Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Racconto di
Anna Maria Cerrella


Ritorno a Quiberon
 
L'aveva notato durante la conferenza e poi nella sala della biblioteca, fermo dinanzi ad uno strumento antico.
Quando Madame de P** glielo aveva presentato non aveva prestato attenzione al suo nome e dalla confusione non aveva saputo rispondere che con un sorriso.
< Jeanne? > aveva chiesto lui, guardandola con intensità e baciandole la mano.
Ora Jeanne cercava Madame de P** con lo sguardo ansioso, che indagava fra gli invitati riuniti nel grande salone scintillante.
Madame de P** era una donna alta , non più giovane, non priva di una bellezza che sfuggiva ai canoni più comuni e si manifestava soprattutto nello sguardo e nel portamento. Si muoveva eretta e sorridente fra gli ospiti, che salutava per nome, quasi li conoscesse da tempo. Li vedeva, in realtà, per la prima volta.
Dimostrando di conoscere il loro nome e qualche particolare della loro vita, affermava un suo potere particolare, che veniva confermato dall'intensità dello sguardo dei suoi penetranti occhi grigi.
Jeanne le andò incontro con una sollecitudine che la illuminava, ma non riusciva a contenere una tensione viva nel profondo.
 
Egli certamente era lì, confuso fra gli invitati.
Lo sentì sopraggiungere mentre Madame de P** le stava
facendo gli apprezzamenti per la grazia con cui aveva saputo acconciarsi i capelli, e per la naturalezza con cui portava il vestito che era stata pregata d'indossare.
< Sembra proprio una giovane nobile del tempo! - diceva Madame de P**, fissandola commossa. - E'impressionante!>
All'avvicinarsi di Delamaire le parve che ogni turbamento si dissolvesse nell'improvviso accendersi delle luci e delle voci circostanti.
< Non sono ancora riuscita ad esprimerle tutto il mio compiacimento, per aver accettato il nostro invito, Professor
Lamaire! - esclamava Madame de P**-. Certamente avrà apprezzato le parole del nostro Joseph! >
Josefh, un giovane alto e quadrato, che era al suo fianco, accennò ad un inchino con una deferenza rigida e un po' trasognata. Era uno dei conferenzieri del convegno e aveva ancora lo sguardo acceso dal fervore del pomeriggio. Non nascondeva quanto fosse sensibile alla considerazione
di chi lo aveva presentato.
< La nostra Jeanne è una pittrice piuttosto apprezzata, che sa cogliere l'anima di questa terra. Saremo felici di ammirare qualcuno dei suoi quadri!> esclamò Madame de P** .
E si diresse alla volta di un personaggio che sembrava importante, il quale era entrato nel salone accompagnato da una scia di animosa considerazione.
Jeanne e Delamaire rimasero per un istante vicini senza parlare, poi, d'intesa,si diressero verso un piccolo divano d'angolo, ove si sedettero l'uno accanto all'altra. Joseph si fermò poco lontano, intento ad intrattenere svogliatamente due giovani donne molto simili nelle fattezze e nel desiderio d'essere catturate.
< E così, è una pittrice!> disse Delamaire.
< Lei, invece...Cosa insegna?>
< Sono un docente di storia. Sto conducendo una ricerca su di un periodo particolare della storia francese, quello rivoluzionario, una ricerca difficile, per tanto tempo vietata.
Questi luoghi sono ricchi di memorie. E' francese?>.
< No, italiana >.
< Parla bene la nostra lingua >.
< E' come se avessi vissuto in questi luoghi una vita intera.
Comprendo anche il bretone >.
Ragazzi e ragazze in costume portavano le vivande, versavano da bere .
< Come mai qui? Non per la lingua, immagino >.
< Non per la lingua, infatti. Sono attratta dal mistero, dalla solitudine, dall'aspetto selvaggio di questi luoghi. E anche
dal dolore. Siamo ai confini ultimi della terra, di fronte all'immensità dell'oceano >.
< Questo territorio è intriso di sangue. Molta gente qui è stata sterminata e abbandonata in fosse comuni.
21 Luglio 1795, tragico "Affare Quiberon".
Oggi è il 21 luglio e tutto è stato organizzato per ricordare >.
Si guardarono intorno, quasi a cercare conferma nella disinvoltura ondeggiante degli invitati.
Solo apparentemente interessato al racconto di una delle due invitate, Joseph si scosse e prese la decisione di sedersi in una poltrona accanto Protendendosi si rivolse loro con veemenza:
< Certamente! Bisogna ricordare, ristabilire la realtà dei fatti!>
< Sono giunto in questi luoghi con molta umiltà, fermamente intenzionato a studiare documenti, a cercare tutte le testimonianze possibili, per ricostruire la realtà >.
< La realtà è che la storiografia corrente, tutta la storiografia, è sempre stata filorivoluzionaria e ha stravolto tutti i valori.
Non vi è stata una storiografia vandeana, che abbia saputo far emergere le motivazioni profonde della rivolta. E così il termine "Vandea" è sempre stato sinonimo di rivolta reazionaria contro il progresso, per mezzo della quale i nobili e il clero tentarono di riconquistare i propri privilegi.
Non si parla mai di valori, della reale e profonda fede di questa gente, fede che è tuttora molto viva. Non si è mai meditato abbastanza sul genocidio che è stato perpetrato! Delle centinaia di migliaia di vittime, l'ottanta per cento era costituito da donne e bambini.
Le donne erano considerate solchi produttivi; i bambini, futuri briganti. Parole di Robespierre. Una vera e propria pulizia etnica! >
Joseph parlava con animazione, gli occhi di solito un po' acquosi e vaghi si erano accesi di una luce febbrile.
Charles Delamaire di fronte a quella veemenza sembrò rimanere colpito
< Quello che afferma è vero - disse &endash; ma forse non basta a spiegare la realtà , che è più complessa >.
< Ecco i limiti di questa cultura: la relativizzazione dei valori! Non esiste un pensiero forte, a cui fare riferimento! >
Joseph si era rivolto verso Delamaire, in cerca di consenso.
Delamaire guardò Jeanne, quasi a volerne cogliere il pensiero.
< Questo è un luogo di profonda spiritualità &endash; disse Jeanne &endash; una spiritualità che ha origini lontane >.
< Tale spiritualità è stata alla base della fedeltà alla religione cattolica, anche in Bretagna &endash; proseguì Delamaire. - Annientata la Vandea, la guerra fra le forze rivoluzionarie e quelle cattoliche e realiste si riaccese proprio in questi luoghi. Proprio nella penisola di Quiberon ebbe luogo l'ultima disfatta >.
A tali parole seguì un silenzio denso di emozioni Sembrava che le luci si fossero offuscate, che le voci degli invitati venissero da lontano.
Immobili come ombre, tutti sembravano in preda ad una strana fascinazione
D'un tratto, accolte con stupore, giunsero le note di una musica. I convenuti si mossero lentamente e si diressero verso il salone attiguo, aperto sulla baia.
Delamaire e Jeanne li seguirono, muovendosi come sospesi.
La melodia si dilatava, si contraeva, ora volando ora scivolando sui semitoni, creando un'atmosfera come d'incantamento.. Le cornamuse, la fisarmonica diatonica, ì fiati con la dolce voce del flauto e dell'oboe, l'arpa celtica suonavano canti bretoni. Una voce cominciò a cantare, un'altra voce continuò il canto, riprendendo l'ultima frase. Così proseguivano, alternandosi. Tutti furono pervasi dal ritmo e dalla melodia. e, quasi fossero uniti da un'intesa, si lanciarono nella danza. I suoni e le voci trovarono un ardore nuovo.
Anche Delamaire e Jeanne furono trascinati nella catena dei danzatori
< Kan Ha Diskan &endash; canta e ricanta. E' il nome bretone di questa antica danza cantata, che narra di leggendari fatti gloriosi> disse Delamaire.
Entrambi si sentivano suggestionati dalla musica.
Alla prima parte rapida del ballo era succeduta una parte lenta. Essi si muovevano assorti, quasi intimoriti dalla spontaneità e dalla sintonia dei loro movimenti
Come quella di un fiume in piena saliva in Jeanne l'onda dell'emozione. Le luci giravano intorno, la musica giungeva attutita, ma la memoria di ogni nota aveva un'eco in ogni sua fibra. Come illuminato dall'improvviso bagliore di un lampo le apparve il volto di Delamaire, stranamente immobile e vicino, il naso lievemente aquilino, gli occhi profondi. Si sentì smarrita come dinanzi ad una rivelazione.
Il vento impetuoso della costa occidentale irruppe nel salone. Fu accolto con grida divertite e con risa. Poi il ritmo della danza riprese.
Tutto rivolto verso l'esterno Delamaire abbandonò la catena dei danzatori e condusse Jeanne sulla terrazza. Il mare era sconvolto e si abbatteva contro la roccia. Egli rimase assorto a guardare.
< Questa musica vibrante scuote i danzatori nel profondo - mormorò quasi a se stesso &endash; E' come vivere realtà diverse contemporaneamente.- Una pausa. - Questo era il Forte Pénthièvre. Vi erano chiusi circa quattromila Chouans, così venivano chiamati gli insorti. Tutti i loro tentativi di forzare l'assedio erano falliti. IL 15 luglio 1795 nella Baia di Quiberon, trasportata da navi inglesi, giunse in aiuto dei Bianchi una divisione di Emigrati. La comandava il generale Charles de Sombreuil >.
La voce di Delamaire si era fatta profonda.
< L'aiuto venne rifiutato.- continuò. &endash; I due generali realisti, presenti nella penisola, diedero ai rispettivi eserciti l'ordine di attaccare le forze repubblicane senza attendere i rinforzi. Fu la disfatta più completa.. La ritirata lasciò alle spalle cadaveri e cavalli abbattuti accanto a fusti di cannone. A Quiberon, intanto, gli assediati moltiplicavano i tentativi di evasione dal Forte. Inutilmente.
Sulla base dei racconti dei disertori il generale Hoche, alla testa delle forze repubblicane, puntò su Forte Pénthièvre. Qui giunto rimase in attesa >.
Una pausa. Lo sguardo di Delamaire era fisso lontano. l fragore dei cavalloni era talmente assordante, che i confini della realtà ne erano travolti.
< Nella penisola di Quiberon si erano rifugiate alcune migliaia di donne e bambini &endash; continuò -.
C'erano anche quindicimila abitanti della regione .
La notte del fra il 20 e il 21 luglio scoppiò un violento uragano. Finalmente il generale repubblicano Lazaire Hoche venne in possesso del codice segreto, fornito da una traditore. Approfittando del fragore dei tuoni e dei marosi, che copriva ogni rumore, egli ordinò l'assalto al Forte da tutte e tre i lati. E ordinò il massacro di tutti gli occupanti. Il Forte cadde. Tutti i Chouans vennero trucidati.
Non bastava. Si rivolse contro i villaggi. Charles de Sombreuil accorse in difesa di Quiberon. Una realtà agghiacciante apparve ai suoi occhi: donne, vecchi, bambini, semplici paesani e Chouans venivano massacrati senza distinzione A Port Orange e a Port Haliguen si tentava la fuga via mare. Nella speranza di raggiungere una scialuppa le donne si gettavano in mare con i figli in braccio. Per sottrarsi alla ferocia dei rivoluzionari i Chouans si uccidevano. Molti annegavano.
Ovunque clamore, lamenti e, sovrastante, il rombo dei cannoni che sparavano dalle navi.
Per porre fine alla carneficina Charles de Sombreuil chiese di trattare con il generale Lazaire Hoche: i bombardamenti
sarebbero stati sospesi, sarebbe cessata ogni forma di resistenza. In cambio tutti avrebbero avuto salva la vita. Non parlò della condizione essenziale: il sacrificio della sua stessa vita >.
Delamaire interruppe il racconto, sopraffatto dalle sue stesse parole. Poi riprese:
< Più di tremila prigionieri, uomini, donne e bambini, ordinati in colonne, furono condotti a Port Haliguen, a piedi, attraverso una zona montuosa. De Sombreuil era in testa. Qui giunti, furono stipati nelle chiese.
Il 27 luglio i primi sedici condannati a morte furono trasferiti nella prigione di Vannes e fucilati. De Sombreuil era fra questi. Poco dopo ad Auvril vennero fucilati altri ottocento prigionieri >.
Jeanne aveva ascoltato in silenzio.
Ogni parola era un peso che si aggiungeva a quello che l'opprimeva. Tese una mano verso Delamaire. Mormorò:
< Tutto ciò è ancora vivo, ha un suo significato. Bisogna solo ascoltare>.
Ebbe l'impressione che le fosse grato per quelle parole. Una densa nuvolaglia nera si addensava sulla baia, sospinta dal vento.
< Ci conviene entrare !> esclamò Delamaire.
Sembrò scrollarsi di dosso l'indefinibile pena che lo attanagliava e sorridendo, con un gesto affettuoso e quasi familiare la sospinse dentro al salone.
Madame de P.** venne loro incontro, ansiosa nel volto, seguita dal giovane Joseph.
< Eccovi, finalmente! La notte non promette niente di buono, sento avvicinarsi la tempesta. Ha mai assistito ad un uragano estivo, mia cara? >
I cantori continuavano a cantare, narravano di un cavaliere bello come un sogno, del quale le fanciulle non dovevano aver paura, tanto era gentile.
< Si tratta del Conte Charles de Sombreuil, dell'eroe della
battaglia di Quiberon. &endash; disse Madame de P.** - E' entrato nella leggenda, ne parlano le canzoni.
Lei, professor Delamaire, sarebbe un magnifico de Sombreuil. E Joseph un perfetto nobile de Puisaye, altrettanto infervorato e superbo.
Intendete andare sulle dune, domani? Se non scoppia un uragano potrebbe essere una bellissima idea >.
 
 
Il resto della sera Jeanne lo trascorse a cercare Delamaire, ma inutilmente: era scomparso. S'era ormai fatto tardi quando decise di ritirarsi. Provò quasi un sollievo a raggiungere le sue stanze nell'ala ora riservata ai forestieri, percorrendo scale di pietra e corridoi illuminati a malapena.
Entrata, si gettò sul divano. L'ansia era cresciuta. Chiuse gli occhi e rimase in silenzio, le braccia abbandonate, in attesa. Lentamente una profondissima calma si impossessò di lei. Le immagini emersero dal suo profondo: il cielo era livido, nero all'orizzonte, una moltitudine di gente procedeva a fatica sulle alture deserte, chi cadeva subito si rialzava, per non essere massacrato, le madri soffocavano il pianto dei bambini. Ogni tanto sopraggiungeva un cavallo al galoppo, montato da una guardia urlante con la spada sguainata. Lei camminava, sorreggendo qualcuno, con lo sguardo a cercare lui, che procedeva davanti agli altri, la testa alta, il braccio alzato.
Si scosse. Una giovane donna la stava guardando da un quadro: pallida, il collo elegante, gli occhi grigi penetranti. La fissò lungamente. La luce di un fascio di erica sul pianoforte, la grazia di un vestito di seta posato sul letto.
La mattina seguente decise di andare verso le dune.
Man mano che procedeva sentiva aumentare la sua inquietudine dinanzi all'aspetto cupo del cielo e del mare e al roteare basso dei cormorani.
D'improvviso, quasi senza rendersene conto, tornò sui suoi passi e, dopo una qualche incertezza, si mise a correre con quanto fiato aveva, in preda ad un'angoscia senza nome. Qualcuno gridava:
< Sono andati a Port Halegue e a Vannes! A Port Halegue e a Vannes >!
Corse incurante della strada scoscesa, del vento, d'ogni ostacolo. Si fermò quando la sensazione dell'abbandono fu così forte che dovette piegarsi per il dolore. Allora si accorse del pianto che le rigava il volto.
 
Dormì a lungo, profondamente, confortata dalle lenzuola fini, dai colori soffusi della stanza , dalla presenza del mare, che giungeva fino a lei con un respiro ampio. Era giunta l'ora di andare.
Nel salone le venne incontro Madame de P.**. Non sorrideva. Avanzava come se un qualche turbamento segreto limitasse la solita armonia dei suoi movimenti. La fissava con intensità:
< Ha deciso di partire ?>
< Chi è la giovane donna del quadro? >
< E' la fanciulla amata da de Sombreuil .>
Seguì un attimo di silenzio. Un'ombra di commozione passò nello sguardo di Madame de P.**.
< Non si lasci intimidire - disse -, questa è una terra strana, da sempre vi accadono avvenimenti inconsueti. Figure del sogno e della fantasia vivono in armonia con gli esseri viventi. Da sempre la realtà coesiste con il mistero >.
< Grazie di essere tornata, Jeanne > soggiunse piano.
 
La macchina era giunta e stava aspettando. Si guardarono. Si abbracciarono senza altre parole.
Poi Jeanne si allontanò. Sentiva lo sguardo di Madame de P.**, che l'accompagnava.

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