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- La scogliera
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- Era lì, sul ciglio del baratro, con
l'aria di chi volesse interrogare il mare. Almeno
quattrocento metri di precipizio lo dividevano dalle
onde che s'infrangevano sugli scogli aguzzi con il
fragore di un terremoto. Il sole, di un rosso carico,
veniva bevuto lentamente da un oceano grigio,
spietato, ma pur sempre meraviglioso nella sua
immensità. Il vento, che arrivava dal mare,
soffiava con forza e senza un attimo di tregua, quasi
da tagliare il respiro, ed egli per sentire la sua
stessa voce dovette gridare: "Prendi anche me Oceano!
Lambisci tra i tuoi flutti questi miei poveri resti.
Poiché non vale la pena continuare a vivere
senza avere la possibilità di cambiare la
propria esistenza".
- Fece un saltello in avanti sporgendosi per
metà nel vuoto, quando lo raggiunse una voce:
"Fermati pazzo! Non è certo il modo di lasciare
quella valle di letame per uno come te!".
- Egli con un balzetto si voltò di scatto
e con enorme sorpresa si trovò di fronte un
mastodontico toro dal mantello fulvo che lo fissava
continuando a ruminare.
- Si guardò ancora attorno, attentamente,
poi disse: "Per un attimo ho creduto di sentire una
voce. O era la mia coscienza?".
- "Non mi sembra proprio che tu abbia una
coscienza, nanerottolo!".
- "Ma allora mi sta dando di volta il cervello.
Mi è parso di sentir parlare un
toro!".
- "Che tu ti sia bevuto il cervello, non è
certo un mistero - sbuffò spazientito il toto -
lo dimostra il fatto che stavi per eseguire quel gesto
così assurdo".
- "Ma cosa mi tocca sentire. Un toro parlante e
pure aspirante buon samaritano. Ascoltami bene,
mangiatore d'erbacce: se ho voglia di farla finita
sono solo ed esclusivamente fattacci miei, e se tu
avessi solo un briciolo di consapevolezza in quella
tua testaccia cornuta, seguiresti il mio esempio senza
battere ciglio".
- Il toro sbatté la zampa anteriore
nervosamente sul terreno, poi espirò con
violenza dal naso inanellato e muggì:
- "Se tu fossi ai miei livelli, piccolo
insolente, ti fare assaggiare la punta delle mie
corna. Ma siccome non sei nemmeno all'altezza dei miei
escrementi ti voglio dire solo tre cose. Primo: non mi
frega assolutamente niente del fatto che ti vuoi
suicidare e specialmente in quel modo ridicolo.
Secondo: come può venirti in mente di
abbandonare il mondo senza apprezzare appieno le
meraviglie che ti offre? Come puoi non rimanere
estasiato dall'immensità del cielo, del mare;
dalla forza del vento e dalla luminosità del
sole, delle stelle e dal mistero profondo della notte?
Come puoi non commuoverti davanti ad una vita che
nasce; non bearti del canto degli uccelli e non
contemplare la bellezza dei fiori? Terzo: al pari di
tanti tuoi simili avrai sicuramente una moglie e dei
figli. Come puoi avere il coraggio di lasciarli soli
in balia degli eventi senza appoggio e protezione
alcuna, solo per coronare un tuo desiderio
inconsulto?
- Egli non si scompose, con un balzo volò
sulla schiena del toro ed indicando lontano disse: "Le
vedi quelle case là in fondo oltre i pascoli,
oltre il fiume? - il toro fece cenno di sì - Le
vedi quelle barche di pescatori che issano le reti
là al largo oltre gli scogli? Le vedi quelle
automobili là sulla strada che corre al pari
del fiume? E là ancora - continuò - sui
tetti delle case, le vedi quelle antenne? Bene,
vogliono dire che all'interno delle stesse vi è
la televisione; poi vi sono anche dei letti caldi e
morbidi, una cucina ben fornita ed un milione di altre
cose fantastiche!".
- "E allora?" chiese il toro sbattendo inquieto
la coda.
- "E allora: il pazzo sei tu! - gridò egli
balzando giù dalla groppa - Tu, e purtroppo
ahimè, io stesso, non potremmo mai e poi mai
lanciarci in una folle corsa a duecento all'ora
sull'autostrada, non riusciremmo mai a guardare quegli
splendidi programmi alla tivù, a dormire tra
lenzuola che odorano di bucato al calduccio sotto a
delle coperte di flanella. Mai, potremmo gustare
pranzetti succulenti, bistecche spesse tre dita
ricoperte da una montagna di patatine fritte (tu, al
massimo potresti diventare una bistecca). Ed io
dovrò sempre faticare per riuscire a catturare
un pescetto, mentre quelli là in fondo sul
peschereccio devono solo sollevare una rete per averne
a centinaia".
- Il toro parve pensarci su un momento, poi
dondolando il testone sentenziò: "Guai,
all'invidia! Le medaglie hanno sempre due
facce".
- "Sarà, però in questo caso si
tratta sempre di una "medaglia d'oro"" rispose l'altro
con un pizzico d'ironia.
- "È proprio questo il punto -
continuò il bovide - un'esistenza dorata che
non ti puoi più permettere d'abbandonare. Il
senso del possesso rende schiavi. Si vive solo per
mantenerlo ed aumentarlo. Si vive in funzione di esso.
In pratica, è una non vita.
- Parole vane. Tra la saggia disquisizione e
quello che avvenne dopo, il toro poté solo
aggiungere un "porca vacca!", perché l'altro si
era già tuffato a capofitto giù dal
burrone.
- All'inizio chiuse gli occhi, poi, come se fosse
passato un tempo immemorabile li riaprì, e si
accorse che aveva percorso solo pochi metri dal ciglio
della scogliera. Cercò di assumere una
posizione il più aerodinamica possibile in modo
da rendere più veloce quella terribile agonia.
Ma tutti i suoi sforzi parvero inutili, la natura
stessa lo stava torturando per quel suo gesto insano.
Una forte corrente ascensionale che arrivava dal mare
sottostante vanificava quello che la forza di
gravità reclamava come suo insindacabile
diritto e lo faceva galleggiare proprio come quei
pescherecci sull'acqua che s'intravedevano al largo.
Poi d'un tratto, il vuoto improvviso. Un buco
nell'aria, quasi fosse un pozzo nelle cui
profondità le tenebre ingoiano tutto quanto.
Però in fondo non v'erano tenebre, ma solo gli
spruzzi celesti dell'acqua che si sfracellava sugli
scogli, squassandosi in meravigliose esplosioni di
candida schiuma ribollente, che si faceva così
vicina, pericolosamente vicina, attimo dopo
attimo.
- Ora, velocizzata la caduta, per qualche
misterioso meccanismo primordiale di sopravvivenza,
gli si velocizzò incredibilmente anche la
capacità di pensare. Come a voler annullare il
tempo e lo spazio, gli si materializzò davanti
agli occhi tutta quanta la sua vita. Riuscì ad
emettere pensieri e considerazioni quanto mai era
riuscito a fare in tutta la sua esistenza. E cadeva,
cadeva? E mentre cadeva e pensava, vedeva le decine e
decine di nidi aggrappati alle ripide pareti rocciose.
Vedeva i gabbiani che volavano giocosi attorno a lui,
esibendosi felici in evoluzioni spettacolari. Vedeva
quel che restava del sole che affondava, splendido, in
quel mare sorgente di vita di cui sentiva l'odore,
sempre più forte, sempre più penetrante.
Sempre più vicino.
- Ancora pochi metri e poi, più nulla. Gli
scogli taglienti come spade lo avrebbero fatto a pezzi
se, all'ultimo istante egli non avesse aperto le ali
frenando la caduta. Ad una spanna dalla morte certa,
con un paio di battiti d'ala in una nuvola di piume,
egli si librò in alto gridando di gioia, come
il gabbiano più felice del mondo.
- La moglie, vedendolo, disse alla gabbiana
vicina di nido: "Sempre la stessa storia: tutte le
sere al calar del sole, la solita sceneggiata. E
c'è anche chi, è disposto ad
ascoltarlo!
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