SCRITTORI ITALIANI
CONTEMPORANEI

affermati, emergenti ed esordienti
Veronica Papa
Opera 7° classificata al concorso Marguerite Youcenar 2000 sez. narrativa
A tutti gli angeli
condannati a perdersi.
 
Come farfalle tra le nuvole
 
 
è strano pensare a certi momenti passati,
sembrano fotografie illuminate da candele.
Si dovrebbe raccontare la vita di ognuno come un romanzo.
A volte nella realtà c'è più fantasia che nei sogni.
 
Nasceva quella notte dalle nuvole una luna di fuoco.
 
Successe poi una cosa strana...
 
Improvvisamente le candele si spensero,
un violento colpo di vento spalancò il baule dei ricordi
e tutte le fotografie si mischiarono tra loro.
 
Fu così che capii che il mio ultimo compito
era quello di rimettere in ordine il tempo andato
ed aggrapparmi a quel sottile filo invisibile
che lega tante vite in un'unica grande storia.
 
 
Era ormai molto tempo che un'acida insonnia s'infiltrava velenosa nel suo corpo stanco, ed era molto tempo che trascorreva in solitudine quelle sue notti nervose, nella vana attesa di un sonno lontano. Vagabondava convulsamente per la casa, ma sempre terminava il suo errare davanti alla finestra, dove inerte e spettrale, trascorreva intere ore opache di solitudine ad osservare con incredulità quel mondo tanto estraneo ai suoi occhi, che intravedeva dalle tendine color del grano. In quelle lunghe ore era difficile calmare l'affannata corsa di pensieri sempre più ingarbugliati tra loro e la sua mente cadeva pesante nel labirinto dei ricordi. In quell'oscurità tormentata, tante particelle di vita, come particelle di un puzzle, si mischiavano senza logica tra loro, scomponendo il passato in piccole storie assurde e paradossali.
Sensazioni d'inverno sulla pelle.
La linea dell'orizzonte lontano ed il volo di un gabbiano cieco.
L'ansia leggera di un'agonia addormentata ed il cielo turchino di un passato sfocato. La punta di una collina verde ed una galleria. Sapere che si hanno davanti giorni lividi di grigio e vagare con la mente agli inverni trascorsi lontano dal mare. Le mura bianche e perlate di un monastero ed una terrazza che domina le onde e che lancia l'ultimo sguardo alle navi che fanno rotta là, dove traffica il mondo.
Ed era perversamente divertente giocare con i personaggi del suo passato, vestirli a festa e vederli sfilare pomposi e colorati verso vacui orizzonti d'oro, ed immediatamente dopo, contemplarli inerti e doloranti su un pavimento freddo e sporco, schiacciati come insetti, umiliati e derisi dalla loro impotenza.
Gli afosi pomeriggi della sua infanzia.
Il gelato al limone e la menta fredda.
Una campagna densa di succhi molli e caramellosi di ciliegie, di rubino e di prugne violette, l'aria fragrante del dolce e insieme selvaggio profumo della more. Piccole vampate di rosso accendevano l'oro dei rododendri, screziati dal celeste degli astri.
Una musica d'api faceva danzare papaveri pimpanti e girasoli di luce, tra lo smeraldo dei prati e nel sole, l'immagine sfocata di una bicicletta sfrecciante che amava rincorrere il ruscello che scivolava guizzante là fin dove al tramonto l'orizzonte si tinge d'amaranto.
All'imbrunire saltava come un uccellino su un ramo che sfiorava dolce il prato del giardino dove quest'albero sembrava sfidare il cielo. Si soffermava ad ascoltare le rane che cantavano sommesse canzoni attorno alla luna ed il soffio del vento, che ogni sera portava lontani ricordi di favole notturne...
...una notte avrebbe spalancato la finestra per volare via tra quei ricordi...
Aveva visitato tante grandi città, che sembravano tutte uguali tra loro: talvolta prendevano la forma spessa e dura di un vuoto magazzino addormentato dalla polvere; altre volte tuttavia assumevano, sfrontate ed impertinenti, l'aspetto di un'imponente vetrina di lusso, meta di troppi desideri irrealizzabili.
Ed ancora tanti luoghi, come cartoline ingiallite e sparse nella sua memoria aleggiavano inquieti in quel labirinto senza uscita; così come le persone che aveva incontrato nel suo viaggio, oramai ridotte a spettri dagli sguardi trasparenti.
 
Ogni notte tuttavia, rivolgeva il pensiero alla sua favola triste. Una sensazione. Una presenza. Un'ombra.
è una pagina che continui a girare e che il vento riporta indietro.
Sempre.
Un sogno ricorrente.
Dove nulla cambia. Dove nel ricordo, il tempo si ferma.
E quello stesso ricordo s'insinuava con la lenta fermezza di una serpe in cerca d'acqua, che solo ogni tanto sembra trovare conforto tra le lacrime di qualche cactus piangente, la sua misera solitudine.
Chiudendo gli occhi poteva ancora rivedersi giovane e in una squallida classe di liceo dei muri scrostati; vicino alla finestra un insegnante, dallo sguardo languido e scavato, leggeva J. Keats quasi fosse null'altro che un inquietante monito.
"Nel tempo stesso della gioia
la malinconia velata
ha il suo altare sovrano".
 
Invano cercavo di dominare il suo stato d'animo lacerato dalla lucida consapevolezza che un fiore calpestato dalla distratta stupidità umana, difficilmente potrà nuovamente gioire di un giorno giallo di primavera.
Nella notte un solo rumore: un orologio vecchio di generazioni scandisce il tempo perduto...
Poi un bracciale dai ricordi d'argento suona a terra un agghiacciante richiamo di morte.
Ed il fumo nero di un camino s'alza lento dai tetti delle case.
Tutto finisce, ed il suo amore, quel fiore che prima profumava di quella delicata felicità, ora piange rugiada in un'interminabile notte, coperta da un manto di nera agonia.
Avrebbe voluto vedere la sua vita incorniciata da volo leggero delle farfalle e dall'incanto della loro polvere magica. Ricordava con struggente ironia quando, anni addietro, si divertiva a vuotare i grilli delle loro viscere rosse e gommose o a catturare le farfalle col retino da pesca del nonno...
Ognuno ha una farfalla tutta sua che tinge di brillante magia la nostra piccola primavera, che solo a volte emerge dall'arida solitudine del nostro cuore...
Ebbene, pensò: "io quel giorno ho ucciso la mia".
Un mare dai bagliori di luna ondeggiava sereno ed indifferente tra l'altalena del suo battito, mentre uno strano vento giocava con il fumo di una sigaretta intossicando le nuvole.
Il suo amore era un fiore bellissimo, era un incantesimo di tramonti arancioni, di lucciole al neon fluorescenti nella notte, di sabbia brillare e di tappeti blu di mare.
... l'immagine di noi sbrigliati nel caldo tepore d'aria leggera
di un monte d'incanto nevoso...
Il suo amore poteva cambiare combinazione alle stelle.
Troppo presto tuttavia l'arrivo di un profumo ottobrino inebriò di fuoco danzante e velò di una nostalgia d'ottone le campagne, finché una nebbia spettrale schiacciò potente le pianure...
ed aldilà di porti sconosciuti,
il suono lontano di un sogno che s'infrange senza rumore dentro un paesaggio d'eternità...
 
Poi un giorno cominciò a nevicare.
Fiocchi di neve grandi come pastiglie di menta, cadevano lente e candide come solo nelle favore di Natale può accadere.
Piano e dolcemente quel fiore si assopì in un lungo sonno soffice di un inverno freddo e bianco. Finché, in un sogno, vide la sua anima allo specchio: era triste e grigia, congelata da una solitudine senza conforto. Un grido in quell'attimo ruppe lo specchio e ferì d'angoscia i petali del fiore. Ed in quell'istante si svegliò, si vide ferito e pianse. Le lacrime ardenti di rabbia ed infuocate dal ricordo lacerarono l'anima e sciolsero quella neve bianca ed assassina. Il fiore si ripiegò su se stesso e nella sofferenza il conforto lontano di un passerotto dalle piume dorate che sembra dire: "non te ne andare...".
 
Chiusi gli occhi.
Ero io.
Stavo raccontando la mia storia.
 
Tutto intorno cantava il silenzio di un vuoto nulla dove si confonde ogni passato e presente.
Poi un istante d'eternità lungo l'eco di una nota.
E nell'aria ricordi... frammenti di vita... forse solo sogni.
I sogni ancora rinchiusi in quel baule.
Ricordo l'ultima volta che fummo felici come la fine di un film e l'inizio di una canzone. Ci siamo poi rivisti, ma era già vita vera. Due occhi lucidi, scintillanti, come il riflesso cangiante della neve sul mare. Ricordo un treno in partenza, una corsa per raggiungerlo, un finestrino, uno sguardo, nient'altro.
Chissà se c'è davvero un senso in tutto ciò che accade, vorrei scoprirlo.
Un raggio di luna accompagnava le onde che, come piccoli giganti, giocavano a rincorrersi fino alla conquista della riva, spruzzando di sale un'agave secolare. Un sottile filo fra gli alberi teneva appese tante lucine dondolanti e galleggianti, in una cornice di casette colorate per gnomi.
E poi cicale lontane tra fiori feriti.
Rimasi molto tempo in quell'oblio di velluto, poi piccoli germogli di luce rifiorirono sulla mia via e capii che ogni giorno milioni d'anime leggere e trasparenti quante bolle di sapone riesce a creare il soffio di un bambino abbandonano la realtà per volare tra le nuvole.
è in realtà la vita un viaggio infinito tra le nuvole.
Quegli occhi azzurri come schegge di cristallo mi hanno trasportata fin lassù, ed in quel candore di zucchero filato ho scherzato con il sole.
Una notte scivolammo su una stella... ed in quel attimo fummo così vicini da sfiorarci il cuore in un unico respiro.
Ed il tempo era sempre davanti a noi.
La carezza del vento ci cullò come una musica fin quando al mattino, l'alba tinteggiava di rosa il mondo al suo risveglio.
Nessuna magia tuttavia dura a lungo... e forse è stata solo immaginazione. Come un quadro mai dipinto. L'opera di un artista matto, dai pochi capelli bianchi ed arruffati, che odia portare gli occhiali e che per divertimento cucina in una villetta color vaniglia farcita di pini verdissimi.
Una parola.
Un colpo di vento e tornai da sola sulla terra.
Qualcosa s'è n'era andato per sempre.
Svanì anche il quadro, mai dipinto, di quel pittore matto.
Quello sguardo azzurro mi aveva abbandonata su una nuvole che, triste per la mia partenza, divenne pesante e grigia. Aggrappandomi ad una goccia di nuvola, tra le lacrime di pioggia, tornai alla realtà
 
Piovve poi per molto tempo.
 
E come allora è ancora notte, le luci della costa, il sonno degli insetti, il respiro delle piante, la corsa del vento tra gli alberi.
Un brivido di freddo, una porta sbatte, il fischio di un treno che corre senza fermate, verso il domani.
Ed una tristezza appiccicosa nel cuore...
Poi ho trovato un'altra storia ed un'altra fotografia.
Un pescatore, una sedia a dondolo ed un gatto bianco.
Ma ancora oggi, quando nelle sere d'estate soffia quel vento, sento il sussurrare delle acque lontane.
E penso a quel fiore come ad un grande cuore inghiottito dal mare.
Ho ancora l'abitudine di aggrapparmi alla finestra quando mi cattura l'insonnia.
Guardo il mondo e quelle nubi ammassate tra loro.
Piangono ancora... non più per me, ma per tutti quei cuori che ogni giorno, seguendo l'amore, volano come farfalle tra le nuvole.
E si sentono come una stella che non riesce a liberarsi dell'Universo.
 
Si racconta che quella notte portò un vento incessante e cattivo. Una pioggia violenta martellava la terra percorsa da brividi, facendo risuonare l'aria del boato delle onde che si scagliavano sugli scogli della spiaggia lontana, riecheggiando remote leggende di arditi navigatori. Il vetro, percorso da grigie lacrime di pioggia, rifletteva l'immagine di una piccola ed anziana signora con un'amabile visino a triangolo e due calorosi e profondi occhi azzurri. Le mani tremanti di vecchiaia e di paura sentivano la stanza girare ribelle ed incontrollabile, come una giostra impazzita e da quegli occhi cadevano pesanti gocce di cristallo...
Poi un sorriso.
 
Morì nel sonno: giaceva bianca e delicata come la neve al dolce albeggiare invernale, quasi trasparente agli altri nella sua fragilità.
La luna, oramai alta nel cielo, era simile ad una perla scintillante su un manto nero di velluto.
 
Tutto intorno un buio profondo.
 
La tempesta infuriò tutta la notte, ma quando scese il silenzio, sorse l'alba sul mondo imperlato dalla pioggia.
Le nuvole bianche di purezza correvano in gara di velocità con uno stormo di gabbiani più bianchi ancora, mentre il sole carezzava lento la terra serena come un mare d'oro.
 
Si racconta che avesse accanto un baule di foto e tra le mani una matita ed un vecchio diario, nella pagina accanto al suo ultimo giorno, una manciata di parole:
 
"Esci di casa, fermati davanti alla porta e guarda il mare. Poi alza lo sguardo al cielo... magari è un po' nuvoloso, ma se hai la pazienza di aspettare, vedrai comparire una piccola luce tra l'oscurità... è la tua stella. Ogni tanto, quando ti sorprende la notte, fermati a guardarla e sorridi perché sarà lei che un giorno insegnerà a quell'angelo smarrito dentro di te a volare. Solo allora scoprirai cose c'è in fondo alla strada. Forse laggiù c'è la tua isola della felicità, dove i tuoi sogni sono all'ancora come tutte le navi che non fanno mai ritorno. Forse sarà oltre l'orizzonte, ad ogni caso la troverai e sarà nel tuo domani".
 
Si racconta che nessuno capì mai per chi erano quelle parole.
 
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ins. 11 dicembre 2000