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LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
  Poesie di
Antonio Fabi

Antonio Fabi
 
Quinto Rulliano Valente
 
Le ultime parole di Pentesilea
 
(Azione scenica)
 
Personaggi:
 
Achille, che non parla ma, come di solito, agisce.
 
Pentesilea, Regina delle Amazzoni.
 
(Nei pressi di Troia, Hissarlik, in epoca anteriore e prossima al 7 aprile 1185 a.C.)
 
Pianura con qualche albero e, sullo sfondo, le mura delle città.
La Regina, completamente coperta dall'armatura è a terra, supina. Sette secondi di silenzio, poi riesce ad alzarsi sui gomiti ed a guardare Achille, che sta immobile, a qualche metro di distanza, indossando le armi fabbricate da Efesto;
 
Pentesilea -
 
Per Giove, m'hai trafitta, divo Achille!
 
M'avevan detto ch'eri un forsennato,
 
ma sei proprio un grandissimo imbecille.
 
Qual feroce leon ti sei scagliato
 
contro una donna che, tra mille e mille,
 
più bella non avresti mai trovato.
 
Ora mi slaccio e mi tolgo il cimiero,
 
per dimostrarti come dica il vero.
 
-
 
Ecco fatto, fortissimo Pelide:
 
guardami bene e dimmi se ho ragione!
 
Tu volevi far fuori il grande Atride,
 
il condottiero della spedizione!
 
Per una schiava, per quella... Briside
 
abbandonasti i Greci e Agamennòne.
 
Ed io, che son gloriosa e più e piacente,
 
debbo crepar così, gran deficiente!
 
-
 
Pure tu togli l'elmo: qual pallore
 
denota, troppo tradi, il tuo sgomento...
 
ora piangi e dimostri il tuo dolore
 
per questa vita che il tuo braccio ha spento.
 
Senti esplodere adesso un folle amore
 
per una morta... ahimè... mancar mi sento...
 
ma sono amazzone; non mi lamento!
 
-
 
Che fai, Achille, togli la corazza?
 
Levala a me, piuttosto, ché mi pesa...;
 
grazie, figlio di Teti: chi m'ammazza
 
ora si pente e dimostra sorpresa...
 
e tutto il bronzo depone: che pazza
 
fui nel pensare di compier l'impresa
 
d'affrontarti con l'armi e non, piuttosto,
 
con la mia grazia e un contegno composto.
 
-
 
Che fai, amor di Giove, ora mi spogli?
 
... Sì, mi sollevi e a cavalcion mi poni
 
sul tuo corpo, Pelide, ... ed ora cogli...
 
già sento in me stupende sensazioni!
 
Ti prego ... Achille, ché delle tue mogli,
 
nessuna ti darà queste emozioni...;
 
e dillo pure al tuo aio Fenice:
 
Pentesilea... morendo fu felice.
 
 
(Sipario)
 
15 agosto 2003

Primo ritratto

IL CIVILISTA
(sonetto caudato)
Quasi sepolto dai suoi scartafacci,
dalla polvere vecchia di vent'anni,
stassi il Procurator, tra mille affanni,
a consultare codici e brogliacci.

Vuol dar sollievo a tanti altrui malanni,
ma non riesce a uscire dagli impacci:
non v'è una soluzione che s'affacci,
per finire il giudizio senza danni.

Cerca allor nel Digesto e in Cicerone,
senza trovare alcuna via d'uscita,
perché torto gli dà la Cassazione.

Ma spesso i forti la Fortuna aìta:
chiama il Collega e dice: "Transazione!",
ché anche l'altro può perder la partita.

Finalmente è finita!
con due colpi la causa si cancella;
non resta che stilare la parcella.


Secondo ritratto
 
IL PENALISTA
(sonetto caudato)
 
Impegnatissimo, molto agguerrito,
porta la toga in maniera elegante;
la borsa gliela porta un prticante,
giovin collega, sempre più avvilito.
 
Fa sei processi al dì, tutto impettito,
sollevando eccezioni ad ogni istante
di merito e di rito al giudicante,
che le respinge sempre più stizzito.
 
Se deve solo chiedere un rinvio,
parla mezz'ora con foga impetuosa,
dicendo che sta male un vecchio zio.
 
 
Ma l'arringa finale è un'altra cosa:
cita i classici e pur domineddio,
con consumata teatrale prosa.
 
E così si riposa
a Rebibbia, il cliente, o a San Vittore,
benedicendo questo difensore.

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