Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Vanda Sessa
Con questo racconto ha vinto il terzo premio del concorso Angela Starace 2002, sezione narrativa
La lunga notte
 
Il cielo adesso andava assumendo un aspetto cupo, sembrava già notte a invece erano soltanto le cinque del pomeriggio. Lisa era già stanca aveva studiato molto e un mal di testa lancinante la rendeva nervosa.
Appena ebbe finito di leggere il nuovo capitolo di chimica, Lisa esasperata, chiuse gli occhi per riposarsi alcuni istanti, poi guardò verso la finestra e si accorse che sui vetri incominciavano a scintillare delle piccolissime gocce di pioggia "Uffa" - pensò irritata - "ecco che ci risiamo, ricominciai a piovere, che tristezza!"
Improvvisamente la mamma irruppe nella cameretta con in mano una tazza di the: "Bevi! Vedrai che ti tirerà un po' su." La mamma era fin troppo premurosa e Lisa sapeva bene che non poteva sottrarsi alle sue attenzioni, soprattutto quando si avvicinavano gli esami, sembrava quasi che l'esito di questi dipendesse anche dal grado di assistenza che la brava donna sapeva dare alla figlia. "Ma perché non lasci tutto lì e te ne esci a prendere una boccata d'aria fresca!?" consigliò la mamma.
Lisa storse il muso, non aveva voglia di uscire e poi con quel tempo no, no, sarebbe rimasta a casa finché non avrebbe completato tutto il libro.
"Ho capito siamo alle solite, io che ti dico di uscire e tu che dici di no, che non ne hai voglia, che non è l'ora adatta…"- si lamentò la mamma.
"Va bene uscirò, ma stasera. Adesso no! Non vedi come piove? Non saprei dove andare"- rispose Lisa con una certa stizza. Poi pentita per aver sbottato in quel modo aggiunse: "Scusa non volevo essere sgarbata ma sai quanto divento nervosa prima di un esame."
"D'accordo"- disse la mamma, riprese la tazza vuota del the e uscì chiudendosi dietro la porta silenziosamente.
La stanza ripiombò nel solito silenzio interrotto a tratti dal rumore del libro sfogliato. Poi Lisa alzò gli occhi e guardò oltre la finestra, le goccioline ormai si erano trasformate in una vera e propria pioggia scrosciante. I rivoli d'acqua scorrevano giù per i vetri, si univano e si separavano in continuazione disegnando piccole forme geometriche irregolari. Lisa non riusciva a vedere oltre la finestra tanto la pioggia era battente, ad un tratto cominciò anche a grandinare e il ritmo incessante provocato dai bianchi chicchi che percuotevano i vetri le sembravano una nenia monotona ed insistente, un rumore che la ipnotizzava e la distoglieva dallo studio e dal pensiero fisso dall'esame.
La mamma aveva ragione, ormai erano tre giorni che non aveva messo piedi fuori casa. Se n'era stata rintanata nella sua cameretta a studiare senza pensare ad altro. Doveva scuotersi da quel torpore che sentiva si stava appiccicando addosso come una seconda pelle.
Si voltò verso lo specchio che rifletteva per intero la sua figura. Il suo viso sembrava ancora quello di un'adolescente, la sua pelle era diafana, distesa e liscia proprio come porcellana, solo quando rideva le si formavano quelle simpatiche rughette d'espressione che sparivano poi velocemente. Tutti dicevano che dimostrava meno della sua età ma a lei non importava per lo meno non in quel momento della sua vita, forse chissà più avanti le avrebbe fatto piacere. Staccò lo sguardo dallo specchio e riprese i suoi ragionamenti:
Dunque, doveva reagire, non farsi condizionare dall'ansia degli esami… Facile a dirsi ma difficile a farsi. Dopo un attimo ci ripensò
-"Intanto basta vestirsi e uscire e poi si vedrà!" si disse ad alta voce, senza accorgersi che i suoi pensieri ora si sentivano. Era stato come se avesse parlato un'altra persona. E Lisa l'aveva ascoltata subito. Infatti si preparò in un battibaleno ed ebbe appena il tempo di dire "Ciao mamma esco!" che imboccò la porta e scese le scale sotto lo sguardo incredulo ma al tempo stesso soddisfatto della donna che le gridava dietro: "Sii puntuale per la cena!"
La strada era piena di luci multicolori, alcune insegne si accendevano e si spegnevano con un ritmo monotono. Aveva smesso di piovere. Lisa respirava l'aria frizzante e un po' umida della sera. Iniziò a camminare per quel viale alberato che conosceva bene fin da piccola perché in quella strada era cresciuta, aveva giocato con i suoi amici d'infanzia e li aveva aspettato tante volte la mamma che tornasse dal lavoro. A volte 'aspettava anche sotto la pioggia perché a casa da sola non ci voleva stare.
Quando andava alle elementari era la signora Giovanna che si occupava di lei, una sua vicina di casa; nell'attesa che la mamma ritornasse dal lavoro accendeva il televisore e guardavano insieme i cartoni animati oppure giocavano insieme a carte. Dopo, Lisa si metteva a fare i compiti che eseguiva completamente da sola senza bisogno di aiuto, la maestra diceva sempre alla mamma che era un' alunna in gamba, che sapeva lavorare in piena autonomia, aveva un suo metodo di lavoro, era una bambina sveglia e perspicace. Quando iniziò ad andare alle medie Lisa preferiva restare in strada a giocare con i suoi amici mentre la signora Giovanna dalla finestra ogni tanto le dava un'occhiata, poi ad una certa ora, al suo richiamo, Lisa rientrava e faceva i compiti che col passare degli anni diventavano sempre più impegnativi. Aveva otto anni quando i genitori si separono dopo un periodo di litigi e incomprensioni, quando litigavano, lo facevano sempre con la voce bassa e stizzita. "Non facciamoci sentire dalla bambina!" diceva la mamma ma tutte quelle precauzioni non servivano a niente, Lisa sentiva che in casa c'era un'atmosfera molto tesa e spesso ascoltava la mamma piangere di nascosto chiusa nella sua camera, dopo un po' sentiva sbattere la porta di casa: era suo padre che usciva. Rientrava sempre ubriaco e trascorrevano il resto della serata immersi in un silenzio assoluto rotto solo dal rumore delle stoviglie che la mamma lavava o dal televisore acceso. Questa era l'atmosfera in casa nel periodo che precedette la separazione. Lisa da piccola non riusciva a capire cosa stesse succedendo ai suoi genitori ma poi più avanti, solo nell'adolescenza, capì che probabilmente il papà se ne era andato per un'altra donna. La mamma non glielo aveva mai detto ma lei lo aveva intuito.
Lisa continuava a camminare lungo il viale alberato, il cielo nel frattempo era diventato limpido, un leggero venticello aveva spazzato via le nuvole residue e dopo la pioggia sembrava essersi lavato da tutte le sue impurità, adesso quasi superbo proiettava sulla terra la luce delle sue stelle. Per un attimo Lisa si ritrovò sola fra quelle stelle limpide e sfolgoranti ma esse erano incastonate in un cielo scuro, impenetrabile che lasciava immaginare l'immensità dello spazio, di quell'universo che Lisa sentiva pesante su di lei, sembrava quasi che quella cupola nera punteggiata la schiacciasse. "Ecco -si disse- ci risiamo con il mio pessimismo e la mia ansia che come al solito prendono il sopravvento"
Ma continuò a camminare nonostante l'inquietudine si stesse impadronendo di lei. "Mi passerà" -si disse e respirò profondamente. La strada era poco illuminata e le saracinesche dei negozi venivano abbassate quasi all'unisono tanto che per alcuni istanti sembrava di ascoltare uno strano concerto di ferraglie che somigliava a colpi di starnuti di persone roche e raffreddate e che si azzittivano poi tutte insieme. Ne segui un silenzio totale qua e là spezzato dallo stropiccio di passi frettolosi di persone che non vedevano l'ora di essere a casa per la cena. Ad un tratto Lisa si scosse: "La cena!" O mio Dio! La mamma l'aspettava per la cena! Ma quanto tempo era passato? Per quanto tempo aveva camminato seguendo a ruota libera i suoi pensieri?
fece per tornare indietro, ma non riconobbe la strada appena fatta, le luci erano più basse e tutti i negozi erano ormai chiusi. Per un attimo Lisa si sentì persa. Che cosa stava succedendo? Lo stress le giocava brutti scherzi, non si era mai sentita così disorientata!
Una sensazione di vuoto e di solitudine s'impadronì di lei.
Ad un tratto vide un uomo correre verso la sua direzione con lo guardo perso nel vuoto. "Scusi…" la stava per travolgere e Lisa fece appena in tempo a schivarsi. L'uomo non si curò minimamente di lei e continuò la sua corsa. Poi fu la volta di una donna: a, che lei correva con lo sguardo perso nel vuoto.
Quando le passò vicino sentì il respiro affannato sibilargli nelle orecchie, era un rumore amplificato e molto lento che contrastava con la velocità della sua corsa. Lisa si rese conto che non riusciva più a percepire i normali rapporti che c'erano fra gli eventi fisici, notava in essi una sorta di dissonanza, una dissociazione, una mancanza di equilibrio che normalmente si percepisce nelle cose che contemporaneamente si vedono, si toccano e si sentono. Anche il suo camminare lungo quella strada gli appariva strano: più avanzava e più l'orizzonte della strada si allontanava era come se camminasse all'indietro ma sapeva che non era così, sapeva che si stava spostando in avanti. Ma allora perché la fine della strada si allontanava sempre di più? Ne vedeva il fondo come una prospettiva infinita, man mano che avanzava la strada si allungava. Nonostante il perdurare si queste strane sensazioni, Lisa si accorse che l'angoscia, che prima sentiva prepotente, ora era sparita e pian piano si affacciava una leggera sensazione di pace interiore, il suo respiro era più calmo e si sentiva inondata da un calore rassicurante. L'aria si era ad un tratto intiepidita e la notte stava cedendo il passo al crepuscolo del mattino. Le luci dell'interminabile strada si erano spente e ora si scorgevano le sagome degli alberi e delle case che prendevano sempre più consistenza ai primi chiarori dell'alba. Finalmente avrebbe trovato la strada per arrivare a casa! Ma cosa avrebbe detto alla mamma? Dove era stata tutta la notte? Lisa non sapeva cosa le avrebbe risposto. Cercava di ricordarsi cosa fosse successo ma non ci riusciva.
Il sole stava sorgendo e Lisa sentì i primi raggi accarezzargli la pelle, si fermò per un attimo ad osservarlo e si meravigliò di non aver bisogno di coprirsi gli occhi per la troppa luce. Con enorme sorpresa fissava quella palla di fuoco senza provare il minimo fastidio. Spostò poi lo sguardo sugli alberi e le case e in particolare sul piccolo giardino che era sulla sua destra tra due case color rosso mattone, cercava di mettere a fuoco gli alberi, le aiuole, le panchine di ferro appena laccate di fresco ma la visione le appariva sfocata, le sagome le sfuggivano e sembravano sovrapporsi l'una all'altra, riusciva a vedere il tutto in un grande mucchio centrale dove il rosso delle case sovrapposto al verde delle piante del giardino e delle panchine, facevano apparire le cose come una massa informe di colore scuro. E tutto intorno c'era il vuoto, un vuoto limpido e luminoso. "Cosa significa tutto questo?" pensò Lisa che non ci capiva più nulla. La cosa strana era che non si preoccupava minimamente di darsi delle risposte, non si sentiva per nulla angustiata e continuava così a camminare in avanti come se quelle visioni le avesse sempre avute.
Uno stridio, un rumore assordante di ferraglie giunse ancora alle sue orecchie. I negozi, ormai erano chiusi da un pezzo! Cos'era questo rumore? Lisa si voltò indietro a guardare e con sua enorme sorpresa vide alle sue spalle che era ancora notte e la strada ancora illuminata dalla luce flebile dei lampioni che irradiavano ora un chiarore rossastro che si spargeva nell'aria cupo e quasi soffocante, simile alla luce che si trova nella "camera oscura" per lo sviluppo fotografico. Pensò che una volta lei c'era stata in una stanza simile. Era andata a trovare il suo amico Sandro che faceva il fotografo, l'aveva invitata nel suo studio per delle pose "artistiche". "Sei molto fotogenica" -le diceva guardandola ammirato- " Il tuo volto è molto espressivo e mette in evidenza una bellezza eterea che non è solo esteriore ma è anche interiore". Lisa lo ascoltava e ridacchiando gli rispondeva."Ma dai, smettila di prendermi in giro!" Sandro era un ragazzo sui trent'anni molto maturo per la sua età uno di quelli "senza vizi e grilli per la testa" e con lui Lisa aveva fatto subito amicizia, con lui si poteva parlare, ci si poteva confidare, era come raccontare le proprie pene ad un confessore, lui sapeva darle dei consigli, sapeva consolarla con affetto e parole confortanti. Lo aveva conosciuto ad un'esposizione fotografica, le sue foto le erano piaciute molto. Alcune erano in bianco e nero altre a colori e mettevano in evidenza dei personaggi in sinergia con l'ambiente tanto che nel guardarle non si sapeva se era l'ambiente che si arricchiva della presenza di quelle persone o le persone sembravano arricchirsi d'energia e vibrazioni grazie all'ambiente. Sandro aveva saputo cogliere il tutto in un rapporto molto intimo tra ciò che è vivo e ciò che non lo è. Come i monti, le rocce, gli scogli sul mare e il fluttuare delle onde che facevano da cornice a persone che camminavano, correvano, saltavano, ballavano oppure stavano ferme in espressioni assorte o sognanti. A guardare quelle foto Lisa sentiva una sensazione di pace e serenità impadronirsi della sua mente e del suo corpo e in quelle foto percepiva, come lei diceva, "briciole di eternità", sapeva che erano il frutto di una ricerca appassionata, a cui Sandro teneva molto, sulle tematiche ecologiche e non solo naturali, ma anche spirituali. Una visione olistica della natura e dell'uomo. Ricordò di quella volta, quando discutendo su questi argomenti, Sandro le disse: "Vedi, sono fermamente convinto che noi siamo l'espressione più alta dell'universo, è come se noi fossimo la coscienza dell'universo stesso, come se, dopo il Big Bang esso abbia trovato, attraverso l'uomo, il sistema per conoscersi. Noi viviamo per questo, senza noi, che lo guardiamo, lo studiamo, lo scopriamo in continuazione, l'universo non esisterebbe, noi siamo la sua consapevolezza. Lisa aveva riflettuto molto su queste parole e come tutti i pensieri di Sandro gli era parsa un'idea meravigliosa e l'aveva fatta subito sua, ed era proprio quest'idea che il più delle volte la tirava su di morale nei momenti di sconforto quando la vita le appariva vana e insulsa. Sandro spesso concludeva affermando: "E siccome l'universo è infinito la nostra testimonianza durerà per sempre!" "Vuoi dire che vivremo per sempre?" -chiedeva Lisa come in attesa della risposta risolutiva.
"Certo, è la nostra anima che vivrà per sempre per essere testimone del Creato Divino" "Sarà, ma io sono abbastanza scettica su questo punto"- replicava Lisa. Poi cambiavano discorso per non allontanarsi troppo dalla realtà e continuavano discutendo di esami, canzoni e fotografie.
Lisa era assorta in tutti questi pensieri, quando dalla parte oscura della strada vide un mucchio di gente correre verso di lei con quella strana espressione sul viso simile a quella che aveva visto sul volto di quell'uomo, quella donna che per un pelo, prima, non l'avevano travolta. Ora erano in tanti e correvano in maniera disordinata. Sembravano prendere tante direzioni ma poi man mano che si avvicinavano si sovrapponevano e si ammucchiavano; strano, erano come i rivoli d'acqua sul vetro che aveva visto prima nella sua cameretta. Saranno state circa una ventina di persone di varie età poteva intravedere anche dei bambini, e quelli molto vecchi, osservò, correvano senza affannarsi. Non si accorsero neppure di lei. Lisa fece in tempo a bloccare un bambino che correva per ultimo; era biondo e i suoi grandi occhi azzurri guardavano altrove: "Dimmi, cosa sta succedendo!" gli gridò: "Come, non te ne sei accorta?" gli rispose che il bambino la vedeva perfettamente- "C'è stato un incidente, hanno investito una ragazza, e corriamo lì a vedere!" fece per correre anche lei per seguire quella folla ma non ci riuscì, sentiva le sue gambe pesanti e faceva fatica a muoversi, così vide il gruppo allontanarsi finché non sparì completamente dalla sua vista.
Lisa ritornò sola.
Che notte strana stava vivendo, una notte con le stelle, una notte con il sole e poi tutta quella gene che correva…
Senti all'improvviso un urlo di sirena, era un'autoambulanza, ecco si stava avvicinando e ora vedeva anche la luce blu girare sul tetto, sfrecciava come un saetta lungo la strada interminabile e le si avvicinava sempre di più. La sirena, amplificando il suo suono, la stordì completamente fino a farle perdere i sensi.
 
Lisa senti subito un alito caldo di vento sfiorargli il viso e i capelli, era immobile, distesa, non riusciva a muovere le gambe e neppure le braccia. Riusci ad aprire gli occhi e intravide tenui bagliori di luce; percepìva dei bisbigli pacati e rassicuranti e scorgeva avanti a sé sagome dapprima indefinite che poi iniziavano man mano a prendere una forma, erano dei visi sorridenti. Uno di questi visi si avvicinò ma era la mamma!! La donna si chinò su di lei "Lisa, Lisa! Dio ti ringrazio! Sei ritornata Cara la mia bambina! "E l'abbracciò. Lisa sentiva le lacrime calde della mamma scenderle sul collo e in quel momento si rese conto si essere in un letto d'ospedale. Riusciva a malapena a muovere la testa scorgendo numerosi fili che la tenevano legata ad una macchina. Poi oltre una parete di vetro scorse il viso si Sandro che le sorrideva, con una mano la salutò, poi l'avvicinò alle labbra e le inviò un bacio. Lisa rispose con un sorriso ma non riusciva a capire cosa le fosse successo, non ricordava nulla. E allora con un filo di voce chiese -"Perché sono qui?" Un medico con il camice verde le si avvicinò dicendo: "Ciao Lisa, ben tornata! Hai avuto un incidente.
Una macchina ti ha travolto e sei entrata in coma"
"In coma?!" Lisa non riuscì a trattenersi ed esplose in un pianto liberatorio. "Si, sei stata tre giorni in coma ma ora ne sei uscita e sei salva!" -rispose la voce rassicurante del medico.
Lisa assaporò il calore delle sue lacrime e senti che per lei stava iniziando una nuova vita.
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 Agg. 14-04-2003