati di un sepolcro aperto.
 
E breve fu il tuo ultimo sorriso quando cadesti inerme nel deserto,
affascinata e onnivora di arance nelle stupende pance delle rane,
nel tempo delle menti americane innervosite al suono dei tamburi,
nei chiaroscuri suoni dei flicorni al vagito dei nuovi Iraqindiani.
 
Il celeste angelo dei sensi cadde dalla nuvola più alta e ti baciò le mani.

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agg. 19-04-2006