Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Stefano Bini
Con questo racconto si è classificato undicesimo al concorso Marguerite Yourcenar 2001 sez. narrativa
L'ultimo giorno
 
.c.Grigio: tutto era grigio e sbiadito. Come se la nebbia tipica della stagione avesse coperto con il suo pesante mantello tutto e tutti: niente era più visibile.
Lentamente il grigio iniziò ad assumere toni sempre più scuri: probabilmente il giorno stava per concludersi e la sera occupava con malcelata fretta il posto che le spettava.
All'inizio un rumore, lontano ed ovattato, come l'avvicinarsi di un temporale; mentre cercava di capire cosa stesse accadendo fu il caos. Dall'oscurità ormai quasi completa irruppe fuori un mostro nero come l'acciaio, più nero della notte stessa: due piccoli occhi fiammeggianti tagliavano la notte con una freddezza glaciale e cattiva, mentre dalla profondità della gola la tremenda visione emetteva un alito biancastro che si condensava nella fresca aria della notte. I fetidi miasmi emessi dal mostro le attanagliarono la gola mentre, indifesa ed impaurita, si preparava al suo destino.
Il mostro urlò con voce acuta, improvvisa e prolungata, la propria soddisfazione.
 
* * *
 
C'era qualcosa di strano nell'aria, quella mattina... Sì, di strano.
Eppure il villaggio sembrava iniziare una normale giornata dopo la fresca nottata d'inizio estate: dai camini di mattoni anneriti da quintali e quintali di legna andati in fumo si alzavano, adesso lenti ed adesso più veloci, pennacchi e sbuffi di fumo indice del povero pasto frugale consumato in fretta prima dell'inizio della dura giornata di lavoro nei campi, mentre già s'intravedevano, in lontananza, alcune donne avviarsi con sollecitudine verso le stalle per mungere ed accudire le produttrici di latte.
Il cielo, ormai chiaro, terso e senza una nuvola, stava per essere avvolto dall'esplosione di luce e colori che avrebbe provocato l'imminente sorgere del sole, ed il cinguettare degli innumerevoli piccoli pennuti volatili rendeva la scena perfetta, quasi idilliaca.
Eppure c'era qualcosa di strano nell'aria. La sensazione rimaneva a girovagare per la testa della non più giovane Betty, mentre rimaneva ancora per un istante ad osservare il villaggio che ormai velocemente si stava svegliando: la consunta porta della casa si aprì con un logoro gemito e sulla veranda di legno apparve la sagoma del vecchio Sig Harris, intento nell'atto di tirarsi su gli spallacci della casacca di robusto jeans, casacca così logora e scolorita da sembrare quasi più vecchia dell'uomo che la indossava.
Il vecchio tirò una rapida occhiata verso la vecchia Betty e dopo aver sputato a terra la ormai familiare presa di tabacco e borbottato qualcosa a proposito del caldo che si annunciava e su una certa "Vecchiaccia incartapecorita", si diresse con passo non propriamente sicuro verso il vicino fienile.
Betty tirò su il naso con aria falsamente sdegnata e si avviò verso le proprie occupazioni quotidiane: quel gioco si ripeteva ormai da molto tempo e con una miriade di infinite varianti.
Tutte le mattine i due vecchi si ritrovavano faccia a faccia e si salutavano così, a loro modo.
Adempiuto al rito del saluto, Betty si concentrò sul da farsi nella lunga giornata che rapidamente si approssimava: rassettare i giacigli di tutta la famiglia; badare ai figli ancora piccoli di Mary; scambiare due chiacchiere con le vecchie amiche; e poi ancora: mangiare, riposarsi un poco... e poi, e poi ci avrebbe pensato.
Prima di iniziare le sue incombenze quotidiane vide il vecchio Harris che si allontanava sullo sbuffante trattore verso i campi.
Il villaggio appariva ormai vuoto: gli uomini nei campi e le donne alle loro occupazioni casalinghe o nelle stalle. Mentre il trattore scompariva dietro la collina ricoperta di girasoli avidamente protesi verso la vita, ancora una volta sentì che qualcosa di strano aleggiava nell'aria, quella mattina.
Arrivarono improvvisamente, verso la fine della mattinata, quando il sole era già alto sull'orizzonte e l'ombra data dalle poche piante sparse nelle strade era fonte di benefico sollievo.
Tre camion, grigi, con i radiatori fumanti per lo sforzo compiuto dai motori nell'affrontare la lunga salita per arrivare al villaggio, le grandi ruote nere con il battistrada quasi completamente consumato: una visione quasi di altri tempi, anacronistica rispetto all'epoca attuale ma che, in fondo, ben si inseriva nel contesto rurale della zona.
Purtroppo gli uomini che seguivano i camion non rispecchiavano l'impressione data dai loro mezzi: essi erano e furono veloci, efficienti e brutali.
Come in un incubo, a gruppi di due, entrarono nelle povere dimore ed iniziarono un rastrellamento tanto preciso e sistematico quanto brutale, che interessò tutti gli abitanti della comunità, senza distinzione di sesso od età.
L'operazione fu condotta con fredda determinazione in un silenzio quasi totale: unico suono udibile i flebili lamenti dei piccoli che non capivano cosa stesse accadendo.
Tutto si svolse agli occhi della vecchia Betty come in un sogno, in una atmosfera ovattata e melliflua: la cosa accadeva e basta. Non c'era tempo per porsi delle domande, non c'era tempo di urlare, o piangere o disperarsi.
Mentre veniva avviata insieme a tutti gli altri verso il proprio destino, iniziò a ricordare il sogno, o meglio l'incubo, fatto la notte prima: capì che era venuto il tempo di fare i conti con il proprio destino.
Non arrivò a vedere il mostro nero che aveva sognato: ancora prima di salire sui mezzi di trasporto gli uomini, grigi come i loro camion, effettuarono una selezione in base all'età. Tutti i vecchi e gli anziani furono uccisi immediatamente sul posto, di fronte al resto della comunità che assistette inorridita alle esecuzioni: la povera Betty fu tra i primi a cadere ed ebbe la fortuna di essere uccisa con un colpo solo, preciso e inconsapevolmente caritatevole.
Quanto tempo è necessario per morire? Strano concetto da esprimere, non è vero? Si potrebbe dire quanto tempo ci vuole affinché ci si renda conto di non esistere più? Oppure quanto tempo è necessario affinché l'anima esca dall'involucro fatto di materia e si metta in cerca del successivo involucro o finalmente del suo Karma finale ecc. ecc.
In tutti i casi le domande presuppongono la definizione del concetto di TEMPO. Ben difficile in realtà: una delle più grandi figure dell'era moderna con il suo pensiero sull'argomento rivoluzionò il concetto stesso di tempo, legandolo allo spazio ed alla velocità, quindi chi siamo noi per dare una risposta alla o alle domande riguardo alla morte?
Nessuno, non siamo nessuno, però di una cosa siamo certi, ed è che esiste un intervallo che si frappone fra la vita e la morte (non parleremo certo di tempo). Questo intervallo può essere utilizzato da ciascuno di noi come vuole (se vuole), o per adattarsi all'idea dell'accaduto, o per ricordare i bei momenti passati in vita, o per giocare un'ultima partita a scacchi.
Betty no, Betty era (è) speciale: è sempre voluta andare fino in fondo alle cose, Betty vuole sapere.
Ecco dunque che Betty è ammessa a conoscere, a sapere.
Vedrà dunque tutti i suoi amici, parenti, conoscenti e non salire sui camion grigi per andare incontro al loro grigio destino: mentre il suo cadavere rimarrà a terra esposto al sole ed alle intemperie, tutti gli altri viaggeranno in condizioni massacranti per ore ed ore all'interno dei grigi camion. Dopo interminabili ore di viaggio sotto il sole cocente arriveranno finalmente a quella che sarà solo una tappa del loro lungo viaggio verso la morte: scagliati fuori dai camion grigi, saranno costretti ad entrare nelle pance morte di grandi vagoni bui e desolati posti uno dietro l'altro: con sgomento la povera Betty vedrà che alla testa del convoglio freme, pronto a lanciare sbuffi biancastri di fetido alito, il mostro non più nero come l'acciaio ma nero d'acciaio.
Vedrà l'inverosimile affollamento in cui i membri della comunità saranno costretti nei vagoni, vedrà e vivrà con i propri amici i giorni devastanti del viaggio, senza cibo né acqua, vedrà morire decine di amici e di conoscenti, chi di sete, chi di fame, chi schiacciato dal peso dei propri simili, chi schiacciato dal dolore della situazione.
Vedrà ancora quanto ci vuole dunque prima di morire? il termine del viaggio allucinante, con molti di loro già morti od agonizzati e vedrà quello che aveva già visto nell'incubo, l'ingresso del nero mostro di acciaio durante il calare della notte attraverso i cancelli del campo, alla fine dell'ultimo giorno.
Vedrà i sopravvissuti fatti scendere con la forza dai vagoni, i poveri cadaveri gettati dentro fosse comuni insieme agli agonizzanti e ricoperti velocemente di terra con grandi mezzi meccanici e vedrà (basta, per favore basta) finalmente la fine, l'ineluttabile: migliaia, centinai di migliaia di propri simili condotti, belando di terrore, alla morte.
Vedrà i loro occhi dilatati dalla paura, sentirà attraverso il loro olfatto l'odore della morte, vedrà e sentirà il loro terrore mentre in fila vengono obbligati ad entrare nel grande macello, sentirà centinaia, migliaia e centinaia di migliaia di volte il colpo inflitto alla nuca, sentirà su se stessa l'umiliante martirio delle macchine per spellare, scuoiare, spezzare, tagliare, cernire, impacchettare e spedire.
Vedrà ancora o se ne andrà via, finalmente, la povera Betty?
Se ne andrà via anzi, me ne andrò via, grazie al cielo. Il mio nome è (era) Betty ed il mio tempo (intervallo) sta finalmente scadendo. Non avevo momenti particolarmente belli della mia vita su cui soffermarmi e non mi è mai piaciuto il gioco degli scacchi. Ho scelto allora di raccontarti una storia: la mia storia, la nostra storia.
PENSACI: prima dell'ultimo giorno, pensaci.
 
Gli animali hanno i propri diritti e dignità come te stesso.
È un ammonimento che suona quasi sovversivo.
Facciamoci allora sovversivi: contro ignoranza, indifferenza e crudeltà.
 
Marguerite Yourcenar
 

 

Classifica Concorso Marguerite Yourcenar 2001 sezione narrativa
 
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inserito il 3 novembre 2001