<
LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Racconti Poetici di Antonio Manca Puddu
BRANI DI PROSA POETICA
 
ALLA DELIZIOSA NIPOTINA LARA, OGGI SPOSA
Splendida rifiorivi nel roseto della tua dimora, posto nell'aspra, sanguigna, ma generosa Terra di Sardegna, che si specchia in uno stupendo mare di smeraldo.
Poi, un giorno, il tuo olezzo varcò il Tirreno e approdò in quel suolo che appartenne agli Etruschi, coi quali i Sardi nella notte dei tempi strinsero forti legami, che, ancora la tradizione richiama con usi e costumi.
Quella soave fragranza, recò con se le tue virtù e grazie, che conquistare non potevano, lo stupendo fiore di quel fiero popolo, il quale, oggi e per sempre, ti sarà accanto.
Il mio fervido augurio, è quello che il suo polline fecondi l'affascinante rosa che tu sei e, che dal connubio germoglino tanti splendidi boccioli e, i loro steli, se del caso, fossero muniti di spine, possano queste, soltanto difenderli e proteggerli dalle insidie di questo nostro convulso mondo.
Ciò è tutto quel che il tuo misantropo zio possa regalarti.
Non è, certamente un venale regalo materiale, che qualsiasi vile moneta possa acquistare, ma è molto più prezioso, perché il suo valore, nascente dallo spirito e dal cuore è incommensurabile!
Il Buon Dito benedica te e il tuo sposo!
 
 
A MIA MOGLIE
Spesso di sfuggita ti guardo e stento a riconoscere in te quella fanciulla, che a causa del suo passo svelto e nervoso, gli allievi di un collegio chiamavano "La Jeep".
Ora il tuo incedere è lento e incerto; si sente il gravame degli anni, ma specialmente quello delle infermità.
Qualche volta che vuoi affrettarti: l'affanno ti prende e un lamento ti sfugge.
Ogni tanto il tuo gemito, soffocato e represso a stento, strazia il mio cuore.
Destino ingrato! Abbiamo sognato che dopo tanto soffrire, con la maturità, sarebbe sopravvenuta la tranquillità e la salute: è giunta invece una spietata disillusione.
Per i nostri figli, anche se sono molto cresciuti, i loro problemi, li fai sempre tuoi e ti preoccupi e t'angusti.
Vorrei fare solo mie queste tue afflizioni.
Vorrei poterti compensare così dell'amore che mi hai donato.
Della sincerità e della fedeltà che mi hai dimostrato.
Dei figli che mi hai dato; della pazienza e dell'assistenza con la quale ti sei sempre prodigata nelle mie non lievi malattie.
D'avere santamente sopportato il mio difficile carattere.
Quando la sera, stanca dalle faccende domestiche e spossata dalle sofferenze, t'addormenti sulla poltrona davanti alla televisione: il tuo volto si rilassa e le rughe diventano meno profonde, ti rivedo bella come una volta.
Una fiumana di sentimenti m'investe allora, belli e brutti.
I brutti, li relego nel fondo del mio animo mentre i belli io li riassaporo.
Rivivo così momenti felici che mi rasserenano.
Quando in certi momenti la mia mente si volge al grande Iddio, l'imploro fervidamente di lasciarti il più a lungo possibile accanto a me.
Ho il terrore di rimanere solo!
Nell'eventualità tu te n'andassi la parte migliore di me se n'andrebbe allora.
Chi mi darebbe lo stimolo a superare gli ostacoli?
Chi smorzerebbe i miei scatti d'ira?
Chi mi consiglierebbe a scegliere fra il bene e il male?
Ti supplico! Non andare, perciò mai via: rimani?
 
A MIA SORELLA
Frustrato, alle volte, dalle mie spirituali evasioni, la durezza della vita mi spinge, ugualmente a tentarle, cercando i ricordi meno amari.
Ad esempio, come il tuo, amata sorella, ghermita dal fato in giovanile età, lasciandomi a giocare da solo nell'isolata casa di una deserta campagna.
Ricordi il vecchio masso che per noi era un presepe, nel quale i sassi su di questo distribuiti si trasformavano con la fantasia in personaggi natalizi?
La roccia bucherellata nella quale nascondevamo le nostre monete, che mai più noi ritrovavamo, perché non riuscivamo a riconoscere, fra centinaia, le cavità scelte?
La piccola grotta dove soggiornava il vecchio gufo, che pur avendo gli occhi spalancati, al riverbero del Sole, non ci vedeva, restava al suo posto e si lasciava carezzare?
Ricordi una notte, la sagoma di una persona acquattata in un viottolo, che portava a casa nostra, la quale, invece era l'ombra di un cespuglio, creata dalla luce della Luna piena?
Le mostruose figure che ci pareva di vedere nello specchio posto nell'ingresso della nostra casa, in una cornice fatta di serpenti e draghi scolpiti nel legno?
Ad un tratto, questi ricordi sfumano e si sovrappone, in tutta la sua ingiusta crudeltà, quello del tuo, ancora acerbo corpo, steso e immobile su di un freddo marmo.
 
 
ANGOSCIA
Il sole inizia a nascondersi dietro le selvose colline.
Le ombre s'allungano nelle sottostanti valli.
Fra poco le tenebre avvolgeranno la natura.
Non vi sarà questa notte la bianca Luna a squarciare il nero manto dell'oscurità.
Gradatamente, si spegne il pigolio degli uccelli appollaiati sui rami.
Di tanto in tanto, il silenzio è violato dal canto o dal richiamo amoroso degli animali notturni.
E' come se un'irragionevole minaccia incomba sul creato.
Nel mio animo, cala un indescrivibile senso d'angoscia.
Gli accresciuti battiti del cuore paiono soffocarmi.
E' l'orrenda "bestia nera" che mi ha cavalcato per anni!
Essa cerca di riprendere il dominio delle mie sensazioni.
Di farmi sentire il gelido alito dei trapassati e il loro salmodiare.
Di farmi rivedere orride e paurose scene.
Rivolgo allora il pensiero al potente Iddio e una gran pace m'avvolge e m'illumina.
All'alba, la luce che filtra tra le imposte, dissolve i postumi dei tetri incubi.
La natura riprende a vivere con i suoi suoni, che costituiscono l'inno dell'esistenza.
Sono grato, allora a Colui che mi ha concesso di poter godere ancora dei loro significati.
E' il trionfo della Speranza.
 
 
DONNE
Quante donne nella mia vita? Tante!
Io ho voluto a tutte, bene, chi più, chi meno.
Chi per lunghissimo tempo, altre per meno.
Forse sempre alla ricerca di manifestazioni d'affetto delle quali, poco ho goduto nell'infanzia travagliata.
In loro non ho sempre ricercato, quando legittimo, soltanto il sesso ma, soprattutto comprensione, amicizia sincera, consigli e, qualche volta, anche aiuti materiali.
Sempre ho avuto da loro quanto cercato. In compenso, le ho sempre rispettate e non ho mai forzato le loro decisioni.
In ogni modo ad una sono stato sempre fedele, anche quando ho perso la testa per un'altra.
Non è impossibile amare due donne contemporaneamente, ma è il vero amore, che alla lunga trionfa.
Certamente, le donne sono state, i miei migliori "amici".
Ammiro molto, esteticamente, le forme femminili, ignude o abbigliate, in modo da esaltare qualche loro particolare anatomico, sempre che non sia osceno o volgare.
Io non concordo con quanto affermò un famoso uomo che giudicò le forme femminili sproporzionate e sgraziate.
Proprio nei "difetti" stanno le prerogative della bellezza, non in forme perfette e proporzionate, proprie delle fredde statue, ma in un qualcosa che si stacchi dalla monotona e noiosa normalità e che colpisca i sensi e i sentimenti.
Non esistono donne brutte!
Tutte hanno qualcosa di particolare, che se scoperto e valorizzato crea un "tipo" o "una bellezza unica".
Non parlo, soltanto di caratteristiche fisiche, ma anche psicologiche, quali: intelligenza, affettuosità, spigliatezza e simpatia, che ne fanno persone amabilissime.
In ogni caso, non giudicate mai le donne a prima vista, cercate anche di conoscere il loro animo.
Non sempre la Beltà, è Bontà e potreste avere amare sorprese.
Lucifero era, anche lui, un angelo bellissimo!
La donna, è, infine, l'ultimo capolavoro di Dio.
La ciliegina, che ha voluto mettere sulla torta del creato.
 
EVASIONE
I fatti tristi della vita m'angustiano? Il mio spirito esce, allora dall'involucro mortale e, vaga nel mondo dei ricordi.
Mi rivedo percorrere una stradina di campagna, avvolto dal calore di un ridente sole, mitigato da una piacevole brezza, che mi soffia sul pallido viso, mi fa socchiudere gli occhi e mi sfiora le guance: come le rade carezze della mamma.
Ella piange sempre per il fratellino volato in cielo e non avverte il mio desiderio imperioso di sentire, concretamente il suo affetto.
Mi ritrovo tanto infelice!
Non vi è possibilità alcuna di fuga per me, perciò ritorno subito nella dura realtà.
 
GRAZIELLA
Più di cinquant'anni sono trascorsi e davanti agli occhi del ricordo, rivedo, ancora nitida e completa, l'aggraziata tua persona.
Tu fosti speciale per me: non solo una cara amica, ma forse più di una sorella, che mi confidava i suoi più remoti segreti, i nascosti crucci, le ingiustificate preoccupazioni della pubertà.
Amavi un ragazzo, al quale io recapitavo i tuoi teneri messaggi e a te le risposte agli stessi.
Sì! Ero privilegiato nei tuoi confronti: ero l'unico ragazzo, fra tanti che ti ronzavano attorno, che grazie alla stima e alla fiducia dei di te genitori, poteva trattenersi in casa tua per lunghi intervalli di una giornata, anche da solo con te.
Ero orgoglioso e felice della tua predilezione per la mia modesta ma fedele persona.
Mai ho manifestato la mia intensa attrazione fisica per il tuo magnifico corpo, anche se ancora un po' acerbo, ma pur sempre carico d'inconscia seduzione.
Avevo paura di perdere la tua amicizia.
Eri bella! Molto bella!
Tua madre t'aveva trasmesso tutto il fascino della donna gitana: alta, mora, con un corpo flessuoso, un temperamento di fuoco, appassionata e gelosa.
Tratti che ogni tanto si manifestavano in te e che, forse, m'avevano stregato.
Poi, tutto accadde all'improvviso: un dolore tremendo alla testa e altissime febbri ti colsero.
Meningite fu il nefasto referto.
Stavi tanto male che non mi permisero neppure di rivederti.
Rientravo una notte, verso le tre del mattino a casa mia, vicina alla tua.
Incontrai tuo padre, che, forse s'avviava a chiamare il medico o il prete.
Lo salutai: mi rispose con un singhiozzo soffocato. Capii subito: Graziella se n'era andata! V'assicuro che lo strazio del mio giovane cuore fu immenso e durò a lungo.
 
IL NURAGHE
Eccolo lì, maestoso e silente nella sterminata piana.
Quante mute storie racchiudono le tue ciclopiche mura.
Storie di teneri amori e di profondi odi, di crudeli guerre o di gradevoli tregue. Mai tanto a lungo ti ha circondato la pace, rotta sempre da barbari attacchi.
Tanti popoli forestieri sono giunti sino alla tua soglia: etruschi, romani, greci, fenici, punici, iliesi, iberici, corsi e altri, che hanno piantato le loro dimore sulle ad appartenenti, ubertose e fertili terre, usurpando armenti e prodotti.
Spesso i tuoi abitatori hanno convissuto con loro o si sono dispersi nelle suddette razze.
Persino il mitico Ercole si afferma sia stato tuo ospite.
Certamente, se coloro che sono stati sepolti nelle tombe dei giganti a te annesse risorgessero, ne svelerebbero di segreti inviolati, quale quel della vera funzione che hai esercitato nei secoli.
In ogni caso, con gli scavi, anche se procedono a rilento, un giorno verrà alla luce tutto l'arcano e sono sicuro, che saremo ancora più orgogliosi e fieri di essere sardi.
 
JENNY
Sembrerebbe il nome di una donna, ma credetemi, d'umano ha usurpato poco.
Anzi, se dovessi fare un confronto, il verdetto, in percentuale, in determinati campi, sarebbe, forse a favore della giumenta.
Sì, perché di un magnifico esemplare femminile ed equino si tratta!
Io adoro Jenny e può darsi che il mio giudizio non sia proprio imparziale nei suoi confronti.
Come si fa, però a non esserlo, quando è la prima, il mattino, a darmi il "buongiorno" con un allegro nitrito, anche se forse non proprio disinteressato, perché sa che ad esso segue la biada?
In ogni modo, anche dopo che l'ho lasciata sola, ogni qualvolta m'intravede, mi lancia un caloroso saluto equino, anche se è conscia che a questo, non segue prebenda.
E' impossibile non provare un senso di tenerezza, quando: avvicinatasi a me, dopo aver annusato le tasche, poggia la sua testa sulla mia spalla?
Mi viene appresso come un cucciolo?
Le parlo, che attenta sta a sentire la mia voce?
Protesta, perché la lascio da sola?
Posa docile sotto la doccia e la striglia?
E' pur vero che un po' la vizio con uno zuccherino o una carota ogni tanto, ma è pur certo che essa m'è grata di questo.
Essa, poi, é felice quando io le salgo in groppa, esce con me dall'angusta stalla e vaghiamo nei liberi spazi.
C'è un altro fattore molto importante in questo, perché Jenny trasporta soltanto me e lascia a terra le mie deprimenti preoccupazioni.
Vi è forse un amico più fidato, più discreto e sincero di essa?
Quanto è giusto il giudizio di un grande uomo, del quale non ricordo il nome, che suona così:
"Più conosco gli animali, meno amo gli uomini!".
 
LA MONTAGNA
Alta e maestosa t'innalzi nel freddo regno dei ghiacci, quasi a significare una fervida preghiera, elevata dalla natura al potente Iddio, per ringraziarlo d'averti creata così bella.
Attorno ti svettano alti picchi, come i diamanti di un composito gioiello.
E' difficile e faticoso raggiungere la tua alta cima.
Pochi eletti vi riescono, uniti da una corda, come da un cordone ombelicale, che assicura la vita.
E' una sensazione unica quella di stare sospesi nel vuoto, quasi abbarbicati alle tue erte e infide pareti, con l'imprevedibile risultato, simile al corteggiamento di una donna tanto bramata o all'attesa della fiera da parte di un cacciatore appostato.
In ogni caso, qualunque mossa errata, può significare sconfitta o morte.
Terminato, però il travaglio dell'ascesa e raggiunta la vetta, la stupenda visione che cade sotto lo sguardo, compensa, abbondantemente ciò che si é speso e, soprattutto pare di sentirsi più vicino ... al Signore.
 
LA PARTENZA
Il Sole morente illumina la tolda della vecchia nave.
Appoggiato alla murata, vedo i sabbiosi lidi e le frastagliate coste, sfumare alla mia vista.
E' come se stessi perdendo una parte di me, rimasta stesa o abbarbicata ad essi.
Un velo di profonda mestizia si posa, allora, sul mio animo.
Un groppo mi chiude l'arida gola e a stento ritengo le amare lacrime.
Le forze paiono abbandonarmi e, io mi sento quasi morire.
La notte, una dura panchina m'ospita.
Steso su d'essa, all'aperto.
Sento l'umidità entrarmi nelle ossa.
Non riesco ad appisolarmi e tanti ricordi affiorano alla mia mente, come se per sempre dovessi lasciare la vita: ricordi gioiosi d'amici, d'amorevoli carezze e inebrianti baci di graziose ragazze, d'affettuose attenzioni dai miei congiunti.
Alla fine, stanco del tanto rimuginare di pensieri, m'addormento.
Mi risveglio ai primi raggi del Sole che battono sui miei occhi.
Le brume iniziano a dissolversi e così le angustie del mio animo.
Risorge lo spendente astro e con esso le speranze di un'esistenza meno sofferta, di quanto mi é apparsa la sera prima.
Rivolgo per la speranza che m'infonde il Suo creato, una preghiera di ringraziamento al Buon Dio e sbarco rinfrancato.
 
 
LA SPERANZA
Sentimento irrinunciabile nella vita di un uomo, che nella tetra notte dell'esistenza, non manca mai di fare individuare la porta dalla quale sfuggire ai roghi devastatori.
La sua lampada brilla sempre.
Guai a spegnerla e a non alimentarla con l'olio della perseveranza.
Essa è il carburante che fa camminare il veicolo della vita e l'aiuta a superare gli ostacoli.
Le sue attese, si realizzano molto di più di quanto non si creda.
Alle volte, con piccole speranze si raggiungono grandi risultati.
Nell'eventualità essa non ci fosse, quanti tragitti s'interromperebbero d'improvviso? Quante ansie, angosce e depressione riempirebbero più tumuli?
Alle volte, è la valvola di sicurezza che non fa scoppiare il cervello ed appassire la mente.
E' il sentimento, che ha accompagnato i più grandi navigatori e ha spinto gli eroici esploratori ad andare sempre avanti.
E' una delle più belle e preziose virtù, che il Creatore ci ha dato, perché rinnegarla?
Certo essa non va disgiunta dalla Fede!
Bisogna però considerare che la sua realizzazione e soggetta alla discrezione del Buon Dio, il quale ha sempre per fine ultimo la salvezza dell'anima.
Non credete mai a coloro che non sono capaci di sperare: cadreste anche voi in un profondo baratro, dal quale non esiste via del ritorno.
In ogni caso, se la speranza non s'avvera, evitate di cadere nel suo opposto della disperazione. Ricordate sempre il vecchio detto:
"Tutte volte che Dio chiude una porta, apre sempre una finestra".
 
LA VEDOVA
Dopo le esequie di tuo marito, mio caro compagno d'infanzia.
Ti ho incontrato per strada coperta di gramaglie, che quasi ti donavano, mettendo in risalto la tua non ancora sfiorita beltà.
Ti ho fermato ed espresso il mio cordoglio.
Non mi hai riconosciuto e sei rimasta perplessa.
A ricordare bene, sono stato, forse l'unico testimone della nascita del tuo grande amore, spentosi prematuramente.
Sono stato, anch'io innamorato di te, ma ho rispettato il fraterno amico e non ho esternato mai il mio sentimento per te.
Il tuo volto, sebbene sia come il mio, rigato dagli anni: è sempre bellissimo, truccato soltanto con acqua e sapone.
Il tuo fisico sempre asciutto e aggraziato è ancora degno d'ammirazione.
Il mio nome, nel ricordarlo, poi, deve aver risvegliato in te dolci ricordi sopiti.
L'ho capito dall'espressione radiosa del tuo volto.
Poi, naturalmente, avrai fatto il raffronto fra il passato e il presente.
I tuoi lineamenti si sono, allora alterati, gli occhi si sono riempiti di lacrime e ti hanno inondato il viso, mentre soffocati singhiozzi facevano sobbalzare il petto.
Un groppo mi ha chiuso la gola.
A stento mi sono accomiatato da te, pentito d'aver adempiuto ad un dovere e d'aver ravvivato un dolore.
 
MADRE TERESA DI CALCUTTA
Piccolo scricciolo del Signore.
Minuta donna piena d'immenso amore per i fratelli derelitti.
Umile e potente strumento nelle mani di Dio.
Minuscolo fuscello che tante travi, ha rimosso dagli occhi di chi non vedeva la carità che poteva e doveva prestare.
Quante piaghe, hai curato?
Quanta fame, hai saziato?
Quanti tetti, hai trovato a chi non possedeva dimora?
Quanti decenti giacigli, hai approntato per gli appestati che per letto adoperavano il suolo stradale?
Certo innumerevoli sono le tue opere buone e delle sorelle, alle quali hai saputo trasfondere le doti divine.
Non v'era per te differenza alcuna fra popoli e nazioni: il mondo intero era il tuo campo di lavoro.
Vorrei sapere, come facevano tante energie ad essere contenute nella tua modesta personcina, persino ammalata; ciò era già un vero miracolo.
Non si spiega, altrimenti il tuo coraggio di prendere contatto con governanti delle più disparate politiche e capi delle più diverse religioni.
Tutti erano pieni d'ammirazione per te e ascoltavano ed esaudivano le tue perorazioni.
Persino questo nostro ingrato mondo terreno, ha saputo recepire la tua immensa bontà, concedendoti l'apposito premio Nobel.
Io credo, che se il Signore, ti ha premiato con un posto in paradiso, questo come sì sol dire, te lo sei guadagnato sul campo di battaglia della povertà e della malattia.
Il "potere temporale", pertanto, dovrebbe innalzarti subito, per acclamazione universale, alla gloria degli altari.
 
 
NAVIGAZIONE
Sin dalla più tenera infanzia, la navicella della mia esistenza fu scossa dai marosi delle avversità.
Ancora alla fonda nella rada di famiglia, forti procelle la presero nei loro tremendi vortici.
Il sartiame e le vele furono strappate dalle violente folate di vento e lo scafo invaso dai copiosi scrosci di pioggia.
Onde immense, innalzarono il povero natante al sommo delle loro creste per poi precipitarlo negli abissi delle depressioni.
Questi triboli incisero nel mio cuore, cicatrici, che ancora sanguinano.
Il loro ricordo ha inciso nel mio inconscio, irragionevoli fobie che sempre mi perseguitano.
Ancora ragazzo, lasciai la rada per lidi più tranquilli ma, fu una pia illusione; le amarezze iniziali furono presto sostituite da altre, forse, di maggiore intensità, quali:
- la languida nostalgia di luoghi e d'amici;
- lo struggente ricordo dei primi amori.
Tutte le volte che mi ritrovavo in riva al mare, il mio sguardo, invariabilmente, volgeva verso l'amata terra, un acuto senso di solitudine mi assaliva.
L'immenso desiderio di tornare mi straziava l'anima, ma ero condannato a restare!
La notte, la musica della rotonda accanto, sul mare, faceva inondare il mio viso di lacrime, mentre il petto a stento tratteneva i singhiozzi e un groppo mi chiudeva la gola.
In ogni caso, la navicella, anche attorniata da infidi gorghi continuò a veleggiare.
Ad un certo punto della rotta a questa s'affiancò quella della persona amata e navigammo di conserva, confortandoci a vicenda in qualche calma rada.
Dopo innumerevoli traversie, finalmente riuscimmo a rientrare nel porto della bella e sospirata patria.
Qui stabilimmo la nostra, seppur modesta, miglior dimora.
Non è che i travagli finirono, ma come afferma un saggio proverbio contadino: i migliori cibi sono le cipolle del nostro orto.
 
 
NOTTURNO
E' notte, il silenzio si leva alto nel cielo.
Sono solo e le stelle che la mia finestra inquadra non possono tenermi compagnia.
I miei pensieri vagano ed uno più insistente corre a una dolce figura di donna. E' un sogno senza speranza!
La mia non più giovane età m'afferma che non dovrei più sentire certe emozioni, ma se dovessi sopprimerle sarei già defunto!
E poi, quando la vedo, percepisco il sangue mio, scorrere ancora impetuoso nelle vene e le mie stanche membra riacquistare vigoria.
Mi sento ancora vivo!
Ella mi parla con dolcezza e rispetto.
S'interessa di me e non mi fa sentire come "una foglia morta".
Mi stimola a reagire ai disturbi fisici dell'età, tenendomi sempre attivo con l'hobby dello scrivere.
I suoi discorsi sono intelligenti e pieni di buon senso e perciò, credo, che capirà le mie parole, se caso mai dovesse leggerle, perché tali rimarranno, senza volerla mettere in imbarazzo, senza alcuna pretesa. Sono, soltanto i nostri spiriti affini che contano.
Certamente, se l'avessi incontrata per tempo, qualche decina d'anni fa, avrei fatto l'impossibile per essere con lei in armonia anche dei sensi.
Nutro per lei anche sentimenti di profonda stima e simpatia, la voglio vedere più appagata dalla vita come donna.
Forse più in pace con se stessa, con altri e meno frenetica e stressata.
All'apice della vita, certi sensi materiali si affievoliscono, mentre i buoni sentimenti spirituali si esaltano, e dunque non dobbiamo soffocarli se possono, ancora offrire, qualche briciola di gioia, senza far male a nessuno.
Consideriamoci, dunque, mia cara amica! Sempre: sinceri e veri amici?
 
ROSELLA
Volendo riassaporare qualche momento felice della mia vita, il pensiero deve ritornare a te.
Eravamo fuggitivi dalla guerra in un tranquillo paesino di montagna.
Abitavamo vicino e, se non ci uccidevano le armi, ci opprimeva la noia: giorni, ore e minuti vuoti, eterni da trascorrere.
Non v'era nulla da fare se non che attendere la fine del conflitto.
Venivo allora da te.
Ci sedevamo sugli scalini davanti alla soglia della casa dove dimoravi e lì trascorrevamo il tempo.
Non so cosa ci dicevamo: forse del nostro passato, dei caratteri, dei gusti, delle aspirazioni.
So soltanto che stavo bene vicino a te.
Mi piaceva sentire la voce, vedere le movenze, intravedere le forme tue.
Tutto mi piaceva di te e non mi stancavo mai di starti accanto.
Nacque così, innocente e tenero, un sentimento, formato da furtivi baci dati a fior di labbra e calorose strette di mani.
Tutto andò bene sinché non ci sorprese in affettuoso atteggiamento una megera che abitava nello stesso palazzo.
Questa, si mise ad urlare allo scandalo.
Tua madre ti richiamò in casa, proibendoti di sostare d'allora in poi sulle scale.
Potemmo ancora vederci, ma ... in pubblico.
La guerra finì, entrambi, ritornammo ai nostri luoghi d'origine, ma non sapemmo più nulla l'uno dell'altro.
Dove sei, Rosella?
 
SOLITUDINE
Sei come se viaggiassi sull'autostrada della vita e il rombo dei motori copre il suono della tua voce, che se dovesse, solo essa, chiedere assistenza, nessuno sentirebbe.
 
 
ALTRIMENTI:
Sei come se discendessi con una canoa il corso rapido e vorticoso del fiume dell'esistenza, dove il frastuono dell'acqua che precipita e si frange sugli scogli, non fa udire il tuo grido d'aiuto.
Stessi appollaiato, in posizione precaria, su un'alta e isolata vetta di montagna, attorniato da fredde nevi, con la sensazione del tuo ingiustificato orgoglio, che non ti consente di lanciare le grida di soccorso.
Sei come se giacessi sull'infocata duna dell'immenso deserto della vita che ti sei creato attorno e che, anche se, finalmente ti decidessi di chiedere la compassione dei tuoi simili, nessuno potrebbe raccogliere l'appello, perché non v'è alcuno che possa udirti.
Sei proprio solo come ti sei voluto.
Forse il Buon Dio t'ascolterà.
Certamente il tuo prossimo sin da quando sei nato, è stato crudele con te e non posso darti torto, se non ha mai avuto fiducia in esso, isolandoti; come non posso che comprenderti e condannare la cosiddetta società, che non ha mai cercato di capirti
 
UNO STRANO VIAGGIO DI NOZZE
Un macilento ronzino.
Un traballante carro.
Una stuoia di canne per tettuccio.
Un set di finimenti consunti e rabberciati alla meglio.
Ecco il cocchio nuziale e una coppia di sposi innamorati, montarvi a bordo con armi e bagagli.
S'erano appena sposati e lui voleva condurre lei dai suoi parenti, in paese.
Per percorrere la strada necessaria occorreva un'intera giornata.
Con evidente sforzo il pur sempre nobile animale iniziò a trainare il carro.
Gli sposi, all'inizio del viaggio, si misero a tubare e poi a fare delle schermaglie sempre più ardite.
Man mano che la strada scemava, sempre più forte il desiderio dell'uno per l'altro cresceva.
Ad un certo punto la passione esplose e Si ritrovarono, l'uno nelle braccia dell'altro, sotto una vecchia gualdrappa, mentre il decrepito destriero, per abitudine, seguiva il ciglio destro della strada.
Non ci fosse stato il sommovimento della coperta, si sarebbe detto un carro fantasma.
Certamente, i passeggeri degli altri mezzi (pochi a quei tempi) si saranno sorpresi del procedere di un veicolo senza conducente.
Non il duro pavimento del carro e neppure gli scossoni causati dalle profonde buche della strada, frenò quell'epica battaglia.
Al contrario collaborarono alla lotta, accrescendo la voluttà e il piacere.
Il tempo trascorse velocemente fra una ripresa e una sosta e si ritrovarono, in breve, all'ingresso del paese.
Alla fontanella dell'abbeveratoio si rinfrescarono e si ricomposero.
Fu così che fu concepita mia sorella!
Ci vollero degli anni, prima che io lo deducessi da certe allusioni e metafore dei miei genitori, perché di loro si trattò. Dio li abbia in gloria!
 
VENDETTA
Si! Te l'hanno fatta proprio grossa!
Da parte di colui, poi, che ritenevi più di un amico: un fratello che hai, sempre aiutato in tutti i modi.
Ora quell'amaro boccone non va proprio giù.
Impeti d'ira montano alla tua testa e il cervello non fa altro che rimuginare pensieri di vendetta.
Fai mille piani per attuarla, ma la paura del peccato e della galera ti fanno desistere.
Poi, quel ribollire di sentimenti ti fa, anche star male fisicamente.
Il raziocinio prende il sopravvento e decidi d'attuare la tattica del cinese: ti sdrai su di una sponda e attendi che la corrente del gran fiume della vita, trascini il cadavere del tuo nemico.
Arriva l'ora che questo avviene.
Cerchi, allora di gustare il sapore della vendetta.
Di sentire un qualche senso di soddisfazione.
Niente!
Quasi non riconosci più quel corpo senza vita, perché t'appare come un tronco d'albero appassito, che non può più produrre frutti velenosi.
L'unica cosa che ti conforta è che non potrà più nuocerti.
Quasi ti rincresce d'aver covato per lungo tempo l'odio. D'avere avuto tanti cattivi pensieri contro di lui.
Ti penti per questo e dal profondo del tuo cuore, nasce una preghiera al Signore, affinché abbia misericordia della sua anima
 
TRAMONTO
La parabola discendente del tramonto è già iniziata.
La sfera del Sole è diventata dapprima di un rosso cupo, come il mio animo che inizia a percepire il declino della vita.
Poi s'è cangiata in un vivido arancione, come le fiamme del caminetto dell'esistenza, che prima di spegnersi, emanano più forti guizzi di vivacità.
Così, come l'uomo ricerca le gioie e i piaceri perduti, così il Sole chiama a se vividi e fantasmagorici colori di una tavolozza che il migliore pittore non sarebbe mai capace di preparare.
Forse, per ricompensare la natura dei periodi del suo mancato e vivifico calore nei giorni 5grigi, freddi e uggiosi, che creano nell'animo umano, senso di solitudine interiore e mancanza di speranza.
Così, anche: come nell'uomo vanno attenuandosi le forze e i sensi e, il suo corpo sprofonderà nel grembo della Gran Madre Natura, nel vitale Sole, vanno sempre più spegnendosi i meravigliosi colori che lo circondano ed esso s'inabisserà nel Gran Mare dell'orizzonte.
Sole, Uomo, sono creature di Dio, che non opera discriminazioni fra loro.
Pertanto: se il Sole "rinasce" ogni giorno, non ho motivo di dubitare, che anche l'Uomo rinasce, anche se in modi e tempi diversi, ma questo, si sa, è relativo!
Torna alla Home Page
 
PER COMUNICARE CON L'AUTORE mandare msg a clubaut@club.it . Se ha una casella Email gliela inoltreremo.
Se non ha casella email te lo diremo e se vuoi potrai spedirgli una lettera presso «Il Club degli autori, cas.post. 68, 20077 MELEGNANO (Mi)». Allegate Lit. 3.000 in francobolli per contributo spese postali e di segreteria provvederemo a inoltrargliela.
Non chiederci indirizzi dei soci: per disposizione di legge non possiamo darli.
©2000 Il club degli autori, Antonio Manca Puddu
Per comunicare con il Club degli autori:
info@club.it
Se hai un inedito da pubblicare rivolgiti con fiducia a Montedit
 

IL SERVER PIÚ UTILE PER POETI E SCRITTORI ESORDIENTI ED EMERGENTI
Home club | Bandi concorsi (elenco dei mesi) | I Concorsi del Club | Risultati di concorsi |Poeti e scrittori (elenco generale degli autori presenti sul web) | Consigli editoriali | Indice server | Antologia dei Poeti contemporanei | Scrittori | Racconti | Arts club | Photo Club | InternetBookShop |
ins. 12 giugno 2001